ed i rompicapi della guerra contro il Venezuela
William Serafino http://misionverdad.com
La saturazione informativa attorno agli ultimi movimenti (militari e diplomatici) del fronte esterno contro il Venezuela traccia un panorama che, fino ad ora, solleva più domande che risposte immediate e imminenti. Tuttavia, alcune recenti tappe politiche come il tour del Segretario di Stato, Rex Tillerson, per i paesi leader del Gruppo di Lima, e l’implosione del Tavolo di Dialogo, nella Repubblica Dominicana, il secondo conseguenza del primo, danno conto di un nuovo corso di azioni per elevare il Venezuela alla categoria di conflitto internazionale; il tanto atteso punto di non ritorno dove la vessazione geopolitica dissolva le frontiere della politica (interna) e superi il già fragile diritto internazionale.
Tenaglia frontaliera, il triste ruolo di Borges ed una “visita inaspettata” in Colombia
La devenezualizzazione di Julio Borges è confermata dallo stridore dell’atto, e l’uomo che vede sé stesso come bandella tra ciò che può significare il recupero del paese in tutte le sue dimensioni o la precipitazione in uno scenario letale, opta per quest’ultimo consapevole che la prima opzione non produce le commissioni promesse, e ancor meno la glorificazione di essere partecipe all’assassinio della nazione bolivariana. “Venezuela è una malattia contagiosa” questa espressione riassume abbastanza bene che le sanzioni finanziarie ed economiche, coordinate con gli USA, sono motivate da un’essenza che supera la congiuntura: la igienizzazione culturale del paese, cancellare il chavismo, con Costituzione, elezioni e tutto il suo quadro politico, come l’ultima vera radice della storia venezuelana che è sopravvissuta all’ondata della globalizzazione.
Ciò che c’era dietro, o meglio quello che era messo a rischio se si dava un accordo di convivenza nazionale, era il dispiegamento di ordini del giorno di alta tensione che vanno dalla mutazione del conflitto venezuelano ad uno internazionale, dove la molteplicità di interesse nel medio periodo ed i rischi da assumere solo conseguono sommare al prolungamento del caos, sino alla messa in scena di una situazione di emergenza (umanitaria) di tale dimensione che deriverebbe, e da qui l’importanza del linguaggio e della propaganda come armi da guerra, un’imminente uscita militare, interna od esterna, o combinata.
In tal senso, gli appelli che incitano ad un golpe militare in Venezuela, prima durante il tour di Rex Tillerson e poi assecondato dal senatore Marco Rubio, potrebbe dirci che non si tratta di un allegro invito e senza recettore, anche se ha le caratteristiche di disperazione ed incertezza.
Difficile credere che Tillerson e Rubio si espongano al ridicolo internazionale di vedersi nel medio termine, con un invito che nessuno, internamente alle FANB, ha ottemperato, ed in tal caso sarebbe certificato che l’unica opzione praticabile, per rovesciare il chavismo, sia l’intervento camuffato o diretto. È improbabile che l’intelligence USA non stia lavorando intorno alle FANB, specialmente dopo le confessioni del capo della CIA, Mike Pompeo, sullo studio che ha condotto all’interno dell’esercito venezuelano prima delle sanzioni del Dipartimento del Tesoro.
Sui movimenti militari ai confini con Colombia e Brasile, sembra una questione di creare un precedente ed inviare un messaggio geopolitico, almeno alla prima occasione, dal momento che il tour Rex Tillerson è stato caratterizzato dalle “preoccupazioni” sulla crescente presenza di Cina e Russia nella regione, a cui il segretario ha risposto con il ritorno della Dottrina Monroe. La Colombia, come estensione politica e geografica degli USA, è lo scenario ideale per questo, e la visita dell’ammiraglio Kurt Tidd, capo del Comando Sud, arriva solo ad avvitare quella nozione di presenza che vedono in pericolo.
