Nel giugno di 50 anni fa, gli Stati Uniti rovesciarono il
governo legittimo e democraticamente eletto del Guatemala. Si trattò della prima
azione segreta della CIA in America Latina che comportò l’ascesa di una serie di
regimi militari e cambiò così il corso della storia.
Da qualche tempo al telegiornale si sente spesso parlare di democrazia. Al G8 in
Georgia uno degli argomenti principali del programma era la democratizzazione
del Medio Oriente. La recente commemorazione dell’anniversario della liberazione
e la scomparsa del presidente Reagan hanno risvegliato numerosi dibattiti sulla
difesa e sulla diffusione della democrazia.
In mezzo a tutte queste notizie è passato in un certo senso inosservato
l’anniversario di un evento decisivo nella storia moderna della democrazia.
Proprio 50 anni fa, infatti, nel giugno 1954, gli Stati Uniti rovesciarono il
governo legittimo e democraticamente eletto del Guatemala. Si trattò della prima
pesante azione segreta della CIA in America Latina, azione che comportò l’ascesa
di una serie di regimi militari in tutta la regione e cambiò così il corso della
storia.
Quello del 1954 in Guatemala fu un vero e proprio crimine e poiché fu il governo
degli Stati Uniti a commissionarlo, i cittadini americani sono tenuti a
commemorarlo.
Negli anni Quaranta, dopo essersi liberato dal regime dittatoriale, il Guatemala
godette finalmente di elezioni democratiche che si conclusero nel 1950 con il
65% dei voti a favore di Jacobo Arbenz. Il compito del neopresidente era quello
di modernizzare il paese. Si adoperò per garantire salari più alti e diritti ai
lavoratori, investì maggiormente nelle infrastrutture e nell’istruzione e
promosse una riforma agraria in linea con la politica antimonopolista
dell’America Centrale, che mirava a suddividere i vasti appezzamenti di terra
incolta in migliaia di fattorie a conduzione familiare. Il presidente stesso
perse 1700 acri di terra a seguito di questo programma di riforma.
Questa riforma incontrò tuttavia un grosso ostacolo nella United Fruit Company,
una potente multinazionale proprietaria di più di mezzo milione di acri di terra
in Guatemala che controllava non solo la rete telegrafica e ferroviaria del
paese ma anche l’unico scalo marittimo sull’Atlantico. La multinazionale era in
stretto rapporto con Washington poiché il Segretario di Stato John Foster Dulles
e suo fratello Allen Dulles, direttore della CIA, avevano grossi vincoli
finanziari nei confronti della United Fruit. Entrambi si opposero fermamente
alla proposta di Arbenz di nazionalizzare e ridistribuire 390000 acri di terra
incolta di proprietà della multinazionale.
La United Fruit diede grande impulso alle relazioni pubbliche e diffuse la
notizia che il Guatemala fosse sotto il controllo dei comunisti. Riviste come il
Reader’s Digest, il Saturday Evening Post e telegiornali come NBC News
contribuirono a fomentare questo terrore rosso. La verità era che, nonostante il
partito comunista in Guatemala fosse legale, non superò mai i 4.000 iscritti, in
una nazione che contava quasi tre milioni di persone. Nella coalizione del
governo Arbenz, solo 4 dei 52 deputati erano comunisti e nessuno di loro era
membro del Gabinetto di Governo.
“Operation Success”, era il nome dell’operazione con la quale la CIA, nel giugno
1954, destituì con la forza il governo Arbenz e installò il “liberatore” scelto
Castillo Armas, il quale senza esitazioni, abrogò la riforma agraria, destituì i
partiti politici, bandì la maggior parte dei sindacati e delle attività
politiche della sinistra, assunse il responsabile dei servizi segreti della
vecchia dittatura, censurò la stampa e bruciò molti libri.
L’ambasciatore americano presentò al nuovo governo una lista di abitanti
destinati ad essere assassinati immediatamente per mano della CIA.
Per un breve periodo, i funzionari americani sembravano impegnati a migliorare
il destino della popolazione. Durante la sua visita nel 1955 il vice presidente
Richard Nixon dichiarò che il compito statunitense verso il nuovo regime era
quello di riuscire “in due anni a fare di più per le persone di quanto i
comunisti non sarebbero riusciti a fare in dieci.”
Affermare che l’obiettivo di Nixon non fu raggiunto non sarebbe del tutto
appropriato. D’altro canto, il Guatemala dovette attendere più di trent’anni
prima di poter godere nuovamente di elezioni ragionevolmente democratiche. Il
colpo della CIA sfociò in una notte di torture, repressioni e terrorismo statale
che causò la morte di quasi 200mila guatemaltechi. Tra le vittime ci furono
suore, preti, insegnanti, studenti, sindacalisti, indigeni Maya e altre
categorie etichettate come “sovversive”. Durante i decenni di repressione, i
funzionari statali americani fomentavano il terrore con le armi, l’addestramento
militare, le coperture diplomatiche e i servizi segreti.
Nel 1999 la commissione per scoprire la verità inviata dalle Nazioni Unite
scoprì che, negli anni Ottanta, il terrorismo statale era sfociato nel genocidio
di intere comunità Maya, cancellate dalla faccia della terra con la complicità
attiva dell’amministrazione Reagan. Nonostante nel 1998 il presidente Clinton
porse le sue scuse alla popolazione del Guatemala per gli abusi di regime che il
governo americano aveva segretamente coperto in passato, il retaggio del colpo
inflitto dalla CIA e i decenni di violenze continuarono.
Il rapporto 2004 di Amnesty International dichiara che “un livello tale di abuso
dei diritti umani come quello perpetrato in Guatemala non si vedeva da molto
tempo”. Le vittime oggi sono principalmente giornalisti, gente che si occupa di
diritti umani e legali e contadini coinvolti in dispute agrarie. Gli adulti
analfabeti costituiscono il 25%, la povertà dilaga e il Guatemala, oggi, è uno
dei paesi che soffre maggiormente la disparità sociale. Washington sembra essere
soddisfatta.
Nel 1954 il Guatemala costituì un precedente. I governi eletti in Brasile,
Cile, Nicaragua furono destinati ad una sorte simile e altri, come Argentina e
Uruguay, caddero indirettamente.
Gli Stati Uniti continuano a condurre una politica cosiddetta "di vicinato"
tutt’altro che buona. Anche di recente il governo USA ha sconvolto o interferito
ampiamente con i processi di democratizzazione ad Haiti, in Venezuela e in El
Salvador.
Ricordare cos’è successo in Guatemala è giusto ma non basta. I leader della
sicurezza nazionale americana dovrebbero in realtà evitare di appoggiare
formalmente la democrazia e di sconvolgerla poi nei fatti. Tanto per cominciare
si dovrebbe smettere di applaudire i pezzi grossi di Washington che hanno
mostrato cosi scarso rispetto per le istituzioni democratiche.
Abbiamo bisogno di atti formali d’accusa, di vedere arresti e prigionieri;
abbiamo bisogno di processi negli Stati Uniti ma, prima ancora, di processi
davanti alla Corte Penale Internazionale.
Questo è ciò che dobbiamo al Guatemala.
Arnold J. Oliver, professore di scienze politiche a
Heidelberg, college di Tiffin, nell’Ohio.
Per contattarlo:
soliver@heidelberg.edu
Tradotto da Rossella Resi, fonte:www.commondreams.org/views04/0618-13.htm
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