Discorso pronunciato da Miguel M. Díaz-Canel Bermúdez

Discorso pronunciato da Miguel M. Díaz-Canel Bermúdez, Presidente dei Consigli di Stato e dei Ministri  della Repubblica di Cuba, nell’incontro per il termine della partecipazione della Brigata Medica Cubana nel Programma Más Médicos per il  Brasile, nell’Unità Centrale di Cooperazione Medica, il 20  dicembre del 2018, “Anno 60º della Rivoluzione.

«Compagno José Ramón Machado Ventura, Secondo Segretario del Comitato Centrale del nostro Partito;

Compagni membri della direzione del Burò Politico e della Segreteria del Comitato Centrale del Partito;

Compagni membri dei Consigli di Stato e dei Ministri e dirigenti dell’Unione dei Giovani Comunisti e delle organizzazioni politiche e di massa qui presenti;

Compagne e compagni;

Cari lavoratori della salute:

Questo è un incontro necessario per ricevervi insieme e ringraziare coloro che hanno reso possibile il vostro ritorno.

Mi chiedevo  cosa dirvi oggi dopo tutto quello che si è detto in questi giorni con l’emozione del  ritorno di tutti voi, che con il vostro atteggiamento onorate e riempite d’orgoglio la Patria.

Come tante volte abbiamo fatto e faremo, sono ricorso a Fidel e alla sua parola di fondatore.

Il 17 ottobre del 1962, in un momento trascendente per la medicina cubana, storico per la Rivoluzione e per l’internazionalismo, si inaugurava l’Istituto di Scienze  Basiche e  Precliniche Victoria de Girón.

Lì, conversando con gli studenti e i professori, Fidel,  che va ricordato ogni volta che si parla di medicina e d’internazionalismo, annunciava quello che sarebbe stato il più formidabile programma di formazione di specialisti della salute nel paese e per la cooperazione con le altre nazioni.

In quell’occasione disse : «… la Rivoluzione oggi ha la forza, ed ha le risorse, e l’organizzazione e gli uomini – uomini, che è il più importante-  per cominciare un piano di formazione di medici nelle quantità che sono necessarie. E non solo molti, ma soprattutto buoni e buoni come uomini e come donne, come patrioti e come rivoluzionari!

E chi dice che la Rivoluzione non può fare questo?  Lo stiamo già facendo!»

Questo fu sostenuto tanto tempo fa, nell’ottobre del 1962, 4º anno di una Rivoluzione non solo nata di recente ma anche già assediata e già saccheggiata nelle sue risorse umane, soprattutto i medici.

Non dimentichiamo che più della metà dei professionisti della salute che esercitavano in Cuba nel 1959, emigrarono nei primi anni convocati dal mercato.

Esattamente la stessa vecchia formula alla qual fa appello ora il signor Jair Bolsonaro per fratturare la cooperazione nel suo tentativo di dare un prezzo alla dignità dei nostri professionisti.

Quello che il signor Bolsonaro ignora è che non s’incide la dignità di un popolo incidendo quella di alcuni individui.

Lui e coloro che pensano così ignorano la storia della cooperazione cubana in questo campo, che giusto in questo 2018 ha compiuto 55 anni.

Precisamente in quella manifestazione d’ottobre del 1962, Fidel annunciava la prima missione internazionalista della Rivoluzione, nell’Algeria che aveva conquistato di  recente l’indipendenza e che aveva una popolazione più numerosa di Cuba, ma meno medici.

Il Secondo Segretario del Partito, il dottor José Ramón Machado Ventura, allora ministro di Salute Pubblica, guidò quella missione, la prima di decine di migliaia che, guidate  da principi solidali e umanisti, hanno portato in 55 anni molti dei migliori figli di Cuba in luoghi remoti di tutto il mondo dimenticati dai servizi medici selettivi  del capitalismo selvaggio, quello che Bolsonaro sostiene e difende.

I medici cubani hanno scritto una storia degna, eroica, gloriosa e internazionalista, conosciuta e riconosciuta da prestigiosi organismi
internazionali, tra i quali spiccano l’Organizzazione Panamericana della Salute e l’Organizzazione Mondiale della Salute.

