Un bilancio degli ultimi avvenimenti in America Latina

Franco Vielma  https://misionverdad.com

L’America Latina è ancora una volta un luogo di scossa, questa volta per lo squilibrio congiunturale che soffre l’agenda della destra regionale alla luce degli eventi che si stanno registrando in diversi paesi della regione.

Il recupero delle istituzioni democratiche per via elettorale in Bolivia, così come il saldo del plebiscito per il cambiamento della Costituzione in Cile, sono le principali tappe che dobbiamo inappellabilmente evidenziare.

Ma c’è molto di più da dire e da assumere su questi eventi e tanti altri ed anche sui fattori che scatenano.

UNA BREVE PANORAMICA REGIONALE

Bolivia. In questo momento è il principale riferimento per il rilancio delle forze di sinistra nella regione. La schiacciante vittoria di Luis Arce, con un 55% nelle urne, ha annichilito le possibilità di una nuova variante di tipo elettorale nell’ambito del colpo di stato nel paese andino, che si è consumata dal novembre 2019.

Come è noto, il ruolo del presidente deposto, Evo Morales, è stato fondamentale per riunificare le forze sociali affiliate al masismo e, di conseguenza, contro molte previsioni, l’istituzionalità boliviana tornerà su percorsi regolari.

Dopo la pietra miliare boliviana, la stampa internazionale ha recensito, e successivamente confermato dal presidente venezuelano Nicolás Maduro, che Evo Morales ha visitato il Venezuela, ciò che apre la strada a nuove possibilità per la ricomposizione delle relazioni tra La Paz e Caracas e, di conseguenza, un nuovo riassetto nella struttura delle relazioni regionali a sinistra.

La Paz apre la strada al ricongiungimento con l’ALBA-TCP, e Luis Arce ha detto che riprenderà i rapporti con l’Avana.

Cile. Questa nazione sudamericana ha l’indiscutibile traguardo che, a spese di una vera e propria esplosione sociale nel 2019, è stato oggetto di un impulso politico, nello specifico, per modificare la Costituzione ereditata dal dittatore Augusto Pinochet.

Il 78% degli elettori cileni ha approvato la stesura di una nuova Costituzione senza la partecipazione di rappresentanti del Congresso, poiché la stesura del testo sarà rimessa ad una convenzione costituente che sarà composta da 155 cittadini che saranno eletti interamente a voto popolare.

Il Cile sta ormai diventando un punto di riferimento, proprio perché gli eventi che hanno portato a questo equilibrio politico si sono scatenati a scapito di una solida coesione sociale attorno allo scoppio dello scorso anno. Senza una guida unica e chiara e con un iniziale orizzonte politico molto diffuso, i cileni hanno dato nuovo impeto alle possibilità di svolta a sinistra.

Il Cile era, come il Venezuela all’epoca, un “paese vetrina” per il modello egemonico neoliberale. Il che indica che la disputa in quel paese è solo all’inizio.

In questo contesto, si stanno aprendo nuove incertezze che richiederanno una coesione molto più consistente, un’agenda comune ed una strategia in tutti i termini per le tradizionali forze di sinistra in quel paese, che sappiamo essere regolarmente minoranza elettorale e disperse dalle divisioni.

Colombia. Questo paese oggi ha un altro episodio, alla ribalta, nelle successive crisi e scosse che affronta il governo uribista di Iván Duque.

Lo Sciopero Nazionale della Colombia, un inedito movimento di protesta nato nel 2019 e che ha favorito uno stato prolungato di rivolta sociale a fuoco lento, ha ora una nuova componente: la Minga Indigena, una esperta forza politica forgiata durante le proteste indigene e contadine nella nazione della Nuova Granada.

Forse l’importanza di questo movimento oggi sta nel contesto stesso. Il governo Duque, e di conseguenza l’uribismo, affrontano un momento particolare.

Ciò è segnato dalle successive crisi politiche e dagli scandali che si sono scatenati contro il governo di Nariño. Le violazioni degli Accordi di Pace, lo smembramento dell’istituzionalità, le solide accuse di traffico di droga contro alti funzionari e che emergono dalla stessa istituzionalità colombiana, ed i crimini politici che logorano l’immagine del governo, sono pezzi di questa trama.

Inoltre, la situazione di deterioramento del governo colombiano si è accentuata, soprattutto da quando sono stati aperti i procedimenti penali contro Álvaro Uribe Vélez, che ha dovuto dimettersi dal Senato per eludere la giustizia. Ora, in condizioni di libertà, l’intero paese punta sulla Procura colombiana, approfondendo la spirale della crisi politica.

