Abu Ghraib e Guantanamo: rivelati

 

nuovi abusi contro detenuti

 

   WASHINGTON, 1 dic.'04 - Swissinfo

 

 

 

 

 

 

Nuovi abusi inflitti dai soldati USA ai prigionieri iracheni erano stati rivelati al Pentagono fin dal dicembre 2003 in un rapporto confidenziale destinato ai generali americani in Iraq e pubblicato oggi dal quotidiano 'Washington Post' ( http://www.uruknet.info/?p=7718 ).

Gli abusi, emersi settimane prima di quelli scoperti nel carcere di Abu Ghraib, sarebbero stati commessi dalle truppe d'elite della 'Task Force 20', una squadra speciale incaricata di operazioni segrete (compresa la caccia a Saddam Hussein).

Le squadre, composte da Army Rangers, Delta Force e agenti della CIA, avrebbero usato metodi violenti per costringere i prigionieri a parlare. Il rapporto condanna anche il metodo di arrestare congiunti delle persone ricercate, in particolare donne, per costringere gli individui fuggiti a consegnarsi alle forze militari USA. "È un sistema che ha il sapore dell'uso di ostaggi", osserva il rapporto compilato dal colonnello in pensione Stuart Herrington.

Il documento era stato consegnato ai comandanti militari Usa in Iraq nel dicembre 2002. Il mese successivo, grazie ad una serie di foto esplicite, esplodeva lo scandalo del carcere di Abu Ghraib (ma gli abusi sarebbero stati tenuti segreti dal Pentagono per alcuni mesi).

La 'Task Force 20' aveva adottato il sistema, poi condannato dal Pentagono, dei 'detenuti fantasma', prigionieri non registrati tenuti in località segrete, non accessibili alle ispezioni, e sottoposti ad abusi e maltrattamenti.

Il rapporto Herrington conferma che gli abusi nei confronti dei detenuti non erano limitati al 'carcere degli orrori' di Abu Ghraib (alla periferia di Baghdad) ma erano estesi ad altre unità americane.

Le operazioni della 'Task Force 20' (poi ribattezzata 'Task Force 121') erano quasi tutte segrete: gli ufficiali dei reparti speciali rispondevano spesso direttamente ai comandanti a Washington.

Il Pentagono aveva avviato mesi fa una revisione dei metodi usati dalle Squadre Speciali americane in Iraq, affidando l'inchiesta al generale Richard Formica, ma il documento non sarebbe ancora stato completato.

Le vicende delle torture inflitte ai detenuti sono tornate alla ribalta negli Stati Uniti dopo che un rapporto confidenziale del Comitato Internazionale della Croce Rossa (Cicr) ha accusato gli Stati Uniti di usare metodi "equivalenti alla tortura" nella base-carcere di Guantanamo nei confronti dei sospetti terroristi detenuti nell'isola.

Il Pentagono ha respinto con vigore le accuse riaffermando che tutti i prigionieri di Guantanamo sono trattati "in modo umano" (anche se non viene a loro riconosciuto lo status di 'prigionieri di guerra' e le garanzie previste dalla Convenzione di Ginevra). Dirigenti della Croce Rossa hanno chiesto una nuova serie di colloqui con le autorità americane per esporre le preoccupazioni della organizzazione umanitaria sulla situazione a Guantanamo.

A riportare alla ribalta la vicenda degli abusi dei detenuti ha contribuito il ritorno oggi davanti ad un tribunale militare a Fort Bragg (Nord Carolina), per la prima volta da quando è diventata madre in ottobre, della soldatessa Lynndie England, le cui immagini col detenuto nudo al guinzaglio hanno fatto il giro del mondo.

La England, che si proclama innocente, sostiene di avere eseguito gli ordini dei superiori che avevano chiesto di 'ammorbidire' i detenuti prima degli interrogatori.

I legali della England hanno chiesto oggi al giudice militare di annullare le dichiarazioni fatte dalla soldatessa in gennaio agli inquirenti del Pentagono dopo che erano emerse le immagini delle umiliazioni inflitte ai prigionieri. La soldatessa aveva detto allora che con i suoi commilitoni "stava scherzando, per divertirsi un pò e spezzare la noia del turno notturno".

La England, incriminata insieme ad altri sei membri della sua unità di Polizia Militare, rischia fino a 38 anni di carcere. Il processo entrerà nel vivo, esaurita la fase preliminare, a partire dal 18 gennaio prossimo.

L'indirizzo originale di quest'articolo è:www.swissinfo.org/sit/Swissinfo.html?siteSect=143&sid=5377800