Non prendono le distanze dal mercenarismo o dall’ingerenza straniera nei nostri affari interni, anzi confessano di ricevere sostegno senza guardare da dove proviene, anche da gruppi terroristici con sede a Miami, sprofondati più di 60 anni fa nell’odio verso Cuba

Karima Oliva Bello www.granma.cu

Se leggiamo i recenti interventi di Yunior García davanti ai media stranieri si autodefinisce «rivoluzionario», o le dichiarazioni degli autori di Patria y vida che si presentano come «la voce dei senza voce», ci renderemo conto di come l’autodefinirsi di sinistra sia l’ultima moda della controrivoluzione. A Cuba la destra non ha forza politica né potere di convocazione, né gode di riconoscimento nell’immaginario collettivo, per cui la reazione sa che non può presentarsi apertamente per quello che è, senza esporsi a critiche e rifiuto.

Perseguono anche altri obiettivi quando si dichiarano di sinistra: connettersi con quei settori dell’opinione pubblica internazionale che storicamente hanno sostenuto la Rivoluzione cubana per il suo carattere antimperialista e di giustizia sociale, al fine di minare le basi di questo appoggio.

Presumibilmente mossi dagli ideali più puri della «sinistra», convertiti nella «voce del popolo cubano» (che non sono in grado di mobilitare), decretano che la Rivoluzione è morta da tempo, che al suo posto c’è un «gruppo di burocrati che sequestrano il destino della nazione”, mentre sono loro i veri rivoluzionari.

È ovvio che i fatti non supportano le pose. Mentre il Governo cubano resiste e avanza nel mezzo di una tremenda offensiva mediatica imperialista, senza claudicare nella difesa della sovranità nazionale e senza sacrificare la via al socialismo, i rappresentanti della nuova “sinistra”:

Si incontrano ridendo con i più eminenti della destra internazionale e pubblicano sui media digitali piegati agli interessi del capitale privato, asserviti all’agenda interventista USA.

Non hanno una piattaforma di pensiero, solo la logora retorica liberale sulla democrazia e diritti in astratto con cui l’imperialismo USA ha giustificato le sue mosse interventiste in gran parte del mondo.

Non hanno alcun programma politico dal quale si possa intravedere come intendano dare continuità ai diritti effettivi e alle conquiste storiche del processo rivoluzionario, né come intendano superare le contraddizioni dell’attuale contesto socio-politico cubano, al di là del ritorno al capitalismo, che non permetterebbe né l’uno né l’altro.

Non prendono le distanze dal mercenarismo o dall’ingerenza straniera nei nostri affari interni, anzi confessano di ricevere sostegno senza guardare da dove proviene, anche da gruppi terroristici con sede a Miami, sprofondati più di 60 anni fa nell’odio verso Cuba

Questa è la realtà intorno alla controrivoluzione cubana, anche se tra una riga e l’altra lasciano passare qualche frase dell’ideologia di sinistra o si dichiarano preoccupati per le cause sociali. La menzogna si è convertita nella moneta per eccellenza per l’esercizio del proselitismo politico della più infima fattura.

Izquierda como fachada

No se desmarcan del mercenarismo ni de la injerencia extranjera en nuestros asuntos internos, más bien confiesan recibir apoyo sin mirar de dónde proviene, aunque sea de grupos terroristas radicados en Miami, hundidos hace más de 60 años en el odio hacia Cuba

Autor: Karima Oliva Bello

Si leemos las recientes intervenciones de Yunior García ante los medios extranjeros autodefiniéndose como un «revolucionario», o las declaraciones de los autores de Patria y vida presentándose como «la voz de los sin voz», nos daremos cuenta de cómo autodefinirse de izquierda es la última moda de la contrarrevolución. En Cuba la derecha no tiene músculo político ni poder de convocatoria ni goza de reconocimiento en el imaginario colectivo, por lo que la reacción sabe que no puede presentarse abiertamente como lo que es, sin exponerse a la crítica y el rechazo.

Persiguen también otros objetivos cuando se declaran de izquierda: conectar con aquellos sectores de la opinión pública internacional que históricamente han apoyado a la Revolución Cubana por su carácter antimperialista y de justicia social, para socavar las bases de este apoyo.

Movidos supuestamente por los más puros ideales de la «izquierda», convertidos en «la voz del pueblo cubano» (al que no consiguen movilizar), decretan que la Revolución murió hace tiempo, que en su lugar ha quedado un «grupo de burócratas secuestrando el destino de la nación», mientras ellos son los revolucionarios verdaderos.

Es obvio que los hechos no sostienen las poses. Mientras el Gobierno cubano resiste y sale hacia adelante en medio de una tremenda ofensiva mediática imperialista, sin claudicar en la defensa de la soberanía nacional y sin sacrificar la senda hacia el socialismo, los representantes de la nueva «izquierda»:

Se reúnen risueños con lo más sobresaliente de la derecha internacional y publican en medios digitales plegados a los intereses del capital privado, serviles a la agenda intervencionista de Estados Unidos.

No tienen una plataforma de pensamiento, solo la gastada retórica liberal sobre democracia y derechos en abstracto con que el imperialismo estadounidense ha justificado sus movidas injerencistas en gran parte del mundo.

No poseen programa político alguno desde donde podamos vislumbrar cómo se proponen dar continuidad a los derechos efectivos y a los logros históricos del proceso revolucionario, ni cómo pretenden superar las contradicciones del contexto sociopolítico cubano actual, más allá del retorno al capitalismo, lo cual no permitiría ni lo uno ni lo otro.

Esa es la realidad en torno a la contrarrevolución cubana, aunque entre línea y línea dejen pasar alguna frase del ideario izquierdista o se declaren preocupados por las causas sociales. La mentira se ha convertido en la divisa por excelencia para el ejercicio del proselitismo político de más baja factura.