Tag Archives: guerra ibrida

Ora i popoli: Guerra cibernetica, strategia egemonica

Dobbiamo liberare i centri di comando. Esorto e invito le istituzioni pubbliche e private a vaccinarsi contro la guerra cibernetica.

Nicolás Maduro

Anabel Díaz Aché

La guerra ibrida è intesa come una strategia che estende lo scontro della guerra regolare ad altri campi di battaglia, come quello mediatico, cibernetico e cognitivo, che includono operazioni psicologiche. Inoltre, amplia il numero di attori coinvolti oltre gli eserciti regolari, includendo gruppi terroristici, paramilitari, società di mercenari, criminalità organizzata e la stessa popolazione civile.

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Dell’occupazione digitale, alla cybervessazione e altri demoni dell’algoritmo

Tania Díaz ha affermato che ciò che si sta vivendo in Venezuela è un tentativo di occupazione non militare ma digitale, cognitiva, culturale e informativa.

Laura Mercedes Giráldez

Caracas, Venezuela – Sebbene le motivazioni delle azioni del settore più estremista dell’opposizione venezuelana abbiano radici espansionistiche, non si può negare la loro persistenza. Il controllo di questa nazione è così cruciale per il loro potere che, ogni volta che falliscono nel tentativo di dominarla, cercano nuove strategie.

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Giù le mani dal Venezuela

Carlos Fazio

Il 3 agosto, annunciando il secondo bollettino del Consiglio Nazionale Elettorale (CNE) del Venezuela, il suo presidente, Elvis Amoroso, ha confermato che con il 96,87% dei verbali scrutinati, Nicolás Maduro ha vinto le elezioni presidenziali con 6408844 voti (51,97%), contro l’oppositore Edmundo González, che ha ottenuto 5326104 voti (43,18%).

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La vittoria di Nicolás Maduro e il golpismo latente

Carlos Fazio

Lo ha fatto di nuovo. Il chavismo irriducibile lo ha fatto di nuovo. In mezzo a una campagna mediatica di (dis)informazione e a una guerra comunicazionale di ultima generazione, in cui ha partecipato lo stesso Elon Musk – il miliardario sudafricano residente negli USA e proprietario di X ex Twitter – come “padrino” dell’estrema destra venezuelana, le basi bolivariane hanno vinto un’altra battaglia, questa volta alle urne: i voti hanno battuto i bot e Elon Musk.

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Cronologia degli ultimi sviluppi della guerra ibrida contro Cuba

Dalla metà di giugno dell’anno scorso, il copione della guerra ibrida degli USA contro Cuba ha rafforzato le sue azioni in coincidenza con l’inasprimento del blocco e il peggioramento della situazione epidemiologica a causa del Covid-19.

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Cuba vs terrorismo mediatico

Carlos Fazio www.cubadebate.cu

L’11 luglio scorso Cuba è stata il bersaglio di una rinnovata e sofisticata operazione di guerra cibernetica, che, insieme alla campagna di intossicazione (dis)informativa dei mass media cartellizzati, di notizie false (fake news) di utilizzo di  account “influenzatori” e di ONG come strumenti di infiltrazione nella società, è volta a destabilizzare in modo caotico e violento l’isola, e il cui obiettivo principale è giustificare l’ingerenza militare USA sotto lo schermo di un “intervento umanitario”.

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Quello che non dicono di Cuba

Rosa Miriam Elizalde www.cubadebate.cu

Stiamo vivendo, in pieno sviluppo, una guerra d’informazione nel vecchio stile dei falchi che sussurrano all’orecchio dei presidenti USA. Non è iniziato con Biden, va detto. Dal 2017, vanno martellando la fallacia di una esplosione sociale a Cuba con la loro soluzione magica, “l’intervento umanitario”, mentre Trump avanzava nella sua litania di sanzioni aggiuntive al blocco, 243 per l’esattezza, che l’attuale amministrazione ha mantenuto intatta.

