Randy Alonso Falcón www.cubadebate.cu
Donald Trump lascia la Casa Bianca doppiamente sconfitto: non ha potuto vincere la rielezione presidenziale, né rovesciare i governi di Cuba, Venezuela e Nicaragua; contro cui ha usato tutti i metodi di punizione ed aggressione alla sua portata.
Ma le forze trumpiste non sono esaurite, tutt’altro. Stanno cercando di lasciare una profonda orma nella società USA ed oltre. A questo punto, Trump ancora non riconosce la sua ampia sconfitta nelle elezioni; neppure smette di seminare problemi all’amministrazione che verrà: pochi giorni fa ha addirittura minacciato di attaccare i siti nucleari iraniani per abortire ogni intento di dialogo con quel paese.
Con Cuba l’attuale amministrazione ha una particolare rabbia: più di 120 misure punitive che esacerbano il già di per sé criminale blocco economico, commerciale e finanziario, e non sono riuscite a rovesciare la Rivoluzione.
Con quella spina e l’incoraggiamento delle forze della destra anticubana che gli hanno dato il voto nelle ultime elezioni, l’attuale amministrazione non smette di organizzare piani e provocazioni contro Cuba, speranzosi di dare la stoccata finale prima del 20 gennaio; o almeno lasciare problemi al governo di Biden affinché non possa prospettarsi una convivenza civile con l’arcipelago caraibico.
Il nuovo governo eletto non è ancora pubblicamente andato a genio a quella destra controrivoluzionaria anti-cubana, che gli ha votato contro e lo ha accusato di essere “socialista” e persino “comunista” in una feroce campagna mediatica in stile maccartista. Piuttosto, ha detto pubblicamente che intende ritornare alla politica di riavvicinamento tra Cuba e USA che Obama è solo riuscito ad iniziare nel suo ultimo mandato, e che in così poco tempo ha potuto dimostrare che sì è possibile convivere in pace e cooperazione, concentrandoci sui punti comuni, rispettando le differenze.
Gli approfittatori del conflitto, i promotori del male contro il popolo cubano, coloro che hanno beneficiato dei milioni e milioni di dollari che gli USA stanziano ogni anno per i piani aggressivi e di sovversione contro Cuba, sono, in questi giorni, in frenetica offensiva, tentano di costruire un pretesto per compromettere il futuro governo USA con l’aggressiva ostilità anticubana.
Cercano una versione aggiornata dell’arcinota mossa “abbattimento degli aerei degli Hermanos al Rescate” che ha costretto il candidato presidente del 1996, Bill Clinton, a rinunciare al riavvicinamento a Cuba e convertire in legge il progetto Helms Burton per rafforzare il blocco e disegnare il futuro neocoloniale del paese ribelle.
Pretendono fomentare l’instabilità sociale, incoraggiare le frustrazioni, approfittare delle difficili circostanze di un paese che ha dovuto combattere una dura battaglia contro la pandemia di COVID-19 nel mezzo di incrementate misure di blocco e la paralisi delle sue principale fonti di ingressi, il turismo.
Scommettono sulla possibile leadership destabilizzatrice di piccoli settori della cultura che sono stati finanziati e sponsorizzati per anni, e cercano confondere settori giovanili colpiti nelle loro aspirazioni e qualità di vita dalla stessa politica di soffocamento imperiale contro Cuba.
Come ha espresso il Generale dell’Esercito Raúl Castro in un discorso davanti al parlamento cubano il 19 aprile 2018: “… una delle permanenti scommesse dei nemici della Rivoluzione è penetrare, confondere, dividere ed allontanare la nostra combattiva gioventù dagli ideali, storia, cultura ed opera rivoluzionaria, seminare l’individualismo, l’avidità, la mercificazione dei sentimenti ed indurre le nuove generazioni al pessimismo, al distacco dall’etica e ai valori umanisti, dalla solidarietà e dal senso del dovere”.
Si pretendere accendere una scintilla che porti ad uno scoppio sociale nello stile di quelli che sono stati provati ed eseguiti nel mondo arabo o in Ucraina. E questo è incoraggiato con totale cinismo dalle reti sociali digitali, lo stesso dal Dipartimento di Stato e dalla sua ambasciata all’Avana come dalla mafia annessionista di Miami. Coloro che si alimentano informativamente solo in quegli spazi digitali penseranno che a Cuba, in questi giorni, c’è una guerra civile o una protesta sociale generalizzata. Verso tale scenario, l’impero e le sue pedine di turno vorrebbero condurre il paese.
La Rivoluzione cubana ha l’esperienza dei suoi oltre 60 anni di lotta contro le intenzioni di dominazione USA e contro una controrivoluzione con sede nel paese settentrionale che ha fatto ricorso persino all’invasione armata ed al terrorismo per cercare di rovesciarla. Ha, in particolare, l’appoggio maggioritario di un popolo, la cui mobilitazione in questi giorni di minacce è la principale forza e il miglior baluardo di fronte agli spropositi. E conta, inoltre, con una cultura, un’intellighenzia, una pletora di artisti e creatori che sono visceralmente antimperialisti, che sono spada e scudo della nazione di fronte ai tentativi di dominazione.
Cuba vive un nuovo momento di sfida a cui si deve e dà risposta con intelligenza, fermezza di principi, capacità di dialogo per migliorare il paese e la forza essenzialmente rivoluzionaria del suo popolo.
Il grande pensatore cubano, José Antonio Saco, ci ha ammonito fin dal XIX secolo: “Non siamo il giocattolo disgraziato di uomini che, con sacrificio nostro, vorrebbero impadronirsi della nostra terra, non per la nostra felicità, ma per il loro vantaggio” […] “io vorrei che Cuba non solo fosse ricca, istruita, morale e potente, ma che fosse Cuba cubana e non anglo-americana”.
