Innanzitutto voglio proporre un esperimento
alle persone presenti in questa sala: chiudete gli occhi ed immaginatevi di
essere nel centro di New York. Al primo pompiere che incontrate, guardatelo
negli occhi, ben seri, e ditegli che l’11 settembre non è successo niente.
Che è una bugia. Un puro trucco cinematografico. Tutto è stato solo pura
paranoia e propaganda. Se a questo punto la vergogna, o il povero pompiere,
non vi hanno fatto ingoiare la lingua, vuol dire che eravate perfettamente
qualificati per fungere da PM in questa causa.
Ed ora, con il permesso di
questa Corte, inizio.
Vostro Onore:
Mesi fa, in uno dei suoi
sforzi per nascondere sotto il tappetto il tema del terrorismo contro Cuba
con quella tortuosa logica applicata al suo confuso argomento di tentativo e
motivo, la signora Heck Miller disse a questa Corte, che per il momento
potevamo lasciare da parte il discorso politico. Anche allora, quando ormai
tutto l’odio politico del PM era stato rovesciato su di noi attraverso le
condizioni di isolamento, la manipolazione della prova e, peggio ancora,
l’uso e l’abuso della mia propria famiglia per ricattarmi, danneggiarmi
ed umiliarmi, ero lontano da immaginarmi quanto importante sarebbe stato,
per il PM di questo caso, versare tutto il suo rancore politico su noi.
Nonostante ciò, dopo aver
ascoltato questo stesso Pubblico Ministero per sei mesi sventolando, sotto
il naso della Giuria, una e ancora una volta i suoi preconcetti, posso
ribadire alla signora Heck Miller che si sbagliava e che non ho bisogno di
parlare dei miei sentimenti politici, a cui non rinuncio in nessun modo, per
dire che ripudio il terrorismo, ripudio la guerra e disprezzo profondamente
quelle persone che, essendo tanto coinvolte nei loro odi e nei loro
interessi meschini, hanno dedicato tanto tempo a danneggiare il proprio
paese promovendo il terrorismo e promovendo una guerra per la quale sprecano
tutto il coraggio che non hanno e del quale avranno bisogno altri,
anch’essi loro vittime, nel campo di battaglia.
E non devo parlare della
politica perché credo che né a Cuba, né qui negli Stati Uniti, né in
nessun altro luogo del mondo debbano morire persone innocenti per questo. Io
farei ciò che ho fatto e rischierei la mia vita per qualunque altro paese
del mondo, compresi gli Stati Uniti, al di là delle considerazioni
politiche.
Credo che si possa essere
cattolico ed essere una brava persona, si possa essere ebreo ed essere una
brava persona, si possa essere capitalista, mussulmano o comunista ed essere
una brava persona; però, non può esistere una brava persona che sia
terrorista. Bisogna essere malati per essere terrorista, come bisogna
esserlo per credere che esista un terrorismo buono.
Purtroppo, non tutti la
pensano così. Quando si tratta di Cuba, le regole sembrano cambiare ed
alcune persone pensano che il terrorismo e la guerra siano cose buone da
fare: così abbiamo un PM come Kastrenakes che difende il diritto di José
Basulto di infrangere la legge sempre che si annunci in televisione; abbiamo
un esperto in terrorismo come il signor Hoyt, che pensa che dieci esplosioni
nel periodo di un anno sarebbero un’ondata di terrorismo a Miami, ma non a
L’Avana; abbiamo un esperto in sicurezza aerea per il quale la
provocazione di Hermanos al Rescate sopra L’Avana, diffuse apertamente per
televisione, sarebbero tutta un’altra cosa sopra Washington poiché sono,
secondo le sue stesse parole, più perentorie e verificabili; abbiamo
persone che pubblicamente si dichiarano terroristi da quarant’anni e
questi PM alla mia sinistra sembrano notarlo solo quando si tratta di
testimoniare in questo processo da parte della Difesa; gli agenti Angel
Berlingueri e Hector Pesquera, quest’ultimo capo dell’FBI locale, si
pavoneggiano come invitati nelle stesse stazioni radio, con le stesse
persone e negli stessi programmi in cui, violando le leggi federali, si
raccoglie apertamente denaro per organizzare azioni terroristiche o
difendere terroristi nel mondo.
