Intervista al C.te delle FARC, Jesús Santrich

www.resistenze.org T.Lopez   resumenlatinoamericano.org

Flag_of_the_FARC-EP_(cuadrado)Il giornalista cubano Tony Lopez, collaboratore abituale di Resumen Latinoamericano sulle questioni della Colombia, intervista il comandante delle Farc-Ep, Jesús Santrich, della Delegazione per i colloqui con il governo di Juan Manuel Santos, a L’Avana.

In occasione del completamento del 25° ciclo dei colloqui di pace tra il governo colombiano e le Forze armate rivoluzionarie di Colombia – Esercito del popolo e allo stesso tempo in occasione della chiusura del terzo punto dell’Agenda dell’Accordo generale dell’Avana, vorremmo chiederle di presentarci un bilancio generale di ciò che finora è compreso nell’insieme del concordato tra le parti. Inizierei col chiederle se si può dire che il processo di dialogo abbia già affrontato la metà dei punti in discussione?

Prima di tutto il mio ringraziamento per la gentile concessione della possibilità di questa intervista e per il riconoscimento del successo ottenuto con questo nuovo passo nella ricerca della pace per i colombiani. Per quanto riguarda la sua domanda, possiamo dire che si è affrontata la metà dei punti contenuti nell’Accordo generale dell’Avana, e aggiungo che questo non significa essere a metà strada nell’affrontare i problemi del paese e che sono la causa dello scontro che sosteniamo. Sebbene l’Agenda abbia sei punti che indirizzano le discussioni, nessuno deve dimenticare che esiste un preambolo dell’Accordo che ne rappresenta lo spirito stesso. Faccio questa precisazione perché ci sono una serie di questioni non registrate in modo esaustivo nel testo dell’Agenda, ma che rappresentano una parte essenziale delle questioni da risolvere. Un chiaro esempio è il modello economico che influisce direttamente sulle condizioni di vita di tutti i colombiani, generando grandi disuguaglianze e miseria a cui, ovviamente, vanno cercate alternative se si vuole veramente porre fine allo scontro. Dobbiamo anche aggiungere che in generale si parla – soprattutto i mezzi di comunicazione – del raggiungimento di tre dei sei punti. Di certo è molta la strada che resta da percorrere se consideriamo che abbiamo raggiunto degli accordi parziali e che tale è la caratteristica di questi tre accordi, cioè soltanto una parte del totale. Nulla è stato ancora completato e ciò che resta irrisolto lo è perché su quello non abbiamo trovato un’intesa; è stato da noi indicato come eccezione, in modo chiaro, affinché dopo si riprenda la discussione. Per ora, diciamo che rappresentano discussioni rinviate, che ad un certo punto dovremo concludere e che se non risolte dovranno essere sottoposte all’esame del meccanismo della controfirma, che dal nostro punto di vista dovrebbe riguardare l’Assemblea nazionale costituente.

Bene, ma se parliamo di fare un bilancio, anche se le Farc alla fine di ogni ciclo presenta le proprie analisi della situazione in una prospettiva d’insieme, come va giudicato quanto si è raggiunto?

