Colombia: 13 morti per la repressione in un altro fine settimana tragico

pagina12.com.ar (*); 30.5.2021

Gli organismi sui Diritti Umani allertano sull’uso indebito della forza da parte della polizia durante le mobilitazioni, che ha fatto almeno 63 morti per la repressione confermati, più di 2.000 arresti arbitrari, 866 civili feriti dei quali almeno 50 hanno sofferto lesioni oculari per gli spari della polizia.

Calì è tornata ad essere lo scenario di una giornata di violenta repressione con la morte di almeno 13 persone, dopo un mese di proteste contro il narco-governo di Ivàn Duque. Questo sabato il narco-presidente è tornato a difendere l’azione delle forze di sicurezza e ha anche riposto con la militarizzazione di 8 dei 32 dipartimenti (province). Sempre le organizzazioni per i Diritti Umani denunciano la scomparsa di più di 300 persone nell’ultimo mese.

13 morti a Cali

Cali è la terza città più popolosa della Colombia, con 2,2 milioni di abitanti. Attualmente vige il coprifuoco. Il sole è sorto sui resti delle barricate e delle macerie dopo uno dei giorni più violenti da quando è cominciata la ribellione popolare. Almeno 13 persone sono morte nella più recente giornata di protesta (venerdì 28 maggio, n.d.t.). In uno degli episodi avvenuti, un funzionario della procura ha ucciso con la sua arma tre  manifestanti che bloccavano una strada. Secondo la Procura stessa, l’assassino è stato linciato dai manifestanti.

Il quartiere di Meléndez, nel sud della città, ha vissuto una notte di estrema tensione. “Noi avevamo organizzato un’attività culturale con la gente perché stavamo celebrando il mese di sciopero (….) quando si sono sentiti degli spari, dice un testimone che ha chiesto di restare anonimo. I sicari “hanno cominciato a massacrare la gente”. Erano “circa cinque persone vestite da civili, che si nascondevano dietro agli alberi” ha puntualizzato il testimone, uno studente di 22 anni. I video messi in rete più tardi confermano la sua versione.

Il segretario alla Sicurezza e Giustizia di Cali, Carlos Rojas, ha parlato di quanto successo nell’ultimo giorno di manifestazioni a causa della sproporzionata repressione poliziesca. “Nel sud della città abbiamo avuto (…)  quasi una guerra urbana dove molte persone non solo hanno perso la vita, ma abbiamo avuto anche un alto numero di feriti”, ha detto a Caracol Radio.

Duque militarizza

Il narco-presidente colombiano, Ivàn Duque, ha ordinato il dispiegamento di più di 1.100 militari nella città come “assistenza militare”, cosa che dà facoltà all’Esercito di appoggiare la polizia nei compiti di repressione. Circa la mezzanotte del venerdì, Duque ha esteso la portata del decreto a 8 del 32 dipartimenti e 13 città del paese. Ha anche previsto di attivare l’appoggio militare di altri 7.000 uomini per i dipartimenti dove avvengono blocchi stradali.

Duque è stato a Cali e a Popayàn – due città che hanno vissuto una forte repressione durante la rivolta – per riaffermare le misure di militarizzazione. Il presidente ha spiegato che la decisione prevede di triplicare il numero di agenti in ogni regione e autorizza anche la demolizione dei blocchi  mentre sarà affidata ai governatori la proclamazione dei coprifuoco.

Il presidente insiste sul fatto che ci siano delle organizzazioni armate dietro al conflitto. Nonostante non sia la prima volta che Duque lega la violenza e i morti durante la rivolta sociale ai gruppi guerriglieri, egli non ha ancora presentato alcuna prova. Ma ha già deciso un aumento del 25% di militari in queste città.

Terrorismo di Stato

“E’ un massacro ed è l’esercizio del terrorismo di Stato sulla popolazione” ha denunciato sabato la Missione Internazionale di Solidarietà e Osservazione dei Diritti Umani dell’Argentina, che ha visitato la Colombia per documentare la situazione nelle proteste.

“Qui la situazione è assolutamente critica, girano video dove si mostra l’azione delle forze poliziesche insieme a civili” ha detto Marianela Navarro, delegata del Fronte delle Organizzazioni in Lotta (FOL) e parte della delegazione che è stata in Colombia il 25 maggio. “Ci sono denunce di torture a studenti, abusi sessuali a donne, vessazioni, arresti arbitrari, una situazione repressiva molto complessa che richiede una maggiore copertura internazionale” ha sottolineato Navarro in un messaggio inviato alla stampa.

(*) Quotidiano argentino

(traduzione di Daniela Trollio CIP “G.Tagarelli”)

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