“Vivere senza Castro”

Iroel Sánchez https://lapupilainsomne.wordpress.com

“Cuba si prepara a vivere senza Castro” è una delle tante varianti di titoli con cui i grandi media stanno descrivendo il processo elettorale in corso a Cuba e che, il prossimo 19 aprile, culminerà nell’Assemblea Nazionale con l’elezione di un nuovo Presidente, vice presidenti e membri del suo Consiglio di Stato.

L’ossessione per il cognome è vecchia e raggiunse gravi note quando, nei primi anni 90 del secolo scorso, “L’ora finale di Fidel Castro” fu annunciata a gran voce insieme alla disintegrazione sovietica, ha continuato a causa della longevità dei leader scesi dalla Sierra Maestra e, di nuovo, si è accentuata quando, molto tempo dopo l’annunciata “ora finale”, Fidel ha sofferto una grave malattia che lo avrebbe appartato dalle sue formali responsabilità come dirigente ed è stato sostituito da Raul.

Per i cubani, è chiaro che il successore di Fidel non è arrivato lì per essere suo fratello. Forse per questa stampa anche, ma devono tacere che Raul Castro non arrivò ad essere il secondo uomo della Rivoluzione per la sua parentela con Fidel, ma rischiando la sua vita per il suo popolo, quando ad appena 20 anni gli potevano solo aspettare gravi rischi. Dalla sua partecipazione come combattente di linea nell’assalto alla Caserma Moncada fu un crescendo di responsabilità nella prigione, l’esilio, lo spedizione dello yacht Granma, sino ad ottenere i meriti di comandare il Secondo Fronte Guerrigliero nella Sierra Maestra e dirigere, dopo il 1959, le Forze Armate che hanno permesso a Cuba di resistere al più ampio spettro di minacce ed aggressioni che siano state poste in marcia, contro alcun paese, da parte USA.

Contro ogni previsione, meno quelle dei cubani, Raul ha diretto Cuba per dodici anni con un favorevole consenso popolare, ha spinto li cambi necessari per adattarla alle nuove realtà ed ha creato le condizioni affinché un’altra generazione raggiunga le più alte cariche dello Stato senza traumi e continui ad affrontare, con successo, le sfide che attendono il paese.

Il processo elettorale culminato nella votazione popolare di questo 11 marzo ha avuto inizio nel settembre con la nomina diretta, nei quartieri da parte dei cittadini, dei candidati a delegati alle Assemblee Municipali, eletti il ​​26 novembre dal voto popolare. Tali delegati -nominati ed eletti dal popolo, senza intermediari- sono quelli che hanno la potestà di fare ciò che in altri paesi è solo alla portata dei partiti politici: decidere le liste che voteranno gli elettori.

Il sistema elettorale cubano non è perfetto, ma i problemi che si segnalano ai processi elettorali nei paesi all’intorno di Cuba e che regnarono sull’isola prima del 1959: corruzione politica, frode e inadempimento delle promesse e non rendere conto né revoca sono assenti a Cuba. Nelle elezioni cubane è proibita la propaganda e le promesse elettorali, così come il denaro, lo scrutinio in ogni seggio elettorale è pubblico, le urne sono custodite dagli scolari, il Partito Comunista non nomina e gli eletti rendono conto, ogni 6 mesi, a tutti i livelli.

E’ un sistema creato e perfezionato sotto la guida di Fidel Castro e che ha le sue radici nell’etica di Jose Marti, non nei regimi del socialismo di fattura sovietica. Il sistema elettorale cubano ha avuto correzioni nel 1992 e sarà nuovamente perfezionato, nella stessa direzione, con una nuova Legge Elettorale che è già stata annunciata e che sicuramente vedrà la luce prima del 2021, quando avrà luogo l’VIII Congresso del Partito Comunista.

A differenza di quanto accade in altri paesi, a Cuba la democrazia non è sinonimo unico di elezioni. I sindacati, le organizzazioni studentesche e delle donne, hanno sistematici processi di dibattito e rinnovamento in cui i problemi che li riguardano sono affrontati e confrontati con il governo. Per legge i dirigenti sindacali e studenteschi di base partecipano con voce e voto nei Consigli di Direzione delle entità dai posti di lavoro e di studio sino ai ministeri.

In tale esercizio democratico Cuba, da varie decadi, si va preparandosi “a vivere senza Castro”, proprio perché la sua leadership ha contribuito a costruire una democrazia realmente popolare, ma soprattutto diversa da quella che vende, come tale, la stessa stampa che lancia titoli come questo ma occulta, al suo pubblico, tutto quanto sopra.