Frattanto, Caroline Heck
Miller chiede con insistenza e fervore che questi amabili terroristi siano
giudicati in cielo ed il signor Frómeta, dopo aver voluto comperare solo un
paio di missili antiaerei, armi anticarro e qualche esplosivo di alta
potenza, è considerato un buon padre, un buon cittadino e una brava persona
che forse merita tutt’al più un anno di arresti domiciliari dall'Ufficio
del Distretto Sud della Florida.
Questo, Vostro Onore, per
quando io ne so, si chiama ipocrisia ed è inoltre criminale.
E quando questo stesso
Ufficio lotta per mantenermi nella Special Housing Unit tutto il tempo
possibile, quando la mia famiglia è usata come arma per distruggere la mia
volontà, quando alle mie figlie è permesso di vedere il loro padre solo
due volte durante i 17 mesi di questo isolamento e l’unico modo di vedere
i primi passi della mia piccola figlia è guardarla attraverso un cristallo
dal 12º piano, posso solo sentirmi orgoglioso di essere qui e posso
soltanto ringraziare i PM per darmi quest’opportunità di confermare che
sono nel cammino giusto, che il mondo deve ancora migliorare molto e che la
miglior cosa per il popolo di Cuba è mantenere l’Isola pulita dagli
elementi che si sono impossessati di tante anime qui a Miami. Voglio
ringraziare i PM di avere propiziato attraverso il loro odio e il loro
risentimento che mi mettessi a prova, e di permettermi questo sentimento di
orgoglio dopo aver vissuto i più intensi, utili , importanti e gloriosi
giorni della mia vita, quando questa Sala della Corte sembrava troppo
piccola per racchiudere tutte le verità dette e potevamo vederli consumarsi
d’impotenza mentre si dibattevano per nascondere ognuna di esse.
E se una mia scusa serve a
farvi sentire meglio, ebbene ve la offro: mi dispiace molto di non aver
potuto dire ai vostri agenti che stavo cooperando con il governo cubano. Se
essi avessero avuto un atteggiamento sincero nei confronti del terrorismo,
io avrei potuto farlo ed insieme avremmo trovato una soluzione al problema.
Quando penso in quelle interminabili discussioni sul tentativo specifico di
violare la legge, mi rendo conto che questa situazione va oltre il fatto
relativo all’illegalità o meno di registrarsi, poiché, purtroppo,
sebbene qui gli agenti stranieri possono annunciarsi nelle pagine gialle
senza essersi registrati previamente, noi, trattandosi di Cuba, avremmo
dovuto mantenerci in incognito per realizzare cose tanto elementari come
neutralizzare terroristi o narcotrafficanti, il che, analizzato logicamente,
avremmo dovuto fare insieme. Mi dispiace anche che la filiazione
anticastrista dei criminali che io ho combattuto li avvicinava a certi
ufficiali o membri dell’Ufficio del Pubblico Ministero. Sento pena,
sinceramente, di questi ultimi.
In fin dei conti, tutto
questo affare degli agenti di Cuba ha una facile soluzione: lasciate Cuba
tranquilla. Fate il vostro lavoro. Rispettate la sovranità del popolo
cubano. Io darei con piacere l’addio all’ultima spia che ritorni
all’Isola. Lì noi abbiamo cose migliori da fare, tutte più costruttive
che sorvegliare i criminali che passeggiano impunemente per Miami.
