Ci sono due questioni molto longeve. Una è il gran sforzo della Rivoluzione, diretta da Fidel, per creare capacità, soprattutto umane, per spingere lo sviluppo del paese. Frequentemente non siamo d’accordo con l’uso che si fa di queste capacità, ma sono lì.
L’altra è la nostra incapacità di produrre gli alimenti in quantità e qualità sufficiente di cui i cubani hanno bisogno. Siamo lontani dalla sovranità alimentare e nutrizionale. E questo è grave.
Ovviamente uno dei potenziali che abbiamo a Cuba per avanzare nelle differenti trincee è utilizzare meglio la conoscenza, la scienza, la tecnologia e l’innovazione. Per ciò non basta avere capacità umane. Richiede soprattutto creare un sistema di lavoro, una messa a fuoco di politica pubblica, che assicuri che questo potenziale sia effettivamente utilizzato.
La lotta contro la COVID 19 ha permesso di comprendere il valore che ha un buon sistema di lavoro che riunisca, con una conduzione politica adeguata, vari ministeri, organismi, università, etc. e mobiliti le contribuzioni di diverse discipline. Si è capito molto bene che la pandemia non è un tema solo sanitario e che il nostro prezioso personale di salute arricchisce molto il suo lavoro quando partecipano con lui gli accademici di diversi campi, professori, studenti e molti altri.
Tutto ciò ci lascia un’esperienza che ora possiamo utilizzare per abbordare il tema della sovranità alimentare e nutrizionale. È un tema molto complesso che, come quello della salute, obbliga a mobilitare diverse istituzioni, ministeri e numerosi campi disciplinari. I problemi della nostra agricoltura non sono solo problemi di varietà, suoli, clima, risorse idriche, tecnologie, equipaggiamenti. Sono anche ed in larga misura socioeconomici ed organizzativi, vincolati all’effettività delle imprese, l’autonomia delle cooperative, gli incentivi, la distribuzione delle risorse, la commercializzazione e molte cose in più.
Il principale avversario di questa messa a fuoco è la tradizione: è frequente che ogni campo accademico (agronomo, economisti, sociologi….) lavorino nei loro propri spazi professionali senza articolare effettivamente i loro risultati. E spesso non otteniamo che i differenti ministeri agiscano insieme.
La lezione che lascia la lotta contro il nuovo coronavirus è che lavorare in compartimenti separati non è giusto, almeno per dare le battaglie più importanti.
Riferendosi a quell’esperienza Cubadebate (18 giugno) ha pubblicato quanto segue: “Il Presidente della Repubblica, Miguel Diaz-Canel Bermudez, ha detto questo giovedì che gli insegnamenti che sta lasciandoci l’offensiva contro la COVID-19 nel vincolo tra il Governo e la scienza devono essere incorporati, affinché si trasformino in uno stile di lavoro abbordando tutti i temi fondamentali del paese” e più avanti, cito: “Questo ci permette di utilizzare perfino questo stesso sistema per un’altra grande priorità che abbiamo, oltre alla lotta alla pandemia, che è produrre alimenti, una delle urgenze della nazione”.
Si tenta di generalizzare uno stile di conduzione dei sistemi di innovazione orientati a risolvere i grandi problemi nazionali. Molto importante è il ruolo che il Presidente concede alla contribuzione dei contadini, innovatori. L’esperienza pratica è molto importante.
Il mondo accademico e sicuramente tecnico appoggerà questa messa a fuoco. Una cosa è investigare ed insegnare ed un’altra lavorare gomito a gomito coi dirigenti ed i portatori di altri saperi. Per questo ultimo, tra le altre cose, dovremo migliorare le nostre abilità per lavorare in squadra, combinare messe a fuoco disciplinari diverse, scambiare, creare. Sicuramente, trionferemo.
di Jorge Núñez Jover
da Cubadebate traduzione di Ida Garberi