A Cuba: genocidio USA sotto nome di embargo.
I costi umani del quarantennale blocco economico che ora Bush vuole inasprire.
"LIBERAZIONE" 24-05-2002
Embargo a Cuba. Mantenerlo.
Aumentarlo. Parola di George W. Bush, Miami, maggio 2002. Vediamo allora
da vicino di che si tratta.
«Vittima di una delle
politiche di Stato più inumane che nessun popolo abbia mai subito: Cuba
è stato oggetto, dal trionfo della Rivoluzione nel 1959, di una crudele e
spietata guerra economica. Questa guerra la conduce il Paese più potente
della terra, gli Stati Uniti».
Così testualmente
inizia il Rapporto che il governo cubano ha presentato al segretario
generale dell'ONU, non più tardi di qualche mese fa.
Ricordato,
opportunamente, il fine specifico dell'embargo così come appare, nero su
bianco, in un documento ufficiale del Dipartimento di Stato - un embargo
che doveva produrre «la fame, la disperazione, l'abbattimento del governo»
nell'isola caraibica - il Rapporto mette in rilievo che «nessuna delle
amministrazioni succedutesi al potere negli Stati Uniti negli ultimi
quarant'anni, ha ceduto di un millimetro nei suoi obiettivi». Da Kennedy
a Bush padre e figlio, passando per Nixon, Reagan, Clinton. E niente è
cambiato nemmeno quando, il 24 novembre 1992, l'Onu ha adottato la
risoluzione 47/19 sulla necessità di porre fine al Blocco. Anzi, gli
Stati Uniti hanno continuato «ad ignorare il voto della comunità
internazionale», persino aumentando «gli strumenti della loro politica
ostile».
Strumenti
forsennatamente efficaci: ad esempio la legge Torricelli (dal nome del suo
promotore), una vera infamia. Essa «rafforzava la dimensione della
extraterritorialità in tutta la trama delle legislazioni e misure che
formano il blocco contro Cuba»; e veniva vigliaccamente approvata dagli
Stati Uniti in un momento particolarmente delicato per l'isola caraibica,
cioé «quando il nostro Paese - continua il Rapporto - cominciava ad
orientare con esito positivo il suo commercio estero verso l'Europa
occidentale, il Canada, l'America Latina, i Caraibi, dopo che il crollo
della comunità socialista europea e dell'Urss aveva provocato un
contraccolpo fortissimo sulla nostra economia». Una legge in sostanza
adottata al solo scopo di impedire a tutti i costi «il recupero
dell'economia cubana».
Ci sono stati errori,
intoppi, imprevidenze nella politica del governo di Castro? Chi lo nega;
ma tutto appare insignificante e "piccolo", davanti alla
madornalità e spietatezza dell'embargo. Dopo il crollo dell'Urss, da cui
Cuba, lo abbiamo già scritto, dipendeva sotto il profilo economico e
commerciale almeno per l'80 per cento - quei primi anni del "periodo
speciale", «quando noi abbiamo sofferto un colpo terribile», parole
di Castro - il David ribelle è in ginocchio.
Con gioia feroce gli Usa
assistono alle sue pene, sperando nel tracollo definitivo: che però -
delusione più cocente della Baia dei Porci - non avviene. Sia pure a
prezzo di sacrifici e sofferenze, la Rivoluzione infatti resta in piedi;
anzi riesce persino ad aprirsi un varco.
A quel punto, Washington
capisce che la "Torricelli" non basta. Ecco allora, nel ‘96,
un'altra infamia: quella che va sotto il nome di legge Helms-Burton. Più
che una legge, è un atto di pirateria internazionale.
Spietatezza
Tra le altre porcherie, essa pretende di imporre «un embargo
internazionale obbligatorio»; e - oltre che l'appoggio, codificato per
norma, ai gruppi di sovversione interna mediante i fondi istituiti per le
cosiddette "operazioni straniere" - prevede sanzioni civili di
50 mila dollari per i cittadini statunitensi che in qualsiasi modo entrino
in relazioni commerciali con Cuba (vietati anche i viaggi); e impone il
ricatto verso tutti quei Paesi che a qualsiasi titolo instaurino rapporti
economici con Castro, minacciando ritorsioni contro privati e soprattutto
contro imprese (canadesi, inglesi, spagnole, italiane, messicane,
eccetera) che osino violare le norme di quella legge. Che in sostanza è
una specie di embargo esteso al mondo, diffidato a "trafficare"
con l'Isola.
Qualche esempio? Grazie
alla Helms-Burton, «negli Stati Uniti non è possibile importare alcun
prodotto da qualsiasi Paese del mondo che contenga, anche in minima
percentuale, materia prima proveniente da Cuba (nichel, zucchero o altro)».
Oppure «una nave che attracca in un porto cubano non può per sei mesi
fare scalo nei porti statunitensi». Oppure «ai dirigenti di una impresa
(e ai loro familiari) che abbia relazioni economiche con Cuba è negato il
visto di ingresso negli Usa.» E ancora: «Gli Stati Uniti proibiscono a
imprese di Paesi terzi di ri-esportare a Cuba prodotti di origine
nordamericana».
Ancora più brutalmente,
ogni prestito in sonanti dollari alla ex Urss viene vincolato alla
sottomissione al ricatto statunitense.