Il Ministero di Salute Pubblica in queste settimane, ha informato che i nostri professionisti accumulano 600.000 missioni internazionaliste in 164 nazioni, alle quali hanno partecipato più di 400000 lavoratori della salute che in non pochi casi hanno svolto questo onorato impegno in più di un’occasione.

Alcune di queste missioni sono vere prodezze come la lotta contro l’Ebola in Africa, contro il colera in Haiti, contro le sequele dei disastri naturali come quelle realizzate dalle 26 Brigate del Contingente Internazionale Henry Reeve in Paquistan, Indonesia, Messico, Ecuador, Perù, Cile e Venezuela, tra i tanti paesi  ed anche contro la cecità, in America Latina e nei Caraibi, la luminosa Missione Miracolo.

Come si è detto, nella stragrande maggioranza delle missioni realizzate, le spese sono state assunte dal Governo cubano.

Ugualmente, in Cuba hanno studiato in maniera gratuita 35 613 professionisti della salute di 138 paesi, come espressione della nostra vocazione solidale e internazionalista.

Il Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo e l’Organizzazione Mondiale della Salute definiscono la collaborazione medica cubana come un esempio  di buone pratiche nella cooperazione triangolare e l’implementazione dell’Agenda 2030 con i suoi Obiettivi di Sviluppo Sostenibile.

Questi  sono i precedenti storici della missione che ha portato i nostri medici, voi, in Brasile, su richiesta delle sue autorità e attraverso gli organismi internazionali.

Come si è precisato nella Dichiarazione del Ministero di Salute Pubblica dello scorso 14 novembre: “L’iniziativa di Dilma Rousseff, in quel momento presidente della Repubblica Federativa del Brasile, aveva il nobile proposito d’assicurare l’assistenza medica alla maggior quantità della popolazione brasiliana, in corrispondenza con il principio di copertura sanitaria universale  promosso dall’Organizzazione Mondiale della Salute.

Questo programma prevedeva la presenza di medici brasiliani e stranieri per lavorare nelle zone povere e appartate di questo paese.
La partecipazione cubana si era realizzata attraverso l’Organizzazione Panamericana della Salute e si è distinta per l’occupazione di posti mai coperti da medici brasiliani o di altre nazionalità.

In questi cinque anni di lavoro, circa 20.000 collaboratori cubani hanno assistito 113.359 000 pazienti, in 3.600 municipio, giungendo a coprire per loro un universo di 60 milioni di brasiliani nel momento in cui costituivano l’80% di tutti i medici che partecipavano al Programma.

Più di 700 municipi ebbero un medico per la prima volta nella storia.

Il lavoro dei medici cubani si è svolto in luoghi di povertà estrema, nelle  favelas di Río de Janeiro, Sao Paulo, Salvador de Bahía, e nei  34 Distretti Speciali Indigeni, soprattutto in Amazzonia, ed è stato ampiamente elogiato dai governi federali, negli stati e nei municipi di questo paese e dalla sua popolazione che aveva espresso il 95% della sua accettazione, come ha riferito uno studio incaricato dal Ministero di Salute del Brasile all’Università Federale di Minas Gerais”.

Alcuni di loro hanno formato famiglie con cittadini brasiliani ed hanno realizzato con onore le loro missioni e il loro impegno con la salute pubblica cubana, anche quando già erano residenti in Brasile.

Il 14 novembre, quando è stata presa la decisione di non continuare a partecipare al Programma Más Médicos, si trovavano in Brasile 8.471 collaboratori; hanno terminato la loro missione 7 635 professionisti che rappresentano più del 90% del totale.  Non sono tornati 836. Alcuni giorni fa abbiamo letto che è stato coperto solo il 10% dei posti che occupavano i medici cubani, con professionisti brasiliani.

Non tutti sono disposti ad affrontare il nobile mestiere nelle peggiori condizioni.

Más Médicos era nato per questo, per il vuoto enorme lasciato dal mercato a gruppi che sono la maggioranza di persone con le risorse più scarse.

