Mision Verdad, https://aurorasito.wordpress.com
Il Presidente Nicolás Maduro, insieme al Chavismo, ha vinto più di un’altra elezione, più di un conteggio dei risultati e della partecipazione.
Cinque anni di scontri frontali si sono conclusi con una brillante vittoria politica contro una guerra metodica che nella regione ha colpito Lula Da Silva, Dilma Rousseff, Cristina Fernandez de Kirchner e Rafael Correa. È un principio massimo della battaglia politica e della guerra: nessuno può continuare a resistere senza assicurarsi la propria sopravvivenza. E il 20 maggio Nicolás Maduro con la sua vittoria elettorale l’ha fatto aprendo un nuovo ciclo del Chavismo e, soprattutto, nel Paese.
1. Una vittoria elettorale che chiude un ciclo politico del confronto
Gli anni di Chavez in Venezuela passano velocemente, sembrano cinque anni e non uno da quando è avvenuto il linciaggio brutale di Orlando Figuera, in coincidenza proprio col giorno delle elezioni.
Questo fatto di profondo sentimento emotivo e umano per gran parte dei venezuelani porta ad un punto nodale politico: Maduro ha ottenuto la presidenza della Repubblica nell’anniversario dell’omicidio, contenuto più simbolico di tutto ciò che si mosse contro il Chavuismo nelle violente proteste organizzate dall’opposizione nel 2017.
Queste elezioni presidenziali sono state contrassegnate dal ciclo in cui l’opposizione ha spinto per la rottura contro il governo bolivariano e la struttura istituzionale progettata da Hugo Chávez dalla prima costituente nel 1999. Si può dire che dal trionfo dell’opposizione alle elezioni parlamentari del 2015, questo ciclo ha portato il Paese al sorteggio tecnico sulla forza che l’antichavismo ha cercato di rovesciare a proprio favore attraverso un referendum di richiamo, dichiarazioni di abbandono delle cariche, processi politici, pregiudizi, tentativo di colpo di Stato e violenze di strada.
La guerra politica per vie legali e illegali fu avviata per conformare un nuovo Venezuela che rimuovesse il chavismo dalle istituzioni.
Purtroppo e con estrema crudeltà, il caso di Orlando Figuera rivelava la sostanza umana alla base di tale metodo. Maduro, insieme al chavismo, ha ripreso l’iniziativa politica nel conflitto con l’appello alla Costituente nazionale per incanalare verso una soluzione politica e sbloccare la paralisi istituzionale aperta con la vittoria parlamentare dell’opposizione.
Ciò cambiava completamente lo scenario con l’avversario, portando a risolvere il confronto con quattro elezioni consecutive chiuso il 20 maggio con le elezioni presidenziali. Qui, trionfando in queste elezioni e frammentando l’anti-chavismo, il Presidente ha completamente annullato le minacce al chavismo dalla violenta opposizione venezuelana. Ignorare questa analisi significherebbe tralasciare qualsiasi interpretazione su ciò che era successo il 20 maggio.
2. Un’elezione che apre un altro tipo di confronto cogli Stati Uniti
Ora la disputa nell’opposizione sembra essere tra chi internamente ed esternamente gestisce l’embargo petrolifero o le sanzioni statunitensi.
La sua ragione d’essere, dopo questa fragorosa sconfitta, è provare ad esercitare pressioni contro qualsiasi indicazione di stabilità nel Paese allo scopo di spezzare il Chavismo. Non è secondario che il Frente Amplio Venezuela Libre, Io sono il Venezuela, e ora Henri Falcón, si battano su chi chieda più fortemente la ripetizione delle elezioni presidenziali. Tutti senza possibilità di mobilitazione, vittime dei propri militanti che potrebbero accettare di partecipare al Grande Accordo Nazionale convocato dal Presidente Maduro per ristabilire una coesistenza pacifica tra gli attori politici in Venezuela.
Dopotutto, la differenza tra partecipazione alle elezioni parlamentari e quelle presidenziali è del 26%, quasi la metà di quanto ottenuto da Falcon, il che rende l’astensione una minoranza che da sola non può articolare una pressione interna come quella degli ultimi anni, a breve e medio termine.
Tale battuta d’arresto interna, d’altra parte, mette il Paese nel mirino degli Stati Uniti che minacciano di utilizzare tutto il loro arsenale da guerra finanziaria, diplomatica, mediatica e commerciale per generare una frattura interna, e mobilitare un “cambio di regime”, come invocato da Juan Cruz, consigliere per l’America Latina del Consiglio di sicurezza nazionale di Donald Trump.
