Khan, nato in Arabia Saudita e cresciuto in Pakistan, è stato condannato venerdì 29 ottobre a 26 anni di carcere dopo la sua ammissione di colpevolezza, e d’aver aiutato il gruppo fondamentalista islamico Al Qaeda.
Raúl Antonio Capote
Una testimonianza da brivido delle torture e degli abusi commessi contro Majid Khan, detenuto nel carcere dell’illegale base navale di Guantánamo, dopo gli attacchi del 1º settembre del 2001 a Nuova York e al Pentagono, è stata presentata di recente dal prigioniero a una giuria di otto ufficiali militari statunitensi che facevano parte del tribunale che lo giudicava.
Khan, nato in Arabia Saudita e cresciuto in Paquistan, è stato condannato venerdì 29 ottobre a 26 anni di carcere dopo la sua ammissione di colpevolezza, e d’aver aiutato il gruppo fondamentalista islamico Al Qaeda.
Come parte dell’accordo di colpevolezza realizzato nel Tribunale, gli è stato concesso di testimoniare sulle sue esperienze e questo è divenuto il primo allegato pubblico degli abusi commessi contro un detenuto dopo gli attacchi terroristi del 11 settembre del 2001 negli USA, ha riferito il quotidiano statunitense The New York Times.
Attacchi sensoriali, con luci e suoni intensi, privazione del sonno,isolamento, posizioni stressanti, immersione in un barile d’acqua e ghiaccio, sono state alcune delle «tecniche» utilizzate dai torturatori per ottenere informazioni dal detenuto.
«Dopo due giorni appeso, privato del sonno e immerso in acqua gelata, avevo perso la mia nozione della realtà. Ricordo allucinazioni, vedevo una mucca, una lucertola gigantesca», ha raccontato Majid Khan. In quella situazione «confessava» ai suoi boia tutto quello che desideravano ascoltare pur di porre fine al supplizio.
Recentemente Abu Zubaydah, prigioniero detenuto perchè sospettato d’essere uno dei «cervelli» del 11-s, ha presentato al Tribunale Supremo degli USA un documento che descrive le torture sofferte in una prigione clandestina de la cia, in Polonia, vent’anni fa.
Il prigioniero ha raccontato d’aver sofferto 83 affogamenti simulati. I barbari «specialisti» lo seppellirono vivo apparentemente e lo lasciarono per 11 giorni chiuso in una bara.
Sia Abu Zubaydah, che Majid Khan e un altro mucchio di prigionieri detenuti illegalmente nelle prigioni segrete della cia, sonostati sottoposti alle dette «tecniche d’interrogatorio migliorate», come si conosce il programma della cia.
Niente di nuovo sotto il sole Dalla sua creazione nel 1947, la cia ha dedicato molte risorse allo sviluppo di tecniche d’interrogatorio per l’ottenimento d’informazioni.
Nel 1963, l’Agenzia elencò i risultati dei suoi studi in un manuale segreto della contro insorgenza, intitolato /Kubark Interrogatorio della contro intelligenza/, distribuito per il suo uso nel mondo intero, soprattutto in Asia e America Latina.
«Il dolore preciso, nel momento preciso, nella quantità precisa, per l’effetto desiderato». La frase appartiene a Dan Mitrione, agente del fbi, che è stato assessore della sicurezza degli Stati Uniti in America Latina come funzionario della Usaid.
Considerato uno dei maestri della tortura, la sua esperienza nella «dissuasione» degli «avversari» nell’Uruguay del 1969, fu incorporata al manuale della cia.
Nel 1983 redattarono un nuovo libro, Manuale d’addestramento per lo sfruttamento delle risorse umane, poi perfezionato nel 1996.
Sono state realizzate varie correzioni a questo manuale, partendo dalle investigazioni realizzate dal Congresso, correzioni di un cinismo straordinario, come quello raccomandato da Donald Rumsfeld in un memorandum nel quale, riferendosi alle dette «posizioni stressanti», ridotte a quattro ore, raccomandava: «Io sto in piedi otto – dieci ore al giorno. Perchè limitarle a quattro ore?».
Come spiega Alfred McCoy nel suo libro/ A Question of Torture: cia Interrogation, From the Cold War to the War on Terror/, le tecniche utilizzate in Abu Ghraib, Iraq e Guantánamo, denunciate da Majid Khan e da altre vittime, sono il frutto di massive e segrete investigazioni della cia sulla coercizione e malleabilità della conoscenza umana.
Un rapporto del phr, Medici per i Diritti Umani, /Break Them Down: Systematic Use of Psychological Torture by US Forces/, del maggio del 2005, contiene abbondanti informazioni sulle tecniche di tortura utilizzate dalle forze statunitensi a Guantánamo e negli altri centri di detenzione dell’impero.
Sui metodi di detenzione, interrogatori, reclusioni senza processo, le carceri segrete dove una persona può sparire per anni, che cosa ha che vedere tutto questo con il rispetto dei Diritti Umani dei quali si vantano tanto i signori di Washington?
Come si compiono in questi casi il debito processo e le norme più elementari d’implementazione della giustizia della quale si autoproclamano custodi?
Il paese che minaccia Cuba, che domanda, dal potere delle sue armi e dalla sua arroganza, che l’Isola assediata permetta in nome dell’impunità ai suoi mercenari d’agire contro la legge e il diritto della maggioranza, non ha morale per esigere niente da nessuno.
Fa quello che io ti dico e non quello che faccio.
Questo modo di dire si adatta alla perfezione al modo d’agire dell’impero.