Fatto che neppure esclude che le manovre, in sé, abbiano attributi di provocazione, poiché se il quadro semantico e narrativo globale cerca di plasmare il Venezuela come una “minaccia regionale” che, per semplice esclusione, richiede una risposta della stessa portata, il corso delle azioni potrebbe indicare che aspettano una reazione sproporzionata del Venezuela, lì entra la frangia pericolosa delle operazioni false flag e falsi positivi per fabbricare un evento scatenante, che giustifichi uno scontro di tipo “difensivo”, e quindi il coinvolgimento del Comando Sud a sostegno dei suoi partner.
Esacerbare il quadro migratorio venezuelano con le misure prese dal governo di Santos e quelle che, eventualmente, prenderebbe Temer, cerca potenziare la propaganda umanitaria contro il Venezuela in modo da compensare il tragico vuoto politico che hanno lasciato gli attori dell’antichavismo.
Ma significa anche la creazione di un ambiente redditizio se lo si vede politicamente ed economicamente. In un contesto in cui il paese è vittima di un potente blocco finanziario che esacerba le sue condizioni alimentari e sanitarie, ora si aggiunge la minaccia di embargo per portare la situazione al limite; riscaldare la frontiera prevede un punto di infiammabilità per il quale si cercherebbero di destabilizzare l’azione del governo sul focus economico a misura che si intensifica il caos interno e le istituzioni multilaterali mobilizzano la questione agli stadi più alti e risolutivi. Non è un caso che il Gruppo Lima e Luis Almagro dall’OSA cerchino di alzare la voce come reazione a questi movimenti sul campo.
Il Comando Sud pianifica il caos, dove i gruppi irregolari modellano il commercio e l’economia regionale
Il ciclo di violenza, nel 2017, ci porta anche una lezione per questo 2018 che inizia con grandi turbolenze per la stabilità del paese: quando affccciano la testa gli operatori internazionali USA è perché all’interno si preparano uscite violente, anche se non solo da tale condizione dipende la sua totale o parziale effettività.
L’altro fronte (quello economico) non è meno perverso: restringere e riordinare il passaggio di frontiera è il sotterfugio che trasforma la canalizzazione degli “aiuti umanitari” (made in USA) in un attraente business per governi di natura corrotti e voraci; questo è ciò che fa intravedere il ministro delle finanze colombiano, Mauricio Cárdenas quando ha parlato di un “piano di salvataggio finanziario” per il Venezuela (di 60 miliardi di dollari) quando il chavismo cada. Un pagamento anticipo sembra essere stato forgiato durante il tour di Rex Tillerson, per i servizi di non riconoscere i risultati delle elezioni presidenziali in Venezuela e sostenere un maggior assedio politico, finanziario, diplomatico (ed ora militare) contro il paese.
Le “minacce” del Comando Sud, l’approccio strategico ed il Venezuela
Il nuovo teatro del conflitto disegnato dal Comando Sud rappresenta un aggressivo cambio di approccio sotto cui tentano giustificare un’ulteriore militarizzazione dell’America Latina, secondo i dettami della National Security Strategy e della National Defense, lanciati dall’amministrazione Trump nel 2018.
In termini geostrategici, il Comando Sud pone in primo piano una serie di “minacce” che vanno dalle “reti transnazionali” coinvolte nel traffico di droga ed al contrabbando, la penetrazione del “terrorismo di origine islamico” (riferendosi a Daesh e Hezbollah), la crescente presenza di Russia, Cina e Iran ed i disastri naturali e crisi umanitarie che potenziano i flussi migratori illegali verso gli USA. Secondo il documento “Strategie del Teatro 2017-2027”, vessillo della gestione di Kurt Tidd, queste “minacce” rappresentano un pericolo per la sicurezza nazionale USA e dei suoi partner nell’Emisfero Occidentale.
