In Perù impazza la repressione contro le proteste scaturite dalla destituzione del presidente Pedro Castillo e il suo successivo arresto. Qualcosa però si muove in seno al Congresso. L’esponente di Perù Libre – partito che ha proposto Castillo alla carica di presidente – Kelly Portalatino ha presentato una denuncia costituzionale contro l’intero guidato dalla presidente Dina Boluarte, nel contesto delle proteste sociali che hanno provocato 42 morti a causa della brutale repressione.
Portalatino, ha presentato la denuncia alla Sottocommissione per le accuse costituzionali (Subcomisión de Acusaciones Constitucionales). Il parlamentare ha accusato il gabinetto ministeriale, guidato da Alberto Otárola, di aver commesso i reati di omicidio e lesioni gravi contro i cittadini peruviani a Puno, dove il 9 gennaio si sono verificati scontri che hanno causato la morte di 17 civili.
“Chiediamo un processo parlamentare speciale per determinare le eventuali responsabilità di questi funzionari”, ha scritto Portalatino nel documento.
Nel documento, consultato dal quotidiano La República, chiamati in causa i 19 ministri del governo Boluarte, tra cui il presidente del Consiglio dei ministri, Otárola.
La denuncia accusa il Gabinetto di aver violato l’articolo 1 della Costituzione, in riferimento alla “difesa della persona umana e al rispetto della sua dignità, che sono il fine supremo della società e dello Stato”.
Inoltre, sottolinea la violazione dell’articolo 44 per quanto riguarda la garanzia del “pieno godimento dei diritti umani, la protezione della popolazione dalle minacce alla sicurezza e la promozione del benessere generale basato sulla giustizia”.
Boluarte chiede perdono ma non si dimette
In un messaggi alla nazione la presidente Boluarte ha chiesto perdono per i morti nelle manifestazioni del mese scorso, ma ha anche esortato i peruviani a rifiutare la violenza.
“Mi scuso per questa situazione e per ciò che non è stato fatto per evitare eventi tragici. Ma così come chiedo perdono, come Presidente chiedo di rifiutare la violenza. Noi peruviani siamo pacifici, siamo un popolo solidale che ha lottato di fronte agli ostacoli e alle avversità per andare avanti”.
Boluarte ha anche chiesto un’indagine sulle violenze durante le manifestazioni e ha escluso le dimissioni. “Alcune voci provenienti dai violenti e dai radicali chiedono le mie dimissioni, incitando la popolazione al caos, al disordine e alla distruzione, a loro dico, in modo responsabile: ‘Non mi dimetterò’. Il mio impegno è per il Perù e non per quel minuscolo gruppo che sta facendo sanguinare il Paese”, ha affermato in segno di sfida al crescente malcontento nei suoi confronti.
“E i sobillatori e gli infiltrati stranieri? Che si indaghi su tutto. Abbiamo bisogno di risultati in tempi brevi per identificare i veri responsabili della violenza e per rendere giustizia alle famiglie dei morti”, ha aggiunto Boluarte.
Il presidente peruviano ha risposto anche al governatore regionale di Puno, Richard Hancco Soncco, che l’avrebbe dichiarata persona non grata. “Una commissione di alto livello è stata a Puno e le autorità stesse hanno detto loro che non possono riceverli. Signor governatore, come intende rispondere alle esigenze del suo popolo […] dobbiamo lavorare senza revanchismo, a prescindere dalle ideologie”.
Intanto è partita un’indagine nei confronti della presidente. La Fiscalía del Perù ha ordinato l’apertura di un’indagine preliminare contro Boluarte per i reati di genocidio, omicidio e lesioni gravi durante le proteste.
Saranno indagati anche membri del suo gabinetto, come il presidente del Consiglio dei ministri, Alberto Otárola, il ministro degli Interni, Víctor Rojas, e il ministro della Difesa, Jorge Chávez. A loro si aggiungono Pedro Ángulo, come ex presidente del Consiglio dei ministri, e César Cervantes, come ex ministro degli Interni.
Dall’inizio delle manifestazioni antigovernative, il 7 dicembre, la Commissione interamericana per i diritti umani (CIDH) ha documentato un totale di 477 azioni di protesta, 68 delle quali hanno comportato gravi atti di violenza. Tra questi ultimi, l’organizzazione ha contato 21 scontri tra manifestanti e forze di sicurezza.
A seguito di queste azioni, la CIDH è venuta a conoscenza di 47 vittime, tra cui sette adolescenti. Inoltre, la Commissione ha documentato almeno 650 civili e 290 membri delle forze di sicurezza feriti. “La CIDH esprime la sua ferma condanna di ogni tipo di violenza”, ha dichiarato il relatore per il Perù, Stuardo Ralón, in una conferenza stampa tenuta nella giornata di venerdì.