Vorrei che nel rispondere iniziasse con il primo punto, quello che si riferisce alla questione della Riforma rurale integrale. Come ha già detto, le Farc, alla fine di ogni ciclo, presentano il loro resoconto e bilancio di ciò che è stata l’attività. Per ogni punto concluso è stato fatto lo stesso. Nelle nostre pagine e siti web e in vari documenti pubblicati abbiamo riferito i nostri punti di vista e le preoccupazioni, particolari e complessive, intendendo con ciò quello che fin dall’inizio abbiamo detto al governo, e cioè che sebbene per metodologia dividiamo la discussione di ogni tema come questione a parte, è certo che ogni punto è interconnesso con l’altro e che ciò va preso in considerazione, perché ad esempio non si può parlare di riforma agraria senza parlare dei Trattati di libero commercio o senza alludere a problemi come quello della proprietà straniera della terra. Abbiamo finora avuto progressi tangibili sulle questioni dell’Agenda che non erano mai stati raggiunti. Devo riconoscere che durante i colloqui di La Uribe col governo di Belisario Betancur, i progressi furono enormi e di fatto si concordò una tregua che fu molto importante per lo sviluppo della vita politica nazionale. Soprattutto per quanto riguarda la creazione di spazi di partecipazione democratica che ora non è il caso di raccontare. Ma la partecipazione stessa dell’insurrezione all’attività politica aperta, al fianco di molti settori popolari e sociali che si riunirono nel progetto di pace che fu l’Unione Patriottica, mostra quanto quel processo fu importante che purtroppo è stato liquidato dal terrorismo di stato e dal militarismo. Diciamo che ogni processo ha le sue peculiarità. Sono stati periodi di speranza per i colombiani, perché in questi momenti si ripone fiducia nella reale possibilità di una democratizzazione del paese. Tuttavia, come una costante, subentrano le frustrazioni quando l’estrema destra, i settori guerrafondai interni ed esterni al paese e soprattutto la meschinità degli imperi economici, premono con tutta la loro forza per la difesa degli interessi particolari sopra l’interesse comune. Questa volta penso che il progresso sia sostanziale, relativamente maggiore che in altri momenti rispetto ai temi più specifici affrontati. Ricordiamo che nel primo rapporto congiunto fatto tra Farc e governo, il 21 giugno 2013, si spiegava che dopo sette mesi di trattative erano stati raggiunti una serie di accordi, evidenziando ciò che noi definiamo “Verso una nuova campagna colombiana: Riforma rurale integrale”. Il punto sulla questione agraria lo chiudiamo con gli accordi parziali del 26 maggio 2013 e già ha un anno. All’epoca di quel primo rapporto, avevamo impiegato dieci cicli, in media di undici giorni ciascuno. A volte si abbrevia a volte si prolunga. Solitamente sono undici giorni distribuiti in mini-cicli di tre giorni di lavoro, con uno solo di pausa e alla fine una settimana di ritiro, più o meno. Faccio questo conteggio, che è stato comune per lo sviluppo di ogni punto, per mostrare l’intensità del lavoro, che è maggiore se si considera che durante le pause le delegazioni devono preparare i materiali, i dibattiti, consultare gli esperti, in modo che le discussioni siano davvero profonde e raccolgano le preoccupazioni e la volontà del Paese. Ad esempio, il Tavolo di colloqui per arricchire il dialogo, riguardo la questione agraria, ha approvato la realizzazione di due forum nazionali al Sistema delle Nazioni unite in Colombia e all’Università nazionale – Centro di pensiero e prosecuzione dei colloqui di pace. Dalle conclusioni, le Farc-Ep hanno ricavato gli elementi che hanno permesso la costruzione delle nostre 100 proposte minime riguardo a questo problema. Il primo Forum nazionale sulla Politica di sviluppo agricolo integrale (Focus territoriale), è stato realizzato durante i giorni 17, 18 e 19 dicembre 2012. Tale evento ha contato sulla partecipazione di 1.314 persone provenienti da 522 organizzazioni dei 32 dipartimenti del paese, nel quale si sono raccolte le proposte di 411 persone intervenute ai tavoli di lavoro. Si è trattato, senza dubbio, di momenti molto importanti di partecipazione popolare al processo, ma per ciò che riguarda la definizione del destino del paese, è stato molto limitato e mediatizzato. Noi continuiamo a pensare che il protagonismo delle persone debba esser maggiore. E qui, a proposito, mi riferisco a quello che è stato il concorso della popolazione nel processo. E ripeto che questo meccanismo dei forum, integrato alle proposte ricevute via web al Tavolo sia importante, ma molto limitato. A noi è servito molto per elaborare le iniziative rispettando la volontà della popolazione, ma la voce delle comunità all’interno del Tavolo non si integra con queste procedure. Vorrei aggiungere che su questa stessa tematica, pensando che gli input forniti dai forum non giungano estemporaneamente ma al momento dell’apertura di ogni punto, il secondo forum sulla Partecipazione politica si è tenuto a Bogotà, il 28, 29 e 30 aprile 2013, su richiesta del Tavolo dei colloqui, con l’appoggio dell’ufficio dell’Onu in Colombia e il Centro di pensiero per la pace dell’Università nazionale. Questo evento ha contato sulla partecipazione di 1600 persone in rappresentanza dei 32 dipartimenti. Il 70% dei partecipanti proveniva da diverse regioni del paese, il 30% era di Bogotá. C’erano rappresentanti di partiti e movimenti politici, organizzazioni contadine e delle donne. Come nel forum agrario, è stata notevole la presenza di rappresentanti dei movimenti sociali e politici, partiti politici, sindacati e del settore imprenditoriale, di organizzazioni e movimenti di contadini, indigeni, afro-discendenti, difensori dei diritti umani, vittime, profughi, raizal [originari del dipartimento colombiano di San Andrés, Providencia e Santa Catalina, ndr], giovani, ecc, ma ora con maggiore presenza urbana, insieme al movimento Lgbti e alla forte presenza di centrali e organizzazioni sindacali, del Programma di sviluppo e pace e le iniziative nazionali e territoriali di pace, delle chiese, del settore accademico, delle università e centri di ricerca, di spazi istituzionali di partecipazione cittadina, di organizzazioni non governative coinvolte nelle questioni legate alla partecipazione politica, dei mezzi di comunicazione e delle loro associazioni. Concentrandoci sul punto uno dell’Agenda dell’Accordo generale, “Politica di sviluppo agrario integrale”, ribadisco che la chiave è stata il raggiungimento di un documento di una ventina di pagine che abbiamo intitolato “Verso una nuova campagna colombiana: Riforma rurale integrale”, dove in generale viene dichiarato che la Riforma rurale integrale (Rri) deve essere l’inizio di trasformazioni strutturali della realtà rurale e agraria della Colombia, sulla base di equità e democrazia, per contribuire in tal modo alla non ripetizione del conflitto e alla costruzione di una pace stabile e duratura, che riconosce le ingiustizie che derivano dalla disuguaglianza e la miseria che hanno generato lo scontro, ed è per questo che bisogna eliminare queste cause affinché cessi il conflitto. Questa idea di Riforma rurale integrale, in teoria è incentrata sul benessere e buon vivere delle popolazioni rurali, delle comunità contadine, indigene, nere, afro-discendenti, palanquero [creolo] e raizal, e delle persone che vivono negli spazi interetnici e interculturali, con l’obiettivo di integrare le regioni, di sradicare la povertà, promuovere l’uguaglianza, eliminare la divisione tra città e campagna, la protezione e godimento dei diritti della cittadinanza e la riattivazione della campagna, soprattutto dell’economia contadina, famigliare e comunitaria. E qui c’è la questione di fondo della visione neoliberista della campagna contro quella dell’insurrezione, che prevede la difesa dei diritti di queste masse impoverite che vivono nelle zone rurali. Nella prima, la prospettiva è provocare l’emigrazione dei contadini dalle loro terre allo scopo di venderle alle grandi multinazionali e lo sviluppo sotto la mano di questi grandi imperi. Nella seconda visione, vi è l’enfasi sull’economia contadina, famigliare, comunitaria, mettendo nelle mani della gente della campagna i moderni strumenti tecnologici e le risorse per consentirgli un lavoro dignitoso e produttivo in condizioni di sovranità. E preciso questo perché, sebbene il documento abbia molti aspetti positivi che raccolgono questa filosofia, le carenze sono lo stesso immense, a cominciare dal dibattito in corso sulla necessità di porre fine al latifondo, o quello dei limiti alla cessione della terra agli stranieri. Ci sono grossi problemi come quello dei conflitti per l’uso della terra, che includono temi come il trasferimento dei grandi centri di allevamento dai suoli che devono esser destinati alla semina per garantire la sovranità alimentare. Ma un terzo del territorio nazionale è nelle mani del settore zootecnico e il governo non osa toccare un centimetro di terra in funzione della Riforma rurale integrale.

