Signor
Presidente,
Prima di pronunciare il
mio discorso, voglio esprimere, a nome di Cuba, le più sentite
condoglianze ai familiari delle vittime, agli Stati Uniti, alla Repubblica
Dominicana e agli altri paesi qui rappresentati che hanno perso dei
cittadini tra i numerosi passeggeri e membri dell’equipaggio del volo
587 della compagnia American Airlines, morti nella tragedia di ieri.
Signor
Presidente:
Bisogna fermare la
guerra in Afghanistan. Il
governo degli Stati Uniti deve riconoscere che si è sbagliato, e deve
fermare la sua inefficace e ingiustificata campagna di bombardamenti
contro questo popolo.
Per i risultati, questa
guerra sembra aver scelto come nemici i bambini, la popolazione civile,
gli ospedali e le installazioni della Croce Rossa Internazionale. Per i metodi usati, non ci sarebbe voce onesta in questa sala
che si alzi per difendere una carneficina interminabile, fatta con
l’armamento più sofisticato, di un popolo spogliato di tutto, affamato
e indifeso. Per i suoi
dubbiosi propositi, questa guerra non potrà mai essere giustificata dal
punto di vista dell’etica e del diritto internazionale.
Un giorno i responsabili
saranno giudicati dalla storia.
Sin dall’inizio Cuba
si è opposta a questa guerra come metodo assurdo ed inefficace per
sradicare il terrorismo, e ripete che essa potrà soltanto portare odio
assieme ai pericoli crescenti di nuove azioni di tale genere.
Nessuno ha il diritto di continuare ad assassinare bambini,
aggravando la crisi umanitaria, portando alla miseria ed alla morte
milioni di rifugiati.
Se gli Stati Uniti
dovessero ottenere una vittoria militare liquidando ogni resistenza
regolare ed irregolare afgana, una cosa per niente facile nella pratica e
straordinariamente costosa nell’ordine morale, poiché implicherebbe un
vero genocidio senza raggiungere l’obiettivo che dobbiamo cercare, ed il
mondo sarebbe più lontano che mai dal raggiungere la pace, la sicurezza e
lo sradicamento del terrorismo.
La parola di Cuba non
si fonda su un sentimento di rancore contro chi è stato il nostro
avversario incarnato per più di 40 anni.
S’ispira a un sincero spirito costruttivo e a sentimenti di
rispetto e amicizia nei confronti del popolo degli Stati Uniti che ha
sofferto l'ingiustificabile e atroce atto terroristico.
Si basa, inoltre, nell’aspirazione di pace e giustizia per tutti
i popoli del mondo.
Ciò che Cuba esprime
in questa sala con tutta franchezza potrà oggi non piacere a coloro che
oggi dirigono gli Stati Uniti, però sarà capito un giorno dal popolo
nordamericano, della cui nobiltà e sentimento di giustizia il popolo
cubano ebbe prove, quando contò sull’appoggio dell’80%
dell’opinione pubblica di questo paese, nella nostra lotta per impedire
che un bambino sequestrato fosse strappato alla sua famiglia e sottoposto
a grossolane manipolazioni politiche e a crudeli torture psicologiche.
Ciò che Cuba dice da
questa tribuna, lo sappiamo bene, è ciò che molti commentano nei
corridoi di questo edificio.
Di che coalizione si
parla? Che sostiene la sua
legittimità, se ha cominciato ignorando scandalosamente l’Assemblea
Generale delle Nazioni Unite? Gli
Stati Uniti non hanno cercato la collaborazione internazionale; bensì
hanno imposto, in modo unilaterale, la loro guerra ed hanno proclamato
insolitamente che chi non è con loro è con il terrorismo.
Fino a quando durerà il precario appoggio ottenuto non dalla
comunione di obiettivi e dalla concertazione volontaria, bensì
dall’imposizione mediante la minaccia e le pressioni?
Si può essere il più
forte, però non necessariamente avere ragione.
Si può incutere timore, però non simpatia e rispetto.
Soltanto da un’autentica collaborazione internazionale, a cui
possano partecipare tutti i paesi, grandi e piccoli, con piena
comprensione della posizione di tutti, con ampiezza di spirito e di
tolleranza nei metodi, nell’ambito dell’Organizzazione delle Nazioni
Unite e del rispetto assoluto dei principi proclamati nella sua Carta,
potrà nascere un’alleanza realmente efficace e durevole per lottare
contro il terrorismo.