Non voglio concludere senza
prima dirigermi alle tante persone buone che abbiamo avuto l’occasione di
conoscere durante questo processo:
Innanzitutto voglio
ringraziare gli US Marshalls per la loro professionalità, la loro decenza
ed il loro anonimo sacrificio. Ci sono stati momenti in cui abbiamo
condiviso con loro, in sano spirito di consolazione, il fatto di essere le
uniche persone nella sala le cui necessità non furono tenute in conto
rispetto agli orari e tutti abbiamo riso insieme di questo; però, loro
furono sempre disciplinati e realizzarono bene i loro doveri.
Voglio anche ringraziare i
traduttori Larry, Richard e Lisa. Loro fecero un lavoro di grande qualità e
furono sempre disponibili quando sia noi che i nostri familiari avevamo
bisogno dei loro servizi. Il mio sincero ringraziamento per la loro
laboriosità e decenza nei confronti di tutti. Dev’essere un privilegio
per questa Corte contare su una squadra come questa. I miei migliori auguri
anche al signor Londergan.
Il mio profondo rispetto
per i militari nordamericani che comparvero, sia per il PM che per la
Difesa, e lo fecero con sincerità, così come per gli ufficiali, gli
esperti e gli agenti che furono onesti. Avrei voluto vedere più onestà
nell’ultimo gruppo e l’avrei riconosciuto qui con piacere.
Per tutti loro, che ben
potrebbero rappresentare il meglio del popolo americano, il mio più
profondo sentimento di simpatia e la mia sicurezza nel fatto che , a solo un
passo verso sud da qui, c’è un popolo intero in cui non alberga alcuna
animosità nei confronti del grande vicino del nord. Questo popolo e questo
paese sono stati sistematicamente diffamati attraverso questo processo da
alcune persone che non sanno, o non vorrebbero sapere, o non sono
interessati a conoscere ciò che è realmente Cuba. Mi permetto soltanto di
leggere un frammento scritto dalla mia moglie lo scorso 30 luglio:
"René, qui non
cessano le dimostrazioni di appoggio a noi, vostri familiari, e a voi. Ieri,
quando presi l’autobus 58 per ritornare da casa di mamma, varie persone mi
riconobbero e Ivette (la figlia più piccola di René, N.d.T.) parlò con
tutti. Siccome siamo in Carnevale, quando passammo per Centro Habana
l’autobus si riempì abbastanza ed Ivette cominciò a fare la bambina
viziata e non voleva scendere: si sedette sulla scaletta dell’autobus e
non voleva alzarsi. Ti potrai immaginare: l’autobus pieno, io faticando
moltissimo cercando di prenderla in braccio senza riuscirci, Ivette seduta e
la gente spingendo. Allora mi si avvicinò una signora, mi strinse la mano e
mi diede una orazione che estrasse dalla sua borsetta la quale aveva per
titolo "Una Casa felice", e mi disse: ‘Nella mia chiesa tutti i
giorni preghiamo per i cinque e perché i loro figli possano avere una casa
felice come la ebbe Gesù, visto che loro sono lì (negli Stati Uniti
N.d.T.) perché ogni bambino possa, anche lui, averla.
"Rimasi un po’
sorpresa, appena ebbi il tempo di ringraziarla perché dovevo scendere
rapidamente, però capii che noi cubani siamo fatti così, ed oggi siamo più
uniti che mai indipendentemente dal credo o dalle religioni, ognuno con la
sua fede, però tutti uniti per una stessa causa. Conserverò questa
orazione anche come ricordo".
Sono costretto ad
interrompere la mia lettura per chiarire che non sono credente. Però, non
voglio che dopo il PM vada a distorcere le mie parole e possa dire che ho
portato Dio in questa Sala per ipocrisia.
Vostro Onore,
Come Voi potete vedere, non
ho bisogno di esporre qui i miei sentimenti politici per parlare di Cuba.
Altri l’ hanno fatto nell’ambito di questo processo durante tre anni
sprizzando un odio irrazionale, tanto più assurdo se sappiamo che è stato
generato da dentro, che è un odio viscerale diretto ad un ente che
semplicemente non conoscono. È realmente triste essere educato per odiare
qualcosa che uno neanche conosce.