Quindi, è o no definito il fatto che il paese si sposti sulla prima o la seconda via?

Questa Riforma rurale integrale concordata non risolve dunque la contraddizione? Come ho detto poco fa, l’accordo riconosce e si concentra sul ruolo chiave dell’economia contadina, famigliare e comunitaria per lo sviluppo della campagna, e nello stesso scenario promuoverà diverse forme di associazione e cooperativismo al fine di generare reddito e occupazione, dignità e formalizzazione del lavoro, produzione alimentare e conservazione dell’ambiente. Sempre come Farc, quando parliamo di associazione, insistiamo sul fatto che dovrà essere un’associazione solidale, e non quella che c’è tra la volpe e la gallina, che di solito opera in Colombia, con i signori del “muscolo finanziario” che schiacciano i contadini con le loro fortune e finiscono per togliergli la terra in modo “legale”. Non neghiamo la necessità di articolare forme di produzione agricola e zootecnica diverse come condizione per garantire lo sviluppo rurale, ma prima di tutto bisogna garantire che alle popolazioni conradine non sia strappata la terra attraverso meccanismi bancari o altri trucchi che vengono dispiegati all’interno di una dannosa concezione di associazione capitalista. In questa prospettiva, è importante che l’altro proposito centrale sia quello di democratizzare l’accesso alla terra in beneficio dei contadini senza terra o con terra insufficiente, e delle comunità rurali più colpite dalla miseria, l’abbandono e il conflitto. Qui sarà fondamentale che il Fondo delle terre che si progetta di creare si faccia prontamente e che la distribuzione gratuita, che è quella concordata, non ritardi. Si è parlato di un processo di regolarizzazione dei diritti di proprietà, di decentrare e promuovere una distribuzione equa della terra, di promuovere le Zone di riserva contadina senza ulteriori ostacoli, che tra le altre cose sono aspetti coperti dalla legge in Colombia, ma che non si rispettano. Ancora dobbiamo aspettare per vedere se questo procederà effettivamente come è stato detto. Finora ci sono solo promesse, con l’avvertenza che fino a che non si giunge alla firma dell’accordo finale, tali accordi non procedono, cosa assurda se pensiamo che stiamo parlando non delle necessità dell’insorgenza, ma di rivendicazioni della popolazione più emarginata, di soluzioni ai problemi che hanno a che fare con la vita delle persone. Bene, in questo accordo è inclusa la necessità di garantire uno sviluppo sostenibile con particolare attenzione all’importanza di proteggere e preservare l’acqua e l’ambiente, si è concluso un piano per delimitare la frontiera agricola e proteggere le aree di particolare interesse ambientale che includono le zone di riserva forestale, sempre ricercando alternative per le persone che confinano con esse o le occupano e garantendo i principi di partecipazione delle comunità rurali e lo sviluppo sostenibile. Come dicevo, nonostante il ministro della Difesa abbia, durante tutto il tempo in cui avvenivano i dibattiti, sparato contro il processo, l’accordo riconosce le Zone di riserva contadina come una struttura che lo Stato ha per promuovere l’economia contadina e contribuire alla chiusura della frontiera agricola e la produzione alimentare. Per questo motivo, si è stabilito che il governo nazionale darà effettivo appoggio ai piani di sviluppo delle zone costituite e di quelle da costituire, in risposta alle iniziative delle comunità e delle organizzazioni agrarie che considerano rappresentative, seguendo ciò che è disposto nelle norme vigenti, e promuoverà la partecipazione attiva delle comunità alla realizzazione di questi piani. Si è parlato della creazione di infrastrutture, della costruzione della rete di strade terziarie, dell’elettrificazione e la connettività nelle comunicazioni, di ampliare e recuperare l’infrastruttura di irrigazione e drenaggio dell’economia contadina, famigliare e comunitaria, di ampliare la copertura sanitaria, l’assistenza completa in materia di istruzione, edilizia sociale, acqua e servizi igienico-sanitari di base, di incentivi all’economia contadina, famigliare e comunitaria, di promuovere l’economia solidale e cooperativa rurale che rafforza la capacità delle comunità contadine organizzate di commercializzare i prodotti, accedere a beni e servizi e, più in generale, migliorare le loro condizioni di vita, lavoro e produzione. Si è concordato un piano di assistenza integrale tecnica, tecnologica e la promozione della ricerca, si è incluso di mettere in marcia un piano per appoggiare e consolidare la generazione di reddito dell’economia contadina, famigliare e comunitaria e dei produttori medi con redditi minori; si è accordato un piano per promuovere le condizioni adeguate per la commercializzazione dei prodotti provenienti dalla produzione dell’economia contadina, famigliare e comunitaria e si è convenuto di rafforzare il sistema di protezione e sicurezza sociale della popolazione rurale e garantire condizioni di lavoro dignitose e la protezione dei diritti dei lavoratori agricoli. In materia di alimentazione e nutrizione, si è convenuto di assicurare la disponibilità e l’accesso sufficiente in opportunità, quantità, qualità e prezzo agli alimenti necessari per una buona nutrizione. Si è parlato del progressivo aumento della produzione alimentare da parte dell’economia contadina, famigliare e comunitaria e della creazione di condizioni che consentano ai lavoratori della campagna di migliorare i loro redditi, per la realizzazione delle varie iniziative si è concordato la messa in marcia di programmi di sviluppo con un approccio territoriale che permetteranno di implementare i piani nazionali con maggiori celerità e risorse. Tutto questo è molto promettente, ma ci sono esortazioni senza la cui soluzione le Farc considerano che nella scelta tra neoliberismo o benessere sociale, il regime finirà per inclinarsi sul primo. Speriamo che ciò abbia una soluzione perché, come già detto, è un sofisma pensare che tutte le cose buone approvate, concordate, saranno realtà se non si prendono misure risolutive contro il latifondo, che riflette un coefficiente Gini allo 0.87, quasi il regno della disuguaglianza assoluta se si considera che la proprietà straniera della terra è straripante. L’accordo sarà solo un sogno se non si rinegoziano i Trattati di libero scambio o non si definisce in modo chiaro e in funzione della nazione l’ordinamento territoriale, ecc.