Il mondo ha ricevuto
con sorpresa l’annuncio ufficiale degli Stati Uniti al Consiglio di
Sicurezza che si riservava il diritto di decidere di attaccare nel futuro
altri paesi. Dopo
ciò, che cosa resta della Carta delle Nazioni Unite?
Si può forse capire questa minaccia senza precedenti come un
esercizio del diritto alla legittima difesa, stipulato nella Carta come
diritto di uno Stato per affrontare l’aggressione fino a che il
Consiglio prenda le misure necessarie, e non come un infame pretesto per
scatenare aggressioni contro altri paesi?
E’ o non è questo
annuncio la proclamazione del diritto di una superpotenza a passare sopra
le già deboli ed incomplete norme che proteggono la sovranità, la
sicurezza e i diritti dei popoli?
Cuba rifiuta
serenamente e fermamente questo linguaggio.
Non diciamo questo precisamente preoccupati per la nostra
sicurezza, poiché non esiste forza al mondo capace di schiacciare il
nostro spirito di indipendenza, di libertà, di giustizia sociale e il
coraggio di difenderlo a qualunque prezzo.
Lo diciamo perché siamo convinti che è ancora possibile fermare
l’escalation di una guerra inutile e brutale che minaccia di far
sprofondare ancora di più nella disperazione, nell’insicurezza e nella
morte i popoli poveri del pianeta, che non sono colpevoli di nessun atto
terroristico, però saranno – e lo sono già – vittime principali di
questa insensatezza.
Soltanto sotto la
leadership delle Nazioni Unite potremo sconfiggere il terrorismo.
Il cammino per fare questo è la cooperazione e non la guerra.
La coordinazione di azioni e non l’imposizione è il metodo.
Sradicare il terrorismo, sconfiggendo tra l’altro le sue cause,
dev’essere uno dei nostri obiettivi, e non quello dell’affermazione
egemonica del potere di una superpotenza, rendendoci complici della sua
arroganza e arbitrarietà.
Perciò Cuba, che ha già
risposto all’appello del Segretario Generale esprimendo la sua decisione
di ratificare immediatamente tutti gli strumenti giuridici internazionali
in materia di terrorismo, appoggia decisamente l’adozione di una
convenzione generale sul terrorismo internazionale.
Ovviamente, questo solo sarebbe possibile nell’ambito di questa
Assemblea Generale, ignorata adesso dai promotori della nuova campagna,
dove, tuttavia, sono state approvate negli ultimi dieci anni, di fronte al
silenzio e all’apatia del Consiglio di Sicurezza, le principali
risoluzioni e dichiarazioni in favore dello sviluppo di una lotta frontale
contro il terrorismo.
Questo ci permetterà
finalmente di precisare con esattezza la definizione di terrorismo.
Bisogna impedire che pochi interessati cerchino di qualificare come
tale il diritto dei popoli di lottare per la loro autodeterminazione o
contro l’aggressione straniera. Bisogna stabilire con chiarezza che l’appoggio,
l’incitamento, il finanziamento o l’occultamento di azioni
terroristiche da parte di uno Stato è anch’esso un atto di terrorismo.
Cuba, che sta lavorando
per dotarsi, in breve tempo, di una propria Legge contro il Terrorismo,
appoggia senza riserve la convocazione di una conferenza internazionale
sul terrorismo, sotto l’egida delle Nazioni Unite.
Questa è stata una vecchia aspirazione del Movimento dei Paesi Non
Allineati, e dovrà permetterci di trovare, come frutto di discussione
aperta, dell’azione collettiva, della concertazione rispettosa e non
discriminatoria, e non della minaccia, del terrore e della forza, il
cammino per lo sradicamento definitivo del terrorismo e delle sue cause;
non soltanto del terrorismo commesso contro gli Stati Uniti, ma anche di
quello commesso contro qualunque altro paese, persino dal territorio degli
Stati Uniti o con la tolleranza o la complicità delle loro autorità,
com’è stata la dolorosa esperienza di Cuba per più di quattro decenni.
Signor
Presidente,
Solo 4 giorni fa gli
organi della la stampa pakistana pubblicarono le dichiarazioni, attribuite
ad un personaggio molto popolare e molto conosciuto negli Stati Uniti, in
cui, dal territorio afgano, dichiara di possedere armi chimiche e nucleari
e minaccia di utilizzarle contro gli Stati Uniti nel caso in cui armi
simili vengano lanciate contro l’Afghanistan.