In termini geopolitici, l’approccio del Comando Sud è quello di disegnare a grandi linee un Medio Oriente latino americano: una zona di caos, instabile, dove gruppi irregolari modellano il commercio e l’economia regionale e sono latenti le “minacce terroristiche” e le controversie internazionali per le risorse energetiche. Forma parte di un corollario che dà ragione di essere ad un ciclo di maggiore militarizzazione USA.
Ognuna di queste “minacce”, dipendendo dal suo livello di “pericolosità” ed “urgenza”, fanno sì che il Comando Sud, con il pretesto di azioni multilaterali, agisca all’interno dei paesi della regione con determinati livelli di forza e quadri operativi. In assoluto si evidenziano il ruolo di leadership nel traffico globale di droga della Colombia, che intronizzano come partner essenziale e fanteria di primo livello.
Dal quando il conflitto venezuelano ha acquisito un grado più elevato di internazionalizzazione, le narrazioni e le operazioni simboliche e discorsive impiegate vanno dalla consumazione propagandistica del paese come un “narco-stato” con ampie relazioni con Russia, Cina ed Iran (dandole una connotazione negativa), che ha legami con Hezbollah e attualmente vive sotto una “crisi umanitaria”. Ragioni usate anche per giustificare il ciclo di sanzioni da parte della Casa Bianca.
Le sanzioni del Dipartimento del Tesoro, nel febbraio dello scorso anno, contro il vice presidente Tarek El Aissami per avere presunti legami con Hezbollah e partecipare all’invio di droga verso gli USA mediante il Cartello degli Zetas in Messico, misura che è stata adottata dopo una “fake news”, lanciata dalla CNN che cercò di collegarlo -senza mostrare prove- con la consegna di passaporti a persone affiliate a questo gruppo che ha combattuto contro lo Stato islamico ed altri fronti terroristici finanziati dagli USA, sono prova sufficiente del fatto che con nel propagandistico, il Comando Sud, cerca uno spiraglio per accelerare i tempi di un intervento.
Il Venezuela si inserisce con esattezza in ciascuna delle minacce autoreferenziali descritte dal Comando Sud come pericolose per l’Emisfero Occidentale e la sicurezza nazionale USA. L’ammiraglio Kurt Tidd, di fronte ad una audizione della Commissione per i Servizi Armati del Senato, lo scorso anno, ha affermato che “il Venezuela affronta una significativa instabilità nel prossimo anno a causa della mancanza diffusa di alimentazione, e la carenza di farmaci; la continua incertezza politica; ed un peggioramento della situazione economica. La crescente crisi umanitaria, in Venezuela, potrebbe eventualmente obbligare ad una risposta regionale”.
La militarizzazione del conflitto è iniziata con il Decreto Obama del 2015
Come parte del suo approccio operativo, secondo il documento di bandiera “Theatre Strategy 2017-2027”, il Comando Sud ammette di collaborare con istituzioni della società civile (organizzazioni non governative, accademie, ecc.), agenzie USA come USAID, agenzie multinazionali ed al settore privato per realizzare i propri obiettivi. Queste risorse asimmetriche della guerra non convenzionale contro il Venezuela hanno preparato, negli ultimi anni, lo scenario di un intervento militare, in modo che non sembra irragionevole supporre che chi li ha fatti entrare nelle operazioni sia lo stesso che oggi, nel documento centrale di geostrategia, colloca il Venezuela come la principale minaccia emisferica.
Julio Borges non è mai stato così vicino a Kurt Tidd come sin oggi.
Sincronie, false flag e dissuasione
Con i recenti movimenti militari alla frontiera, le riunioni di Kurt Tidd con l’alto personale del Ministero colombiano della Difesa ed il presidente Juan Manuel Santos, unito al posizionamento in istanze diplomatiche della “crisi umanitaria” in Venezuela, si annuncia una pericolosa sincronia di attori e agende che non devono essere sottovalutate.