Potremmo dire allora che vi è incertezza circa la direzione del processo?

Non voglio con alcun aggettivo o con qualsiasi espressione conclusiva dare l’impressione di incertezza o semplicemente respingere le enormi possibilità di pace che ha questo processo. Sto semplicemente facendo una descrizione della realtà affinché l’ottimismo che abbiamo, stia con i piedi ben saldi sulla terra, intendendo che la maggior parte degli aspetti essenziali che genereranno una vera riforma rurale integrale, come un vero processo di partecipazione politica in democrazia, sono da definire e che queste definizioni sono possibili solo con il concorso della popolazione. Ciò non si fa ad un tavolo di colloqui. La popolazione deve fare suoi questi problemi e combattere per le sue soluzioni con il coraggio e l’audacia dimostrata in quest’ultimo lustro, nonostante la guerra sporca. Finora, i progressi raggiunti sono significativi, ma non sono la panacea. Molto resta ancora da raggiungere, e stiamo parlando di un minimo, perché in realtà le proposte che abbiamo fatto puntano alla democratizzazione e modernizzazione del paese dentro parametri che nessuno potrà dire che sono quelli del socialismo, ma semplicemente quelli di un moderno stato sociale di diritto, dal quale la Colombia è ancora molto distante.

Quante proposte avete fatto e in che percentuale negli accordi raggiunti?

Le nostre proposte sono pubbliche, le presentiamo sempre all’opinione nazionale prima di porle al Tavolo. Facciamo questo per far conoscere alla gente le nostre posizioni, ciò che sosteniamo. Rendendole pubbliche la gente ha l’opportunità di osservare che realmente l’insurgencia sta portando a dibattito le sue proposte, le proposte che le comunità hanno lanciato nei forum. Questo significa che la nostra posizione politica, anche se le discussioni sono avvolte dal segreto, è di dominio della popolazione. E’ molto importante per noi che la gente sappia che siamo a L’Avana non per parlare delle FARC come organizzazione, ma che lo siamo soprattutto per discutere delle loro necessità. Se si osserva, fino a questo momento non c’è nulla in ciò che è stato concordato che si riferisca ai guerriglieri. Prima devono essere le comunità. A questo proposito, nel punto agrario abbiamo fatto centinaia di proposte minime che sono pubblicate, come pubblicata è la totalità dell’accordo con le eccezioni, che nel caso del primo punto sono dieci e nel caso del punto sulla partecipazione politica, attorno al quale abbiamo anche fatto un centinaio di proposte minime, le eccezioni sono quattordici. Il punto che ha meno eccezioni è il terzo, che ne ha accumulate solo quattro per un totale di cinquanta proposte minime che abbiamo fatto. Di tutto il nostro cumulo di proposte, escluso il terzo punto che ancora richiede una piccola analisi di riflessione, penso che riflettano più o meno l’8-10 %, che è molto basso, soprattutto se si tiene conto che alcuni accordi sono posticipati e trasferiti in altri scenari, come la questione dello Statuto per l’opposizione politica o la definizione di norme che riconoscano il movimento sociale essere un soggetto di opposizione politica. Queste questioni saranno trattate in eventi nazionali in cui le organizzazioni politiche e sociali prenderanno le decisioni che danno gli strumenti per la creazione di questi corpi.

Come, in modo pratico, vedete nel governo la volontà di portare avanti il processo e la volontà di realizzare i cambiamenti su cui c’è l’accordo?

Quando si sono compiuti i quattordici cicli di scambi con il governo, le FARC -EP avevano messo sul tavolo circa 200 proposte minime per risolvere i problemi rurali e quelli relativi alla partecipazione Politica e cittadina. Già si era fatto il primo accordo parziale ed eravamo profondamente impegnati in quello della partecipazione politica. Di fatto stavamo completando le nostre centinaia di proposte minime per questo punto e avevamo cinque pagine d’accordo che si sommavano alle venti della riforma rurale. In quel momento abbiamo detto che si trattava di accordi molto importanti, ma modesti, la maggior parte dei quali non sono altro che rivendicazioni, le cui soluzioni si possono materializzare compiendo le norme legali e costituzionali. Tuttavia, negli stessi giorni quello che si vedeva per le strade e autostrade della Colombia era lo sviluppo dello sciopero nazionale agrario e popolare, corroborando l’insoddisfazione e il disagio sociale.

In pieno dibattito sulla partecipazione politica, che altro non è che il dibattito sul vero esercizio della democrazia; sullo smontamento della dottrina della sicurezza nazionale e del nemico interno. Il dibattito sulla ridefinizione delle libertà e delle norme di sicurezza cittadina; allo stesso tempo che ci offrivano di barattare pallottole con voti, il risultato delle giornate di protesta fu di 19 morti, 850 feriti e centinaia di detenuti e processati.

