Persuadere, unire, mobilitare, educare, sono sempre state parole d’ordine nell’atto emancipazione cubana, e per materializzarle è stata indispensabile un’entità unificante: un partito.
La dispersione, il regionalismo, l’arma a doppio taglio contaminata da incoerenze e intrighi hanno ferito profondamente il petto di Cuba. Doveva essere guarito in tempo, e bisognava evitare altri strappi. Doveva essere salvato.
Prima delle osservazioni “cliniche”, ai piedi della ferita, con una dose di intelligenza, di predicazione e di amor patrio, un giovane iniziò a sviluppare la pozione salvifica: l’unità; quel vaccino costoso e infallibile dell’arcipelago contro la disunione che vanificò il suo primo tentativo di emancipazione e lo costrinse a rimandarlo. Nacque allora la necessità di uno strumento politico per unire: un partito.
Passo dopo passo, sotto l’impulso delle idee di giustizia, emerse il talento politico del giovane José Martí, determinato a raggruppare gli elementi dispersi, ma fedele alla Rivoluzione incompiuta, indebolito dalle “passioni di comando e di località che sfigurano e annullano le partenze più belle”. La spada “nessuno ce l’ha tolta, (…) l’abbiamo lasciata cadere”, dice l’Apostolo, dopo aver esaminato il clima di confusione che le lotte interne avevano creato. “Hanno consegnato le loro armi alla fatale occasione, non al nemico.
Martí conosceva i dettagli di quel risveglio patriottico che accese il fuoco dell’indipendenza il 10 ottobre 1868, e lo mantenne acceso per un decennio, anche se non raggiunse i suoi obiettivi, né ebbe il risultato desiderato. Sapeva anche che in quei cubani risiedeva lo stesso sentimento che li aveva lanciati verso la manigua, e che un nuovo tentativo e una fine vittoriosa, sotto la premessa dell’unità, erano tanto possibili quanto necessari.
Persuadere, unire, mobilitare, educare, sono sempre state parole d’ordine nel gesto emancipatore cubano, e per materializzarle è stata indispensabile un’entità unificante: un partito.
OCCASIONE E STORIA
Nel frattempo, nell’Europa convulsa, sotto la guida di Vladimir Ilich Lenin, certi postulati del marxismo-leninismo saltarono dai manuali alle azioni nei campi e nelle città della Russia zarista, sotto la guida di un’organizzazione bolscevica.
Anche se il leader russo e il genio cubano non si conoscevano, quasi all’unisono usavano strumenti simili per scopi simili. Stavano nascendo due eventi scollegati, originati dalla stessa aspirazione alla giustizia.
Nell’idea del Partito Rivoluzionario Cubano, nei suoi obiettivi: organizzare la Guerra Necessaria per la liberazione definitiva della nostra patria, e costruire “una nazione capace di assicurare la felicità duratura dei suoi figli e di compiere nella vita storica del continente i difficili doveri che la sua situazione geografica le indica”, ci sono componenti embrionali dell’attuale avanguardia politica del nostro popolo: il Partito Comunista di Cuba.
“I principi alla base della concettualizzazione (del nostro modello economico e sociale) si basano sull’eredità di Martí, il marxismo-leninismo, il pensiero del leader storico della Rivoluzione Cubana, Fidel Castro Ruz, e il lavoro della Rivoluzione stessa”, ha detto il generale dell’esercito Raúl Castro.
Una strada lunga e accidentata, di successi e fallimenti, di crescita e apprendimento; una strada di eroismi e sacrifici a volte insoliti, segna il percorso dai giorni della fondazione di José Martí, all’attuale Partito Comunista di Cuba.
Gli ostacoli non sono stati né piccoli né scarsi. Sia quelli che sapevano che mantenere il colonialismo sull’isola selvaggia era già un’impossibilità, sia quelli che aspiravano ad assaggiare il “frutto maturo”, capirono fin dall’inizio che, con l’unità, si sarebbe creato un ostacolo troppo fastidioso per le loro pretese espansionistiche, e non risparmiarono manovre per impedirlo.
Durante tutto il XIX secolo, invocando le dottrine e le politiche del Destino Manifesto, di Monroe e dei Frutti maturi”, ha ricordato Raúl al VII Congresso del nostro Partito, “diversi governanti statunitensi cercarono di appropriarsi di Cuba, e nonostante l’eroica lotta dei Mambises, ci riuscirono nel 1898, con l’ingannevole intervento alla fine della guerra….”.
“Occuparono militarmente il paese (…), smobilitarono l’Esercito di Liberazione, sciolsero il Partito Rivoluzionario Cubano organizzato, fondato e guidato da José Martí, e imposero un’appendice alla Costituzione della nascente Repubblica, l’Emendamento Platt, che dava loro il diritto di intervenire nei nostri affari interni e di stabilire, tra le altre, la base navale di Guantánamo.
