Domenica 20 luglio alle ore 17, presso l’Ambasciata di Cuba a
Roma, si è tenuto un’incontro riguardante la vita, i problemi e le
discriminazioni dei gay, delle lesbiche e dei transessuali a Cuba.
Quest’incontro era stato richiesto dal Pasolini – Coordinamento gay,
lesbiche, bisessuali, transessuali e transgender (glbtt) del Partito dei
Comunisti Italiani e da Informagay – Associazione storica del movimento gay
italiano.
All’incontro ero presente io per il Pasolini ed a nome di Informagay e
Fabrizio Casari (Responsabile dei rapporti con l’America Latina del Partito
dei Comunisti Italiani). Per il governo cubano erano presenti Hugo Ramos Milanés
(consigliere politico), José Carlos Rodriguez Ruiz (consigliere culturale),
Elvira Pena Hernandez (addetta stampa) accompagnati da Mariela Castro Espin,
presidente del Centro Nazionale di Educazione Sessuale.
L’incontro, volto ad ottenere dai rappresentanti del governo cubano
chiarimenti sulla reale situazione degli omosessuali e, nel contempo,
finalizzato a gettare le basi per una collaborazione tra le due associazioni
glbtt italiane e gruppi omosessuali cubani, è stato cordiale e proficuo.
Informazioni
minime necessarie
E’ stato chiarito che a Cuba non esiste nessuna legge che discrimina i gay, le
lesbiche e/o i transessuali. I cubani hanno definito “vecchio e superato da
trent’anni” quanto apparso nell’appello di Arcigay, diffuso per protestare
contro la manifestazione del 28 giugno in favore di Cuba. Nell’appello
dell’associazione si scriveva che : “….l’art. 303 del Codice Penale
tuttora in vigore punisce con un anno di carcere chi rende pubblica la propria
omosessualità, così come chi fa "avances amorose omosessuali".
Questo impedisce agli omosessuali cubani di rendersi visibili, vivere
liberamente la propria identità e le proprie relazioni.
In realtà, il Codice Penale (consultabile all'indirizzo:
http://www.gacetaoficial.cu)
all’art. 299 stabilisce punizioni severe per l’omosessualità quando
esercitata con violenza e/o intimidazione, o quando la vittima sia persona
privata della ragione ed incapace di resistere. Posizione riconfermata anche dal
successivo art. 300, che punisce l’abuso lascivo di una persona del proprio o
dell’altro sesso quando ricorre la circostanza prevista dal comma 1
dell’art. 298 (che sancisce pesantemente i rapporti sessuali con minori).
L’art. 303 prevede invece la reclusione da tre mesi ad un anno per chi
molesta, con allusioni sessuali sul luogo di lavoro, un subordinato (punto a);
chi offende il pudore e il buon costume con esibizioni o atti osceni (punto b);
chi produce e mette in circolazione film, giornali, pubblicazioni e
quant’altro risulti osceno e tenda a degradare i costumi (punto c). Da tutto
ciò si evince che la situazione è, a livello giuridico, assolutamente diversa
da quanto dichiarato da Arcigay.
Certo, in passato la legislazione cubana prevedeva - come altri paesi del mondo
e dell’Europa stessa - norme fortemente discriminatorie nei confronti di
omosessuali e transessuali, ma da oltre venti anni non è più così. A Cuba,
come altrove, nel corso dei decenni sono state apportate modifiche sostanziali
che possono essere così riassunte:
1975:
la Corte Suprema Cubana annulla la Risoluzione n. 3 del Consiglio della Cultura
(sostituito successivamente dal Ministero della Cultura) che applicava la
dichiarazione del Congresso Culturale del 1971, che limitava gli omosessuali nel
campo dell’arte e dell’educazione.
1979:
il nuovo Codice Penale depenalizza l’omosessualità.
2002:
viene proclamata la nuova Costituzione, dove all’art. 42 si stabilisce che
“ogni discriminazione causata da razza, sesso, colore della pelle, origini
nazionali, credo religioso e qualsiasi altra causa lesiva della dignità umana
è punita a norma di legge” e che “le istituzioni statali hanno il compito
di educare tutti i cittadini al principio dell’uguaglianza d’ogni essere
umano”.