En Cuba: Revolución de colores o calentarle la pista a Biden
Por: Randy Alonso Falcón
Donald Trump se va de la Casa Blanca doblemente derrotado: no pudo ganar la reelección presidencial, ni tampoco pudo derrocar los gobiernos de Cuba, Venezuela y Nicaragua; contra los que empleó todos los métodos de castigo y agresión a su alcance.
Pero las fuerzas trumpistas no están acabadas, ni mucho menos. Están intentando dejar una profunda huella en la sociedad estadounidense y más allá. A estas alturas, todavía Trump no reconoce su amplia derrota en las elecciones; y tampoco deja de sembrarle problemas a la administración que vendrá: hace unos días hasta amenazó con atacar sitios nucleares iraníes para abortar todo propósito de diálogo con ese país.
Con Cuba, la actual administración tiene una particular rabia: más de 120 medidas punitivas que arrecian el de por sí criminal bloqueo económico, comercial y financiero, y no han podido derrocar a la Revolución.
Con esa espina y el aliento de las fuerzas de la derecha anticubana que le dieron el voto en las pasadas elecciones, la actual administración no cesa de organizar planes y provocaciones contra Cuba, esperanzados de dar la estocada final antes del 20 de enero; o al menos dejarle la pista bien caliente al gobierno de Biden para que no pueda plantearse una convivencia civilizada con el archipiélago caribeño.
El nuevo gobierno electo todavía no ha congeniado públicamente con esa derecha contrarrevolucionaria anticubana, que le votó en contra y lo acusó de “socialista” y hasta “comunista” en una feroz campaña mediática de corte maccarthista. Más bien, ha dicho públicamente que planea retornar a la política de acercamiento entre Cuba y EE.UU. que Obama solo logró comenzar en su último mandato, y que en tan poco tiempo pudo demostrar que sí es posible convivir en paz y cooperación, centrándonos en los puntos en común, respetando las diferencias.
Los vividores del conflicto, los promotores del mal contra el pueblo cubano, los que se han beneficiado de los millones y millones de dólares que Estados Unidos destina cada año a los planes agresivos y de subversión contra Cuba, andan por estos días en frenética ofensiva, intentado construir un pretexto para comprometer al futuro gobierno estadounidense con la agresiva hostilidad anticubana.
Buscan una actualizada versión de la archiconocida jugada “derribo de avionetas de Hermanos al Rescate” que forzó al presidente candidato de 1996 Bill Clinton a renunciar al acercamiento con Cuba y convertir en ley al proyecto Helms Burton para arreciar el bloqueo y dibujar el futuro neocolonial del rebelde país.
Pretenden fomentar la inestabilidad social, alentar las frustraciones, aprovechar las circunstancias difíciles de un país que ha tenido que librar una dura batalla contra la pandemia de COVID-19 en medio de arreciadas medidas de bloqueo y de la paralización de su principal fuente de ingresos, el turismo.
Apuestan al posible liderazgo desestabilizador de reducidos sectores de la cultura que han estado financiando y apadrinando durante años, y buscan confundir a sectores juveniles golpeados en sus aspiraciones y calidad de vida por la misma política de asfixia imperial contra Cuba.
Como expresara el General de Ejército Raúl Castro en un discurso ante el parlamento cubano el 19 de abril de 2018: “ …una de las permanentes apuestas de los enemigos de la Revolución es penetrar, confundir, dividir y alejar a nuestra combativa juventud de los ideales, la historia, la cultura y la obra revolucionaria, sembrar el individualismo, la codicia, la mercantilización de los sentimientos e inducir a las nuevas generaciones al pesimismo, al desapego hacia la ética y los valores humanistas, la solidaridad y el sentido del deber”.
Se pretende prender una chispa que desemboque en un estallido social al estilo de los ensayados y ejecutados en el mundo árabe o Ucrania. Y ello se alienta con total cinismo desde las redes sociales digitales, lo mismo desde el Departamento de Estado y su embajada en La Habana que desde la mafia anexionista de Miami. Quienes se alimentan informativamente sólo en esos espacios digitales pensarán que en Cuba hay una guerra civil en estos días o una protesta social generalizada. Hacia tal escenario quisieran conducir al país el imperio y sus peones de turno.
La Revolución cubana tiene la experiencia de sus más de 60 años de lucha contra las intenciones de dominación estadounidense y contra una contrarrevolución basada en el país del norte que ha recurrido hasta la invasión armada y el terrorismo para intentar derrocarla. Tiene, en especial, el apoyo mayoritario de un pueblo, cuya movilización en estos días de amenazas es la principal fortaleza y el mejor bastión ante los despropósitos. Y cuenta además, con una cultura, una intelectualidad, una pléyade de artistas y creadores raigalmente antimperialistas, que son espada y escudo de la nación ante los intentos de dominación.
Cuba vive un nuevo momento de desafío al que se le debe y da respuesta desde la inteligencia, la firmeza de principios, la capacidad de diálogo para hacer mejor al país y la fuerza esencialmente revolucionaria de su pueblo.
Nos advierte desde el siglo XIX el gran pensador cubano José Antonio Saco: “No seamos el juguete desgraciado de hombres que con sacrificio nuestro quisieran apoderarse de nuestra tierra, no para nuestra felicidad, sino para su provecho” […]”yo desearía que Cuba no solo fuese rica, ilustrada, moral y poderosa, sino que fuese Cuba cubana y no anglo-americana”.