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L’influencer Lester Mallory

Presentati come inedite esplosioni sociali, gli eventi di questa domenica nel paese costituiscono un capitolo -e non una prima- della cosiddetta guerra non convenzionale

Juan Antonio Borrego  www.granma.cu

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Prima demonizzare, poi uccidere

una nota sul ruolo dei media e delle reti  sociali nella dominazione imperialista

(Atilio A. Boron)

“La propaganda è per la democrazia ciò che la violenza è per la dittatura”

(Noam Chomsky)

La frase del grande linguista USA offre un buon punto di partenza per queste riflessioni che intendiamo proporre come spunti per una discussione tanto cruciale quanto avvincente. Ciò è dovuto al fatto che, come sottolineano gli esperti di “Guerre Ibride” o di “Quinta Generazione”, la capacità di controllare coscienze e cuori -o “menti e anime”, per dirla poeticamente – ha ormai raggiunto livelli impensabili fino ad un decennio fa.

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Bachelet ed Almagro: anime gemelle

Ángel Guerra Cabrera

Il rapporto di Michelle Bachelet sui diritti umani in Venezuela contiene tutti i requisiti per occupare un posto di rilievo in un’enciclopedia universale dell’infamia. Tanto più perché l’Alta Commissaria ONU per i Diritti Umani si deve ad un insieme di mandati emanati dalla Carta di tale organizzazione, dagli accordi del suo Consiglio per i Diritti Umani e da altri organismi che risultano calpestati in questo documento.

Il rapporto non menziona solo la guerra economica di Washington contro il Venezuela ed i suoi terribili effetti sulla popolazione, e tanto meno esige che si ponga fine a quella brutale aggressione. Omette innumerevoli fatti della massima importanza. Tra questi, la feroce violenza dell’opposizione diretta dagli USA, sia nelle marce come nelle guarimbas e nei suoi ripetuti tentativi golpisti, inquadrati in un contesto di guerra ibrida il cui fine, dal 2002, è rovesciare il governo bolivariano, eliminare fisicamente il chavismo ed impossessarsi delle enormi ricchezze naturali del paese sudamericano.

Golpismo? Guerra ibrida? Guerra economica? Macché. Per Bachelet, l’unica cosa che esiste in Venezuela sono le violazioni dei diritti umani da parte del governo. Né vi è una grave crisi umanitaria o dei diritti umani ad Haiti, Honduras, Guatemala, Colombia, Yemen, Somalia, Libia, Afghanistan, Palestina occupata da Israele. Né le politiche neoliberali che affondano, oggi, nella miseria milioni di argentini e brasiliani prima elevati a degni tenori di vita da parte dei governi di Lula e Cristina Fernández, azioni che costituiscono violazioni di massa dei diritti economici, politici e sociali di quelle popolazioni. Né la campagna di terrorismo di stato del governo Trump contro milioni di migranti, la sua esacerbazione del suprematismo bianco, la xenofobia, il razzismo e la misoginia.

Di quale paese parla la Bachelet? Quello a cui riferisce nel suo rapporto non è quello che ha visitato molte volte durante il periodo rivoluzionario. Non è quello di milioni di persone in marcia a sostegno del loro governo, non é quello dell’alta iscrizione a tutti i livelli di istruzione, non è quello di Barrio Adentro né dei Centri di Diagnosi Integrale, che con medici venezuelani e cubani hanno fatto della salute un diritto universale, non è quello della parità tra uomini e donne né quello del riconoscimento della diversità sessuale, non è quello della minore disuguaglianza nel nostro continente secondo i dati della rispettata Commissione Economica per l’America Latina del ONU, non è quello della esemplare democrazia partecipativa e protagonista, non è quello dei giovani e del popolo allegri e colti. Né quello dei quasi tre milioni di nuove case decenti.

Non è nel mio animo addolcire la realtà, né occultare il mio impegno militante con la Rivoluzione Bolivariana. Ma se di indagare e descrivere una realtà si tratta almeno dovrebbe esigersi che predomini l’osservazione e la verifica scrupolosa dei fatti e non lo squilibrio o un esercizio del tutto discriminatorio, unilaterale, selettivo e parziale. In Venezuela, come in tutti i processi rivoluzionari, sono stati commessi errori. C’è burocratismo e corruzione, che ogni chavista riconosce e denuncia. Lo Stato borghese ostacola l’avanzata rivoluzionaria e le forze di sicurezza possono commettere eccessi che s’indagano e spesso si sanzionano. Ma nulla di tutto ciò potrebbe essere analizzato se non si considera la subordinazione, per molto tempo, del paese al sistema di dominazione USA, espresso nel modello della rendita petrolifera e del sottosviluppo. Tanto meno se si ignora la guerra in corso contro la Rivoluzione Bolivariana proprio per i successi che ha raggiunto nella trasformazione di quella realtà in materia di sovranità, giustizia sociale, solidarietà umana, ampie libertà democratiche e reale esercizio dei diritti umani, e anche successi economici, ora velati dal blocco.

