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Un mondo migliore è possibile, uno peggiore anche. Alla vigilia di un uragano, di borse di studio complicate e di un Donald Trump … arriva il NO in Colombia. La notte scorsa un’amica scriveva su Facebook la sua vergogna come colombiana per il paese che lasceranno ai loro figli, e chiedeva scusa a nome dei suoi compatrioti. Se ci deve essere una cosa indiscutibile nel mondo, è la ricerca della pace. Ma ormai neanche questo.
Dicono che i popoli hanno i governi che meritano, ma non è così, questa frase è ingiusta. Il problema dei paesi è che i popoli hanno le mani legate, che sono stati mantenuti nella povertà intenzionalmente. Spogliati della loro capacità politica, manipolati in modo da prendere poi decisioni favorevoli ai potenti credendo che siano le loro decisioni.
Ieri ha vinto la guerra, la smobilitazione sociale, la manipolazione mediatica che è riuscita a socializzare l’odio, ha vinto il rancore. Oggi non è giorno di lamentazioni ma di riprogettare il cammino e di seguirlo, con più voglia di prima. Il mondo intero ha accompagnato il processo di pace, noi cubani ci sentiamo orgogliosi di aver favorito, per quanto possibile, che le parti in conflitto trovassero la strada e il mondo lo ha celebrato con una firma storica.
Il NO è l’inizio di una nuova via, ma l’obbiettivo resta chiaro. Se le opzioni sono la guerra o la pace, la strada da scegliere è ovvia. E i colombiano non sono soli.