La sintesi politica a cui mira la Colombia sembra essere quella di una svolta fino ad ora inesorabile nella politica di quel paese. Lo scandalo “Ñeñe Politica” ha già rivelato che l’uribismo non è una maggioranza elettorale e che usurpa il potere attraverso la narcofrode. Aumentano quindi le possibilità per nuovi attori, tra cui Gustavo Petro, il dirigente più solido dell’opposizione colombiana e riferimento per la sinistra moderata regionale.

Venezuela. Il principale nodo critico dell’agenda USA nell’emisfero occidentale rimane nei titoli. Il Venezuela sta rafforzando le sue imminenti elezioni parlamentari nonostante le innumerevoli pressioni. La politica del Dipartimento di Stato dell’amministrazione Trump è riuscita a consumare un duro blocco economico e commerciale contro il paese, ma Caracas non è caduta.

Contro molte previsioni, il presidente Nicolás Maduro resiste e “l’operazione Guaidó”, ovvero il programma di porre un governo parallelo sovrapposto come meccanismo per consentire la rottura delle istituzioni venezuelane, è fallita.

Le possibilità che incombono sul Venezuela risiedono nella sua resistenza strategica alla pressione e nel dichiarare inamovibile e non negoziabile la sua agenda politica interna. Un segno indiscutibile di solidità istituzionale dove il chavismo non perde la sua posizione nel suo centro di gravità politica.

Il chavismo sta emergendo come il vincitore. Con la conquista della maggioranza elettorale in Parlamento, metterà fine alla fatidica agenda parlamentare iniziata nel 2016 e che ha portato il paese alle profondità dell’assedio ed alla ingerenza esterna.

Sebbene il Venezuela dovrà affrontare il difficile processo di riconoscimento delle sue elezioni, e sebbene il paese debba affrontare gli spasmi e le prolungamenti delle agende straniere che cercano di inabilitare le istituzioni venezuelane ed il voto popolare, il paese vedrà nuovi riaggiustamenti nella sua politica interno.

Si consumerà la scomparsa pratica elettorale di alcune tradizionali forze di opposizione ed un’intera classe politica rimarrà trasferita all’estero, al di fuori dei suoi spazi naturali.

In questo contesto, il Venezuela sarà un chiaro esempio di resistenza e spinta in condizioni profondamente avverse, sostenendosi come bastione più rilevante delle rivoluzioni latinoamericane nel presente.

TENDENZE CHE GUIDANO I MOVIMENTI NELLA REGIONE

Da questo punto, è essenziale superare le frasi usurate su un nuovo “ciclo progressista” regionale. Sarebbe esagerato reinsediare tale affermazione. Assumiamo innanzitutto che, in effetti, sì ci sono nuovi chiari eventi di una svolta, che hanno specifici episodi elettorali in Messico e Argentina negli ultimi anni, e che la tendenza si approfondisce, nel 2020, con i bilanci in Bolivia e Cile, con le loro peculiarità.

Inoltre, va notato che istanze, come il Gruppo di Puebla, hanno rilanciato nuove forme di coesione elementare tra vari fattori della sinistra latinoamericana, a scapito dei ferventi movimenti sociali in vari paesi della regione nel 2019. Ricordiamo: Ecuador, Cile , Colombia, sono state pietre miliari che hanno delineato un percorso in cui alcune forze sociali hanno cercato di unirsi.

Le particolarità della sinistra regionale derivano anche dalle sue tonalità. Venezuela, Cuba e Nicaragua continuano ad essere la triade più dura, i punti di riferimento dell’antimperialismo regionale e, quindi, i bersagli degli attacchi più duri. Le loro posizioni come bastioni di resistenza sono state mantenute.

Lontano dalle moderazioni che caratterizzano i governi di Argentina e Messico, la principale triade dell’ALBA-TCP è il punto esatto di shock e trauma nella disputa per il continente. Quindi la sua persistenza si aggiunge, immancabilmente, al bilancio politico, della regione, di quest’anno.

Un’altra tendenza che mostrano gli attuali movimenti nella regione è la riconfigurazione di UNASUR. Il suo rilancio è stato più volte proposto dal Presidente Maduro nel suo ruolo di Capo di Stato, e in questa opera, oggi, ha un ruolo attivo Evo Morales, oggi dirigente simbolico della Bolivia e della regione. Allo stesso tempo, Rafael Correa ed Ernesto Samper sono stati aperti promotori della sua restaurazione.

Il saldo panoramico consiste quindi in un contenimento e nello squilibrio della solida offensiva dell’agenda USA nella regione, che negli ultimi anni, aveva compiuto progressi fiammeggianti, quasi inarrestabili.

