La mia prigionia a Guantanamo
di Aljazeera.net
giovedì, 08 luglio 2004
Un
ex detenuto a Guantanamo racconta parte della sua tragica esperienza ai
microfoni di Aljazeera.
L'umiliazione della persona e di quel che ha di più caro sono le ordinarie pratiche di chi fa la "guerra al terrorismo".
Ex detenuto a Guantanamo racconta gli orrori della sua prigionia
Uno degli ex detenuti di Guantanamo rilasciati ultimamente, Wisam ‘Abd ar-Rahman Ahmad, ha descritto quanto è stato pubblicato circa le violazioni avvenute nel carcere di Abu Ghraib come in realtà molto meno pesante rispetto a quel che ha sperimentato nel periodo della sua prigionia a Guantanamo e in Afghanistan.
Al corrispondente di Aljazeera ad Amman Ahmad ha detto che il suo iter di prigionia ebbe inizio in Iran, il quale lo consegnò agli americani, che a loro volta lo condussero a Guantanamo via Afghanistan.
Ahmad ci ha raccontato una parte degli interrogatori condotti nei suoi confronti e delle pratiche oscene cui è stato esposto, per non parlare delle percosse e delle umiliazioni. I soldati americani compivano provocazioni immorali per distruggerlo psicologicamente e gli toglievano i vestiti davanti ad una delle secondine.
Riguardo agli interrogatori, Wisam Ahmad ha detto che l’uomo che li conduceva – il quale si esprimeva in dialetto egiziano – bestemmiava, gli insultava la madre e minacciava di violentare sia lui che sua madre: dopo di che gli fece delle domande sul suo nome, il suo paese, la sua famiglia e i nomi dei suoi fratelli e delle sue sorelle.
Secondo Ahmad l’inquisitore mirava ad una sola questione, e cioè se conoscesse al-Qa‘ida e Bin Laden, ma l’ex detenuto ha assicurato che lui non c’entra né con al-Qa‘ida né con Bin Laden, spiegando che egli si trovava in un posto che gli inquirenti possono verificare tramite i servizi segreti pachistani, i quali avevano informazioni su di lui.
Egli ha poi spiegato che malgrado tutta la guerra psicologica che ha vissuto, fatta anche di botte e di umiliazioni, la cosa peggiore che ha passato è stata l’offesa fatta al Libro di Dio, il Nobile Corano: uno dei militari americani l’ha pestato, mentre un altro nella base di Kandahar l’ha tirato nel gabinetto. Nella base di Bagram, vicina alla capitale Kabul, un militare ed una donna si sono presentati nella sua cella, e la donna ha gettato il Corano a terra, poi l’ha aperto e l’ha porto ad un cane che abbaiava affinché lo annusasse.
Val la pena di segnalare che la Corte Suprema degli Stati Uniti ha deciso alla fine dello scorso mese che i tribunali americani possono valutare la legittimità della detenzione a Guantanamo di stranieri arrestati all’estero coinvolti in atti di violenza e detenuti nella base di Guantanamo. La decisione giunge nel mezzo di ampie critiche rivolte al cattivo trattamento dei prigionieri da parte degli USA sia in Iraq che in Afghanistan. Alcuni di loro sono stati sequestrati per più di due anni a Guantanamo, senza che mai venissero ascoltati.
Nella base di Guantanamo si trovano circa 600 persone - per la maggior parte fatte prigioniere in Afghanistan nell’ambito della guerra condotta da Washington al cosiddetto terrorismo nell’autunno 2001 – senza che fosse rivolta loro alcuna accusa e senza che potessero ingaggiare un avvocato o beneficiare della prevista condizione di prigionieri di guerra.
fonte: Aljazeera.net, 7 luglio 2004
traduzione di Enrico Galoppini