Londra, 16/10/2004
E' Aleida l'ospite più atteso e ricercato di questa terza edizione del Forum
Sociale Europeo: una simpatica signora quarantenne, dal sorriso aperto e dalla
parlantina sciolta. E quando questa signora incrocia il tuo sguardo, per un
attimo hai quasi un sussulto. Perché il suo sguardo e' identico a quello del
padre. Il Che. E' arrivata da Cuba, dove risiede ed esercita la professione di
pediatra, ieri pomeriggio, grazie all'organizzazione "Cuba Solidarity Campaign".
L'abbiamo incontrata pochi minuti prima della conferenza stampa.
Compañera, cosa si prova a partecipare a quest'edizione del
Forum Sociale Europeo?
Essere la figlia del Che significa che la gente si interessa a te e ascolta
quello che hai da dire. In questo modo ho la possibilità di parlare di Cuba e
dire tante cose di cui solitamente i media non parlano. La mia partecipazione al
Forum significa quindi essere utilizzata nel miglior modo possibile, a beneficio
del popolo cubano.
Tuo padre e' una delle maggiori icone del ventesimo secolo. Cosa
si prova a vedere il suo volto dappertutto, dalle magliette ai dischi?
Noi figli del Che dobbiamo confrontarci continuamente con l'immagine
iconografica di nostro padre. Vedere la sua immagine sulle magliette o sulle
bandiere di protesta e' una bella cosa per noi. Sempre che si tratti di una
giusta causa.
Non ci piace quando il suo volto viene utilizzato da operazioni di marketing di
compagnie capitaliste. Non credo sia giusto in quel caso. Abbiamo bisogno di
persone che conoscano meglio l'opera di mio padre e che possano mettere in
pratica il suo esempio nelle loro vite.
Nessuno può essere come Cristo ma, se solo lo volessimo, tutti noi potremmo
essere come il Che.
Cos'ha significato la rivoluzione cubana per il Sud america?
La rivoluzione cubana ha reso il cammino più difficile per gli altri paesi
latino americani, perché gli Stati Uniti, dopo aver assistito a una rivoluzione
che si e' consumata proprio sotto i loro occhi, a due passi da loro, hanno
intensificato l'aggressione contro il resto della popolazione latinoamericana.
Si e' parlato e si continua a parlare della questione del
diritto alla libertà di opinione in un paese come Cuba ...
Vedi, Cuba e' un paese socialista e nel socialismo la voce e' quella della
maggioranza della gente. Credo che la maggior parte dei cubani si riconosca in
questo tipo di società, dove possiamo esprimere le nostre opinioni e,
soprattutto, esigere delle risposte.
A Cuba non accadrà mai quello che si e' invece verificato in un paese
"democratico" come la Spagna, dove Aznar ha ignorato la voce di oltre il 90%
della popolazione, che aveva espresso il suo no alla guerra in Iraq.
Da noi, quando il popolo dice no, significa no. E questo posso assicurarvelo. In
questo senso, l'Unione Europea ha qualcosa da imparare dalla nostra "democrazia"
...
Se si condanna la pena di morte, allora si devono condannare anche le migliaia
di morti provocate da guerre ingiuste nel mondo. E condannare ugualmente gli
Stati Uniti per la prigione di Guantanamo. Quando l'Unione Europea sanzionerà
gli Stati Uniti per queste azioni, allora noi cubani potremmo dire di essere
giudicati su un piano egalitario.
Quali sono le prospettive di Cuba dopo Fidel Castro?
Continuo a pormi questa domanda. Indubbiamente sarà una situazione difficile,
perché Fidel e' amato e rispettato dalla maggior parte del popolo cubano. E' un
uomo molto speciale.
Ma e' anche vero che molti sono gli uomini e le donne che hanno guidato Cuba
nella rivoluzione e che credono nei suoi valori. Sicuramente non potrà mai
essere la stessa cosa, ma credo fermamente che noi cubani continueremo nel
nostro cammino perché sappiamo - e vogliamo - continuare a vivere in questa
maniera.
di Marina Spironetti
da
www.articolo21.com
22/10/2004
di Aleida Guevara da The Guardian
Qualche tempo fa ho visitato il
Brasile. Mi si è stretto il cuore.
Com’è possibile che ci siano persone, soprattutto bambini, che vivono o
sopravvivono in tali condizioni? Come può essere tollerata una situazione del
genere? Lì, in Brasile, pensavo che noi esseri umani dovremmo avere un limite di
sopportazione e che, in un modo o nell’altro, dovremmo decidere se sia meglio
morire di fame o morire combattendo nel tentativo di cambiare le cose.