A Cuba si formano professionisti della vita con un atteggiamento contrario a calcoli mercantili. L’altruismo, la generosità, la disposizione a salvare vite senza pensare al costo, è un principio fondamentale nella formazione professionale.

È stato molto emozionante ricevere il primo gruppo di ritorno.

Il Generale d’Esercito  Raúl Castro Ruz, che ha guidato le due prime cerimonie di benvenuto, con il compagno Machado Ventura, è stato molto colpito dall’incontro di benvenuto a quelli che arrivavano.

Credo che fossero sentimenti comuni, perchè coloro che arrivavano, avevano emozioni a fior di pelle, avevano lasciato posti difficili e poveri, alcuni estremamente necessitati nell’ordine materiale, ma so che, per quello che hanno raccontato, tutti sono stati salutati con abbracci e  lacrime da migliaia di brasiliani dal cuore nobile, con valori umani molto superiori a quelli del nuovo Presidente, le cui dichiarazioni e minacce hanno provocato il ritorno di tutti voi.

Vi ripeto quello che ha detto il Ministro di Salute Pubblica di Cuba: “ State sicuri che questo ritorno alla Patria non è un finale, ma un inizio. Il vostro lavoro sarà sempre utile e d’estremo valore; avrete la possibilità d’incorporarvi nei vostri posti di lavoro o in nuovi impegni d’ordine professionale o potrete optare per una nuova missione all’estero dove si richieda la vostra presenza e sarete benvenuti e rispettati.

Partendo dall’annuncio del ritorno nelle reti sociali, l’etichetta Más Médicos è diventato uno dei messaggi più condivisi.

“Più che medici sono eroi ed eroine”, hanno scritto molti.

Dignità è stata la parola più utilizzata.

Ritornano compatrioti trasformati in  #MásQueMédicos perchè sono andati dove nessuno era andato, per curare  e assistere nelle malattie e per animare l’anima dei necessitati.

Hanno dimostrato che un mondo migliore è possibile. Un sentito omaggio a #FidelCastro”, abbiamo scritto noi.

Voi arrivate in un momento importante per Cuba, quando siamo al punto d’approvare la nuova Costituzione, che sarà sottoposta a Referendum il prossimo 24 febbraio, mentre avanzano programmi come l’Informatizzazione della Società e la costruzione delle case, quando abbiamo dichiarato fondamentalmente una battaglia economica che ci permette d’affrontare con maggior efficienza il crudele blocco economico, finanziario e commerciale che si è indurito contro il paese.

Nelle sessioni del Parlamento che si sono svolte in questi giorni, abbiamo parlato di questa sfida, ma anche delle certezze con cui riceveremo il 60º Anniversario della Rivoluzione.

La nuova generazione, con la guida del Generale d’Esercito e del Partito, assume impegni di responsabilità nel Governo ed è fermamente impegnata con la storia e con il futuro della nazione.

Lavoriamo per compiere e far compiere il legato del Comandante in  Capo e della Generazione del Centenario, con l’orecchio a terra, ossia ascoltando e dando attenzione alle opinioni e alle domande del popolo, cercando d’approssimare nelle complesse condizioni del mondo attuale e la rinnovata ostilità del vicino impero, la prosperità che merita e reclama la nostra gente.

Voi che tornerete ai vostri di lavori o partite per realizzare nuove missioni, siete parte di questo popolo che ci dà prove d’eroismo nell’ardua quotidianità.

In Nome del Partito e del Governo, vi voglio reiterare che siamo profondamente orgogliosi di ognuno di voi come lo siamo del resto dei collaboratori cubani della salute che realizzano missioni in altri 66 paesi, così come quelli che garantiscono la salute del popolo in quello che possiamo chiamare il primo fronte di combattimento.

Voi siete un simbolo del paese dove avete studiato e un mostra del tipo di uomini e donne ai quali aspiriamo nella società cubana, basata nella giustizia e l’umanesimo e non sulla legge del più forte.