E dico questo per esprimere che nella pratica, il governo non si è preoccupato di riportare nella realtà ciò che promette per il futuro. Di fatto, l’attività legislativa neoliberista contraddice ciò che viene approvato a L’Avana e ciò si è mantenuto per tutto il tempo dei colloqui.

Ecco perché esprimiamo nei rapporti che facciamo come FARC, che nel tavolo e nel paese si scontrano due visioni cercando di trovare punti di coincidenza. Da un lato, diciamo, c’è l’approccio neoliberista di sviluppo del paese, promosso dal governo dando la priorità agli interessi delle multinazionali e dall’altro lato l’approccio dell’insugercia che mette in cima le rivendicazioni della maggioranza, per esempio, per una riforma rurale integrale, per la giustizia sociale e la democrazia in termini di pace con sovranità. Queste visioni si sono scontrate nelle strade, quando sono a capo della gente inerme, non incontrano l’odio aperto e attento del governo per affrontare le lamentele, ma trovano la brutalità del ESMAD e la morte.

Toccando il bilancio del primo punto penso che abbiamo affrontato aspetti degli altri punti che ci danno una visione molto ampia di quello che pensano le FARC sull’intero processo, ma vorrei che adesso ti riferissi più specificatamente a ciò che è stato concordato nel secondo e terzo punto di discussione del Tavolo.

I dibattiti sul punto della partecipazione politica iniziano dalla metà di giugno, forse l’11, momento in cui iniziano anche a insistere sulla necessità di creare una Commissione d’indagine della storia del conflitto, al fine di seguire criteri di verità che ci permetteranno di avanzare nel processo, ma soprattutto accumulare informazioni per affrontare la questione delle vittime, che per noi è fondamentale.

Come ho già spiegato negli eventi di partecipazione cittadina che si sono realizzati a Bogotá, sono emerse proposte minime, un centinaio in tutto, che portiamo al Tavolo e va sottolineato che una delle principali proposte è stata quella di convocare un’Assemblea Nazionale Costituente che richiederà un accordo politico prima dell’impulso e della realizzazione.

Negli stessi cicli in cui si dibattevano gli aspetti della partecipazione politica e cittadina, abbiamo toccato aspetti relativi al quadro giuridico per la pace o ai meccanismi di controfirma degli accordi, approfittando per stabilire posizioni chiare che stiamo ribadendo in ogni ciclo. Ad esempio, abbiamo espresso le posizioni che mettono in chiaro la nostra opposizione alla definizione unilaterale sia del quadro giuridico per la pace come la definizione unilaterale di un meccanismo di controfirma, che in questo caso, il governo ha insistito sul fatto che fosse il referendum. In quei giorni e poi, in altre occasioni, ci riferiamo particolarmente alla questione delle vittime dello scontro, interrogando sulla responsabilità storica di chi ha generato e partecipato a questa guerra, ma promuovendo la realizzazione di un atto di contrizione di tutti.

Per quanto riguarda questi temi e per la validità che hanno per questa epoca, voglio trascrivere ciò che testualmente abbiamo espresso in un rapporto che ha fatto per il paese il comandante Timoleon Jimenez:

“Sul denominato Quadro Giuridico. In Colombia si è dichiarato ufficialmente che c’è un conflitto tra due parti con responsabilità da parte di ognuno, ma anche si rivela la terribile circostanza che il conflitto continua attraverso l’ingerenza di basi militari statunitensi che calpestano la nostra sovranità. Si richiede quindi che ogni transizione o normativa per la stessa, sia il prodotto di un accordo e non di una imposizione”.

“Si deve tenere in conto che a nulla serve l’unilateralismo soprattutto se si osserva che l’accettazione della responsabilità del conflitto toglie allo Stato la legittimità necessaria per essere giudice. Non si può essere giudice e parte, soprattutto quando si tratta di uno Stato responsabile; e per di più quando la guerra interna persiste senza vincitori né vinti. Un processo di pace necessita di assoluta sovranità giuridica, senza ingerenze esterne che ostacolano la riconciliazione”.

“Sulle vittime. Ciò di cui si tratta è l’aprire nei colloqui de L’Avana il capitolo che permetterà di stabilire la verità storica che ha condotto a più di 60 anni di dissanguamento nazionale, all’identificazione delle vittime e alla loro necessaria riparazione. Il tutto con l’obiettivo di evidenziare la necessità che il risarcimento comprenda l’obbligo per le parti, del perdono collettivo, nel senso che dopo aver raggiunto la pace finale, ci obblighiamo tutti ad un “mai più”.

“In conseguenza, abbiamo proposto che si proceda immediatamente all’integrazione della commissione di revisione e chiarificazione della verità della storia del conflitto interno colombiano fatta da esperti nazionali e stranieri per stabilire la verità di ciò che è accaduto durante la violenza di parte, l’origine dell’attuale contesa come risultato dello scontro fratricida, il perché dell’emergere delle guerriglie e l’innesco da allora del conflitto sociale armato interno”.

“Abbiamo invitato l’intero paese ad una giornata di riflessione e di contrizione, nella quale tutti i responsabili del conflitto sociale armato facciano presenza massiva in ogni angolo della Patria addolorata. Una giornata affinché si esprimano i partiti tradizionali e coloro che si evidenziano di questi come responsabili; Lo Stato con in testa il signor Presidente e i suoi ministri, facendo eco alle dichiarazioni del Dr. Juan Manuel Santos davanti alla Corte Costituzionale; i capi delle forze di sicurezza pubblica; i paramilitari dai luoghi in cui si trovano; i capi degli altri organismi costituiti; coloro che furono ai comandi delle forze insurgenti oggi in pensione; gli ex presidenti ed ex comandanti delle forze, sindacati e datori di lavoro, i mezzi di comunicazione, le potenze straniere che hanno sostenuto i governi nella guerra contro il popolo e la chiesa del regime”.