La filosofia è una
sola: togliere tutto l'ossigeno e aspettare di vederli morire. Il Rapporto
cubano all'Onu del resto chiama il Blocco per quello che realmente è:
genocidio.
E continua: «La
politica aggressiva contro il nostro Paese si è inasprita dal 20 gennaio
2001, quando il potere negli Stati Uniti è passato nelle mani di un nuovo
governo, che ha fatto della retorica anticubana e degli impegni assunti
con i circoli controrivoluzionari di Miami la base delle sue azioni contro
Cuba». Sono i giorni attuali, quelli di George W. Bush (così ben
illustrati a Miami).
E' un Blocco che ha
funzionato (e funziona) magnificamente.
Sono sempre parole del
Rapporto. «L'intenzione degli Usa di provocare difficoltà nell'
alimentazione e nella salute della popolazione cubana si è esacerbata con
la adozione delle due leggi». Come conseguenza di questa politica,
infatti, «il Paese si è visto obbligato a realizzare straordinarie
erogazioni in divisa. Solo nell'anno 2000 dovette pagare 38 milioni di
dollari in più per comprare alimenti; ciò a causa delle differenze di
prezzi dovute al fatto che Cuba è stata costretta a mercati alternativi
con maggiorazione dei costi».
Si intacca la vita, la
pura sopravvivenza. «Se in quello stesso anno avessimo disposto di questa
cifra per aumentare gli acquisti di alimenti, ciò avrebbe significato la
possibilità di comprare 100.000 tonnellate in più di grano, 20.000
tonnellate in più di farina di frumento, 40.000 tonnellate in più di
riso, 5.000 tonnellate in più di latte in polvere e 1.000 tonnellate in
più di carne di pollo».
E non è soltanto
questione, pur vitale, di latte e farina. Identiche limitazioni si fanno
sentire, e pesantemente, anche nel campo «degli elementi necessari per la
produzione agronomica, che influiscono sulla capacità di questo settore
di approvvigionare, nella quantità e nella qualità necessarie, il
consumo della popolazione».
Conseguenze pesanti. «I
danni economici cagionati dal Blocco hanno influito negativamente
sull'allevamento del bestiame e dell'avicoltura (meno 78% solo in
quest'ultimo settore)»: in sostanza, meno sviluppo e tanti soldi spesi in
più per l'importazione necessaria a garantire «un livello minimo di
consumo alle fasce più vulnerabili della popolazione, tra cui bambini
anziani e malati».
Prove tecniche di
affamamento.
Dopo il cibo, le
medicine. L'attacco al sistema sanitario è parte integrale del Blocco,
fin dall'inizio. Per esempio impone la proibizione di «ogni possibile
trasferimento tecnologico scientifico nel settore, ostacolando l'entrata
della letteratura medica, lo scambio di esperienze e persino la
partecipazione a convegni e congressi».
Succede così che oggi
medici, infermieri e tutto il personale sanitario «sono costretti a
lavorare in condizioni estremamente difficili». Qualcuno paga,
naturalmente (e non a caso il governo cubano imputa all'embargo non
soltanto i danni economici, ma anche gli immensi "danni umani").
Per esempio, «i genitori del piccolo Johnatan Guerra Blanco, di appena 8
mesi sono due fra i tanti cittadini cubani che possono testimoniare le
loro sofferenze, che sarebbero state minori se si avesse avuto
l'opportunità di acquistare un dispositivo
chiamato "Stent", negato dalla azienda Johnson & Johnson».
Vero Stato-canaglia, gli
Usa vietano infatti, ancor più con le ultime due leggi, anche la vendita
delle apparecchiature mediche, delle specialità farmaceutiche, dei
prodotti biotecnologici. «Tutte le specializzazioni del sistema sanitario
hanno sofferto severi danni in tema di disponibilità di medicine,
materiale monouso, utensili e pezzi di ricambio»: e questo nel momento
stesso - dopo il crollo dell'Urss - in cui è diventato acuto «il
problema della obsoleta tecnologia». Tra gli impatti più negativi,
quelli sulle «prove diagnostiche come raggi X, analisi di laboratorio
clinici e microbiologici, biopsia ed endoscopia».
Far morire, lasciar
morire.
Medicine negate
Per esempio, «l'azienda Murex International Technologies, per evitare le
rappresaglie nordamericane, ha proibito la vendita a Cuba di
apparecchiature di diagnosi, che fino a quel momento era stata realizzata
da una delle sue filiali nel Regno Unito». Per esempio, le imprese cubane
«non possono acquistare apparecchiature di laboratorio di note aziende
come Baxter, Healthcare, Drake Willock, Vitalmex Interamericana, ecc»; né
accedere nemmeno a certi farmaci speciali per la leucemia come l'Oncaspar;
o, a suo tempo, come l'Azt contro il virus Hiv.
Il pane, le medicine. Ma
anche l'acqua. «La situazione dell'acqua potabile e del risanamento
idrico è peggiorata negli ultimi anni. L'accesso delle famiglie cubane
all'acqua potabile è stato limitato dalla mancanza di cloro, nonché dal
deficit di pezzi di ricambio e di componenti per mantenere o riparare gli
impianti di somministrazione e purificazione».
Il Blocco e il suo
carattere assassino.
Maria R. Calderoni