È logico il dispiacere che vi può accompagnare per non aver terminato l’opera, per i pazienti che restano senza assistenza, per la sorte di questa popolazione del Brasile privata dal servizio medico altamente professionale dei cubani.

Ma non avevamo altre opzioni se non la ritirata di Cuba dal Programa Más Médicos.

Era impossibile restare a braccia conserte di fronte a un governo superbo,  insensibile, incapace di capire che i nostri medici sono arrivati nel  paese mossi dall’impulso di servire il popolo, assistere la sua salute e la sua anima e non per negoziare.

Voi siete partiti dal Brasile difendendo la vostra vocazione umanista, una cosa che non si paga con tutto il denaro del mondo. Siete andati a coprire posti che altri medici brasiliani non volevano e non vogliono coprire e siete andati in posti dove non avevano mai ricevuto assistenza medica.

La posizione reazionaria del Presidente eletto del Brasile ha reso  vulnerabile la situazione per una parte della sua popolazione, rischiando quello che esiste di più prezioso per ogni essere umano la sua salute  alla sua vita.

Voi sapete che la dignità non si negozia e avete dimostrato che i medici cubani non lavorano pensando con quanto denaro li potranno pagare, ma cercando di dare una soluzione alle malattie dell’essere umano che avete davanti.

Questi sono i valori che la scuola di medicina cubana inculca, dove non solo si apprende la scienza, ma l’umanesimo e l’internazionalismo, quello che vi dà valore per farvi distinguere dagli altri medici nel mondo.

Ci rallegra che la sede di questo incontro di benvenuto sia l’Unità  Centrale di Cooperazione Medica, dove sono passate centinaia di migliaia di medici in partenza per altre nazioni fraterne, dove con la loro dedizione ed esemplarità hanno provato e provano quanto hanno appreso da Fidel.

Abbracciandovi nuovamente, ora tutti insieme, vi invito a ricordare quello che lui disse dei medici formati in Cuba.

«La cosa più importante dovrà essere la loro totale dedizione al più nobile e umano dei mestieri: salvare vite e preservare la salute. Più che medici saranno gelosi guardiani della cosa più preziosa dell’essere umano, apostoli e creatori di un mondo più umano».

L’opera di Fidel e della sua generazione  eroica vive in voi. Felice ritorno nella Patria che vi contempla orgogliosa!

Hasta la victoria siempre!
Patria o Muerte!
Venceremos!



Discurso pronunciado por Miguel M. Díaz-Canel Bermúdez

Discurso pronunciado por Miguel M. Díaz-Canel Bermúdez, Presidente de los Consejos de Estado y de Ministros de la República de Cuba, en el acto central por la culminación de la participación de la Brigada Médica Cubana en el Programa Más Médicos para Brasil, en la Unidad Central de Cooperación Médica, el 20 de diciembre de 2018, “Año 60 de la Revolución”.
 
 
Compañero José Ramón Machado Ventura, Segundo Secretario del Comité Central de nuestro Partido;

Compañeros miembros de la dirección del Buró Político y el Secretariado del Comité Central del Partido;

Compañeros miembros de los Consejos de Estado y de Ministros y dirigentes de la Unión de Jóvenes Comunistas y las organizaciones políticas y de masas aquí presentes;

Compañeras y compañeros;

Queridos trabajadores de la salud:

Es este un encuentro necesario para juntos recibirles y reconocer a los que hicieron posible el regreso.

Me preguntaba qué decirles hoy, después de todo lo que se ha dicho en estos días, bajo la emoción del regreso de ustedes, cuya actitud honra y enaltece a la Patria.

Y como tantas veces hemos hecho y haremos, volví a Fidel y a su palabra fundadora.

El 17 de octubre de 1962, en un momento trascendente para la medicina cubana, que es decir histórico para la Revolución y para el internacionalismo, se inauguraba el Instituto de Ciencias Básicas y Preclínicas Victoria de Girón.

Allí, conversando con los estudiantes y profesores, Fidel, a quien debemos evocar cada vez que se hable de Medicina y de internacionalismo, anunciaba lo que sería el más formidable programa de formación de especialistas de la salud en el país y para la cooperación con otras naciones.