Come può, Bachelet, giustificare che nessuna delle 588 interviste che alimentano il suo rapporto sia stata effettuata in Venezuela? Perché sono state lì, allora, la signora e la sua squadra, che è rimasta, per settimane, nel paese? Come spiegare che il segretario redattore del rapporto sia lo stesso che faceva questo lavoro per il precedente Alto Commissario, il principe giordano Zeid Ra’ad Al Hussein, con stretti legami con il ripugnante Segretario OSA, Luis Almagro, e con Leopoldo Lopez?

María Eugenia Russian, presidentessa di Fundalatin, una ONG con Status Consultivo Speciale all’interno del Consiglio Economico e Sociale dell’ONU, ha denunciato l’esclusione delle relazioni e testimonianze di 12 ONG nel rapporto Bachelet.

L’Alta Commissaria non ha preso come fonti del suo rapporto i documenti redatti da due esperti indipendenti dell’ONU, Alfred de Zayas e Idriss Jazairy, che hanno censurato, in termini molto duri, le sanzioni economiche contro il Venezuela e le considerano cause delle privazioni che la popolazione soffre.

Il rapporto di Bachelet, in breve, sembra redatto da Almagro. Uno vale l’altro.


Bachelet y Almagro: almas gemelas

Por Ángel Guerra Cabrera

El informe de Michelle Bachelet sobre los derechos humanos en Venezuela contiene todos los requisitos para ocupar un lugar señero en una enciclopedia universal de la infamia. Mucho más porque la Alta Comisionada de la ONU para los Derechos Humanos se debe a un conjunto de mandatos emanados de la Carta de esa organización, de los acuerdos de su Consejo de Derechos Humanos y de otras de sus instancias que resultan pisoteados en este documento.

El informe no menciona apenas la guerra económica de Washington contra Venezuela y sus terribles efectos en la población y mucho menos exige que se ponga fin a esa brutal agresión. Omite innumerables hechos de primerísima importancia. Entre ellos, la violencia feroz de la oposición dirigida por Estados Unidos, tanto en marchas como en guarimbas y en sus reiterados intentos golpistas, enmarcados en un contexto de guerra híbrida cuyo fin desde 2002 es derrocar al gobierno bolivariano, eliminar físicamente al chavismo y apoderarse de las enormes riquezas naturales del país suramericano.

¿Golpismo? ¿Guerra híbrida? ¿Guerra económica? Qué va. Para Bachelet lo único que existe en Venezuela son violaciones del gobierno a los derechos humanos. Tampoco existe una grave crisis humanitaria ni de derechos humanos en Haití, Honduras, Guatemala, Colombia, Yemen, Somalia, Libia, Afganistán, Palestina ocupada por Israel. Ni las políticas neoliberales que hunden hoy en la miseria a millones de argentinxs y brasileñxs antes elevados a niveles dignos de vida por los gobiernos de Lula y Cristina Fernández, acciones que constituyen violaciones masivas de los derechos económicos, políticos y sociales de esas poblaciones. Ni la campaña de terrorismo de Estado del gobierno de Trump contra millones de migrantes, su exacerbación del supremacismo blanco, la xenofobia, el racismo y la misoginia.

¿De qué país habla Bachelet? El que refiere en su informe no es el que he visitado muchas veces durante el periodo revolucionario. No es el de millones de personas marchando en apoyo a su gobierno, no es el de la alta matrícula en todos los niveles de educación, no es el del programa Barrio Adentro ni los Centros de Diagnóstico Integral, que con médicos venezolanos y cubanos han hecho de la salud un derecho universal, no es el de la igualdad entre hombres y mujeres ni el del reconocimiento de la diversidad sexual, no es el de la menor desigualdad en nuestro continente de acuerdo con datos de la respetada Comisión Económica para América Latina de la ONU, no es el de democracia participativa y protagónica ejemplar, no es el de lxs jóvenes y el pueblo alegres y cultos. Tampoco el de los casi tres millones de nuevas viviendas dignas.

