PERCHÉ LE PETROLIERE IRANIANE PER IL VENEZUELA FANNO SUSSULTARE WASHINGTON
La prima petroliera arrivata dal porto iraniano di Bandar Abbas nei caraibi si chiama Fortune. La petroliera è entrata in acque venezuelane il 24 maggio ed è stata poi scortata dalla marina e dall’aviazione venezuelane al terminale petrolifero di Puerto Cabello; la benzina fornirà la raffineria di El Palito. Una seconda petroliera è entrata in acque venezuelane il 25 maggio e tre altre sono in viaggio. Il governo venezuelano ha pagato la benzina al prezzo di mercato; in un altro mondo si tratterebbe di una comune transazione commerciale. Non in questo mondo.
In aprile il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha ordinato alla marina statunitense di inviare navi nei Caraibi apparentemente per una missione antidroga. Queste navi hanno minacciato un embargo contro il Venezuela. C’era preoccupazione che all’approssimarsi alla costa venezuelana delle petroliere iraniane le navi da guerra statunitensi ne avrebbero contrastato il percorso. Come è emerso, la marina statunitense non è intervenuta. Un grosso incidente interno [sic] è stato evitato.
Il fatto che gli Stati Uniti non abbiano bloccato le navi iraniane non ha a che vedere solo con l’Iran o con il Venezuela. Ha a che fare con la presenza della Cina dietro entrambi i paesi.
La Cina ha profondi rapporti commerciali con l’Iran e ha gradualmente sviluppato tali collegamenti con il Venezuela. Durante la pandemia globale la Cina ha inviato aerei di forniture vitali a entrambi i paesi. Ma, in modo cruciale, presso le Nazioni Unite la Cina è stata esplicita nel condannare la politica di cambiamento di regime diretta dagli Stati Uniti contro entrambi i paesi. E’ stato questo scudo cinese che ha consentito alle petroliere di superare quello che è in effetti un blocco navale statunitense contro il Venezuela.
Belligeranza
Trump è di umore bellicoso. Il suo linguaggio contro la Cina si è acutizzato. Il Comando Indo-Pacifico dell’esercito degli Stati Uniti ha diffuso un documento intitolato “Recuperare il vantaggio”, che soffia sul fuoco; suggerisce che gli Stati Uniti debbano fare di tutto per impedire che la Cina prenda possesso della propria linea costiera. Una serie di nuove armi – tra cui il missile da crociera ipersonico – minaccia quella stessa costa (quando impiegassero questo missile in un sottomarino, ci vorrebbero meno di 15 minuti dopo il lancio per colpire la Cina). Questi sono sviluppi inquietanti.
Nulla nel comportamento di Trump nei confronti della Cina suggerisce che egli farà qualcosa di meno che percorrere gli Stati Uniti in una specie di scontro con quel paese. E quanto più Trump minaccia la Cina, e quanto più accumula forze militari statunitensi lungo la costa cinese, tanto maggiore è la possibilità che la Cina reagisca nei confronti di Taiwan, essendo provocata – in altre parole – a un conflitto di cui il mondo non ha proprio bisogno.
Trump usa il linguaggio delle minacce e del conflitto semplicemente come un’arma nella guerra commerciale? E’ semplicemente un linguaggio avventato per rafforzare la posizione degli Stati Uniti mentre cercano di impedire che la Cina si stabilisca come un importante pilastro degli affari mondiali? O Trump intende una “guerra limitata”? Val la pena di essere diffidenti del governo degli Stati Uniti, particolarmente dell’amministrazione Trump.
Bipolarismo
E’ scorretto considerare l’”ascesa della Cina” come una minaccia al potere preminente degli Stati Uniti. Non c’è alcun apprezzabile “declino degli Stati Uniti” nel nostro tempo, poiché gli Stati Uniti restano la forza militare più potente e restano a capo delle principali istituzioni economiche (principalmente attraverso il potere del dollaro come valuta mondiale e mediante il controllo del Fondo Monetario Internazionale da parte del Tesoro statunitense). Ciò nonostante gli Stati Uniti non sono pronti a tollerare l’arrivo della Cina come secondo grande polo economico.
La Cina continua a indicare di non volere un conflitto con gli Stati Uniti. Il governo ha affermato ripetutamente di non avere interesse a un aggravamento e di apprezzare la stabilità. Il settore manifatturiero cinese è cresciuto considerevolmente ed essa resta il più potente paese industriale del mondo. Tentativi degli Stati Uniti di riorganizzare la catena globale delle forniture in mezzo al COVID-19 tagliando fuori la Cina non funzionerà nel breve o medio termine; l’economia mondiale dipende dalla manifattura cinese e molti paesi non tollereranno un embargo prolungato delle fabbriche cinesi. E’ questa dipendenza dalla potenza industriale della Cina che inaugurato un nuovo ordine mondiale bipolare, piuttosto che unipolare.