“Il giorno che si sceglierà per i fini preposti, l’insurgencia si manifesterà ugualmente da ogni angolo della Patria colombiana”.

“Sulla proposta di referendum del governo. Nel Tavolo deve prevalere il principio di uguaglianza in momenti in cui il destino del bene supremo della pace è in gioco. E’ con il concorso del popolo, attraverso meccanismi affidabili, evitando che si cedano attribuzioni ad una singola persona o a istituzioni in discussione, che si devono approvare gli accordi.

I colombiani devono cercare un organo con reali attribuzioni per conoscere la riforma della giustizia, dell’indipendenza organica della giurisdizione, del riordinamento territoriale, della creazione di un organo elettorale indipendente. Un ente che risolva il problema della sicurezza giuridica che richiede il futuro della pace”.

Bene, ora sul tema in sé della partecipazione politica e cittadina è maggiormente conosciuto il concordato intorno allo statuto per l’opposizione, l’ampliamento dei meccanismi di partecipazione cittadina, il rafforzamento della democrazia, la creazione di distretti speciali elettorali per le zone rurali o più emarginate del paese, la maggiore partecipazione delle comunità nei media locali e regionali, la maggiore presenza negli organi di controllo, ecc.

Abbiamo poi completato accordi importanti come l’impegno di convocare senza indugio i partiti e i portavoce delle organizzazioni sociali per tracciare le linee guida per sviluppare finalmente uno statuto per l’opposizione politica e anche una normalizzazione che dia un vero riconoscimento, con garanzie, all’esistenza e ai diritti del movimento sociale.

Questo scenario di dibattito è stato impiegato a fondo per parlare della necessità di riformare la legge dei meccanismi di partecipazione cittadina (Legge 134 del 1994) e l’urgenza di ripensare le leggi di sicurezza cittadina: in merito, si è raggiunto l’impegno di generare garanzie per la mobilitazione e la protesta, rafforzando il rispetto per le forme di azione politica, l’esercizi legittimi del diritto di riunione, alla libertà di movimento, alla libertà di espressione, alla libertà di coscienza e all’opposizione in democrazia; che queste pratiche devono essere osservate come apporto all’integrazione politica e pertanto il governo deve garantire gli spazi per incanalare le domande dei cittadini, senza violazioni. In questo stesso senso si è raggiunto l’impegno della revisione e che è necessaria la modifica di tutte le norme che si applicano alla mobilitazione e alla protesta sociale. Questo sommando l’impegno di ampliare e rafforzare le istanze di partecipazione cittadina per l’interlocuzione e costruzione delle agende di lavoro in tutti i livelli che consentano l’attenzione rapida delle petizioni e proposte dei cittadini.

Oltre venti pagine di accordi includono questi impegni verso l’espansione della democrazia. Tuttavia, insistiamo sulla soluzione urgente a problemi come la corruzione, alla quale bisogna porre fine urgentemente, come fine bisogna porre all’interferenza delle mafie che in un modo o nell’altro hanno assediato lo Stato in tutti i suoi organi: esecutivo, legislativo e giudiziario. Crediamo urgente la necessità di porre un freno alla criminalità del colletto bianco di un settore finanziario che si dedica a distruggere il paese, depredando le risorse naturali del paese, mentre saccheggia le tasche di tutti i colombiani e consegna la patria alle multinazionali.

Sono tutti aspetti che hanno a che fare con la democrazia e su di essi insistiamo come abbiamo fatto anche ed è una delle eccezioni, sul fatto che i mezzi di comunicazione non possano continuare ad essere nelle mani di tre o quattro ricconi che hanno preso il sopravvento sequestrando la democrazia per manipolare la coscienza nazionale. Abbiamo detto e lo ripetiamo, che si possono avere ogni sorta di meccanismi di partecipazione se si vuole mostrare il paese come una democrazia sulla carta, ma l’informazione è quella che conduce al fatto che questi meccanismi finiscano per essere canali di espressione di pensieri precedentemente cucinati e venduti da tre o quattro individui, che sono sempre i detentori del potere.

Si tratta di una necessità vitale per la democrazia ridefinire il possesso dei mezzi di comunicazione. E così, in questa questione penso che siano raccolti gli aspetti nodali di questo punto, dando risalto ad una delle principali eccezioni che è nel tema della Sicurezza Nazionale, rispetto alla quale esigiamo la sua cancellazione nel quadro della necessaria smilitarizzazione della società e dello Stato che richiede la pace.

Infine, perché non ci dà alcuni dettagli su quello che è stato l’accordo sul terzo punto.

Credo che questo sia quello più fresco nella testa della gente, così che non voglio dare molti dettagli. Qui l’essenziale è che si definirà una nuova politica per la lotta contro le droghe e un trattamento differenziato agli anelli più deboli che coinvolge il fenomeno e ci riferiamo soprattutto alla popolazione o comunità che nella terra sono legate alla coltivazione e dall’altro lato ai consumatori. Noi crediamo che l’accento della persecuzione debba concentrarsi sui narcotrafficanti. Quindi, succede, che all’interno di questo schema, il proibizionismo o il mero trattamento punitivo, poliziesco o militarista della questione sarà relegato e si assumerà una visione incentrata sul rispetto dei diritti umani considerando che si tratta di un problema sociale che richiede misure sociali per la sua soluzione, la quale, tra le altre cose, non dipende dalla Colombia ma da tutte le nazioni toccate dal flagello. Quindi, in questo scenario che comporta l’impegno di generare un nuovo quadro istituzionale per promuovere i piani, al di fuori delle azioni di contro-insurrezione, si è concordato di creare un Programma nazionale integrale di sostituzione delle coltivazioni d’uso illecito (PNIS), che mediante Piani integrali di sostituzione e sviluppo alternativo (PISDA) mettano in marcia le azioni che hanno a che fare con la nuova politica. Ciò che è essenziale è il concorso, il protagonismo delle comunità, la base delle decisioni sono le Assemblee Comunitarie e l’essenza del programma e dei Piani sono le soluzioni sociali ai problemi della povertà dei contadini e delle popolazioni rurali impegnate nelle colture. Pertanto questo programma e i Piani fanno parte strutturale della Riforma Rurale Integrale.

