Povertà estrema negli USA: lezioni per Cuba…o per il Venezuela?
Il relatore speciale sull’estrema povertà dell’ONU, Philip Alston, ha presentato il suo rapporto sugli USA davanti al Consiglio dei Diritti Umani.
In esso espone che, nel paese più ricco del mondo, ci sono 40 milioni di persone povere. Di queste, 18,5 milioni vivono in estrema povertà. “5,3 milioni”, dice testualmente Philip Alston, “vivono in condizioni di estrema povertà tipiche di un paese del terzo mondo”.
Cinquecentocinquantatremila persone vivono per la strada, senza tetto. Di contro, l’1% più ricco degli USA è passato dall’ottenere il 10% del reddito nazionale, nel 1980, a conseguire il 20% nel 2017.
Ed è che gli USA sono, senza dubbio, il paese più iniquo con il più alto indice di povertà del cosiddetto “mondo sviluppato”.
È, in questo gruppo di paesi, quello che ha il più alto tasso di mortalità infantile, superiore – ricordiamo – a quello di Cuba. Il rapporto arriva ad affermare che “un bambino nato in Cina, oggi, ha un’aspettativa di vita più lunga e più sana rispetto ad un suo pari statunitense”.
Curiosamente leggiamo, “le politiche promosse durante l’ultimo anno” dal gabinetto di Donald Trump “sembrano essere deliberatamente progettate per rimuovere le protezioni di base verso i più poveri. Per punire i disoccupati e far sì che i servizi sanitari di base siano un privilegio che deve essere guadagnato, anziché un diritto civico”.
Ed una conclusione devastante: benché “in un paese ricco come gli USA”, “con volontà politica potrebbe essere facilmente eliminata”, “la persistenza della povertà estrema è una decisione politica adottata da coloro che detengono il potere”.
Questa è la realtà dei diritti umani del regime che sanziona, soffoca e blocca paesi come Cuba ed il Venezuela in nome della “democrazia”. Mentre i media applaudono. O semplicemente … guardano dall’altra parte.
Pobreza extrema en EEUU: ¿lecciones para Cuba… o para Venezuela?
El relator especial sobre pobreza extrema de la ONU, Philip Alston, presentó su informe sobre Estados Unidos ante el Consejo de Derechos Humanos.
En él se expone que, en el país más rico del mundo, hay 40 millones de personas pobres. De ellas 18,5 millones viven en pobreza extrema. “5,3 millones –dijo textualmente Philip Alston- viven en condiciones de extrema pobreza propias de un país del tercer mundo”.
Quinientas cincuenta y tres mil personas viven en la calle, sin un techo. Por contra, el 1% más rico de EEUU pasó de obtener el 10% de los ingresos nacionales en 1980, a conseguir el 20% en 2017.
Y es que EEUU es, sin duda, el país más desigual y con mayor índice de pobreza del llamado “mundo desarrollado”.
Es, en este grupo de países, el que tiene la tasa más alta de mortalidad infantil, superior –recordemos- a la de Cuba. El informe llega a afirmar que “un bebé nacido en China, hoy, tiene una expectativa de vida más larga y saludable que su par estadounidense”.
Curiosamente, leemos, “las políticas promovidas durante el último año” por el gabinete de Donald Trump “parecen ser diseñadas deliberadamente para remover las protecciones básicas hacia los más pobres. Para castigar a los desempleados y hacer que los servicios de salud más básicos sean un privilegio que se tiene que ganar, en lugar de un derecho ciudadano”.
Y una conclusión demoledora: aunque “en un país rico como EEUU”, “con voluntad política podría ser fácilmente eliminada”, “la persistencia de la pobreza extrema es una decisión política adoptada por quienes están en el poder”.
Así es la realidad de derechos humanos del régimen que sanciona, asfixia y bloquea a países como Cuba y Venezuela en nombre de la “democracia”. Mientras los medios aplauden. O sencillamente… miran para otro lado.