Infine,
secondo un’ONG statunitense operante sul tema dei diritti umani, Cuba è oggi
uno dei pochi paesi dove si registrano solo limitate violazioni dei diritti
degli omosessuali ed il Centro Nazionale di Educazione Sessuale è stato
attivato con il compito prioritario di riuscire a combattere un atteggiamento
molto forte e presente in tutta l’America Latina, fondato sui pregiudizi, i
tabù e la difficoltà di un glbtt ad interagire con la propria famiglia e con
una società machista e patriarcale (problematica tipica dei paesi di cultura
latina, Italia compresa).
Nel 1981 il libro “In Difesa dell’Amore” della dottoressa Sigfried Schnabi,
la quale afferma che “l’omosessualità non è un infermità ma una variante
della sessualità umana”, non solo non subì assolutamente alcuna censura del
governo, ma ha ottenuto e ottiene un enorme successo editoriale, risultando uno
dei libri più venduti a Cuba.
Inoltre
a Cuba un transessuale, che abbia effettivamente iniziato un percorso per il
cambiamento di sesso, può ottenere il nuovo documento d’identità ancora
prima di effettuare l’operazione (in Italia lo si ottiene – se va bene - sei
mesi dopo l’operazione).
Infine, ma non meno importante, il Centro Nazionale di Educazione Sessuale sta
collaborando con gruppi di gay e di lesbiche al fine di aiutarli a migliorare la
propria condizione sociale e familiare.
Alcune
brevi considerazioni
Dopo quest’incontro, dopo aver letto attentamente la Costituzione, il Codice
Penale e il Codice Civile della Repubblica Cubana, mi domando come è possibile
che siano state scritte tante menzogne sulla presunta discriminazione degli
omosessuali.
Non è vero che non esistono gruppi di glbtt: è vero che non sono costituiti
come le associazioni qui in Italia, ma si riuniscono e lavorano senza che questo
non venga loro assolutamente impedito.
Non è vero che un glbtt finisce in galera a causa del proprio
orientamento sessuale.
Non è vero che i rapporti omosessuali siano contrastati e puniti per legge.
Certamente è contrastata in maniera dura ogni prostituzione, anche quella
omosessuale, com’è contrastato duramente ogni atto di pedofilia: questo, a
mio avviso, è assolutamente giusto.
Tutto
quello che è stato scritto su Cuba, su come fossero discriminati gli
omosessuali, sono cose successe nei primi anni della Rivoluzione e sarebbe
stupido negarlo, ma da molti anni non è più così.
Ciò non significa che i cubani siano la patria della tolleranza e del rispetto
verso le differenze sessuali. Un popolo all’interno del quale convivono il
sincretismo religioso e la laicità del pensiero, che rivendica le sue radici
culturali, religiose, i suoi costumi e le appartenenze di ogni popolo importato
con la forza dalla storia del colonialismo europeo, risente tanto delle sue
idiosincrasie come della multiculturalità dettata dalla sua storia. La
liberalità dei suoi comportamenti sessuali risente anche di questo, in una
convivenza a volte contraddittoria e curiosa della libertà sessuale
accompagnata da pregiudizi di natura sessuofobica. Non sarebbe difficile
conoscere persone assolutamente evolute sotto il profilo del rispetto e del
riconoscimento di ogni sessualità; contemporaneamente, non mi stupirebbe
incontrare un cubano/a che odi gli omosessuali, che li consideri devianti, da
curare o da punire: questo succede ovunque, perché l’atteggiamento
dell’essere umano nei confronti dell’orientamento sessuale è vario. Se però
il tema è il presunto legame tra sistema politico e intolleranza per i diritti
civili, allora sarà bene ricordare che, in alcuni Stati degli Usa, solo in
questi giorni è stato abolito il reato di sodomia, precedentemente punito con
pene durissime, anche se praticato tra le mura di casa.