I legami della Cina con l’Iran e il Venezuela
Persino due decenni fa la Cina si trattenne da qualsiasi scontro diretto con gli Stati Uniti. Nel 1999 bombardieri statunitensi – sotto comando NATO – attaccarono l’ambasciata cinese di Belgrado; gli Stati Uniti e la NATO affermarono che si era trattato di un attacco accidentale, cosa che affermano tuttora (nonostante prove che fu un attacco deliberato). Per quattro giorni il governo cinese permise proteste antistatunitensi in Cina, ma poi tutto si tranquillizzò (gli Stati Uniti versarono risarcimenti). Non fu detto null’altro.
Nessun comportamento simile è presente oggi. Se un incidente simile avesse luogo adesso, la Cina non lo tollererebbe; lo renderebbe un incidente internazionale, solleverebbe la questione presso il Consiglio di Sicurezza dell’ONU, dove la Cina è un membro permanente. La diplomazia più visibile della Cina per conto dei palestinesi – specialmente quando Trump ha spinto il governo israeliano a rafforzare le sue politiche annessioniste contro i palestinesi – è un segno della ambizioni cinesi di essere esplicita a difesa di quelli che sono stati sotto il tallone del potere statunitense.
La Cina ha sempre più sostenuto sia l’Iran sia il Venezuela contro gli Stati Uniti. La Cina ha profondi legami economici con l’Iran, che è al centro dell’iniziativa Belt and Road. Xu Bu, l’ambasciatore cinese in Cile, è stato esplicito nella sua critica del Segretario di Stato USA Mike Pompeo e della retorica anticinese che gli Stati Uniti hanno cercato di generare in America Latina. Sul giornale cileno La Tercera Xu Bu ha definito Pompeo un “bugiardo”; queste sono parole forti nel mondo della diplomazia. La Cina, ha scritto, è stata attivamente impegnata in Sudamerica a mutuo vantaggio sia della Cina sia dei singoli paesi; questo è lo stesso argomento che diplomatici cinesi usano a proposito dell’Iran.
Sia in Iran sia in Venezuela la Cina ha offerto assistenza per far fronte al COVID-19; ha inviato personale ed equipaggiamenti medici. C’è ogni indicazione che la Cina abbia accelerato nel rendere chiaro a Washington di essere schierato al fianco dei governi di entrambi tali paesi.
Petroliere
Le cinque petroliere iraniane hanno lasciato Bandar Abbas con le bandiere iraniane sventolanti in alto e con i radar accesi; non c’è stato alcun tentativo di dire che non stavano andando direttamente dove finivano. Hanno annunciato la loro destinazione e atteso. Questo è molto diverso dal viaggio della petroliera iraniana Grace 1 attraverso il Mediterraneo diretta in Siria; quella nave è stata trattenuta dai britannici a Gibilterra nel 2019 ed è divenuta un incidente internazionale. Questa volta non è successo nulla di simile.
E’ improbabile che gli Stati Uniti abbiano consentito a queste navi di entrare in acque venezuelane se non avessero sentito che esse avevano il sostegno della Cina (e, dietro di essa, della Russia). E’ fuori discussione che Washington – nonostante tutti i tentativi di cambiare il rapporto di forze nel mondo – sia venuta a patti con la decisione della Cina di schierarsi con il governo in Venezuela e in Iran.
Le guerre ibride degli Stati Uniti proseguiranno; la bellicosità retorica degli Stati Uniti proseguirà; proseguirà la spesa in armamenti degli Stati Uniti per eclissare il resto del mondo in termini militari; tutto questo è vero. Ma al tempo stesso gli Stati Uniti hanno dovuto accettare di non poter agire facilmente se la Cina decide di elevare uno scudo attorno a certi paesi. Prova di ciò si è avuta quanto la Fortune è partita per il Venezuela.
Questo articolo è stato prodotto da Globetrotter, un progetto dell’Independent Media Institute.
Vijay Prashad è uno storico, editore e giornalista indiano. E’ collaboratore e corrispondente capo di Globetrotter, un progetto dell’Independent Media Institute. E’ caporedattore di LeftWord Books e direttore del Tricontinental: Institute for Social Research. Ha scritto più di venti libri, tra cui ‘The Darker Nations’ e ‘The Poorer Nations’. Il suo ultimo libro è ‘Washington Bullets’ con un’introduzione di Eva Morales Ayma.
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Originale: Independent Media Institute
Traduzione di Giuseppe Volpe