In questi giorni difficili in cui la luce di alcuni langue nel buio dei blackout, in questi giorni terribili in cui molti lottano e tendono la mano per sostenere il prossimo mentre altri negano la loro fede, in mezzo alla bestiale campagna mediatica del Golia del Nord e dei suoi pigmei morali, la mia fionda è quella di Davide.
È sempre bene, soprattutto ora, quando i cubani, “arroganti o deboli” come li definì Martí nel suo Manifesto al New York Herald del maggio 1895, si prostrano senza vergogna ai piedi degli yankee, è bene, ripeto, tornare all’Apostolo.
Diceva come se fosse oggi: “L’attività degli annessionisti, meno temibile per la scarsa realtà degli aspiranti, della specie curiale, senza circonferenza né creazione, che per il comodo travestimento della sua compiacenza o sottomissione alla Spagna, chiede senza fede l’autonomia di Cuba, si accontentano solo che ci sia un padrone, yankee o spagnolo, a mantenerli o a creare per loro, in pegno di cariche celestiali, la posizione di protagonisti, disdegnando la massa fiorente – la massa meticcia, abile e mobile del Paese – la massa intelligente e creativa di bianchi e neri”.
Grande Martí, la nostra disobbedienza politica all’impero, agli imperi mi correggo, è la madre degli eroi e dei giganti, anche se i nostri annessionisti cercano disperatamente il grembo yankee, ignorando il “fatum geopolitico, le gesta popolari e le dottrine e le azioni degli uomini fondatori”, ignorando “la poesia, la leggenda e il romanzo della patria”, le virgolette appartengono a Cintio Vitier.
Quella storia che ci immunizza contro la spaventosa marea di menzogne dei mass media, quella resistenza della maggioranza che protegge l’anima della nazione con la propria vita, qualcosa che gli ideologi dello scarto umano, i tecnocrati yankee e i loro lacchè genuflessi, e i “persecutori di ogni nascita” non potranno mai capire.
La mia fionda è la fionda di David
Raul Antonio Capote