Eliécer Avila: il dimenticato

modernista d'Europa

 

 

4.03.2013 -  Vincenzo Basile (capitolo cubano)

 

 

L'informatico Eliécer Avila, un disoccupato cubano, è partito da Cuba il 4 febbraio, iniziando un tour per l' Europa (Svezia, Germania, Repubblica Ceca e Spagna, fino ad oggi). Tuttavia l'economicamente inspiegabile viaggio non ha suscitato grandi clamori mediatici paragonabili a quelli che ha generato la sua collega Yoani Sánchez, tranne alcuni tentativi iniziali, e il suo tour sta praticamente quasi per finire nel dimenticatoio del vecchio continente.

Un pò d'interesse che Eliécer Avila suscita nei media si deve forse a causa di quello che è successo nel lontano
2008, quando studiava presso l'Università di Scienze Informatiche (UCI) a L'Avana. In una (insolito per le democrazie occidentali) riunione dei giovani studenti universitari con l'allora Presidente dell'Assemblea Nazionale del Potere Popolare, Ricardo Alarcón - che si prestò ad un dibattito franco e aperto con gli studenti - i giovani Ávila si evidenziò per le domande intelligenti e critiche che fece al presidente sugli aspetti fondamentali della realtà quotidiana dei cubani: riforma migratoria e sui problemi riguardanti il potere d'acquisto conseguente all'esistenza - a Cuba - di una doppia moneta, tra altre.

La lunga ed esaustiva risposta di Alarcón (che è durata più di mezz'ora) sulle ragioni storiche che hanno causato il basso valore del peso cubano, il diritto di chiunque a viaggiare liberamente e la necessità di aggiustare le imperfezioni, furono completamente taciute dai principali media internazionali, che di questo ampio dibattito, solo hanno riprodotto - scollegandolo dal contesto centrale -una frase conclusiva che Alarcón ha detto - ironicamente - per spiegare che in realtà coloro che nel mondo viaggiano abitualmente sono una minoranza della popolazione mondiale, conseguenza della ineguale distribuzione della ricchezza: "Se tutti, i 6 miliardi di persone, potessero viaggiare per andare dove vogliono l'intasamento che avremmo nei cieli del pianeta sarebbe enorme."
 

Da allora, su questa frase, si è cercato di costruire, con il fallimento evidente, un altro personaggio della "dissidenza cubana". Avila negli ultimi anni è diventato - per i media di tutto il mondo - il giovane che pose domande ad Alarcon senza chiedersi - detti media -come é possibile che in una presunta dittatura, come Cuba, un gruppo di studenti possa avere un dibattito aperto e libero con qualcuno che occupa una delle più alte cariche dello Stato, qualcosa d'inaccettabile nelle cosiddette democrazie occidentali, e senza domandare come é stato possibile che questo giovane cubano - che desiderava recarsi in Bolivia per visitare il luogo dove cadde il Che e parlava di perfezionare il socialismo - si sia convertito - in tre anni - in un ammiratore del modello economico occidentale e un convinto modernista.
 

Nonostante questo iniziale supporto mediatico e di una riconosciuta abilità oratoria che prometteva molto, Avila non è stata capace di creare un personaggio mediaticamente di successo, e solo ha collezionato una serie di fallimenti giornalistici (il suo blog è scomparso, il programma video è durato solo due settimane, ecc) forse a causa della sua incapacità di analizzare e contestualizzare i fatti.

In questo senso, solo per fare un esempio, nelle ultime settimane, da l'Europa, l'unica cosa fatta da Avila - e c che non necessita di un lungo commento al riguardo - è stato quello di confrontare i livelli di vita in paesi come la Svezia e la Germania, vale a dire , nazioni tra le più ricche del mondo, che egli definisce il mondo operativo, con la vita a Cuba, un paese povero e bloccato con un passato coloniale e imperiale che ancora produce le sue tragiche conseguenze. E' sufficiente la considerazione di questa ritardata matrice modernista per screditare tutto il suo pensiero, i suoi criteri verso i problemi di Cuba e l'inesistente ruolo che questo immaturo giovane pretende svolgere nella società civile cubana.

L'incontro a Praga con la blogger cubana
Yoani Sanchez, il 26 febbraio, magari alzerà un pò il suo indice mediatico ma allo stesso tempo lo ha avvolto in un velo d'indecenza molto difficile da rimuovere, ma questo è un altro punto.