Infine, il recupero di spazi politici e la conquista di nuovi, per le forze emergenti, avrà inflessioni, con i risultati della politica USA nei prossimi mesi. È essenziale guardare il quadro regionale insieme al movimento dei pezzi dall’altro lato della scacchiera.


UN BALANCE DE LOS ÚLTIMOS ACONTECIMIENTOS EN AMÉRICA LATINA

Franco Vielma

América Latina nuevamente es espacio de estremecimiento, esta vez por el desbalance coyuntural que sufre la agenda de la derecha regional a la luz de los eventos que se están registrando en varios países de la región.

La recuperación de la institucionalidad democrática por vías electorales en Bolivia, tanto como el saldo del plebiscito para el cambio de Constitución en Chile, son los principales hitos que debemos reseñar de manera inapelable.

Pero hay mucho más por decir y suponer sobre estos eventos y otros tantos más, y también los factores que desencadenan.

UNA BREVE PANORÁMICA REGIONAL

Bolivia. Es justo ahora el principal referente del reimpulso de las fuerzas de izquierda en la región. La contundente victoria de Luis Arce, con un 55% en las urnas, aniquiló las posibilidades de una nueva variante de tipo electoral en el marco del golpe de Estado en el país andino que se consumó desde noviembre de 2019.

Como es sabido, el rol del presidente depuesto Evo Morales fue crucial para reunificar las fuerzas sociales afiliadas al masismo y, en consecuencia, contra muchos pronósticos, la institucionalidad boliviana regresará a los caminos regulares.

Luego del hito boliviano, la prensa internacional reseñó, y fue confirmado luego por el presidente venezolano Nicolás Maduro, Evo Morales visitó Venezuela, lo que abre paso a nuevas posibilidades para la recomposición de las relaciones entre La Paz y Caracas y, en consecuencia, un nuevo reacomodo en la estructura de las relaciones regionales a la izquierda.

La Paz abre su paso al reencuentro con el ALBA-TCP, y Luis Arce ha dicho que retomará relaciones también con La Habana.

Chile. Esta nación sudamericana tiene el hito indiscutible de que, a expensas de un genuino estallido social en 2019, ha sido objeto de un impulso político, en lo concreto, para cambiar la Constitución heredada por el dictador Augusto Pinochet.

El 78% de los electores chilenos aprobó la redacción de una nueva Constitución sin la participación de representantes del Congreso, pues la redacción del texto quedará a manos de una convención constituyente que estará formada por 155 ciudadanos que serán elegidos en su totalidad por voto popular.

Chile pasa ahora a ser un referente, precisamente porque los eventos que desembocaron en este saldo político se desataron a expensas de una sólida cohesión social alrededor del estallido del año pasado. Sin una conducción única y clara y con un inicial horizonte político muy difuso, los chilenos han dado un nuevo ímpetu a las posibilidades de virar a la izquierda.

Chile fue, tal como Venezuela en su momento, un “país vitrina” al modelo hegemónico neoliberal. Lo cual indica que la disputa en ese país apenas comienza.

En este contexto se abren nuevas incertidumbres que demandarán una cohesión mucho más consistente, una hoja de ruta común y una estrategia en todos los plazos para las fuerzas de izquierda tradicionales en ese país, que sabemos son regularmente minoritarias en lo electoral y dispersas por divisiones.

Colombia. Este país tiene hoy en la palestra otro episodio de las sucesivas crisis y conmociones que lidia el gobierno uribista de Iván Duque.

El Paro Nacional de Colombia, un inédito movimiento de protesta que nació en 2019 y que ha propiciado un estado prolongado de revuelta social a fuego lento, ahora tiene un nuevo componente: la Minga Indígena, una experimentada fuerza política fogueada en las protestas indígenas y campesinas en la nación neogranadina.

Quizá la importancia de este movimiento hoy yace en el propio contexto. El gobierno de Duque, y en consecuencia el uribismo, lidian con un particular momento.

Este viene marcado por las sucesivas crisis políticas y escándalos que se han desatado contra el gobierno de Nariño. Las violaciones a los Acuerdos de Paz, el desmembramiento de la institucionalidad, los sólidos señalamientos de narcotráfico contra altos funcionarios y que emergen desde la propia institucionalidad colombiana, y los crímenes políticos que desgastan la imagen del gobierno, son piezas de esta trama.

Adicionalmente, la situación de desgaste del gobierno colombiano se ha acentuado, especialmente desde las causas penales abiertas contra Álvaro Uribe Vélez, quien tuvo que renunciar al Senado para eludir la justicia. Ahora, en condiciones de libertad, el país entero apunta a la Fiscalía colombiana, profundizando la espiral de crisis política.

