A una settimana dalle
elezioni americane, Amnesty International ha denunciato la responsabilità di
George Bush per la tortura dei prigionieri. “Il governo americano – accusa
un nuovo rapporto dell’organizzazione umanitaria – ha citato la nostra
documentazione sulle torture in Iraq quando gli faceva gioco per
giustificare l’invasione. Però, quando le indicazioni di abusi riguardavano
agenti americani, ha rifiutato di prendere in considerazione le
preoccupazioni delle organizzazioni internazionali”.
Il rapporto pubblicato mercoledì è la posizione più severa da parte di una
istituzione imparziale contro il modo in cui gli Stati Uniti conducono la
guerra al terrorismo. Theresa Richardson, portavoce di Amnesty, ha sostenuto
che la decisione di uscire allo scoperto contro Bush non ha nulla a che
vedere con le elezioni del 2 novembre. Tuttavia ha sottolineato che
l’organizzazione umanitaria è rimasta delusa per il fatto che lo scandalo
delle torture non è stato menzionato nei dibattiti tra George Bush e John
Kerry. “Crediamo – ha detto – che questa sia l’ultima occasione per attirare
l’attenzione dei candidati su un tema così importante. La prevenzione della
tortura è una questione di volontà politica. Chiediamo ai due candidati di
impegnarsi per la nomina di una commissione di inchiesta indipendente e
l’adozione di misure efficaci contro la tortura”.
In America l’appello di Amnesty ha ottenuto scarso risalto sui giornali e
nei notiziari televisivi. L’impatto sulle elezioni potrebbe essere limitato.
Lo scandalo delle torture ha provocato una fiammata di indignazione dopo la
pubblicazione delle fotografie, ma durante la campagna elettorale
l’opposizione ha lasciato cadere la polemica e l’attenzione del pubblico è
stata dirottata verso altri argomenti.
Per questo Amnesty si è rivolta a entrambi i candidati e ha chiesto che si
faccia luce sugli abusi commessi, non soltanto in Iraq, ma in Afghanistan e
nel campo di prigionia di Guantanamo. “Molte domande – sottolinea il
rapporto – rimangono senza risposta e le direttive (del governo americano)
che facilitano le torture rimangono in vigore. L’impegno di rispettare i
diritti umani, ribadito più volte dal governo americano, suona vuoto di
fronte al fatto che non vi è stata una svolta dopo lo scandalo di Abu Ghraib”.
Il rapporto presenta testimonianze e documenti sulle torture, e mette a
confronto la retorica altisonante di Bush con la nuda realtà. Scrivono i
relatori di Amnesty: “L’11 settembre 2001 il presidente George Bush
dichiarò: ’L’America è stata scelta come obiettivo dell’attacco perché noi
siamo il raggio più luminoso di libertà e di progresso nel mondo. Nessuno
impedirà a questo raggio di continuare a risplendere’. Dopo tre anni, il
catalogo di violazioni dei diritti umani commesse dagli agenti americani
racconta una storia molto diversa”.
“La nostra documentazione – prosegue il rapporto – dimostra nei confronti
della tortura una strategia con due facce. Gli Stati Uniti hanno proclamato
la loro opposizione alla tortura in pubblico, mentre in privato cercavano il
modo in cui il loro presidente potesse ordinarla e i loro agenti praticarla
sfuggendo alle norme penali internazionali… Il governo americano ha
affermato ripetutamente che il rispetto dei diritti umani è la strada per la
pace e la sicurezza, ma le condizioni in cui detiene i suoi prigionieri e il
modo in cui li interroga suggeriscono che considera un ostacolo i diritti
fondamentali dell’uomo”.
“Nella migliore delle ipotesi – accusa Amnesty International – il governo
americano ha creato le condizioni per la tortura e per un trattamento
crudele, inumano e degradante dei prigionieri, abbassando le misure di
prevenzione ed evitando di rispondere adeguatamente alle denunce di Amnesty
e di altre organizzazioni. Nella peggiore delle ipotesi, ha autorizzato
tecniche di interrogatorio contrarie al suo impegno di rifiutare la tortura
e rispettare le leggi internazionali”.
Il rapporto insiste sul fatto che gli Stati Uniti si ritengono in diritto di
calpestare le norme di cui si dichiarano custodi e che pretendono di imporre
al resto del mondo: “Vi è una tendenza, tra i militari americani, a
descrivere con nomi gentili le conseguenze della guerra e della violenza: le
uccisioni di civili diventano ‘danni collaterali’, la tortura e il
trattamento crudele dei detenuti diventano ‘tecniche energiche’ i
prigionieri fatti sparire diventano ‘detenuti fantasma’. Si inventano nomi
accettabili per le violazioni dei diritti umani in modo da poterle
tollerare. Il governo americano ha dimostrato una riluttanza notevole nel
chiamare torture i fatti avvenuti ad Abu Ghraib”.
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