E così si è parlato
impunemente di Cuba, offendendo un popolo il cui unico reato è stato quello
di aver scelto il proprio cammino e di averlo difeso con successo al costo
di enormi sacrifici. Non voglio dare a nessuno il beneficio di intrattenermi
con tutte le menzogne che sono state dette qui nei confronti di Cuba, però
mi riferirò ad una la cui mostruosità è stata un’offesa a questa Sala e
alla Giuria:
Quando il signor
Kastrenakes si alzò qui per dire di fronte al simbolo della giustizia
americana, che noi eravamo venuti qui per distruggere gli Stati Uniti,
dimostrò quanto poco gli importa questo simbolo e questa giustizia e
dimostrò anche quanto poco rispetto aveva della Giuria. Sfortunatamente,
devo riconoscere che aveva ragione nel pensare così riguardo
quest’ultima.
Né l’evidenza in questo
caso, né la storia, né i nostri concetti, nemmeno l’educazione che
abbiamo ricevuto si appoggiano nell’assurda idea secondo cui Cuba vuole
distruggere gli Stati Uniti. I problemi dell’umanità non si risolvono
distruggendo una nazione, ormai per troppi secoli si sono distrutti imperi
perché dalle loro ceneri sorgano altri uguali o peggiori. Non è da un
popolo educato come quello cubano, dove è perfino immorale bruciare una
bandiera sia degli Stati Uniti sia di un altro paese, da dove può venire un
pericolo per questa nazione.
E se mi permetteste la
licenza di parlare come discendete di nordamericani laboriosi e impegnati,
con il privilegio di essere nato in questo paese (gli Stati Uniti, N.d.T.)
ed il privilegio di essere cresciuto a Cuba, direi al nobile popolo
nordamericano di non guardare troppo a sud per trovare il pericolo per gli
Stati Uniti.
Afferratevi ai valori reali
e genuini che motivarono le anime dei padri fondatori di questa patria. E’
la mancanza di questi valori, tralasciati e sostituiti con altri interessi
meno idealistici, il reale pericolo per questa società. Il potere e la
tecnologia possono trasformarsi in una debolezza se non sono nelle mani di
persone colte, e l’odio e l’ignoranza evidenziati in questa Sala nei
confronti di un piccolo paese che nessuno qui conosce, può essere
pericoloso quando si abbina a una brama irrazionale di potere ed ad un senso
di falsa superiorità. Ritornate a Mark Twain e dimenticatevi di Rambo se
volete lasciare in eredità ai vostri figli un paese migliore. Ogni supposto
cristiano che fu portato qui a mentire con la mano sulla Bibbia è un
pericolo per questo paese per tutto quanto la sua condotta ha rappresentato
nella distruzione di questi valori.
Vostro Onore:
Avendo preparato questo
attestato molto prima del giorno fissato per la mia sentenza, cioè lo
scorso 26 settembre, i tragici ed orribili crimini del undici dello stesso
mese mi costringono ad aggiungere alcune considerazioni che non posso non
condividere con questa Corte. Devo avere molto tatto e molta cura per
evitare che qualcuno mi accusi di capitalizzare a mio favore questo
abominevole fatto, però ci sono occasioni in cui dobbiamo dire alcune verità
anche se dure, come le diciamo ad un figlio o ad un fratello quando commette
un errore e vogliamo farglielo rettificare, con affetto, perché non lo
commetta in futuro. Non è altro lo spirito che mi anima a rivolgere,
tramite Voi, queste parole al popolo nordamericano.
La tragedia che oggi fa
portare il lutto a questo popolo si generò molti anni fa, quando in un
luogo tanto lontano quanto sconosciuto ci facevano credere che alcune
persone, abbattendo aerei civili e bombardando scuole, combattevano per la
libertà per il solo fatto di combattere il comunismo. Io non incolperò mai
il popolo nordamericano di quella mancanza di visione, però coloro che
fornivano i missili a quelle persone e creavano una propria immagine che non
coincideva con i loro atti criminali, commettevano anche il crimine
dell’ipocrisia.