 

 

Eliécer Ávila: el olvidado modernista de Europa

Por Vincenzo Basile (Capítulo Cubano)

El informático Eliécer Ávila, un desempleado cubano, ha salido desde Cuba el pasado 4 de febrero, emprendiendo una gira por Europa (Suecia, Alemania, República Checa y España, hasta la fecha). Sin embargo, el económicamente inexplicable viaje no ha suscitado grandes clamores mediáticos comparables con los que ha generado su colega Yoani Sánchez, excepto unos intentos iniciales, y su gira se está prácticamente quedando en el olvido del viejo continente.
Un poco del interés que Eliécer Ávila suscita en los medios se debe quizás a lo que sucedió en el lejano 2008, cuando él estudiaba en la Universidad de Ciencias Informáticas (UCI) de La Habana. En una (inusual para las democracias occidentales) reunión de jóvenes universitarios con el entonces presidente de la Asamblea Nacional del Poder Popular Ricardo Alarcón -quien se prestó a un debate franco y abierto con los estudiantes- el joven Ávila se destacó por las preguntas inteligentes y críticas que hizo al presidente sobre aspectos esenciales de la realidad diaria de los cubanos: reforma migratoria y problemas de poder adquisitivo consecuentes a la existencia -en Cuba- de una doble moneda, entre otros.
La larga y exhaustiva respuesta de Alarcón (que duró más de media hora), sobre las razones históricas que han causado el bajo valor del peso cubano, el derecho de todo el mundo a viajar libremente y la necesidad de ajustar las imperfecciones, fueron completamente silenciadas por los grandes medios internacionales que, de este extenso debate, sólo reprodujeron -desconectándola del contexto central- una frase conclusiva que Alarcón dijo -con ironía- para explicar que en realidad los que en el mundo viajan habitualmente son una minoría de la población mundial, consecuencia de la desigual distribución de la riqueza: “Si todo el mundo, los 6 mil millones de habitantes, pudieran viajar adonde quisieran la trabazón que habría en los aires del planeta sería enorme”.
Desde entonces, sobre esta frase, se ha intentado construir, con evidente fracaso, un personaje más de la ‘disidencia cubana’. En los últimos años Ávila se ha convertido -para los medios de todo el mundo- en el joven que cuestionó a Alarcón, sin preguntarse -dichos medios- cómo es posible que en una supuesta dictadura, como la de Cuba, un grupo de estudiantes pueda tener un debate abierto y libre con alguien que ocupe uno de los más altos cargos del Estado, algo inaceptable en las llamadas democracias occidentales, y sin cuestionar cómo fue que este joven cubano -quien deseaba viajar a Bolivia para visitar el lugar donde cayó el Che y hablaba de perfeccionar el socialismo- se haya convertido -en tres años- en un admirador del modelo económico occidental y un modernista convencido.
A pesar de ese inicial respaldo mediático y de una reconocida habilidad oratoria que prometía mucho, Ávila no ha sido capaz de crear un personaje mediáticamente exitoso, y sólo ha coleccionado una serie de fracasos periodísticos (su blog desaparecido, el programa video un cubano más que duró solamente dos semanas, entre otros) quizás debidos a su incapacidad de analizar y contextualizar los hechos.
En ese sentido, sólo para dar un ejemplo, durante las últimas semanas, desde Europa, lo único que ha hecho Ávila -y que no requiere largos comentarios al respecto- ha sido comparar los estándares de vida en países como Suecia y Alemania, es decir, naciones entre las más ricas del planeta, lo que él define el mundo en funcionamiento, con la vida en Cuba, una nación pobre, bloqueada y con un pasado colonial e imperial que aún produce sus trágicas consecuencias. Es suficiente la consideración de esa atrasada matriz modernista para desacreditar todo su pensamiento, sus criterios hacia los problemas de Cuba y el inexistente rol que ese joven inmaduro pretende jugar en la sociedad civil cubana.
El encuentro en Praga con la bloguera cubana Yoani Sánchez, el pasado 26 de febrero, quizás eleve un poco su índice mediático pero al mismo tiempo lo ha envuelto en un velo de indecencia muy difícil de quitar, pero esto es otro apunte.