Brasile: ridere per non piangere

Eric Nepomuceno http://www.cubadebate.cu

Dice il regolamento della Camera dei Deputati che affinché si realizzi una sessione formale è necessario avere la presenza di almeno 51 dei suoi 513 membri.

Venerdì scorso c’è stato qualcosa di insolito: all’ora prevista, un unico e solitario deputato ha firmato il registro delle presenze. E, più insolito ancora, al non esserci la riunione il signore dovette tornare al suo attuale domicilio, il carcere Papuda, nei dintorni di Brasilia, dove si trova a causa di un processo per corruzione. E’ stata la prima volta che Celso Jacob, dello stesso Partito del Movimento Democratico Brasiliano (PMDB) del presidente Michel Temer, ha potuto godere del suo nuovo status, quello di “detenuto domiciliare”, autorizzato da un tribunale ad assentarsi dal carcere per lavorare durante il giorno e ritornare, di notte, per dormire nella sua cella. Venerdì scorso, la sua passeggiatina in libertà si è conclusa presto.

Un’altra, ulteriore, ironia: se si fosse realizzata, sarebbe stata la prima delle 10 sedute della camera in cui Michel Temer -il primo presidente nella storia della Repubblica ad essere denunciato per corruzione, ostruzione della giustizia e costituzione di banda criminale nel pieno esercizio delle sue funzioni- avrebbe potuto presentare la sua difesa.

Il grado di confusione in cui è il Brasile permette una serie senza fine di incidenti che sarebbero comici in un’altra situazione che quella di totale collasso in cui ci troviamo.

Un giorno prima, si è annunciato, formalmente, che Michel Temer non parteciperà al G-20, il gruppo composto dalle 20 maggiori economie mondiali. Dopo il disastro che è stato il suo viaggio in Russia e Norvegia, è come se Temer avesse preferito evitare nuove riunioni d’umiliazione internazionale.

In primo luogo, Temer ha messo, nella sua agenda ufficiale, che sarebbe andato a visitare l’ex Unione Sovietica. Come se fosse poco, fece vanto dei suoi meravigliosi risultati dei suoi incontri con imprenditori sovietici. Dal momento che non ha portato alcun accordo concreto, si capirà che se con i sovietici gli incontri d’affari sono stati un successo, con i russi sono stati un disastro.

In Norvegia, ha dovuto fare buon viso ascoltando la prima ministra, Erna Solberg, esternare la sua preoccupazione personale per la corruzione in Brasile. Subito dopo ha saputo che il paese nordico aveva dimezzato il proprio bilancio destinato a contribuire alla conservazione della foresta amazzonica, di fronte al crescente progresso dei distruttori della selva.

Per chiarire che non tutto fosse un disastro, Michel Temer ha annunciato in una conferenza stampa -in cui c’era un solo giornalista norvegese tra i suoi colleghi brasiliani- che sarebbe stato ricevuto, quella notte, dal Re di Svezia. Qualcuno dei suoi consiglieri avrebbe potuto spiegargli in che paese si trovava …

Il ritorno a Brasilia, è stato coronato dalla denuncia formale e devastante inviata dal Procuratore Generale dell’Unione, Rodrigo Janot, al Supremo Tribunale Federale, che l’ha accettata. Per meglio dire, con la prima delle tre denunce: le altre due saranno presentate nei prossimi giorni.

Per aprire il processo contro Temer sarà necessaria l’autorizzazione della Camera dei Deputati, come previsto dalla Costituzione.

Temer ha pochissimo tempo per ottenere un sufficiente sostegno affinché la richiesta di apertura del giudizio sia respinta dalla camera. La sua unica arma a disposizione è quella di firmare nomine e liberare soldi per i suoi illustri alleati. Vi sono, tuttavia, ostacoli: il crescente rifiuto dell’opinione pubblica di un presidente la cui approvazione, il 7%, è la più bassa degli ultimi 28 anni. Poiché nel 2018 si terranno le elezioni generali, il logoramento che i signori parlamentari soffriranno impedendo che si giudichi un presidente che è messo, sino al naso, in comprovati scandali di corruzione provoca due effetti. In primo luogo, aumentare, e molto, il prezzo della loro lealtà. E il secondo, più temuto da Temer, è che si verifichi un’ondata di abbandoni.

Di fronte a questa situazione, ciò che si osserva è un governo rifiutato dalla schiacciante maggioranza dei brasiliani, e la cui unica funzione è quella di cercare di mantenersi aggrappato nel suo palazzo.

Temer sa che se si dimette o è espulso dalla poltrona presidenziale la sua immediata destinazione sarebbe il banco dei tribunali di I grado. Non solo lui: anche moltissimi dei suoi ministri, in particolare quelli della sua cerchia più intima.

Mentre s’intensificano le voci che il gruppo di Temer starebbe intensamente negoziando una specie di “accordo di sopravvivenza” che implicherebbe una sorta di perdono giudiziale se rinunciasse spontaneamente, il paese è praticamente paralizzato.

Beh, la verità è che non è così paralizzato: gli indici dell’economia si muovono, ma verso il basso. Ora, mentre Temer si contorce per ottenere un’uscita legale, il suo ineffabile ed estemporaneo ministro dell’economia, Henrique Meirelles, ammette che si è rivista la previsione di crescita economica. Se prima era dell’1% quest’anno, ora è dello 0,5%.

