Neppure un minuto è trascorso, e intanto, in Africa, un bambino è già morto di Aids: 600 mila nell’anno 2000. E quell’altro bambino, che nel frattempo è nato nel Botswana, ha un’aspettativa di vita di 40 anni: vent’anni fa poteva sperare di arrivare ai 60—62, adesso non più. L’Africa, per questo, è come l’antica Roma, ma sono passati più di venti secoli da allora. Sedici milioni di bambini africani sono già orfani: l’albero delle popolazioni, nel 2020, risulterà tagliato, in mezzo alla chioma, di due generazioni. Come si capisce, un problema non solo sanitario, ma sociale ed economico insieme. L’Aids è divenuto la causa di morte che più incide sugli africani: in Italia, negli ultimi cinque anni, le statistiche parlano di uno straordinario abbattimento della mortalità in questione, 5000 persone cinque anni fa, 300 l’anno scorso. Ma in Africa, e in molti paesi del terzo mondo, non si può convivere con l’Aids: si può solo morirne. E’ nel cosiddetto "nord del mondo" che le cure hanno il loro effetto: non si tratta solo di farmaci, ma delle molte altre cose connesse ai farmaci, la loro distribuzione, il loro inserirsi in strutture sanitarie adeguate. Però, almeno, cominciamo dai farmaci, dicono alcuni. Tra questi da pochi giorni è Fidel Castro.
Il leader cubano ha lanciato una sfida e una promessa:
Cuba, che ha una struttura industriale farmaceutica sicuramente adeguata per la produzione di ogni ritrovato farmacologico, ha deciso di produrre alcuni dei farmaci che i paesi ricchi del mondo tengono sotto brevetto e distribuiscono ad alto costo.
Una terapia contro l’Aids costa oltre 10 mila dollari (cioè 25 milioni al cambio attuale): ci sono molti Paesi, in Africa, la cui spesa sanitaria pro capite è di 5 dollari, poco più di diecimila lire. E’, quello annunciato da Fidel Castro, una specie di "disembargo", lui che di embargo si intende: rimuovere il maggior ostacolo alla globalizzazione delle cure sanitarie, il loro costo. Per questo Castro ha detto di appoggiare le iniziative del Brasile e del Sudafrica, che già si sono schierate nello stesso senso, attaccate rispettivamente presso il WTO dagli Stati Uniti e presso i tribunali sudafricani da 41 tra le maggiori aziende farmaceutiche del mondo che non vogliono perdere la posizione di monopolista da brevetto.
Prima la vita, poi i profitti, cantavano giorni fa migliaia di sudafricani in marcia per la difesa della legge che autorizza la produzione di farmaci senza tener conto dei brevetti (cosa che del resto già si fa, ad esempio, in India). La legge, voluta da Nelson Mandela nel 1997, è rimasta finora sulla carta proprio per le opposizioni e i cavilli legali: sono abbastanza ottimista che il Governo vincerà la causa, ha detto il ministro sudafricano della sanità Manto Tshabalala Msimang. La dichiarazione di Fidel Castro certamente gli darà una mano. E l’eventuale, e sicura data la provenienza, attuazione del programma del lider maximo, contribuirà comunque alla causa del "prima la vita, poi i profitti". La cui discussione è stata subito rinviata dal tribunale di Pretoria (prossima udienza il 18 aprile) ma che ha già avuto altri effetti: anche il governo del Kenya si è dichiarato pronto ad una legge analoga ed alcune multinazionali farmaceutiche, temendo il peggio, cioè l’abbattimento totale del profitto (in India le produzioni di farmaci generici hanno portato a prezzi inferiori del 95 per cento a quelli brevettati), alcune multinazionali hanno deciso già in proprio di abbassare i prezzi.
Per la verità storica, o semplicemente per la cronaca, c’è da aggiungere che la guerra all’embargo Fidel Castro non intende combatterla solo in nome dei bambini del terzo mondo, che sempre bambini e comunque di questo mondo sono, ma anche nel nome del rum. Anche a questa produzione ha fatto riferimento Fidel: gli Stati Uniti hanno autorizzato da tempo la produzione, sotto l’etichetta dell’Havana Club, di rum da parte di esuli cubani, accampando la scappatoia che il marchio è stato nazionalizzato dalla Cuba castrista. «E noi, ha detto Castro, cominceremo a produrre il rum Bacardi a costi di gran lunga inferiori»: è una doppia minaccia, giacché va a colpire interessi vastissimi americani e in particolare la Bacardi, che finanzia gli esuli cubani e i comitati di appoggio all’embargo.