Io non sto guardando al
passato per sbatterlo in faccia a qualcuno. Solo voglio invitarvi a guardare
il presente ed a riflettere sul futuro condividendo con questa Corte la
seguente riflessione: "L’ipocrisia di ieri sta alla tragedia di oggi
come l’ipocrisia di oggi starà alla tragedia di domani". Tutti noi
abbiamo una responsabilità nei confronti dei nostri figli che va oltre le
preferenze politiche o le meschine necessità di guadagnare un salario,
mantenere un effimero posto politico o impegnarsi per risultare simpatici a
un piccolo gruppo di potenti. Questa responsabilità ci costringe ad
abbandonare l’ipocrisia di oggi, per consegnare loro un domani senza
tragedie.
In nome di
quest’ipocrisia si è voluto giudicare noi cinque e quando mi tocca
affrontare la mia sentenza mi rendo conto che io, diversamente dai miei
compagni, non ho nemmeno il diritto di considerarmi una vittima. Il modo in
cui mi condussi si adegua perfettamente alla condotta che descrivono i reati
che mi s’imputano; sono comparso in giudizio per solidarietà con i miei
fratelli, per dire alcune verità, e per smentire le menzogne con cui il PM
ha voluto aggravare le mie attività presentandomi come un pericolo per la
società nordamericana.
Quindi, non ho neanche il
diritto di chiedere clemenza per me in un momento come questo, in cui questa
Corte avrà visto chissà quanti Conversi, alcuni genuini, altri falsi,
alcuni invocando Iddio quando hanno appena firmato un patto con il diavolo,
tutti utilizzando questo pulpito per mostrare il loro pentimento. Io non
posso giudicarli e ognuno di loro saprà cosa fare con la sua dignità.
Anch’io so cosa fare con la mia, e vorrei credere che Voi capirete il
fatto che io non abbia ragioni per il pentimento.
Comunque, sentirò sempre
l’obbligo di chiedere giustizia per i miei compagni accusati di crimini
che non commisero e condannanti sulla base dei preconcetti da una Giuria che
si lasciò sfuggire un’opportunità unica di fare differenza. Loro non
vollero mai carpire segreti di questo paese e rispetto all’accusa più
mostruosa, in realtà si trattò solo di un patriota difendendo la sovranità
del suo paese. Utilizzando le parole di un buon cubano e amico, che malgrado
sia venuto in questo paese per le sue idee contrarie al governo cubano è
una persona onorevole, approfitto per rendere omaggio ai cubani degni che
vivono anche qui, abbattendo così una delle menzogne seminate dal PM
rispetto ai nostri sentimenti verso la comunità cubana: "Questi
ragazzi furono condannati per il crimine di essere degni".
Due anni fa ricevetti una
lettera da mio padre in cui, tra altre cose, mi esprimeva la sua speranza
che si potesse trovare una Giuria dove affiorassero i valori di Washington,
Jefferson e Lincoln. Peccato che non abbia avuto ragione.
Tuttavia, io non perdo le
speranze nella razza umana e nella sua capacità di seguire tali valori,
dopotutto non credo neanche che Washington, Jefferson e Lincoln fossero
maggioranza all’epoca in cui lasciarono le loro impronte nella storia di
questa nazione.
E mentre questi tre sordidi
anni (si riferisce alla durata del processo in atto, N.d.T.) stanno
diventando ormai storia e dietro una montagna di argomenti, istanze e
tecnicismi, si sta sotterrando una storia di ricatti, abusi di potere e il
più assoluto disprezzo nei confronti del tanto ponderato sistema di
giustizia (nordamericano, N.d.T.), per pulire questa giustizia e darle uno
splendore che non ha mai avuto, noi continueremo invocando i suddetti valori
e la vocazione per la verità del popolo nordamericano, con tutta la
pazienza, la fede ed il coraggio che ci può infondere il crimine di essere
degni.
Molte grazie.
René González Schwerert