Il 26 marzo i cubani sono chiamati alle urne per eleggere i 470 deputati che comporranno l’Assemblea Nazionale del Potere Popolare (Parlamento unicamerale) nella sua decima legislatura.
L’isola ha un sistema di governo che, pur con i suoi difetti e limiti, è considerato dalla maggior parte dei suoi abitanti democratico e valido, come dimostra l’alta affluenza alle urne, anche in mezzo alle difficoltà e alle carenze che gravano sulla popolazione in questo momento.
Tuttavia, i detrattori del modello politico cubano non sembrano stancarsi dal luogo comune secondo cui nell’arcipelago caraibico non c’è democrazia, perché si ostinano a identificare il termine con l’esistenza di molti partiti politici, anche se questi – come accade in alcuni Paesi – sono troppo simili tra loro e l’eventuale alternanza non va oltre il cambiare per restare uguali.
Ma se si consulta un qualsiasi dizionario, il significato più generalizzato e semplice definisce la democrazia come governo del popolo, senza parlare affatto di più o meno partiti.
La domanda ora potrebbe essere: il popolo di Cuba governa attraverso i rappresentanti che sottoporrà alla sua decisione il 26 marzo?
Gli elettori dovranno decidere per i candidati a deputati che compaiono nelle liste dei rispettivi comuni, che sono in totale 470.
Per coloro che sembrano non avere familiarità con il processo elettorale cubano, sono stati nominati “a mano”.
Tuttavia, nei 168 comuni del Paese si sono tenute assemblee con la presenza di delegati di circoscrizione (livello primario di governo) precedentemente proposti ed eletti direttamente dalla popolazione delle comunità.
Le proposte si basavano su una selezione effettuata dalle commissioni di candidatura a livello nazionale, provinciale e municipale, composte da rappresentanti di sindacati, organizzazioni di massa, studentesche e sociali, che in 948 riunioni plenarie dalla base al livello nazionale hanno infine completato una lista di 4.600 nomi.
Come ha spiegato alla stampa María Concepción Baeza, presidente della Commissione nazionale per le candidature (CCN), questi nomi sono passati al vaglio della consultazione con ciascuno dei delegati delle circoscrizioni, che, in quanto rappresentanti diretti degli elettori, hanno offerto criteri e approvato o meno la lista dei possibili candidati a deputati.
Pertanto, le elezioni del 26 marzo saranno il momento in cui gli elettori approveranno o rifiuteranno le proposte avanzate dai loro rappresentanti, il che dà senza dubbio una misura del livello di decisione che i cubani hanno su chi sarà alla guida del Paese.
E coloro che saranno finalmente eletti, a quanto pare, saranno ben lontani dall’essere un’élite – come alcune correnti di opinione sostengono per distrazione o per intenzione – mentre questo fenomeno si verifica in molti luoghi, dove la migliore garanzia per mantenere un seggio sono le copiose fortune, proprie o donate, che garantiscono una carriera politica.
Il Parlamento cubano sarà composto da un gruppo di persone che, secondo i dati forniti dal Consiglio Nazionale Elettorale (CEN), sono il più possibile vicine alla società, dato che tra i candidati a deputati ci sono educatori, medici, sportivi, giornalisti, scienziati, contadini, operai, figure religiose, artisti, militari e imprenditori privati.
Tra i candidati, il 20% sono giovani sotto i 35 anni, il 53% sono donne, l’età media è di 46 anni e più del 95% sono laureati.
Se eletto, il 64% dei membri del nuovo parlamento sarà stato rinnovato, il che, secondo la CNE, permetterà di combinare l’esperienza lavorativa di alcuni dei suoi membri con le nuove prospettive portate da coloro che affrontano il lavoro legislativo per la prima volta.
Forse da questa rappresentatività deriva l’invito delle autorità del Paese a esercitare il “voto unito”, un gesto che esse valutano come una dimostrazione di sostegno al modello politico e sociale emerso dopo il trionfo della Rivoluzione il 1° gennaio 1959.
Votare in questo modo è una scelta dell’elettore, che può farlo solo per i candidati di suo gradimento, per cui i criteri di chi considera questo appello una sorta di imposizione del voto, svaniscono non solo per ciò che viene legiferato, ma anche perché in privato e davanti alla propria scheda elettorale, la persona è totalmente libera di fare ciò che vuole.
Tuttavia, se cubani e detrattori concordano su una cosa, è che la democrazia esercitata sull’isola non è perfetta e può essere migliorata, a differenza dei modelli promossi altrove come degni di essere imitati, anche se non pochi stanno attraversando una pericolosa crisi di credibilità.
Lo stesso Presidente Miguel Díaz-Canel ha recentemente fatto riferimento a questo tema, sottolineando, tra l’altro, la necessità di fornire maggiori informazioni pubbliche sulla responsabilità a tutti i livelli e in tutti i settori e, in linea con le richieste di molti cittadini, di migliorare il lavoro dei legislatori e rafforzare il loro legame con la popolazione.
Fonte: Prensa Latina
Traduzione: italiacuba.it