Geraldina Colotti
Ricordare la rivoluzione popolare sandinista anche in questo 19 luglio, a 43 anni dalla sua entrata trionfante a Managua dopo la caduta del dittatore Anastasio Somoza, ha un sapore tutt’altro che rituale. Significa sospingerne le speranze, il portato e le bandiere oltre la cortina di fumo che avvolge il piccolo paese centroamericano, considerato da Washington parte dell’”asse del Male”, insieme a Cuba e al Venezuela. Difficile, infatti, per chi non abbia già una bussola ben orientata, trovare notizie positive sull’ultima rivoluzione armata dell’America Latina.
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