Dietro l’assistenza tecnica offerta dal Comando Sud a Colombia e Brasile per quanto riguarda la “crisi umanitaria” in Venezuela, potrebbe esserci la preparazione di determinati aspetti logistici per costruire una contingenza preventiva (sinonimo di intervento umanitario) una volta che le conseguenze di una fase più acuta del blocco finanziario si facciano sentire. L’anno scorso, il Congresso USA ha esortato il Pentagono ad essere pronto per un intervento umanitario, poi ha approvato un disegno di legge nella sua camera bassa per stanziare le risorse e impostare il percorso diplomatico che la Casa Bianca deve intraprendere per portare a termine il piano.
Il documento del Comando Sud non si adatta solo all’America Latina, l’approccio geostrategico della Strategia di Sicurezza Nazionale del 2018, incentrato sulla lotta esistenziale contro Russia e Cina e sulla preservazione dell’accesso alle risorse naturali della regione per mantenere la competitività della sua economia. Potrebbe anche essere visto come l’annuncio di imminenti azioni con un certo carattere di esclusività verso il Venezuela.
Dietro la strategia di una ulteriore militarizzazione del continente, si trova il riconoscimento del Venezuela come baricentro politico del continente che deve essere abbattuto -e con rapidità- poiché rappresenta il ponte geopolitico per l’inserimento del blocco emergente e multipolare in una regione che considerano la loro retroguardia geopolitica esclusiva.
E questo è il principale deterrente su cui conta il Venezuela oggi.
Il caso dell’invasione dell’Iraq, nel 2003, in un contesto geopolitico diverso da quello attuale ma che non ha perso pericolosità, ha mostrato che lo scontro bellico è ad un passo da un falso positivo ben orchestrato. Con multiformi strategie di propaganda, il Venezuela è stato vessato come il caso emblematico che concentra tutte le “minacce” alla sicurezza nazionale USA. Un percorso iniziato con il Decreto Obama nel 2015.
La velocità del corso degli eventi potrebbe indicare che un fatto isolato o preparato (un “attentato terroristico” in qualche città regionale, l’abbattimento di un “narco aereo” in Colombia o un evento tragico al confine) sia utilizzato per responsabilizzare il Venezuela. L’evento scatenante che gli permetterebbe fare un ulteriore passo avanti nella guerra frontale contro il paese.
Los planes del Comando Sur y el rompecabezas de la guerra contra Venezuela
William Serafino
La saturación informativa alrededor de los últimos movimientos (militares y diplomáticos) del frente externo contra Venezuela dibuja un panorama que, hasta los momentos, plantea más preguntas que respuestas inmediatas e inminentes. Sin embargo, algunos hitos políticos recientes, como la gira del secretario de Estado de EEUU Rex Tillerson por países líderes del Grupo de Lima y la implosión de la Mesa de Diálogo en República Dominicana, lo segundo consecuencia de lo primero, dan cuenta de un nuevo curso de acciones para elevar a Venezuela a la categoría de conflicto internacional; el tan ansiado punto de no retorno donde el acoso geopolítico disuelva las fronteras de la política (interna) y rebase el ya endeble derecho internacional.
Tenaza fronteriza, el triste papel de Borges y una “visita inesperada” en Colombia
La desvenezolanización de Julio Borges se confirma por la estridencia del acto, y el hombre que se ve a sí mismo como bisagra entre lo que puede significar la recuperación del país en todas sus dimensiones o la precipitación de un escenario letal, opta por lo último a conciencia de que la primera opción no arroja las comisiones prometidas ni mucho menos la glorificación de ser partícipe del asesinato de la nación bolivariana. “Venezuela es una enfermedad contagiosa”: esa expresión resume bastante bien que las sanciones financieras y económicas coordinadas con EEUU están movidas por una esencia que supera la coyuntura: la higienización cultural del país, borrar al chavismo, con Constitución, elecciones y todo su marco político, como último arraigo real de la historia venezolana que sobrevivió al oleaje de la globalización.