Non riuscirono a spegnere la fiamma dell’indipendenza, ma sacrificarono l’esistenza di molti compatrioti, circostanze in cui Cuba vide fiorire il più puro, nobile e coraggioso del suo popolo, e quasi mai mancò un esempio di comunisti che ispirassero le battaglie di oggi.
EREDITÀ E CONTINUITÀ
Che simbolismo quell’alleanza di Carlos Baliño e Julio Antonio Mella, nel 1925! Il primo, fondatore, insieme a Martí, del Partito Rivoluzionario Cubano, con il suo carico di saggezza, quasi nell’autunno della sua esistenza, insieme a Mella, che aveva solo 22 anni, in un atto di lealtà e continuità, per fondare, tra loro, il primo Partito Comunista di Cuba.
Quattro anni dopo, quando Julio Antonio aveva solo 26 anni, esiliato in terra messicana e nel mezzo del trambusto rivoluzionario, fu ucciso da un sicario del tiranno Gerardo Machado. “Muoio per la rivoluzione”, disse il patriota nell’ultimo secondo del suo olocausto. Le sue idee avrebbero continuato a incoraggiare. In meno di cinque anni la tirannia di Machado crollò di fronte all’assalto popolare rivoluzionario, tra la cui avanguardia, ancora una volta, c’erano difensori delle idee socialiste.
Villena, Guiteras e altre figure di spicco della Rivoluzione in corso, come Pablo de la Torriente Brau, Rafael Trejo, Blas Roca, Raúl Roa e Carlos Rafael Rodríguez, furono visti sfidare i governi filo-imperialisti.
Altri partirono per la Spagna, in quei giorni, spinti dalla vocazione di fratellanza, come parte della brigata di volontari cubani che difese la causa di quella nazione, attaccata dagli eserciti fascisti durante la guerra civile. Pablo de la Torriente è morto lì.
LA MONCADA
Con tali idee, tali nobili sogni, tali esempi, i giovani del Centenario erano carichi di tali idee il 26 luglio 1953, quando attaccarono la più grande fortezza militare di Santiago de Cuba. Portavano Martí nelle loro menti, e come leader portavano un Martiano che entrava per sempre nella storia, già abbracciato dalla dottrina marziano-marxista. Quel giorno iniziò l’ultima tappa della lotta per l’indipendenza dell’Isola, e in essa, nello stesso sentimento patriottico, si unirono altre organizzazioni rivoluzionarie come la Direzione Studentesca Universitaria e il Partito Socialista Popolare.
Tali erano le lotte patriottiche, pro-indipendenza, anti-imperialiste. Si è dovuto pagare un prezzo alto, in vite e privazioni, ma la patria ha risposto rettamente ad ogni oltraggio e ad ogni usurpazione dell’ideale di indipendenza e di sovranità.
Come ha sottolineato lo stesso Raúl, “la condizione neocoloniale di Cuba, che ha permesso agli Stati Uniti di esercitare un controllo totale sulla vita economica e politica dell’isola dal 1899, ha frustrato, ma non annientato, il desiderio di libertà e di indipendenza del popolo cubano. Esattamente 60 anni dopo, il 1° gennaio 1959, con il trionfo della Rivoluzione guidata dal Comandante in Capo Fidel Castro, eravamo definitivamente liberi e indipendenti”.
Una volta che la Rivoluzione è stata al potere, l’unità, come scudo infallibile contro coloro che sognano di distruggerla, è stata una vigilanza permanente. Superate certe nicchie di settarismo, si orientarono verso le Organizzazioni Rivoluzionarie Integrate, e più tardi verso il Partito Unito della Rivoluzione Socialista (PURS), da cui nacque il Partito Comunista di Cuba all’inizio di ottobre del 1965.
L’incredibile resistenza di questo arcipelago di fronte alle minacce e alle ostilità poggia sulla guida sicura di Fidel e Raúl. Con questa eredità, tradizione di lealtà, unità, resistenza e vittoria – armi insostituibili – il nostro Partito Comunista e il suo popolo arrivano ora all’8° Congresso in un momento cruciale.
Cuba, il paese che ha imparato a superare sfide incredibili, che non sottovaluta né teme il pericolo, sostiene la sfida della continuità; la stessa sfida che irrita e scuote con impotenza i suoi nemici, poveri incapaci che non si rendono conto che è la convinzione di questo popolo, fidelista e martiano, che è una convinzione per non abbassare mai le sue bandiere.
Fonte: Granma
Traduzione: italiacuba.it