Vivir sin Castro”

Por Iroel Sánchez

Cuba se prepara para vivir sin Castro”, es una de las muchas variantes de titulares con que los grandes medios de comunicación han estado describiendo el proceso electoral en marcha en Cuba y que el próximo 19 de abril culminará en la Asamblea Nacional con la elección de un nuevo Presidente, Vicepresidentes y miembros de su Consejo de Estado.

La obsesión con el apellido es antigua y alcanzó graves notas cuando a inicios de los años noventa del siglo pasado “La hora final de Fidel Castro” fue anunciada a bombos y platillos junto a la desintegración soviética, continuó a raíz de la longevidad de los líderes bajados de la Sierra Maestra y se acentuó nuevamente cuando mucho después de anunciada la “hora final”, Fidel sufrió una grave enfermedad que lo apartaría de sus responsabilidades formales como dirigente y fuera reemplazado por Raúl.

Para los cubanos está claro que el sucesor de Fidel no arribó allí por ser su hermano. Tal vez para esa prensa también, pero deben callar que Raúl Castro no llegó a ser el segundo hombre de la Revolución por su parentesco con Fidel sino por jugarse la vida por su pueblo cuando con apenas 20 años solo podían esperarle graves riesgos. Desde su participación como combatiente de fila en el asalto al cuartel Moncada fue creciendo en responsabilidades en el presidio, el exilio, la expedición del yate Granma, hasta ganar los méritos para comandar el Segundo Frente Guerrillero en la Sierra Maestra y dirigir luego de 1959 las Fuerzas Armadas que permitieron a Cuba resistir el espectro mayor de amenazas y agresiones que se hayan puesto en marcha contra país alguno por Estados Unidos.

Contra todos los pronósticos, menos los de los cubanos, Raúl ha dirigido Cuba durante doce años con un consenso popular favorable, ha impulsado los cambios necesarios para adaptarla a nuevas realidades y ha creado las condiciones para que otra generación llegue a los máximos puestos del Estado sin traumas y continúe enfrentando exitosamente los desafíos que tiene el país.

El proceso electoral culminado con las votaciones populares de este 11 de marzo comenzó en septiembre con las nominación directa en los barrios por los ciudadanos de los candidatos a delegados a las Asambleas Municipales, electos el 26 de noviembre por voto popular. Esos delegados -nominados y electos por el pueblo, sin intermediarios- son los que tienen la potestad de hacer lo que en otros países solo está al alcance de los partidos políticos: decidir las listas por las que votarán los electores.

El sistema electoral cubano no es perfecto pero los problemas que se le señalan a los procesos electorales en los países del entorno cubano y que reinaron en la Isla antes de 1959: corrupción política, fraude e incumplimiento de promesas y no rendición de cuentas ni revocación están ausentes en Cuba. En las elecciones cubanas está prohibida la propaganda y las promesas de campaña, así como el dinero, el escrutinio en cada colegio electoral es público, las urnas las custodian escolares, el Partido Comunista no nomina y los electos rinden cuentas cada seis meses a todos los niveles.

Es un sistema creado y perfeccionado bajo el liderazgo de Fidel Castro y que tiene sus raíces en la ética de José Martí, no en los regímenes del socialismo de factura soviética. El sistema electoral cubano tuvo correcciones en 1992 y va a volver a perfeccionarse en la misma dirección con una nueva Ley Electoral que ya se ha anunciado y que seguramente verá la luz antes de 2021, cuando tendrá lugar el VIII Congreso del Partido Comunista.

A diferencia de lo que ocurre en otros países, en Cuba democracia no es sinónimo único de elecciones. Los sindicatos, las organizaciones de estudiantes y de mujeres, tienen procesos sistemáticos de debate y renovación en que los problemas que los afectan son abordados y confrontados con el gobierno. Por ley los dirigentes sindicales y estudiantiles de base participan con voz y voto en los Consejos de Dirección de las entidades desde los centros de trabajo y estudio hasta los ministerios.

En ese ejercicio democrático Cuba lleva varias décadas preparándose “para vivir sin Castro”, precisamente porque su liderazgo ha contribuido a construir una democracia realmente popular, pero sobre todo diferente de lo que vende como tal la misma prensa que lanza titulares como ese pero oculta a sus audiencias todo lo anterior.

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