Lo que aguardaba detrás, o más bien lo que se ponía en riesgo si se daba un acuerdo de convivencia nacional, era el despliegue de agendas de alto voltaje que van desde la mutación del conflicto venezolano a uno internacional, donde la multiciplidad de intereses en el mediano plazo y los riesgos por asumir solo consiguen sumar a la prolongación del caos, hasta la escenificación de una situación de emergencia (humanitaria) de tal tamaño que derivaría, y de ahí la importancia del lenguaje y la propaganda como armas de guerra, en una salida militar inminente, interna o externa, o combinada.
En tal sentido, los llamados que incitan a un golpe militar en Venezuela, primero durante la gira de Rex Tillerson y luego secundado por el senador Marco Rubio, podría decirnos que no se trata de una invitación alegre y sin receptor, aunque tenga rasgos de desespero e incertidumbre.
Cuesta creer que Tillerson y Rubio se expongan al ridículo internacional de verse en el mediano plazo con una invitación que nadie a lo interno de la FANB atendió, y de ser así estarían certificando que la única opción viable para derrocar al chavismo es la intervención camuflada o directa. Es poco probable que la inteligencia estadounidense no esté trabajando alrededor de la FANB, más aún luego de las confesiones del jefe de la CIA, Mike Pompeo, sobre el estudio que realizó a lo interno de los componentes del ejército venezolano previo a las sanciones del Departamento del Tesoro.
Sobre los movimientos militares en las fronteras con Colombia y Brasil, parece cuestión de sentar un precedente y enviar un mensaje geopolítico, al menos en las primeras de cambio, toda vez que la gira de Rex Tillerson estuvo marcada por las “preocupaciones” sobre la creciente presencia de China y Rusia en la región, a lo que el secretario respondió con el retorno de la Doctrina Monroe. Colombia como extensión política y geográfica de EEUU es el escenario ideal para esto, y la visita del Almirante Kurt Tidd, jefe del Comando Sur, solo viene a atornillar esa noción de presencia que ven peligrar.
Hecho que tampoco deja por fuera que las maniobras en sí tengan atributos de provocación, pues si el marco semántico y narrativo global intenta amoldar a Venezuela como una “amenaza regional”, que por descarte simple requiere una respuesta del mismo calado, el curso de acciones podría indicar que aguardan por una reacción desproporcionada de Venezuela, allí entra la franja peligrosa de las operaciones de bandera falsa y los falsos positivos para fabricar un hecho desencadenante, que justifique un enfrentamiento de tipo “defensivo”, y por ende, el involucramiento del Comando Sur en respaldo de sus socios.
Exacerbar el cuadro migratorio venezolano con las medidas tomadas por el gobierno de Santos y las que posiblemente tomaría el de Temer, intenta potenciar la propaganda humanitaria contra Venezuela a modo de compensar el trágico vacío político que han dejado los actores del antichavismo.
Pero también significa la creación de un entorno rentable si se le ve por lo político y por lo económico. Bajo un contexto en el que el país es víctima de un poderoso bloqueo financiero que extrema sus condiciones alimentarias y sanitarias, ahora se suma la amenaza de embargo para llevar la situación al límite, calentar la frontera prevé un punto de inflamación por el cual intentarían desestabilizar la acción del Gobierno sobre el foco económico, a medida que se intensifica el caos interno y las instituciones multilaterales movilizan el tema a los estadios más altos y resolutivos. No es coincidencia que el Grupo de Lima y Luis Almagro desde la OEA intenten elevar su vocería como reacción a estos movimientos en el terreno.
El Comando Sur plantea el caos, donde grupos irregulares modelen el comercio y la economía regional
El ciclo de violencia en 2017 también nos trae una lección para este 2018 que comienza con grandes turbulencias para la estabilidad del país: cuando asoman la cabeza los operadores internacionales de EEUU es porque a lo interno se preparan salidas violentas, aunque no sólo de esa condición depende su total o parcial efectividad.