Per dipanare ogni dubbio, oltre al caso degli Usa, è opportuno citare altri
paesi – su tutti l’Iran o l’Egitto, quest’ultimo autentico bastione
della democrazia occidentale in Medio Oriente - dove forse esistono leggi che
discriminano e prevedono pene forti nei confronti di persone omosessuali.
L’Irlanda, come l’Italia, sono paesi in cui formalmente non esistono leggi
che ci discriminano, ma dove la cultura popolare non permette certamente
un’esistenza facile alle persone glbtt. Formalmente poi neanche tanto, dal
momento che è stato recentemente varato un Decreto Legge che prevede nel campo
del lavoro non solo discriminazioni basate sull’orientamento sessuale, ma
anche dovute al credo religioso, ad handicap fisici, psichici e addirittura alle
proprie convinzioni personali.
Vi sono infine altri paesi dove vigono leggi che tutelano le coppie glbtt, ma
sono leggi ottenute dopo anni di battaglie e di lotte legali anche dure e
difficili, affiancate da battaglie culturali che non sempre si sono vinte.
Dopo
queste informazioni che ho avuto su Cuba e sulla legislazione cubana in merito
ai glbtt mi sorge spontanea una domanda: ma qual era il vero scopo di tutta
questa propaganda contro Cuba? Era quello di fare abolire leggi discriminanti
nei confronti dei glbtt? Mi spiace ma vi siete svegliati con qualche trentennio
di ritardo… Ci hanno pensato da soli!
Sarei
ipocrita se dicessi di credere che personaggi del calibro di Franco Grillini e
Sergio Lo Giudice, da anni a capo della più grande associazione gay italiana e
vicini al più grande partito della sinistra italiana, possano aver lanciato una
così acre battaglia contro il sistema socialista cubano senza aver a loro volta
reperito informazioni sulla legislazione cubana vigente. Pertanto sono indotta a
credere che un simile accanimento, proprio in occasione di dure prese di
posizione da parte del partito Ds, abbia un valore meramente proditorio, atto a
tener il bordo al partito di riferimento dell’organizzazione Arcigay, i Ds per
l’appunto. Una sorta di contributo associativo (dovuto?) alla forsennata e
isterica campagna dei Ds contro Cuba.
Un simile atteggiamento, oltre a ledere l’autonomia e la laicità
dell’Arcigay, scredita fortemente a livello nazionale ed internazionale questa
associazione, attualmente l’unica ad avere un “potere contrattuale” per
difendere i diritti delle persone glbtt in Italia. Sarebbe importante che detti
dirigenti intraprendessero, come il coordinamento Pasolini ed Informagay, la
strada del dialogo con le istituzioni cubane, riformulando i propri pesanti e
menzogneri giudizi sulla base di dati reali. Si tratta di dialogare per aiutare
i glbtt a Cuba, non il Dipartimento di Stato Usa contro l’isola.
Il coordinamento Pasolini, in collaborazione con Informagay, è pronto a
contattare i gruppi glbtt cubani per fornire il giusto sostegno alle loro
battaglie, così come accetta l’invito al dialogo ed alla cooperazione
proposto dal Centro Nazionale di Educazione Sessuale della Repubblica Cubana. Su
questo tema è in fase di avviamento un progetto per un percorso comune con il
gruppo glbtt della Pds tedesca e la porta sarà aperta a tutti quei partiti - e
a quelle associazioni - che desidereranno, senza prese di posizioni ideologiche
e preconcette contro il sistema, di apportare miglioramenti alle condizioni di
vita delle persone glbtt a Cuba, come nel resto del mondo.
Sarebbe davvero bizzarro, dopo una vita spesa ad esigere rispetto per le nostre
diversità, negare rispetto per un diverso sistema politico e sociale.
Credo che chiunque di noi, se realmente ha a cuore i diritti civili, debba
abbandonare la supponenza occidentale di vivere nella migliore società del
pianeta e saper comprendere i contesti in cui operare, tenendo presente che noi
non siamo portatori di civiltà, ma portatori di rispetto delle differenze,
delle diversità, delle civiltà e delle culture altrui dalle quali abbiamo
ancora molto da imparare!
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