En esa ocasión decía: “…la Revolución tiene hoy fuerzas y tiene recursos y tiene organización y tiene hombres —¡hombres!, que es lo más importante— para comenzar un plan de formación de médicos en las cantidades que sean necesarias. Y no solo muchos, sino sobre todo buenos; y no solo buenos como médicos, ¡sino buenos como hombres y como mujeres, como patriotas y como revolucionarios!

“¿Y quién dice que la Revolución no puede hacer eso?  ¡Estamos ya pudiendo!”.

Esto fue expresado tan temprano como octubre de 1962, cuarto año de una Revolución, no solo recién nacida, sino también asediada y ya saqueada en sus recursos humanos, especialmente los médicos.

No olvidemos que más de la mitad de los profesionales de la salud que ejercían en Cuba en 1959, emigraron en los primeros años, convocados por el mercado.

Exactamente la misma vieja fórmula a la que apeló ahora el señor Jair Bolsonaro para fracturar la cooperación, en su intento de poner precio a la dignidad de nuestros profesionales.

Lo que desconoce el señor Bolsonaro es que no se quiebra la dignidad de un pueblo quebrando la de algunos individuos.

Él y quienes piensan así ignoran la historia de la cooperación cubana en este campo, que justo en 2018 cumplió 55 años.

Precisamente en aquel acto de octubre de 1962, Fidel anuncia la primera misión internacionalista de la Revolución, en la recién independizada Argelia, que entonces tenía mucha más población y menos médicos que Cuba.

El Segundo Secretario del Partido, el doctor José Ramón Machado Ventura, Ministro de Salud Pública entonces, encabezó aquella misión, la primera de decenas de miles que, guiadas por principios solidarios y humanistas han llevado durante 55 años a muchos de los mejores hijos de Cuba a sitios remotos de todo el mundo olvidados por los selectivos servicios médicos del capitalismo salvaje que preconiza y defiende Bolsonaro.

Los médicos cubanos han escrito una historia digna, heroica, gloriosa e internacionalista, conocida y reconocida por prestigiosos organismos internacionales entre los que destacan la Organización Panamericana de la Salud y la Organización Mundial de la Salud.

Como ha informado el Ministerio de Salud Pública en estas semanas, nuestros profesionales acumulan 600 000 misiones internacionalistas en 164 naciones, en las que han participado más de 400 000 trabajadores de la salud, que en no pocos casos han cumplido esta honrosa tarea en más de una ocasión.

Algunas de esas misiones son verdaderas hazañas, como la lucha contra el ébola en África, contra el cólera en Haití; contra las secuelas de desastres naturales, como las que cumplieron 26 brigadas del Contingente Internacional Henry Reeve en Pakistán, Indonesia, México, Ecuador, Perú, Chile y Venezuela, entre otros países y también contra la ceguera en América Latina y el Caribe, luminosa misión Milagro.

Como también se ha dicho, en la abrumadora mayoría de las misiones cumplidas, los gastos han sido asumidos por el Gobierno cubano. Igualmente, en Cuba se han formado de manera gratuita 35 613 profesionales de la salud de 138 países, como expresión de nuestra vocación solidaria e internacionalista.

El Programa de las Naciones Unidas para el Desarrollo y la Organización Mundial de la Salud califican la colaboración médica cubana como ejemplo de buenas prácticas en cooperación triangular y la implementación de la Agenda 2030 con sus Objetivos de Desarrollo Sostenible.

Estos son los antecedentes históricos de la misión que llevó a nuestros médicos, a ustedes, a Brasil a pedido de sus autoridades y a través de organismos internacionales.

Como se expresó en la Declaración del Ministerio de Salud Pública del pasado 14 de noviembre:

“La iniciativa de Dilma Rousseff, en ese momento presidenta de la ­República Federativa de Brasil, tenía el noble propósito de asegurar la atención médica a la mayor cantidad de la población brasileña, en correspondencia con el principio de cobertura sanitaria universal que promueve la Organización Mundial de la Salud.