La síntesis política a la que apunta Colombia parece a la de un viraje hasta ahora inexorable en la política en ese país. El escándalo de la “Ñeñe Política” ya dejó al descubierto que el uribismo no es mayoría electoral y que usurpan el poder por vía del narcofraude. De ahí que las posibilidades se incrementan para nuevos actores, entre ellos Gustavo Petro, el líder más sólido de la oposición colombiana y referente de la izquierda moderada regional.

Venezuela. El principal nudo crítico de la agenda estadounidense en el hemisferio occidental sigue en los titulares. Venezuela apuntala sus próximas elecciones parlamentarias pese a innumerables presiones. La política del Departamento de Estado de la Administración Trump ha logrado consumar un duro bloqueo económico y comercial contra el país, pero Caracas no ha caído.

Contra muchos pronósticos, el presidente Nicolás Maduro se sostiene y la “Operación Guaidó”, o la agenda de colocar un gobierno paralelo superpuesto como mecanismo para habilitar el quiebre de las instituciones venezolanas, ha fracasado.

Las posibilidades que se ciernen sobre Venezuela yacen en su aguante estratégico de las presiones y el declarar inamovible e innegociable de su hoja de ruta política interna. Un signo indiscutible de solidez institucional donde el chavismo no pierde su posición en su centro de gravedad política.

El chavismo se perfila como ganador. Consiguiendo una mayoría electoral en el Parlamento, dará al traste con la fatídica agenda parlamentaria que inició en 2016 y que llevó al país a las profundidades del asedio y la injerencia externa.

Aunque Venezuela tendrá que lidiar el difícil proceso de reconocimiento de sus elecciones, y aunque el país tenga que lidiar con los espasmos y prolongaciones de las agendas extranjeras que pretenden inhabilitar a las instituciones venezolanas y el voto popular, el país verá nuevos reacomodos en su política interna.

Se consumará la práctica desaparición electoral de algunas fuerzas tradicionales de la oposición y una clase política entera quedará desplazada y trasladada al extranjero, fuera de sus espacios naturales.

En ese contexto Venezuela será un ejemplo claro de aguante y empuje en condiciones profundamente adversas, sosteniéndose como bastión más relevante de las revoluciones latinoamericanas en el presente.

LAS TENDENCIAS QUE ARROJAN LOS MOVIMIENTOS EN LA REGIÓN

Desde este punto es indispensable superar las desgastadas frases sobre un nuevo “ciclo progresista” regional. Sería exagerado reasentar esa afirmación. Asumamos primeramente que, en efecto, sí hay nuevos eventos claros de un viraje, que han tenido episodios específicos en lo electoral en México y Argentina en los últimos años, y que la tendencia se profundiza este 2020 con los saldos en Bolivia y Chile, con sus particularidades.

También, hay que referir que instancias, como el Grupo de Puebla, han relanzado nuevas formas de cohesión elemental entre varios factores de la izquierda latinoamericana, a expensas de los fervientes movimientos sociales en varios países de la región en 2019. Recordemos: Ecuador, Chile, Colombia, fueron hitos que han delineado un camino en el que algunas fuerzas sociales han intentado acoplarse.

Las particularidades de la izquierda regional parten también de sus tonalidades. Venezuela, Cuba y Nicaragua siguen siendo la triada más dura, referentes del antiimperialismo regional y, por ende, los blancos de ataque más severos. Sus posiciones como bastiones de resistencia también se han mantenido.

Lejos de las moderaciones que caracterizan a los gobiernos de Argentina y México, la triada principal de la ALBA-TCP es el punto exacto de choque y trauma en la disputa por el continente. De ahí que su persistencia se suma indefectiblemente al saldo político de la región de este año.

Otra tendencia que arrojan los actuales movimientos en la región es la reconfiguración de la UNASUR. Su relanzamiento ha sido propuesto por el presidente Maduro en varias oportunidades en su rol de Jefe de Estado, y en esta labor tiene hoy un rol activo Evo Morales, ahora líder simbólico de Bolivia y la región. Al mismo tiempo, Rafael Correa y Ernesto Samper han sido abiertos promotores de su restauración.

El saldo panorámico consiste entonces en una contención y desbalance de la sólida ofensiva de la agenda estadounidense en la región, que había avanzado flamantemente, casi indetenible, en los últimos años.

Finalmente, la recuperación de espacios políticos y la conquista de nuevos, para las fuerzas emergentes, tendrá inflexiones con los resultados en la política estadounidense en los próximos meses. Es indispensable mirar el cuadro regional conjuntamente al movimiento de fichas al otro lado del tablero.

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