Cuba è nuovamente sotto i riflettori, al centro di una gogna mediatica che si ripete periodicamente con un identico schema: la gente protesta, il socialismo è alla canna del gas (che, però, manca, perché manca il carburante).
La serie Los Farad, creata dal regista spagnolo Mariano Barroso e dallo sceneggiatore cubano Alejandro Hernández, per la piattaforma USA Amazon Prime Video, è ambientata negli anni ’80 del secolo scorso e segue il trafficante d’armi Leo Farad.
L’emporio audiovisivo USA, Netflix, ha presentato /La madre/, thriller d’azione della neozelandese Niki Caro al servizio di Jennifer López, che ambienta in un’inesistente Cuba parte della sua trama
Il 12 maggio scorso l’emporio audiovisivo USA, Netflix, ha presentato /La madre/, thriller d’azione della neozelandese Niki Caro al servizio di Jennifer López, che ambienta in una inesistente Cuba parte della sua trama.
La storia di Cuba e di quanto accade nell’isola, scritta sotto gli ordini dei centri di potere dell’imperialismo yankee, è piena di falsità e menzogne, lontanissima dalla verità e dall’etica. È vero che le piattaforme e le reti sociali digitali hanno aggiunto nuovi canali di comunicazione e modi per manipolare e travisare la realtà cubana; ma non significa che sia qualcosa di nuovo.
Alcuni dubitano che siamo nell’epicentro di una “guerra mediatica” ibrida. Non vedono che tutte le armi ideologiche, finanziarie e militari del capitalismo sono dispiegate. Alcuni non si rendono conto che parliamo i linguaggi colonizzanti che ci impongono; che acquistiamo compulsivamente le sue tecnologie; che raccontiamo la storia con le sue premesse logiche; che finanziamo i suoi monopoli mediatici; che governiamo le nostre vite con “valori” e “cultura” che ci infiltrano. Pensano che sia cospiranoia. In quale guerra le vittime finanziano i loro carnefici?
La tecnologia, come tutta l’opera umano, ha un lato chiaro e un rovescio oscuro. Allo stesso modo in cui la scissione degli atomi può fornire l’energia necessaria a tutta l’umanità, una reazione a catena a livello atomico può anche innescare la forza cosmica di una stella morente e causare un genocidio, come a Hiroshima e Nagasaki.
La guerra mediatica contro Cuba, fino a poco tempo fa, colpiva menti e cuori nell’opinione pubblica internazionale. Con quasi nessuna influenza nell’opinione interna dell’isola.
Negli ultimi anni, con lo sviluppo di Internet e delle reti sociali, un processo rallentato – di certo – dal blocco tecnologico di Washington, la situazione è cambiata.
Che prevalga il silenzio davanti al piano dell’impero contro Cuba?
Sì, i media internazionali vogliono che prevalga il silenzio di fronte al piano dell’impero di piegare Cuba per fame, insalubrità, carenza energetica e mancanza di rifornimenti.
Il piano dell’impero è soffocare la sua economia e provocare enormi sofferenze alla sua popolazione. Con un obiettivo: che, sull’Isola, da alcune occasionali proteste per i blackout, si passi ad uno scenario insurrezionale contro il Governo Rivoluzionario.
Lunedì scorso, 11 luglio, il giornalista Gustavo Veiga ha pubblicato sul quotidiano argentino Pagina 12 l’articolo: “La campagna 2.0 per l’11 luglio raggiungerà le strade di Cuba?” Lì ha fatto una rassegna delle ultime aggressioni USA contro Cuba, dedicando un buon spazio al ruolo preminente giocato dalle reti sociali in quella strategia destabilizzante e sovversiva. E qualcosa di importante: ha scritto i nomi di alcune persone che sono pagate – immagino non poco – per un lavoro così triste.
Testo pubblicato nel libro: ¿Qué ha pasado en Cuba? Jóvenes de la Isla opinan a partir de los sucesos del 11 y 12 de julio de 2021, (Cosa è successo a Cuba? Giovani dell’isola esprimono la loro opinione a partire dagli eventi dell’11 e 12 luglio 2021), Ocean Sur, 2021.
C’è un detto che dice: “La carta supporta tutto ciò che ci metti sopra”. È un detto analogico, naturalmente, perché nel mondo moderno la carta è stata di gran lunga superata. Oggi le reti digitali sono il luogo ideale per dire qualsiasi cosa, senza apparenti conseguenze. Questa condizione, estremamente libera, propizia negli utenti una sensazione di impunità che, a sua volta, determina, in gran parte, che si esasperino i peggiori istinti e comportamenti degli esseri umani.
Reportage di viaggi e il labirinto di una Cuba indecifrabile
José Manzaneda, coordinatore di Cubainformacion
Vada alla sezione viaggi di un giornale. Di “El País”, per esempio (1). Scoprirà le “spiagge caraibiche, gastronomia e patrimonio” dello Yucatan (2). Il “Porto Rico più musicale” (3). La “fucina culturale ed etnica” di Trebisonda, Turchia (4). Le “otto ragioni per cui Chicago merita un viaggio”, tra esse vedere “la prigione più curiosa”, perché ha “le finestre così strette che non hanno bisogno di sbarre” (5). Prigione “curiosa” tranne per i detenuti che la abitano, immaginiamo. E sulla Colombia, scopriremo Cali, “la capitale della salsa”, tra molti altri materiali (6).
Una simultanea e infruttuosa crociata mediatica fu lanciata dalla CIA contro il paese, che, dopo aver sconfitto l’invasione mercenaria in sole 66 ore, tornò alla normalità e, senza abbassare la guardia, si mise a celebrare un Primo Maggio socialista.
Nella società dello spettacolo, come l’avrebbe chiamata Guy Debord, le relazioni sociali sono mediatizzate da un insieme infinito di immagini e percezioni spesso manipolate o falsificate.