“Este programa previó la presencia de médicos brasileños y extranjeros para trabajar en zonas pobres y apartadas de ese país.

“La participación cubana en el mismo se realiza a través de la Organización Panamericana de la Salud y se ha distinguido por ocupar plazas no cubiertas por médicos brasileños ni de otras nacionalidades.

“En estos cinco años de trabajo, cerca de 20 000 colaboradores cubanos atendieron a 113 359 000 pacientes, en más de 3 600 municipios, llegando a cubrirse por ellos un universo de hasta 60 millones de brasileños en el momento en que constituían el 80% de todos los médicos participantes en el programa.
Más de 700 municipios tuvieron un médico por primera vez en la historia.

“La labor de los médicos cubanos en lugares de pobreza extrema, en favelas de Río de Janeiro, Sao Paulo, Salvador de Bahía, en los 34 Distritos Especiales Indígenas, sobre todo en la Amazonía, fue ampliamente reconocida por los gobiernos federal, estaduales y municipales de ese país y por su población, que le otorgó un 95% de aceptación, según estudio encargado por el Ministerio de Salud de Brasil a la Universidad Federal de Minas Gerais”.

Dentro de ellos, algunos formaron familias con ciudadanos brasileños y cumplieron honrosamente su misión y su compromiso con la salud pública cubana, incluso cuando ya eran residentes en ese país.

El 14 de noviembre cuando se tomó la decisión de no continuar participando en el Programa Más Médicos se encontraban en Brasil 8 471 colaboradores; de ellos culminaron su misión 7 635 profesionales, que representan más del 90% del total. Hasta el momento no han regresado 836.

Hace unos días leímos en las noticias que menos de un 10% de las plazas que ocupaban los cubanos han podido ser cubiertas por profesionales de Brasil.

No todo el mundo está dispuesto a enfrentar el noble oficio en las peores condiciones. Más Médicos nació por eso, por los vacíos enormes que deja el mercado en las mayoritarias capas de la población de menos recursos.

En Cuba se forma a los profesionales de la vida con una actitud contraria a cálculos mercantilistas. El altruismo, la generosidad, la disposición a salvar vidas sin pensar en el costo es un principio fundamental en la formación profesional.

Fue muy emocionante recibir al primer grupo que regresó. El General de Ejército Raúl Castro Ruz, quien encabezó dos actos de bienvenida junto al compañero Machado, también quedó muy impactado por el encuentro en la bienvenida a los que llegaban.

Creo que eran sentimientos comunes, porque los recién llegados venían con las emociones a flor de piel, después de dejar lugares difíciles y pobres, algunos extremadamente necesitados en el orden material; pero sé, por lo que han contado, que absolutamente todos fueron despedidos con abrazos y lágrimas por miles de brasileños de corazón noble y valores humanos muy superiores a los del nuevo Presidente cuyas declaraciones y amenazas provocaron el regreso de ustedes.

Les reitero lo que ha dicho el Ministro de Salud Pública de Cuba: “Estén convencidos de que este retorno a la patria no es un final, sino un comienzo. Su labor siempre será útil y de extremo valor, tendrán la posibilidad de reincorporarse a sus puestos de trabajo, nuevas tareas en el orden profesional o podrán optar por una nueva misión en el exterior, donde se requiera su presencia y sean bienvenidos y respetados”.

A partir del anuncio del regreso, en las redes sociales la etiqueta Más Médicos se convirtió en uno de los mensajes más compartidos. “Más que médicos son héroes y heroínas”, escribieron muchos. Dignidad fue una de las palabras más utilizadas.

“Regresan compatriotas convertidos en #MásQueMédicos porque llegaron a donde nadie llegó, para curar y atender enfermedades y para animar el alma de los necesitados”. “Demostraron que un mundo mejor es posible. Sentido homenaje a #FidelCastro”, escribimos nosotros.