È estremamente pericoloso per l’umanità che il presidente più potente del mondo
affermi pubblicamente di parlare con Dio e di agire in suo nome. Cosa rimane in
serbo per noi? Più di ciò che sta accadendo oggi in Afghanistan o in Iraq?
Questo è il futuro dei nostri figli? Dobbiamo unire le nostre forze per
scongiurare un futuro del genere.
Oggi, più che mai, è importante il fatto che migliaia di persone si stiano
unendo per affrontare questa situazione e stiano cercando alternative per un
mondo più giusto ed equo.
Per me è un grande onore rappresentare la mia gente all’European Social Forum
questa settimana a Londra (15-17 ottobre 2004, n.d.t). Quando dico “la mia
gente” mi riferisco al mio continente, al sangue mandingo, congolese o nigeriano
che scorre nelle mie vene.
Mi riferisco anche alla sapiente cultura asiatica che è parte integrante della
nostra cultura. Mi sento in grado di fare questo perchè sono stata educata a
rispettare e ad accogliere altre culture, pur non comprendendole nella loro
interezza. Sin da giovane ho capito quanto avesse ragione Benito Juárez, lo
straordinario patriota messicano, quando diceva: “Il cammino verso la pace
consiste nel rispettare i diritti altrui”.
Qualche tempo fa ho visitato il Brasile per la prima volta. Mi si è stretto il
cuore, nel vero senso della parola, tanto che pensavo quel dolore non mi avrebbe
fatto proseguire. Vedere i bambini vivere in pessime condizioni ed essere
costretti da gente senza scrupoli a prostituirsi e spacciare droga, tutto questo
mi ha fatto veramente infuriare, perché il Brasile è uno dei paesi più ricchi
del mio continente, con molte più risorse naturali di quante se ne possano
immaginare, con vaste distese di terra fertilissima e bestiame sufficiente a
sfamare l’intero continente.
Com’è possibile che ci siano persone, soprattutto bambini, che vivono o
sopravvivono in tali condizioni? Come può essere tollerata una situazione del
genere?
Lì, in Brasile, pensavo che noi esseri umani dovremmo avere un limite di
sopportazione e che, in un modo o nell’altro, dovremmo decidere se sia meglio
morire di fame o morire combattendo nel tentativo di cambiare le cose. Poi ho
pensato che il mio modo di ragionare poteva dipendere dall’essere cresciuta in
una società socialista, con un diverso livello culturale e professionale e una
diversa ideologia. Ma nessuna di queste cose è importante quando dei bambini
muoiono davanti ai tuoi occhi e nessuno è disposto ad tendere una mano in segno
di aiuto. Non importa chi tu sia, uomo o donna - non si può continuare a vivere
così.
Ecco ciò che Rosa, una donna brasiliana come tante, mi ha mostrato. Non solo ha
detto le cose che ho appena scritto, ma è anche passata ai fatti: è morta
difendendo un pezzo di terra per sfamare i propri figli. È per madri come Rosa
che faccio sentire la mia voce, ed è per Rosa e per molte altre persone che ci
dobbiamo muovere.
Le politiche neoliberiste stanno distruggendo il mio continente. Ora importiamo
granaglie ma una volta ne eravamo i maggiori produttori. E succede anche che il
grano che produciamo non ci appartiene più.
Non possiamo andare avanti così. È importante che in Europa uomini e donne
onesti aprano gli occhi sulla realtà del debito storico che hanno verso la
nostra gente.
È solo in virtù della ricchezza sottratta alle nostre terre e alla nostra gente
che i loro attuali standard di vita sono possibili.
Quando tutto questo verrà fermato? C’è bisogno di una risposta urgente. Il tempo
scorre veloce e può succedere che, nel momento in cui ci accorgiamo di ciò che
abbiamo perso, non avremo più un posto dove vivere.
Tutti abbiamo bisogno di vivere in un mondo migliore. La solidarietà e l’unione
sono indispensabili di questi tempi. Facciamo del nostro meglio. È probabile che
solo l’essere umano sia in grado di sognare. Non lo so. L’unica cosa che so è
che abbiamo solo la capacità di far avverare i nostri sogni.
Un mondo migliore è possibile.
La sfida sta nell’essere capaci di agire, piuttosto che parlare.
Aleida Guevara è pediatra e figlia maggiore di Ernesto
“Che” Guevara. Lavora al William Soler Children’s Hospital a L’Avana ed ha
lavorato anche in Angola, Ecuador e Nicaragua. È autrice del libro Chávez:
Venezuela and the new Latin America.
Traduzione di Andrea Strallo
per Nuovi Mondi Media
Fonte:
http://www.guardian.co.uk/comment/story/0,3604,1325928,00.html