El otro frente (el económico) no es menos perverso: restringir y reordenar el paso fronterizo es el subterfugio que transforma la canalización de la “ayuda humanitaria” (made in USA) en un atractivo negocio para gobiernos de naturaleza corrupta y voraz; así lo hace ver el ministro de Hacienda colombiano, Mauricio Cárdenas, cuando habló de un “plan de rescate financiero” para Venezuela (de 60 mil millones de dólares) cuando el chavismo caiga. Un pago por adelantado parece haberse fraguado durante la gira de Rex Tillerson, a los servicios de no reconocer los resultados de las elecciones presidenciales en Venezuela y respaldar un mayor cerco político, financiero, diplomático (y ahora militar) contra el país.
Las “amenazas” del Comando Sur, enfoque estratégico y Venezuela
El nuevo teatro de conflictos diseñado por el Comando Sur representa un agresivo cambio de enfoque bajo el cual intentan justificar una mayor militarización de América Latina, acorde a los dictámenes de la Estrategia de Seguridad Nacional y de Defensa Nacional lanzadas por la Administración Trump en 2018.
En términos geoestratégicos, el Comando Sur coloca su foco sobre un conjunto de “amenazas” que van desde “redes transnacionales” dedicadas al narcotráfico y al contrabando, la penetración del “terrorismo de origen islámico” (haciendo referencia a Daesh y Hezbolá), la creciente presencia de Rusia, China e Irán y los desastres naturales y crisis humanitarias que potencian los flujos migratorios ilegales hacia EEUU. Según el documento “Estrategias del Teatro 2017-2027”, estandarte de la gestión de Kurt Tidd, estas “amenazas” representan un peligro para la seguridad nacional de EEUU y de sus socios en el Hemisferio Occidental.
En términos geopolíticos, el enfoque del Comando Sur consiste en dibujar a trazos generales un Medio Oriente latinoamericano: una zona de caos, inestable, donde grupos irregulares modelan el comercio y la economía regional y son latentes las “amenazas terroristas” y las disputas internacionales por los recursos energéticos. Forma parte de un corolario que otorga razón de ser a un ciclo de mayor militarización estadounidense.
Cada una de estas “amenazas”, dependiendo de su nivel de “peligrosidad” y “urgencia”, posibilitan que el Comando Sur, bajo el disfraz de acciones multilaterales, actúen a lo interno de los países de la región con determinados niveles de fuerza y marcos operacionales. En lo absoluto destacan el papel de liderazgo en el narcotráfico global de Colombia, a quienes entronizan como socios esenciales e infantería de primer nivel.
Desde que el conflicto venezolano ha adquirido grados más elevados de internacionalización, las narrativas y las operaciones simbólicas y discursivas empleadas van desde la consumación propagandista del país como un “narcoestado”, con amplias relaciones con Rusia, China e Irán (otorgándole una connotación negativa), el cual tiene nexos con Hezbolá y vive actualmente bajo una “crisis humanitaria”. Razones también utilizadas para justificar las rondas de sanciones de la Casa Blanca.
Las sanciones del Departamento del Tesoro en febrero del año pasado contra el vicepresidente Tareck El Aissami por tener supuestas conexiones con Hezbolá y participar en el envío de drogas hacia EEUU mediante el Cartel de los Zetas de México, medida que fue tomada posterior a un “fake news” lanzado por CNN que intentó vincularlo -sin mostrar pruebas- con la entrega de pasaportes a personas afiliadas a este grupo que ha combatido contra el Estado Islámico y otros frentes terroristas financiados por EEUU, son muestra suficiente de que en lo propagandístico el Comando Sur busca un resquicio para acelerar los tiempos de una intervención.