Accanto a questo si è concordato la creazione di un Programma Nazionale d’Intervento Integrale contro il Consumo di Droghe, integrato al sistema sanitario pubblico, che di per sé sarebbe una istanza di alto livello, per articolare le istituzioni con competenze nella materia e coordinare un processo partecipativo di revisione, aggiustamento e messa in marcia della politica contro il consumo, come una priorità e una politica di Stato che richiede, tra l’altro, il rafforzamento delle capacità, sia nazionali che territoriali, nel quadro del sistema di protezione sociale e la corrispondente disposizione delle risorse.

In esso il Governo Nazionale ha l’impegno di progettare e implementare un Sistema Nazionale di Attenzione al Consumatore di Droghe Illecite che include azioni complementari di riabilitazione e integrazione sociale.

E infine c’è la questione della soluzione al fenomeno della produzione e commercializzazione di stupefacenti, terza voce del punto 3 dell’Agenda, per la cui analisi si è partiti dal riconoscere che il problema è di ordine transnazionale e quindi la sua soluzione implica agire contemporaneamente sia all’interno del paese, che in coordinamento e con l’impegno della comunità internazionale.

Internamente, l’impegno è quello di progettare politiche e programmi per eliminare i fattori e i meccanismi che stimolano e mantengono il problema, la produzione e la commercializzazione di droghe illecite lucrando su di esse. L’obiettivo centrale, disarticolare le organizzazioni criminali compromesse con questo flagello, includendo le reti dedicate al riciclaggio di denaro.

Lo scopo più grande, comune, è un paese senza narcotraffico e questo significa che nella lotta venga posta una nuova visione per affrontare la questione del chiarimento del rapporto tra produzione e commercializzazione di droghe illecite e conflitto, tra cui il rapporto tra i paramilitari e il narcotraffico e la volontà di tutti di contribuire a questo chiarimento.

Per questo comma, abbiamo discusso del Giudizio effettivo, della strategia contro le attività coinvolte nel narcotraffico e riciclaggio di denaro, nel controllo degli ingressi, della strategia di lotta contro la corruzione, della realizzazione di una conferenza Internazionale e di spazi di dialoghi regionali per trattare la questione e si è concordato di continuare a parlare in punti successivi, probabilmente nel quadro della discussione del punto 5.2 dell’Agenda dell’Accordo Generale dei meccanismi che dovrà, tra l’altro, affrontare il problema del chiarimento del rapporto tra produzione e commercializzazione di droghe illecite e conflitto, tra cui il rapporto tra il paramilitarismo e il narcotraffico, come espresso prima, che è un aspetto importante da sottolineare.

Per quanto riguarda questa questione del conflitto e del narcotraffico, la destra a cui hanno fatto eco i media internazionali, tra cui il presidente Santos riferendosi alla questione, ha detto che le FARC con questo accordo si impegnano a svincolarsi dal narcotraffico. Cosa vuol dire questa affermazione? che si ammette che ci siano dei legami con il narcotraffico?

No, assolutamente no. E’ chiaro che le FARC-EP sono una organizzazione politica, militare, rivoluzionaria, non un’organizzazione di narcotrafficanti. Altra cosa è la propaganda sporca che fa ogni giorno il regime per screditarci e toglierci la nostra condizione di combattenti popolari. Il problema con l’argomento che contiene la tua domanda è la falsità, la manipolazione, la distorsione con la quale generalmente agiscono i mezzi di comunicazione che rispondono agli interessi dei loro proprietari, dei conglomerati economici o agli interessi del regime e peggio ancora, agli interessi statunitensi. All’interno di tutte queste matrici l’insurgencia deve essere screditata e da qui deriva l’atteggiamento per cui perfino un accordo così tanto importante quale è l’intesa che abbiamo appena firmato, viene distorta.

La prima cosa da chiarire è che in questo accordo non si dice che il conflitto in Colombia deriva dal narcotraffico, no. Ci sono cause di ordine sociale precedenti alla nascita del fenomeno della produzione e commercializzazione delle droghe illecite. Anche il fenomeno delle coltivazioni di coca e il collegamento di contadini e di altri settori rurali nelle fasi primarie della produzione è legata alla situazione di miseria che soffrono. Poi, il conflitto politico, sociale, armato in Colombia non inizia né finisce con l’agire contro il narcotraffico, ma contro le cause della miseria che l’hanno generato. Un’altra cosa è che in questo scenario di miseria  il fenomeno del narcotraffico aggrava le cose e in questo modo si tratta  di un flagello ha permeato le istituzioni e le parti essenziali di tutto il tessuto sociale.

Poi, ci sono aspetti chiave come ad esempio il riconoscimento che si fa in modo testuale e primario relativo al fatto che “Il conflitto interno in Colombia ha una lunga storia di vari decenni e ha cause che esulano dalla comparsa delle coltivazioni di uso illecito su larga scala e alla produzione e commercializzazione di droghe illecite nel territorio”. E’ anche importante sottolineare che ciò che analizziamo è che “la persistenza delle colture è legata in parte all’esistenza di condizioni di povertà, di emarginazione, di debole presenza istituzionale”, questo senza scartare che in mezzo ci sta anche “l’esistenza di organizzazioni criminali dedicate al narcotraffico”. Ma il fenomeno non lo possiamo risolvere da soli e per questo abbiamo detto che “siamo consapevoli che il raggiungimento di questo obiettivo dipende anche da consensi e definizioni di portata globale da parte di tutti gli Stati, in particolare quelli che direttamente o indirettamente sono interessati da questo problema di carattere transnazionale”.