No está en mi ánimo edulcorar la realidad, tampoco oculto mi compromiso militante con la Revolución Bolivariana. Pero si de investigar y calificar una realidad se trata lo menos que debe exigirse es que predomine la observación y comprobación escrupulosa de los hechos y no el desequilibrio ni un ejercicio totalmente discriminatorio, unilateral, selectivo y sesgado. En Venezuela, como en todos los procesos revolucionarios, se han cometido errores. Hay burocratismo y corrupción, que cualquier chavista reconoce y denuncia. El Estado burgués dificulta el avance revolucionario y los cuerpos de seguridad pueden cometer excesos que se investigan y con frecuencia se sancionan. Pero nada de esto podría analizarse si no se considera la subordinación por mucho tiempo del país al sistema de dominación de Estados Unidos, expresado en el modelo petrolero rentista y el subdesarrollo. Mucho menos si se obvia la guerra en curso contra la Revolución Bolivariana precisamente por los éxitos que ha obtenido en la trasformación de aquella realidad en materia de soberanía, justicia social, solidaridad humana, amplias libertades democráticas y verdadero ejercicio de los derechos humanos, e incluso éxitos económicos, ahora velados por el bloqueo.

¿Cómo puede justificar Bachelet que de las 588 entrevistas que nutren su informe ninguna haya sido realizada en Venezuela? ¿A qué fueron entonces allí la señora y su equipo, que permaneció semanas en el país? ¿Cómo explicar que el secretariado redactor del informe sea el mismo que hacía esta labor al Alto Comisionado anterior, el príncipe jordano Zeid Ra’ad Al Hussein, de estrechos vínculos con el repugnante secretario de la OEA Luis Almagro y con Leopoldo López?

María Eugenia Russian, presidenta de Fundalatin, ONG con Estatus Consultivo Especial dentro del Consejo Económico y Social de la ONU, denunció la exclusión de informes y testimonios de 12 ONG en el Informe Bachelet.

La Alta Comisionada no tomó como fuentes de su reporte los documentos confeccionados por dos expertos independientes de la ONU, Alfred de Zayas e Idriss Jazairy, quienes censuraron en términos muy duros las sanciones económicas contra Venezuela y las consideraron causante de las privaciones que sufre la población.

El informe de Bachelet, en fin, parece redactado por Almagro. Tal para cual.

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Venezuela: epicentro della disputa storica

Jorge Arreaza M.Mision Verdadhttp://aurorasito.altervista.org

Indubbiamente, l’aggressione contro la democrazia e la pace sociale che si è sviluppata negli ultimi mesi nella e contro la Repubblica Bolivariana del Venezuela non ha eguali nei rapporti tesi tra i popoli della nostra America e l’élite dominante statunitense.

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Mappa e obiettivi della guerra irregolare contro il Venezuela

Mision Verdad – http://aurorasito.altervista.org

Le ultime prove raccolte dal governo venezuelano e presentate l’11 marzo alla popolazione venezuelana sull’attacco al sistema elettrico nazionale, permettono di ricostruire l’attacco molteplice scatenato sul capitolo energia della guerra irregolare contro il Venezuela.

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Caos e sabotaggio contro il popolo del Vzla

Aram Aharonian, CLAE – http://aurorasito.altervista.org

Le autorità venezuelane hanno ragione a dubitare delle promesse di Washington promosse dai mass media, che attenuerebbero l’aggressione ed interferenze nel Paese con una nuova “road map” che, tuttavia, include attacchi cibernetici alla struttura energetica, diffondendo il buio in tutto il territorio, città e campagne.

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Dieci menzogne sul Venezuela convertite in correnti di opinioni

Katu Arkonada  www.cubadebate.cu

Il 23 gennaio 2019, il Venezuela è entrato in una nuova fase di un golpe che iniziò l’11 aprile 2002, s’intensificò nel 2013 dopo la morte del Comandante Chávez e si rafforzò con la violenza dell’opposizione delle guarimbe nel 2014 e 2017.

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