Geraldina Colotti
Non è decisamente un buon segnale quello lanciato dal Senato italiano alla rivoluzione bolivariana nel suo venticinquesimo compleanno. La Commissione esteri e difesa ha deciso infatti di invitare a parlare la ex deputata di estrema destra, Maria Corina Machado, inabilitata agli incarichi pubblici per vari delitti, che insiste a volersi presentare come candidata alle elezioni di quest’anno, nonostante il parere, reiterato, del Tribunal Supremo de Justicia.
Forte dell’appoggio espresso dagli Stati uniti, che hanno manifestato l’intenzione di riprendere ad applicare le misure coercitive unilaterali contro il Venezuela, alleggerite dopo il dialogo intercorso tra governo bolivariano e opposizione. Forte dei pronunciamenti di altri esponenti di estrema destra con i cui programmi è affine. Forte delle dichiarazioni del Regno unito, ben felice di continuare a perpetrare il furto dell’oro venezuelano, Machado chiede ora l’appoggio del governo italiano, con cui pure non mancano le affinità ideologiche e programmatiche.
Il messaggio è chiaro: le istituzioni venezuelane, frutto del voto popolare, non sono rappresentative. I candidati li decidono gli Usa e l’Unione europea. Perché, come disse Kissinger dopo la vittoria del socialista Allende in Cile: “non possiamo mica permettere che il paese vada ai comunisti solo perché il popolo si è sbagliato”.
L’ingerenza richiesta dalla candidata trumpista al senato italiano, sarà la prima di una nuova serie che mira a coinvolgere il Parlamento europeo, sul cui orientamento pesa la forza del blocco conservatore.
Senza paura del ridicolo, Machado è stata presentata come “attivista per i diritti umani”. In tutta evidenza, i diritti dell’oligarchia, bisognerebbe dire: perché l’evidenza sta nella violazione sistematica dei diritti del popolo venezuelano perpetrata con omicidi e devastazioni durante i vari appelli a far cadere con violenza il governo legittimo del Venezuela; e sta nel lancio di quelle terribili bombe silenziose costituite dalle “sanzioni”, che Machado si è sgolata a chiedere ai suoi padroni Ua e Ue, e che hanno per l’appunto provocato ai venezuelani le sofferenze così “democraticamente” elencate dalla Commissione.
Ma, si sa, il filo-atlantismo radicale ha sempre goduto di grandi entrature in Italia, paese sotto l’ombrello Nato, sempre più caratterizzato per essere una portaerei degli Usa contro i popoli del sud. E, infatti, Machado è stata confidenzialmente accolta come una vecchia amica, giacché – ha detto la presidenta della Commissione – “Corinna ha molti amici in questa commissione, fra gli altri il senatore Casini”.
E, infatti, dal golpe contro Chávez, alle violenze di piazza, dai tentativi di ammazzare il presidente Maduro a quello di esautorarlo “riconoscendo” come presidente “a interim” un ladrone autoproclamato che nessuno aveva eletto, è da tempo che l’estrema destra venezuelana gode di sostegni “bipartisan” in Italia. Si sa che, fra quei 2 milioni di venezuelani di origine italiana, citati dalla Commissione a comprova del grande interesse rivolto dal senato a Machado, ve ne sono molti che hanno fatto fortuna in Venezuela, e che impiegano parte di quella fortuna per finanziare la destabilizzazione del paese. Per esempio, a guidare la squadraccia che, durante le proteste violenze scatenate da Machado e compari nel 2017, ha bruciato vivo l’ambulante ventenne Orlando Figuera, solo perché indossava la maglietta rossa, vi era un italiano, fuggito in Spagna. In Italia e in Spagna, transitano o risiedono in mansioni miliardarie, vari ricercati eccellenti venezuelani, protetti dalla benevolenza dei media, che gli consentono di emettere proclami che sarebbero considerati gravi delitti nelle democrazie occidentali.
Solo, che, per i paesi del sud che hanno scelto di liberarsi dalla tutela neocoloniale, come il Venezuela, valgono leggi al contrario: i golpisti sono “difensori dei diritti umani” e il governo eletto ripetutamente in 25 anni dalla maggioranza dei cittadini è definito “dittatura”. E non si può pensare che le istituzioni europee non sappiano chi stanno appoggiando e finanziando. Machado non ha mai fatto mistero del suo modello di paese, confermato anche ultimamente dall’entusiasmo con cui ha accolto i piani del “pazzo con la motosega” che ora governa l’Argentina, e che sta soffocando le classi popolari.
Persino negli Stati uniti stanno indagando gli ammanchi provocati dai loro assistiti ai finanziamenti miliardari erogati. E le inchieste che mostrano il loro coinvolgimento nell’impiego di mercenari per uccidere il presidente legittimo e per incendiare il paese sono solide e riconosciute a livello internazionale. E anche quelle vere e proprie operazioni di pirateria internazionale per sottrarre le risorse del popolo venezuelano non sono un mistero.
Eppure, con grande solerzia, la Commissione del senato chiede alla “cara Corinna”: cosa possiamo fare? Cosa possono fare ancora per impedire lo sviluppo di un paese che, prima delle micidiali “sanzioni” aveva raggiunto gli Obiettivi del Millennio della Fao nella metà del tempo e che aveva i salari più alti dell’America Latina? Perché, inutile girarci attorno, il punto è sempre lo stesso: dimostrare che non esistano alternative al capitalismo e che ogni forma di socialismo è fallita.
Machado lo dice chiaramente: “Insieme a Cuba e al Nicaragua, in questa pericolosa regressione si rispecchia una teoria del socialismo applicato. Prima con Chávez e ora con questo regime di Maduro”.
Un punto su cui le destre non possono che convenire, e infatti lo manifestano chiaramente anche in questa occasione.
Una delle mistificazioni più sfacciate della “cara Corinna” è quella di aver ripreso, parola per parola, gli argomenti espressi, e con ben altro peso, dai rappresentanti dal governo bolivariano che, in una recente conferenza stampa, hanno rilevato che, nell’attuale crisi energetica, il Venezuela può essere un solido punto di equilibrio: sempre che gli si consenta di crescere e svilupparsi liberamente. Quelle parole, invece, Machado, le usa per tutt’altro sottinteso: perché il “punto di equilibrio”, per l’estrema destra, consisterebbe nel riconsegnare le risorse ai suoi padroni nordamericani e europei. L’equilibrio del “pazzo con la motosega”, insomma.
Per questo, la “cara Corinna” (che in Venezuela chiamano “Maria la loca”) ha chiesto di ripetere la performance anche in altri parlamenti d’Europa e ha auspicato a tutti i governi pronunciamenti in suo favore. Richiesta approvata fra gli applausi.
Ma la voce del popolo ha già cominciato a farsi sentire, anche a livello internazionale.