Ustedes llegan en un momento importante para Cuba, cuando estamos a punto de aprobar la nueva Constitución que será sometida a Referendo el próximo 24 de febrero; cuando avanzan programas como la Informatización de la Sociedad y la construcción de viviendas. Cuando hemos declarado fundamental la batalla económica que nos permita enfrentar con mayor eficiencia el cruel bloqueo económico, financiero y comercial que se ha recrudecido contra el país.

En las sesiones del Parlamento que han tenido lugar en estos días hemos hablado de esos desafíos, pero también de las certezas con las que recibiremos el aniversario 60 del triunfo de la Revolución. La nueva generación que, bajo la guía del General de Ejército y del Partido, asume tareas de responsabilidad en el Gobierno está firmemente comprometida con la historia y con el futuro de la nación.

Trabajamos por cumplir y hacer cumplir el legado del Comandante en Jefe y la Generación del Centenario con el oído pegado a la tierra, es decir, escuchando y atendiendo las opiniones y demandas del pueblo, tratando de aproximar, en las complejas condiciones del mundo actual y la renovada hostilidad del imperio vecino, la prosperidad que merece y reclama nuestra gente.

Ustedes que se incorporarán a sus centros de trabajo o partirán a cumplir otras misiones son parte de ese pueblo que nos da pruebas de heroísmo en la ardua cotidianidad.

En nombre del Partido y del Gobierno, les quiero reiterar que estamos profundamente orgullosos de cada uno de ustedes, como lo estamos del resto de los colaboradores cubanos de la salud que cumplen misión en otros 66 países, así como de quienes garantizan la salud del pueblo, en lo que podríamos llamar el primer frente de combate.

Ustedes son un símbolo del país que los formó y una muestra del tipo de hombres y mujeres a los que aspiramos en la sociedad cubana, basada en la justicia y el humanismo, no en la ley del más fuerte.

Es lógico el pesar que puede acompañarlos hoy por la obra inconclusa, por los pacientes que quedan sin seguimiento, por la suerte de esas poblaciones de Brasil privadas del servicio médico altamente profesional de los cubanos.  Pero no teníamos otra opción que la retirada de Cuba del Programa Más Médicos.

Era imposible quedarnos de brazos cruzados ante un gobierno soberbio e insensible, incapaz de entender que nuestros médicos llegaron a su país movidos por el impulso de servir al pueblo, a atender su salud y su alma, no a negociar con ellas.

Ustedes partieron a Brasil defendiendo su vocación humanista, algo que no se paga con todo el dinero del mundo. Fueron a cubrir plazas que otros médicos brasileños no quisieron, ni quieren ocupar, y llegaron a lugares cuyos pobladores jamás habían recibido asistencia médica.

La posición reaccionaria del Presidente electo de Brasil ha vuelto vulnerable a una parte de su población, arriesgando lo más preciado que tiene todo ser humano: su salud y su vida.

Ustedes asumieron que la dignidad no se negocia, demostraron que los médicos cubanos no trabajan pensando en el dinero que les puedan pagar, sino tratando de solucionar la dolencia del ser humano que tenemos delante.

Esos son los valores y principios que la escuela de medicina cubana inculca, donde no solo se aprende ciencias, sino humanismo e internacionalismo, lo que los enaltece para distinguirlos de otros profesionales en el mundo.

Nos alegra que la sede para este acto de reconocimiento sea la Unidad Central de Cooperación Médica, por donde han pasado decenas de miles de galenos cubanos rumbo a otras naciones hermanas, donde con su entrega y ejemplaridad probaron y prueban cuánto han aprendido de Fidel.

Al abrazarlos nuevamente, ahora todos juntos, los invito a recordar lo que él dijo de los médicos formados en Cuba: “Lo más importante habrá de ser su consagración total al más noble y humano de los oficios: salvar vidas y preservar la salud. Más que médicos, serán celosos guardianes de lo más preciado del ser humano; apóstoles y creadores de un mundo más humano”.

La obra de Fidel y de su generación heroica vive en ustedes. ¡Feliz regreso a la Patria que los contempla orgullosa!

¡Hasta la victoria siempre!

¡Patria o Muerte!

¡Venceremos!

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