Rainer Shea 10 novembre 2021
Il capitale è in tilt. I profitti sono in declino dalla seconda guerra mondiale, l’imperialismo ha subito un indebolimento senza precedenti col crollo di Washington come egemone e la disuguaglianza globale è esplosa nell’ultimo mezzo secolo con la crescente destabilizzazione climatica. Il Covid-19 accelerava tale processo di instabilità, con decine di milioni di persone scivolate nella povertà estrema negli ultimi due anni e le catene di approvvigionamento che si spezzano.
Eppure una nuova ondata di rivoluzioni socialiste deve ancora spazzare il globo. Perché ciò accada, dobbiamo superare in astuzia il capitale in modo che non riesca ad attuare la controrivoluzione nei prossimi decenni. Il primo passo verso questo è riconoscere che mentre capitale ed impero s’indeboliscono, possono sabotare lo sviluppo socialista globale. Washington ci lavora cercando di sfruttare la pandemia per ottenere un cambio di regime nei Paesi latinoamericani presi di mira, come Cuba. Come scrisse l’ex-capo dell’intelligence cubana Fabián Escalante in risposta al terrorismo mercenario di Washington nel Paese: “In circostanze come le attuali, pandemia, escalation del blocco, scarsità, ecc. non dobbiamo sottovalutare il nemico e se vogliamo superare l’impasse, dobbiamo accettarne la sfida, con più rivoluzione, come insegnava Fidel”.
Il 15 novembre, i controrivoluzionari insceneranno un’altra protesta a Cuba, volto alla produzione di sostegno nel pubblico degli Stati Uniti a un colpo di Stato. E proprio ora in Nicaragua attuano la tattica trumpiana di gridare falsamente ai brogli elettorali. Come nei tentativi golpisti di Washington in Venezuela cogli stessi pretesti, tale tattica golpista fallirà. Ma sarà comunque a favorire del caos che Washington inflisse al Nicaragua con le sue sanzioni e il suo tentativo di golpe del 2018 che destabilizzò il Paese. Gli imperialisti sperano che se continuano ad applicare tale pressione sui loro obiettivi di cambio di regime, l’instabilità climatica dei prossimi decenni, che includerà più pandemie, distruggerà le strutture statali di questi Paesi. Uno scenario che gli imperialisti trovano preferibile agli Stati antimperialisti rimanere intatti, come dimostrato quando Washington bombardò la Libia facendone uno Stato fallito solo per togliere il potere a Gheddafi.
Il proletariato globale è così vicino ad avere la leva del potere in molti altri posti. L’anno scorso il proletariato boliviano ribaltò il golpe statunitense. Quest’anno gli antimperialisti quasi presero il controllo in Ecuador, fermati solo dall’ingerenza della CIA. Il Perù elesse Pedro Castillo. E il figlio di Gheddafi, che cerca di attuare la tradizione panafricana, potrebbe vincere le elezioni in Libia il prossimo mese. L’imperialismo ha subito costosi fallimenti geopolitici nel raccogliere sostegno popolare in luoghi come la Bielorussia (dove la gente non è disposta ad accettare la candidata fascista e fantoccio di Washington) e in Afghanistan, dove l’occupazione statunitense ha alienato la popolazione abbastanza da permettere ai taliban di vincere con la guerriglia. Tali sconfitte si sommano, nel senso che Washington potrebbe perdere la leva finanziaria quando il dollaro non sarà più la valuta di riserva globale. E quando tale leva sarà persa, una nuova ondata di rivoluzioni diverrà possibile; è a causa del dominio finanziario dell’imperialismo che la lotta rivoluzionaria in America Latina e nel Sud del mondo sia piena di ostacoli e discontinua negli ultimi decenni, nonostante l’esplosione neoliberista della disuguaglianza. Quando gli imperialisti non potranno più costringere il Sud del mondo con prestiti predatori e influenza governativa via finanziari, più Paesi del Sud del mondo si staccheranno dal controllo imperiale. Aderiranno a pieno titolo al blocco filocinese che offrirà programmi di sviluppo dalla RPC.
Un preludio a ciò avveniva in Africa, dove la Cina porta un progresso infrastrutturale senza precedenti ribaltando le iniquità del neocolonialismo occidentale. E Washington reagiva allo stesso modo in cui reagirà sempre di più alla perdita di controllo su America Latina, Asia e Oceania, con campagne per produrre destabilizzazione nei Paesi staccatisi dal dominio imperiale, o che pongono un rischio percepito del genere. Il Corno d’Africa fu reso instabile a vari livelli, a causa dell’ingerenza politica di Washington, delle sanzioni, del sostegno ai gruppi terroristici e dei crimini di guerra cogli attacchi dei droni dell’AFRICOM. Tali cure d’urto furono recentemente applicati anche a Myanmar, Haiti e numero crescente di altri Paesi sfruttati. La Bolivia recentemente tornata ad essere vittima della destabilizzazione imperialista quando la destra armata sequestrò il mercato della coca di La Paz, abbatté la bandiera indigena e scacciò i coltivatori di coca della zona, il tutto coll’obiettivo di sfruttare il potere economico e sociale del mercato per attaccare il partito socialista al potere. Se il panafricanismo dovesse trionfare in Libia il mese prossimo, saranno istigati attacchi per procura simili nel Paese, insieme a rivoluzioni colorate, disinformazione e guerra economica utilizzata da Washington. È il gioco perpetuo di seminare il caos, che Washington intensificherà nel tentativo di distruggere man mano che gli imperialisti saranno ancor più disperati.
Ciò che devono fare i rivoluzionari nei principali Paesi imperialisti è basarsi sui principi della nostra solidarietà con questi popoli che Washington prende di mira. Non dobbiamo ingannarci pensando che le proteste in Bielorussia siano organiche, o che l’attuale governo del Paese non sarà sostituito da un regime cliente degli Stati Uniti di estrema destra, se Washington dovesse riuscire nel desiderato cambio di regime. Non dobbiamo accettare acriticamente le pretese di persecuzione dei sindacati boliviani che attualmente protestano, che cercano di farne girare la… narrazione su se stessi esenti da sospetti di corruzione e che non hanno il sostegno delle autorità sindacali più importanti del Paese. Dobbiamo esaminare attentamente ogni affermazione che sentiamo sulle contraddizioni a Cuba, Venezuela, Nicaragua e gli altri Paesi antimperialisti, compresa Cina e Corea democratuca, continuamente vilipese. Se falliamo nell’internazionalismo, se diventiamo fiduciosi nelle nostre autorità da cedere alle narrazioni di delegittimazione degli antimperialisti globali, non otterremo nulla da tale egoismo se non il continuo fallimento della rivoluzione nel centro imperiale. Questo bisogno di umiltà si estende a ogni aspetto del nostro lavoro. Come avvertiva Mao, “non dobbiamo mai adottare un atteggiamento arrogante di sciovinismo da grande potenza e diventare presuntuosi”, un pericolo soprattutto per i cittadini statunitensi.
Il fatto che il capitale si indebolisca non significa di per sé che avremo successo nella rivoluzione proletaria. Dovremo lavorarci. E finché gli imperialisti possono continuare a trattenere la rivoluzione nel Sud del mondo, il capitale non si indebolirà abbastanza da rendere possibile la rivoluzione nel centro imperiale; intensificherà solo lo sfruttamento di chi è vulnerabile alla violenza dell’imperialismo. L’internazionalismo è l’unica via alla vittoria, perché è tutto ciò che può mantenere il movimento abbastanza forte da resistere alla destabilizzazione controrivoluzionaria dell’imperialismo.
Traduzione di Alessandro Lattanzio