Haydée Santamaria, figlia dei popoli dell’America Latina
Leggenda e tenerezza, Haydée Santamaria ha saputo unire gli intellettuali progressisti latinoamericani in difesa della Rivoluzione Cubana e della cultura della Nostra America, dal Rio Bravo alla Patagonia, come ha sognato l’eroe nazionale Josè Martì.
Era una cubana semplice che insieme alla sua amica Melba all’alba della mattina della Sant’Anna andava verso il suo destino come eroina dell’assalto alla Caserma Moncada, quella domenica 26 luglio 1953, a Santiago di Cuba.
Haydée Santamaria Cuadrado (1923-1980) è servita da ispirazione a migliaia dei suoi compatrioti, prima e dopo il trionfo della Rivoluzione Cubana, per avanzare nella partecipazione sociale, e, perfino, molti hanno chiamato le loro figlie con il suo nome.
Nel piccolo appartamento numero 603, dell’edificio di 25 y O, Vedado, a L’Avana, Haydée e suo fratello Abel Santamaria (1927-1953) si sono trasformati in anfitrioni di giovani patrioti come loro.
Lì è stato concepito il piano insurrezionale, diretto dal futuro leader rivoluzionario Fidel Castro Ruz (1926-2016), per scatenare la Rivoluzione per la via armata, in rifiuto al golpe militare del 10 marzo 1952, e realizzare profonde trasformazioni nel paese.
Già a Santiago di Cuba, dopo cooperare in tutto il possibile, Haydée reclama partecipare all’azione ed è stata autorizzata insieme alla sua amica Melba Hernandez Rodriguez del Rey (1921-2014) per aiutare come infermiere il medico Mario Muñoz (1912-1956) nell’Ospedale Civile Saturnino Lora.
Quando sono uscite dal Moncada il 28 luglio, Haydée e Melba Hernandez erano le uniche sopravvissute della ventina dei loro compagni dell’azione dell’Ospedale Saturnino Lora e testimoni eccezionali dei crimini della soldatesca.
L’avvocato di Haydée, il dottore Baudilio Castellanos, ha chiesto al Tribunale di assolverla e di permetterle di tornare a casa a piangere nel grembo di sua madre i suoi quattro grandi dolori: suo fratello Abel, il suo fidanzato Boris Luis Santa Coloma (1928-1953), la sua Patria e l’Umanità.
Yeyé Santamaria non ha mai dimenticato le terribili torture applicate ai due giovani, che si ascoltavano da dove entrambe erano state rinchiuse e che i boia hanno fatto loro sapere; e neanche i lamenti di decine dei loro compagni, tirati per terra nello stesso salone, già moribondi, sconquassati a botte.
All’uscita del carcere dovette conservare questo dolore nel suo cuore ed assumere la riorganizzazione del movimento rivoluzionario, diffondere la verità su quello che era successo nell’Assalto alla Caserma Moncada e promuovere la campagna di amnistia per i compagni incarcerati.
È ritornata a Santiago de Cuba ad organizzare insieme a Frank País (1934-1957) l’innalzamento del 30 novembre 1956.
Allora era Maria, la lottatrice clandestina, la moglie di Giacinto (Armando Hart), varie volte è andata ed è scesa dalla Sierra Maestra, dove le sarebbe piaciuto rimanere, lassù nelle file dell’Esercito Ribelle; ha sfidato più di una volta il pericolo e gli organi repressivi, ed in altre occasioni è stata arrestata durante i difficili anni della lotta clandestina nelle città.
Con passione, Haydée si è data alla costruzione della nuova Cuba e la prestigiosa Casa de las Americas, fondata e diretta da lei per 20 anni, e che è stata la sua grande opera creativa.
Allo stesso tempo, Haydée parlava ogni giorno coi suoi morti irreparabili e li portava con sé come presenza intima, tirando fuori le forze per proseguire. Agli anteriori si erano uniti Frank Pais, nel 1957, ed il Che Guevara, nel 1967.
Così il 28 luglio 1980, in un momento di depressione, ha attentato contro la sua vita.
“…..È stata un’appassionata combattente della nostra Rivoluzione nei giorni più difficili e lontani, compagna affettuosa ed amante per tutti noi e per tutto il popolo, una figura di incalcolabile prestigio internazionale, una famosa rappresentante dell’eroismo… “, ha detto di lei il comandante Juan Almeida, nell’ultimo saluto.