La rivelazione del Presidente Maduro su un piano golpista militare finanziato dalla Colombia, sostiene anche la tesi che la strategia dell’amministrazione Trump è occupare il Venezuela con la forza, cercando di riportare la regione all’epoca delle dittature militari degli anni settanta. La sfida del Chavismo è proteggere una delle sue più importanti vittorie politiche
3. Vittoria come lezione regionale che colloca Maduro su un altro piano storico
Sottovalutato e maltrattato dal progressismo regionale, al punto che né Lula Da Silva né Cristina Fernández de Kirchner hanno mostrato sostegno pubblico alla sua figura, Maduro ha appena vinto con questa elezione la guerra politica metodica contro i leader regionali che fulminava il progressismo in Argentina, Brasile ed Ecuador. Testato in modo sincrono in tutto il continente, tale metodo è stato estremamente sofisticato e riuscito al punto da costruire in questi Paesi nuovi panorami conclusasi con persecuzioni, stigmatizzazioni e imprigionamenti, come nel caso di Lula. Non si tratta qui di fare legna da ardere l’albero caduto, né di far notare a chi molte volte, col proprio silenzio, ha evitato di difendere il chavismo in un momento cruciale, ma solo di notare l’importanza dell’esperienza storica lasciata dalla formula politica inedita progettata da Maduro con chi ha superato il pantano che ha travolto Lula, Dilma, Correa e Cristina.
Ciò fa di Maduro il primo leader a rivelare il metodo per affrontare la strategia del “cambio di regime” di Stati Uniti ed alleati regionali.
Lasciare il terreno politico che permetta di affrontare la sfida del governo del Venezuela, oggi il secondo Paese più assediato del continente dopo Cuba. Paradossalmente, ora il dovere storico richiede a Maduro, insieme al chavismo, di fare del Venezuela il Primo paese della regione che nel XXI secolo superi il blocco economico mantenendo la rotta, come Fidel Castro fece in passato.
4. La sfida del chavismo è proteggere una delle più importanti vittorie politiche
Il centro di questo nuovo momento politico venezuelana cessa di essere il confronto coll’opposizione e passa al conflitto economico, dove la capacità del Presidente Maduro di dare una soluzione a situazioni aggravate dai fallimenti amministrativi e burocratici che potrebbero danneggiare, a medio termine, la posizione raggiunta con questa importante vittoria elettorale. Nel suo discorso, dopo l’annuncio dei risultati, il Presidente chiariva che questa sarà la fase politica cui si avvicina il Paese.
La sfida ora è contro noi stessi. Maduro focalizza la lotta contro le mafie economiche come uno degli obiettivi più importanti del suo piano, per ristabilire il controllo amministrativo di importanti aree economiche del Paese: distribuzione, marketing, scambi finanziari e gestione aziendale ed istituzioni statali di alto valore strategico.
Il suo piano si basa sul margine di manovra che ha raggiunto con le ultime elezioni. Da ciò deriva quindi la più importante sfida nella storia chavista: l’imperativo bisogno di lasciare il piano di un Paese petrolifero, creato e modellato a margine del consumo gringo, culturalmente ultra-dipendente da importazioni ed esportazioni dagli Stati Uniti. Si va a un modello del Paese che oggi non esiste, quello che Chavez tracciò sono per sommi capi nelle sue prime linee guida.
Un Paese basato sulle capacità del popolo che ha impedito, ancora una volta, la guerra totale. Un Paese che può costruire il popolo che ha deciso di rimanere, affidandosi agli alleati internazionali per affrontare il blocco aggressivo degli Stati Uniti.
Lasciando alle spalle il Paese costituito sul consumo superfluo, per sostituirlo con una cultura diversa, propria, non importata. Se si pensasse che il Paese saudita possa essere ricopiato, sarebbe assai difficile mantenerlo in vita senza legarne il destino al Fondo monetario o agli investimenti transnazionali.
Per quanto sia forte, l’impulso che il Presidente Maduro avvierà coll’annuncio del suo piano economico, probabilmente centrato sul recupero del valore della moneta e sulla lotta alle mafie economiche, implicherà, secondo lui, “il rinnovamento spirituale etico, politico e culturale”, come affermato nei suoi discorsi: un nuovo inizio.
Nei prossimi giorni sapremo più dettagliatamente quale sarà il nostro posto come chavisti in questo nuovo ciclo strategico per consolidare e proteggere forse una delle più importanti vittorie politiche mai ottenute senza il Comandante Hugo Chávez.
In sua memoria, continuiamo a rendere omaggio, cinque anni dopo, assieme all’autista d’autobus che ci lasciava al volante in uno dei momenti più pericolosi per l’umanità.