Washington mantiene i tagli nella sua Ambasciata

Il taglio del  60 % del personale diplomatico dell’Ambasciata statunitense in Cuba e le limitazioni di viaggio per i  familiari dei funzionari diventano permanenti da oggi 5 marzo, in accordo con un comunicato diffuso venerdì 2 marzo dal Dipartimento di Stato.

La nota ufficiale informa che l’Ambasciata operava  dal 29  settembre con lo status di “ordine di partenza», che implicava la paralisi dei servizi consolari, permettendo solo i servizi consolari e le funzioni essenziali d’attenzione agli statunitensi e ai casi d’emergenza.

Il 4 marzo sono scaduti i 180  giorni stabiliti per far ritornare il personale a Cuba o ufficializzare i tagli.

Washington ha scelto la seconda via ed ha ordinato che oggi entri in vigore un nuovo “piano permanente” seguendo il quale la sua Ambasciata continuerà ad operare “con il personale minimo necessario per realizzare funzioni diplomatiche e consolari indispensabili”, cioè come faceva sino ad oggi.

Inoltre è stato precisato che la missione funzionerà come un luogo senza accompagnanti, che si definisce come un’assegnazione in un paese nel quale non si permette la residenza delle famiglie.

La scusa utilizzata ancora una volta è la “permanenza di rischi” relazionati ai presunti attacchi contro funzionari statunitensi nella capitale cubana. Indubbiamente mesi d’investigazioni sia di Cuba  che degli Stati Uniti non hanno apportato una sola prova che sostenga come questi incidenti sono avvenuti.

MOTIVAZIONI POLITICHE

La decisione di Washington «risponde a motivazioni politiche e  non ha alcuna Relazione con la sicurezza de suoi funzionari, ha assicurato venerdì 2 marzo  nella rete  sociale Twitter il direttore generale degli Stati Uniti della Cancelleria cubana, Carlos Fernández de Cossío.

Cossío ha criticato che Washington continui ad utilizzare la parola “attacchi” quando «sa perfettamente bene che non c’è stato alcun attacco o azione deliberata in Cuba contro i suoi diplomatici ».

«È falso che il personale dell’Ambasciata abbia corso pericoli o stia a rischio», ha detto. «È falso che in Cuba si sia permesso, o che possa essere accaduto, che qualcuno abbia commesso azioni deliberate contro diplomatici degli Stati Uniti», ha precisato.

Al rispetto, ha precisato che il governo degli USA ha prove sufficienti che dimostrano che Cuba è un paese sicuro per i suoi diplomatici e per quelli di qualsiasi altro paese del mondo, così come per i milioni di stranieri che visitano ogni anno la Maggiore delle Antille.

IL DIPARTIMENTO DI STATO STA RICEVENDO DURE CRITICHE

«La decisione del Dipartimento di Stato  danneggia anni di progressi verso la normalità delle relazioni con Cuba»,  ha detto la congressista Barbara Lee nella rete sociale Twitter. «Si dovrebbe permettere  ai nostri diplomatici di fare il loro lavoro e ritornare ai loro posti in Cuba».

James Williams, presidente della coalizione contro il blocco Engage Cuba, ha segnalato di sentirsi s «molto deluso»  per la decisione del Segretario di Stato.

«Forse chi perderà di più saranno le centinaia di migliaia di cubani e cubano americani che vanno e vengono per vedere le loro famiglie, festeggiare o occuparsi dei familiari malati, visto che siamo incapaci di processare i visti necessari per facilitare questi viaggi».

Anche se  Cuba viene considerata una delle destinazioni più sicure del mondo, l’Isola si mantiene al livello 3 di 4 possibili, con la raccomandazione di riconsiderare i viaggi.

Un’inchiesta  realizzata recentemente dal gruppo Cuba Educational Travel (Viaggi Educativi a Cuba) tra mezzo migliaio di statunitensi che avevano vistato l’Isola negli ultimi mesi, la stragrande maggioranza ha considerato l’Isola una destinazione «molto sicura».

L’ 83 % dei 462 interrogati ha detto che Cuba è «molto sicura» e il 16 % ha riferito che è «sicura». In cambio, solo il 1 % ha riferito qualche osservazione che poteva far supporre alcun genere di rischio.

Nessuno ha definito il paese «molto insicuro».

Anche se da oggi la riduzione del personale diviene permanente, le fonti dell’Ambasciata degli Stati Uniti a L’Avana hanno assicurato Granma che il nuovo status «si può rivedere e cambiare in qualsiasi momento»

 

 

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