In ogni caso si tratta di un accordo tra il governo e un’organizzazione politica, non un accordo con un’organizzazione di narcos e questo accordo si è fatto perché si è ottenuto di definire il problema come una questione di tutti e anche la sua soluzione; cioè stiamo parlando di una responsabilità collettiva per la sua soluzione e per questo il primo impegno che chiediamo è quello che il Governo Nazionale a partire dalla comprensione che ci sia corruzione nelle istituzioni causata dal problema delle droghe illecite, metta in marcia le politiche ed i programmi che abbiamo concordato, tra cui quello di guidare un processo nazionale efficace per rompere definitivamente qualsiasi tipo di rapporto di questo flagello con i diversi ambiti della vita pubblica. Da tale impegno, le FARC –EP, hanno detto che l’impegno è quello di contribuire in modo efficace, con la massima determinazione e in forme diverse e attraverso azioni pratiche per la soluzione definitiva del problema delle droghe illecite, che si riferisce alla nostra capacità di convocazione politica e persuasione nello scenario rurale, delle persone che si fidano delle nostre capacità per aiutare a stimolare un processo di cambiamento in questo e ogni altro aspetto degli accordi. Dall’altra parte abbiamo anche detto che metteremo fine a ogni relazione, che in funzione della ribellione, si fosse presentata con questo fenomeno.

Quindi succede che tutto ciò che facciamo per quanto riguarda la ricerca di finanziamenti è in funzione della ribellione e in effetti, come abbiamo detto prima, in alcune aree del paese abbiamo stabilito dei meccanismi impositivi a coloro che si avvalgono di questo business capitalista transnazionale.

Non si tratta né di produzione, né di commercializzazione, ma di una imposta così come si fa con qualsiasi capitale che si muove nelle aree d’influenza, dove allo stesso tempo abbiamo stabilito controlli per impedire che i contadini siano colpiti dai mercanti di qualsiasi natura.

Infine, vorrei dire che è diverso che diciamo “cessare ogni rapporto che, in funzione della ribellione, si fosse presentato con questo fenomeno”, dal dire come ha espresso il Presidente Santos il 16 maggio, che il nostro impegno è quello di “cessare ogni rapporto con questo fenomeno”. Pertanto, ciò che viene detto è che abbiamo un rapporto con l’intero fenomeno e che adesso lo cesseremo, questo è falso. Quello che diciamo è che si porrà fine se si presenterà, perché quello di cui si tratta è che siamo disposti ad analizzare qualsiasi situazione in qualsiasi area ma in relazione alle imposte, ripeto, a questo business transnazionale capitalista e questo il governo lo sa bene.

E per non finire con i riferimenti ai pregiudizi, vorrei ribadire che in questo punto restano alcune eccezioni:

 1. Nuova Politica criminale. Nel processo di ridefinizione della politica anti-droghe si deve procedere con la progettazione di una nuova politica criminale dello Stato che concentri i propri sforzi sulla persecuzione e l’incarcerazione dei principali beneficiari del mercato delle droghe illecite, così come lo smantellamento delle reti di traffico transnazionali e di riciclaggio di denaro. Le FARC-EP insistono sulla formazione della “Commissione per la progettazione di una politica nazionale anti-droghe democratica e partecipativa”, con gruppi di lavoro di accademici ed esperti per formulare gli orientamenti generali per queste nuove politiche dello Stato in questo settore. Soprattutto in momenti in cui tutto il paese mette in discussione il sistema giudiziario.

2. Sospensione immediata delle irrorazioni aeree con glifosato e riparazione integrale delle sue vittime. Le FARC-EP considerano che nello sviluppo degli orientamenti generali della Nuova politica anti-droghe si deve procedere con l’immediata sospensione delle irrorazioni aeree con glifosato, o qualsiasi altro agente chimico e il pieno risarcimento delle sue vittime. Questo comporta: l’identificazione delle vittime delle irrorazioni aeree con agenti chimici; pieno risarcimento delle vittime delle irrorazioni aeree con agenti chimici; l’istituzione di un fondo per risarcimenti per le vittime delle irrorazioni aeree con sostanze chimiche.

In definitiva, il vecchio sistema di sradicamenti forzati con la fumigazione, ha fallito causando enormi danni al tessuto ambientale e sociale, il che significa che si devono cercare alternative urgenti.

3. Sulla salute pubblica: Riconoscendo l’importanza dell’accordo in questo comma, le FARC-EP considerano necessario definire l’impegno di trasformazione strutturale del sistema sanitario pubblico, che permetta di inquadrare lo sviluppo del programma e dei piani.

4. Necessità di una Conferenza Nazionale: le FARC-EP, ritengono che sia necessaria la creazione, su istanze del Tavolo dei Dialoghi, di una Conferenza Nazionale sulla politica di lotta contro le droghe, per progredire, anche, nella realizzazione degli aggiustamenti e adattamenti normativi e delle azioni richieste da questa lotta, considerando le nuove tendenze internazionali che enfatizzano l’attenzione sui diritti umani di fronte al fenomeno di produzione, consumo e commercializzazione di droghe illecite.

Uno dei principali compiti di questa Conferenza Nazionale deve essere quello di analizzare e trarre conclusioni sulla questione della commercializzazione e produzione di droghe illecite, come fenomeno legato al paramilitarismo. La Conferenza affronterà anche la questione relativa al rapporto tra conflitto, narcotraffico e impatto sulle istituzioni.

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