Venezuela: Costituente risposta alla destabilizzazione

di Fabio Marcelli* http://www.lantidiplomatico.it

C’è veramente un fortissimo problema di libertà d’informazione, se perfino un giornale che si continua ad autodefinire comunista come il Manifesto, decide di non pubblicare le corrispondenze da Caracas della sua giornalista Geraldina Colotti (decisione davvero inspiegabile che ci si augura venga revocata al più presto) che le ha messe sull’Antidiplomatico e sui social media a beneficio di chi voglia attingere a fonti diverse da quelle dominanti per capire cosa realmente stia accadendo nella Repubblica bolivariana di Venezuela.


Scrive Geraldina, a proposito dello sciopero di 48 ore proclamato dall’opposizione qualche giorno fa: “Nella maggioranza della capitale, nella maggioranza del paese, tutto è aperto e si produce. Secondo il monitoraggio dei media indipendenti, anche negli Stati governati dall’opposizione la percentuale di chi ha scioperato nelle fabbriche è minima (tra il 10 e il 18%). Nelle zone agiate di Caracas, invece, continuano le violenze benché in proporzione più ridotta: anche grazie all’attivazione del Plan Zamora, il piano di prevenzione dispiegato dal governo per garantire il voto del 30 in sicurezza. Nel Merida vi sono stati scontri e un morto”.

Notizie che ben difficilmente potrete trovare sui giornali italiani o di altri Paesi occidentali. Come pure non troverete la discussa conferenza stampa del capo della CIA, Pompeo, che ha rivelato come la nota agenzia di intelligence stia pianificando il suo intervento in Venezuela con Messico e Colombia, due Paesi indubbiamente all’avanguardia in fatto di diritti umani, dove si contano ogni anno centinaia di vittime tra giornalisti, sindacalisti, studenti, leader sociali. Beninteso i governi di tali Paesi hanno smentito, ma Pompeo ha parlato chiaro.

Tutta la potenza di fuoco dell’internazionale capitalista è rivolta contro Caracas, il governo Maduro e la gran parte del popolo venezolano che continua a seguire le bandiere del chavismo. Compassati giornalisti da tempo fidati gate-keeper in politica estera e politici moderati per antonomasia, quando parlano di Venezuela indossano gli abiti dei black-block e inneggiano apertamente all’insurrezione. Perché tanto odio? Perché il Venezuela, la cui rivoluzione bolivariana ha dato il via, quasi vent’anni fa alla primavera dei popoli latinoamericani, potrebbe costituire la prova vivente che il neoliberismo promosso dalla finanza dominante può essere abbattuto e sostituito con un sistema più sensibile alle istanze fondamentali degli esseri umani. Per questo i “giornalisti” del regime capitalista che domina tuttora il mondo inventano notizie, travestono i morti chavisti da oppositori, mostrano manifestazioni a favore del governo spacciandole per iniziative dell’opposizione. Ogni pretesa di dignità ed etica professionale va a farsi tranquillamente benedire quando è in gioco il dominio di classe.

Stendiamo un velo pietoso poi su quella parte della cosiddetta sinistra che continua a storcere il naso di fronte agli avvenimenti venezolani, quasi che fosse colpa dei chavisti aver scatenato la reazione del capitalismo mondiale, non mantenendo il necessario bon ton nella propria lotta politica.

La vicenda del manifesto è purtroppo esemplare. Le titubanze di tanti residuati della sinistra italiana che fu costituiscono del resto l’altra faccia della loro presente incapacità di dare vita nel nostro Paese a un’alternativa degna di questo nome, perdendosi in ridicoli e patetici balletti su questo o quel leader e rifiutandosi di fare i conti fino in fondo con i propri oramai conclamati fallimenti. Fortunatamente non mancano in Italia come altrove settori che si possono ancora definire di sinistra, dai movimenti ai partiti, come Rifondazione comunista, a importanti istituzioni locali come il Comune di Napoli.

Parliamo del Paese che ha le più grandi riserve di petrolio del mondo. Perché stupirsi se multinazionali e governo USA, con l’appoggio di tutti i governi dell’Occidente e del capitalismo mondiale, promuovono da molti anni la sovversione contro i governi chavisti, armando bande fasciste, impedendo l’approvvigionamento dei beni fondamentali e minacciando in continuazione interventi che in ultima analisi non potranno che essere armati nello stile consueto della potenza che fece propria duecento anni fa la dottrina di Monroe?

Domani, domenica 30 luglio il popolo venezuelano ha la possibilità di dare un colpo decisivo a questo disegno di destabilizzazione, affluendo in massa alle urne per l’Assemblea costituente, concretizzando un percorso previsto dalla Costituzione bolivariana vigente anche per la grande lungimiranza politica del leader insostituibile Hugo Chavez.

Attraverso il voto e il dibattito democratico capillare, in tutto il Paese, sulle scelte da attuare per combattere i mali atavici che affliggono questo Paese come gran parte dell’America Latina e che sono fra loro direttamente interconnessi: dipendenza dal modello estrattivo, corruzione, criminalità.

Domani il popolo venezolano si esprimerà in merito partecipando  alle elezioni della Costituente, negli oltre tredicimila centri di votazione installati dal Comitato nazionale elettorale in tutto il Paese. Ci sarà un’ampia partecipazione? Lo vedremo domenica, intanto, sia il successo della prova generale svolta due settimane fa, che la grande massa di gente in piazza a Caracas ieri, lasciano presagire che Nicolas Maduro e il suo governo l’abbiano azzeccata in pieno. Ora la parola passa al popolo

*Fabio Marcelli è dirigente di ricerca dell’Istituto di studi giuridici internazionali del CNR, e dirigente dell’Associazione dei giuristi democratici a livello nazionale, europeo e internazionale. Ho scritto dodici libri e oltre cento articoli su temi di diritto e relazioni internazionali.

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