Secondo gli economisti e gli analisti, è un’altra esagerazione di Meirelles: dicono che difficilmente non si registrerà un’altra, ulteriore, retrocessione.

Sempre più, il suono delle parole di Temer e compagnia assomiglia alla musica eseguita dall’orchestra del Titanic mentre la nave stava affondando.


Brasil: Reir para no llorar

Por: Eric Nepomuceno

Dice el reglamento de la Cámara de Diputados que para que se realice una sesión formal es necesario contar con la presencia de al menos 51 de sus 513 integrantes.

El pasado viernes hubo algo insólito: a la hora prevista, un único y solitario diputado firmó el registro de presencia. Y, más insólito aún, al no haber sesión, el caballero tuvo que regresar a su actual domicilio, la cárcel Papuda, en los alrededores de Brasilia, donde se encuentra gracias a un juicio por corrupción. Ha sido la primera vez que Celso Jacob, del mismo Partido del Movimiento Democrático Brasileño (PMDB) del presidente Michel Temer, pudo disfrutar de su nueva condición, la de “detenido en domicilio”, autorizado por un tribunal a ausentarse del presidio para trabajar durante el día y regresar a la noche para dormir en su celda. El viernes, su paseíto en libertad terminó temprano.

Otra ironía más: de haberse realizado, sería la primera de las 10 sesiones de la cámara en que Michel Temer –el primer presidente de la historia de la República en ser denunciado por corrupción, obstrucción de la justicia y formación de bando criminal en pleno ejercicio de sus funciones– podría presentar su defensa.

El grado de confusión en que está Brasil permite un sinfín de incidentes que serían cómicos en otra situación que la del descalabro total en que nos encontramos.

Un día antes, se anunció formalmente que Michel Temer no participará de la reunión del G-20, el grupo integrado por las 20 mayores economías del mundo. Luego del desastre que fue su viaje a Rusia y Noruega, es como si Temer hubiese preferido evitar nuevas sesiones de vejamen internacional.

Primero, Temer puso en su agenda oficial que iría de visita a la antigua Unión Soviética. Por si fuera poco, hizo alarde de los estupendos resultados de sus encuentros con empresarios soviéticos. Como no trajo ningún acuerdo concreto, se entenderá que si con los empresarios soviéticos las reuniones fueron exitosas, con los rusos han sido un desastre.

En Noruega, tuvo que poner cara de paisaje al escuchar a la primera ministra, Erna Solberg, externar su preocupación personal con la corrupción en Brasil. Enseguida supo que el país nórdico había recortado a la mitad su presupuesto destinado a ayudar la preservación de la floresta Amazónica, frente al creciente avance de los destructores de la selva.

Para aclarar que no todo era un desastre, Michel Temer anunció en conferencia de prensa –en la cual había un único periodista noruego entre sus colegas brasileños– que sería recibido aquella noche por el rey de Suecia. Alguno de sus asesores podría haberle explicado en qué país se encontraba…

De regreso a Brasilia, fue contemplado con la denuncia formal y arrasadora enviada por el fiscal general de la Unión, Rodrigo Janot, al Supremo Tribunal Federal, que la aceptó. Mejor dicho, con la primera de tres denuncias: las otras dos serán presentadas en los próximos días.

Para que se abra el juicio contra Temer será necesaria la autorización de la Cámara de Diputados, como establece la Constitución.

Temer tiene poquísimo tiempo para lograr respaldo suficiente para que el pedido de apertura de juicio sea rechazado por la cámara. Su única arma disponible es firmar nombramientos y liberar dinero para sus ínclitos aliados. Hay, sin embargo, obstáculos: el creciente rechazo de la opinión pública a un presidente cuya aprobación, 7 por ciento, es la menor de los últimos 28 años. Como en 2018 se realizarán elecciones generales, el desgaste que los señores parlamentarios sufrirán al impedir que se enjuicie a un presidente que está metido hasta las narices en comprobados escándalos de corrupción, provoca dos efectos. Primero, elevar y mucho el precio de su lealtad. Y segundo, más temido por Temer, es que ocurra una oleada de abandonos.

Frente a esa situación, lo que se observa es un gobierno rechazado por la aplastante mayoría de los brasileños, y cuya única función es la de intentar mantenerse aferrado en su palacio.

Temer sabe que si renuncia o es expelido del sillón presidencial su destino inmediato será la barra de los tribunales de primera instancia. No sólo él: también muchísimos de sus ministros, en especial los de su círculo más íntimo.

Mientras se intensifican rumores de que el grupo de Temer estaría negociando intensamente una especie de “acuerdo de sobrevivencia” que implicaría en una especie de perdón judicial si renuncia de manera espontánea, el país está virtualmente paralizado.

Bueno, la verdad es que ni tan paralizado: los índices de la economía se mueven, pero para abajo. Ahora mismo, mientras Temer se retuerce para lograr una salida jurídica, su inefable e inevitable ministro de Hacienda, Henrique Meirelles, admite que se revisó la previsión de crecimiento económico. Si antes era de uno por ciento este año, ahora es de 0.5 por ciento.

De acuerdo con economistas y analistas, se trata de otra exageración de Meirelles: dicen que difícilmente no se registrará otro retroceso más.

Cada vez más, el sonido de las palabras de Temer y compañía se parece a la música ejecutada por la orquesta del Titanic mientras el barco se hundía.

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