Venezuela encaja con exactitud en cada una de las amenazas autorreferenciales descritas por el Comando Sur como peligrosas para el Hemisferio Occidental y la seguridad nacional de EEUU. El Almirante Kurt Tidd, ante una audiencia en el Comité de Servicios Armados del Senado el año pasado, afirmó que “Venezuela se enfrenta a una inestabilidad importante en el próximo año debido a una falta de alimentacion generalizada, y la escasez de medicamentos; la incertidumbre política continuada; y un empeoramiento de la situación económica. La creciente crisis humanitaria en Venezuela podría eventualmente obligar a una respuesta regional”.
La militarización del conflicto comenzó con el Decreto Obama en 2015
Como parte de su enfoque operacional, según reseña el documento bandera “Estrategia del Teatro 2017-2027”, el Comando Sur admite que trabaja junto a instituciones de la sociedad civil (Organizaciones No Gubernamentales, academias, etc.), agencias estadounidenses como la USAID, agencias multinacionales y el sector privado para llevar a cabo sus objetivos. Estos recursos asimétricos de la guerra no convencional contra Venezuela han preparado, en los últimos años, el escenario de la intervención militar, así que no parece descabellado asumir que quien los hizo entrar en operaciones es el mismo que hoy en su documento central de geoestrategia coloca a Venezuela como la principal amenaza hemisférica.
Julio Borges nunca estuvo tan cerca de Kurt Tidd como hasta hoy.
Sincronías, banderas falsas y disuasión
Con los últimos movimientos militares en la frontera, las reuniones de Kurt Tidd con la plana mayor del Ministerio de Defensa colombiano y el presidente Juan Manuel Santos, sumado al posicionamiento en instancias diplomáticas de la “crisis humanitaria” en Venezuela, se anuncia una sincronía peligrosa de actores y agendas que no deben ser subestimadas.
Detrás de la asistencia técnica que ofrece el Comando Sur a Colombia y Brasil en cuanto a la “crisis humanitaria” de Venezuela, podría estar la preparación de determinados aspectos logísticos para armar una contingencia preventiva (sinónimo de intervención humanitaria) una vez que las consecuencias de una etapa más aguda del bloqueo financiero se hagan sentir. El año pasado el Congreso de EEUU instó al Pentágono a estar listos para una intervención humanitaria, tiempo después aprobó un proyecto de ley en su cámara baja para destinar los recursos y configurar el camino diplomático que debe tomar la Casa Blanca para llevar a cabo el plan.
El documento del Comando Sur no sólo adapta para Latinoamérica el enfoque geoestratégico de la Estrategia de Seguridad Nacional de 2018, enfocada en la pugna existencial contra Rusia y China y la preservación del acceso de los recursos naturales de la región para mantener la competitividad de su economía. También podría verse como el anuncio de próximas acciones con cierto carácter de exclusividad hacia Venezuela.
Detrás de su estrategia de una mayor militarización del continente, se encuentra el reconocimiento de Venezuela como centro de gravedad político del continente, necesario de ser derribado -y con rapidez- pues representa el puente geopolítico para la inserción del bloque emergente y multipolar en una región que consideran su retaguardia geopolítica exclusiva.
Y ese es el principal activo de disuasión con el que cuenta Venezuela hoy día.
El caso de la invasión a Irak en 2003, en un contexto geopolítico distinto al actual pero que no por eso ha perdido peligrosidad, demostró que la confrontación bélica está a un paso de un falso positivo bien orquestado. Con estrategias multiformes de propaganda, a Venezuela la han venido acosando como el caso emblema que concentra todas las “amenazas” a la seguridad nacional de EEUU. Un camino que comenzó con el Decreto Obama en 2015.
La velocidad en el curso de los acontecimientos podría indicar que un hecho aislado o preparado (un “atentado terrorista” en alguna urbe regional, el derribo de una “narcoavioneta” en Colombia o un hecho trágico en la frontera) sea utilizado para responsabilizar a Venezuela. El hecho desencadenante que les permitiría avanzar un paso más en la guerra frontal contra el país.