Il macabro totale dal 1° gennaio 2021 sale così a 124 (un omicidio ogni 48 ore) e 1.239 uccisi dalla firma degli “Accordi di pace” del 2016, che non sono stati rispettati dai governi filo USA succedutisi da allora.
La Colombia, che è partner globale della NATO, occupa il disonorevole primo posto in questa classifica per il secondo anno consecutivo e più del doppio del numero di casi rispetto al Messico, che segue con 30 casi, Filippine (29), Brasile (20) e Honduras (17).
Con 65 omicidi, la Colombia è stata infatti nel 2020 il Paese in cui sono stati uccisi più leader ambientalisti nel mondo, secondo il rapporto dell’ONG Global Witness.
In dialogo con Sputnik, tre importanti attivisti colombiani lanciano un appello alla vita e alla protezione delle comunità di fronte alla cifra agghiacciante.
“Essere un attivista ambientale in Colombia è una condanna a morte”, è quanto emerge dall’ultimo rapporto dell’ONG Global Witness, diffuso lunedì 13 settembre, che ha rivelato che nel 2020 65 leader ambientali sono stati assassinati in quel paese dell’America Latina, il luogo al mondo in cui coloro che difendono l’ambiente vengono uccisi di più.
Il rapporto dell’ONG specifica inoltre che un terzo degli attacchi subiti dagli attivisti ambientali in Colombia erano diretti a indigeni e afro discendenti, e quasi la metà delle vittime erano piccoli agricoltori.
“C’è un record nel 2020 di 199 omicidi di leader sociali, il che dimostra che la situazione è molto grave e la risposta del governo non è all’altezza del compito”, ha detto a Sputnik Lourdes Castro, coordinatrice del programma Somos Defensores da cui il rapporto ha preso i dati.
Non va meglio agli ex guerriglieri delle FARC che nel 2016 hanno deposto le armi. Ne sono stati uccisi finora 286, nemmeno durante il conflitto ne morivano così tanti. L’ultimo, Manuel Mena Viveros, è stato ucciso 3 giorni fa ed è il 37° del 2021.
Oltre il 90% degli esecutori degli omicidi restano impuniti, quando invece vengono catturati, sono sicari al soldo dei proprietari terrieri, ex militari o paramilitari delle formazioni di estrema destra.
La complicità dei vari governi nazionali colombiani è denunciata dalle organizzazioni popolari locali.
Tuttavia, il presidente Duque, rifiuta ogni addebito sul tema, e preferisce sviare l’attenzione della opinione pubblica su quei paesi indicati da Washington come nemici e verso i quali sono in corso un blocco economico e sanzioni: Cuba, Venezuela e Nicaragua.
È di ieri il discorso all’ONU in cui il presidente colombiano ha attaccato Maduro ed il suo governo definendoli un “narco governo”, dimenticando però che è la stessa ONU ad attribuire invece alla sua Colombia il 70% della produzione ed esportazione mondiale di cocaina con una rotta preferenziale attraverso il Pacifico per arrivare negli Stati Uniti (primo consumatore al mondo).
Contro Cuba poi, lo stesso Duque aveva diretto le sue accuse alcune settimane fa, affermando che “i diritti dei manifestanti cubani andavano rispettati”, il tutto mentre nel suo Paese, continuavano le sparizioni di manifestanti antigovernativi, alcuni dei quali sono riapparsi decapitati con la testa chiusa in buste di plastica, nella spazzatura o portati dalla corrente dei fiumi.