“Avante!”, Partito Comunista Portoghese traduzione di Marx21.it
Prigione, repressione e licenziamenti in massa sono all’ordine del giorno in Argentina. Un mese dopo l’assunzione dell’incarico di presidente da parte di Mauricio Macri, il paese è in procinto di trasformarsi in uno stato di polizia.
Milagro Sala, leader storica del movimento popolare Tupac Amaru recentemente eletta al Parlamento di Mercosur, è stata arrestata il 16 gennaio, in un’operazione di polizia che ha coinvolto circa 40 agenti che hanno fatto irruzione a casa sua. L’imprigionamento arbitrario della dirigente indigena ha scosso il paese, ed è considerato un esempio della persecuzione e dell’oppressione del governo Macri contro i popoli indigeni e i movimenti sociali dell’Argentina. I membri della comunità Tupac Amaru hanno montato un accampamento di fronte al palazzo del governo del dipartimento di Jujuy esigendo la liberazione di Milagro, considerata un simbolo di “lotta, solidarietà e difesa dei diritti”. Anche il gruppo progressista del Parlasur ha immediatamente reagito, diffondendo una nota di protesta.
Questo caso è “solo” uno nel succedersi degli avvenimenti che hanno caratterizzato l’operato del governo di Macri da quando è entrato in carica, il 10 dicembre 2015, in conseguenza della vittoria ottenuta nel secondo turno delle presidenziali, il 22 novembre.
Poche ore dopo avere assunto la presidenza, Macri “ha annunciato un copioso pacchetto di misure che vanno a beneficio dei mercati finanziari speculativi, delle entità bancarie e dei grandi produttori agricoli, a detrimento dei salari dei lavoratori e dei pensionati”, denuncia lo scrittore e giornalista argentino Guadi Calvo in un articolo pubblicato in Portal Vermelho il 13 gennaio. Come fa notare Calvo, il presidente non si è fermato lì. Nei pochi giorni del suo mandato, Macri “ha abusato del temibile strumento istituzionale chiamato Decreto di Necessità di Urgenza (DNU), che può essere usato in occasioni molto particolari dall’Esecutivo”. Per avere una nozione di cosa ciò significhi, basti dire che la precedente presidente, Cristina Kirchner, fece ricorso a tale espediente 29 volte in otto anni di mandato, mentre Macrì ha disposto 261 decreti solo tra il 10 e il 30 dicembre scorso, molti dei quali per licenziare funzionari pubblici. Ancora secondo Guadi Calvo, l’ “onda di licenziamenti sia da incarichi statali, che da imprese private, percorre come un fantasma il paese intero, nella maggior parte dei casi per motivi politici”.
Repressione brutale
La drastica marcia indietro che si sta registrando in Argentina si fa sentire a tutti i livelli, mettendo in causa i più elementari diritti democratici. Ciò si è verificato, all’inizio di gennaio, anche nella città di La Plata, dove una manifestazione di funzionari municipali licenziati è stata brutalmente repressa dalla polizia, sull’esempio di quanto era già successo, giorni prima, con i lavoratori di una azienda di pollame, che protestavano esigendo il pagamento di salari arretrati, e che hanno avuto l’ingrato privilegio di essere i primi ad essere attaccati con gas lacrimogeni e proiettili di gomma, dopo più di un decennio.
La coalizione “Cambiemos” che ha vinto le elezioni è determinata a fare di tutto per cambiare, certo, ma verso il più oscuro passato dell’Argentina. Come ha riferito in un recente articolo l’argentino Adolfo Pérez Esquivel, Premio Nobel della Pace nel 1980, le promesse di liquidare la povertà, una delle bandiere della campagna elettorale della coalizione, sono ridotte a zero: in pochi giorni il nuovo governo “ha deprezzato i salari del 45%, ha permesso aumenti nei beni essenziali, ha sospeso la pubblicazione congiunta di statistiche, ha abbassato le imposte a quelli che più hanno e ha licenziato massicciamente migliaia e migliaia di dipendenti pubblici – il che può essere imitato nel settore privato – per imporre la paura. E mentre sono repressi coloro che protestano, il ministro dell’Economia minaccia i lavoratori e i sindacati che devono scegliere se vogliono chiedere aumenti o conservare i posti di lavoro”.
Tra le numerose violazioni della legge si conta anche il tentativo di forzare la destituzione della Procuratrice Generale della Nazione, nominata dal parlamento; la misura inedita di nominare per decreto presidenziale due giudici del Tribunale Supremo di Giustizia; e la fine della Legge sull’Impresa con l’obiettivo – sono parole di Esquivel – di “anteporre la libertà di impresa alla libertà di stampa”.