Tutto il monda sa che
in Afghanistan non esiste la benché minima possibilità di produrre e
lanciare armi nucleari e chimiche. Unicamente
si può concepire l’idea che un capo o un’organizzazione terrorista
possa avere in mente di realizzare un’azione di questo tipo con armi
nucleari o chimiche. In
teoria questo è possibile e una delle conseguenze dell’irresponsabilità
di importanti potenze nucleari sono il commercio di armi, la corruzione ed
il travaso illecito di ogni tipo di tecnologia militare.
Varie di queste potenze sono state complici ed hanno partecipato,
per i propri interessi, nel travaso di materiale fissile e del
trasferimento di tecnologie nucleari; però sarebbe ridicolo ricorrere a
minacce di questo tipo nelle attuali condizioni della guerra in Afghanistan.
E chi dovesse farlo dimostra un’enorme ignoranza politica e militare.
Se non si è in possesso di tali mezzi, questo risulterebbe essere
un pericoloso bluff, e se non si fosse in possesso di esso, sarebbe una
vera pazzia minacciare di usarlo.
Se tali minacce,
contenute nella dichiarazione pubblicata in due giornali pakistani,
fossero certe meritano la più energica condanna, anche nel caso che tali
armi venissero utilizzate contro l’Afghanistan.
Tale reazione sarebbe stupida, perché in questo caso l’unica
risorsa di questo povero e sofferente paese sarebbe il rifiuto universale
contro l’impiego delle suddette armi.
Minacce di questo tipo sono utili soltanto agli interessi
estremisti e guerrafondai degli Stati Uniti, partitari dell’impiego
delle armi più sofisticate e di sterminio di massa contro il popolo
afgano. L’arma migliore che
ha un popolo aggredito, è quella di conquistare e preservare la simpatia
del mondo, e non permettere che nessuno violi questo principio etico: se
qualcuno uccide bambini, un altro non ha
il diritto di uccidere bambini;
giammai sarà giusto uccidere innocenti per vendicare la morte di
innocenti.
Cuba ha dichiarato,
senza alcun dubbio, che è contro il terrorismo e che è contro la guerra.
Non ha compromessi con nessuno e sarà coerente con le sue posizioni. La verità e l’etica devono imporsi sopra ogni cosa.
Lo sviluppo degli
avvenimenti, il moltiplicarsi degli odi, passioni e di pericoli
potenziali, dimostrano quanto giusta e quanto era profonda la convinzione
che la guerra non era, non è e non sarà mai il cammino per sradicare il
terrorismo.
Signor Presidente,
La più grave crisi
economica e sociale che ha sofferto il nostro pianeta, nata alla metà
dello scorso decennio dalla clamorosa e irreversibile sconfitta del
neoliberalismo e della globalizzazione neoliberale, si è aggravata
drammaticamente per questa guerra imposta da uno, le cui conseguenze però
soffriamo tutti.
Bisogna fermare questa
guerra non solo per le sue conseguenze per la popolazione civile afgana,
per i pericoli di destabilizzazione di quella regione, non solo per
salvare da una morte senza senso a migliaia di nordamericani
–specialmente giovani–, di afgani e di altre nazionalità, non
soltanto per preservare un clima di pace e di stabilità internazionale,
bensì perché questa guerra rende definitivamente impossibile
l’obiettivo proclamato dalle Nazioni Unite, ormai quindici anni fa, del
diritto allo sviluppo per tutti e di pari opportunità per raggiungerlo.
Perché trasforma in lettera morta la decisione che prendemmo solo
un anno fa di lavorare uniti per sradicare la povertà dalla faccia della
Terra.
Saremo disposti a
organizzare una coalizione contro la povertà, contro la fame, contro
l’ignoranza, contro le
malattie, contro il flagello dell’AIDS che oggi devasta il continente
africano, una coalizione per lo sviluppo sostenibile, per la preservazione
dell’ambiente e contro la distruzione del pianeta?
Si è convocata una
coalizione di vendetta per la dolorosa e ingiustificabile morte di
migliaia di persone innocenti negli Stati Uniti.
Uniamoci per cercare giustizia contro questo grande crimine, e
facciamolo senza guerra; uniamoci per salvare dalla morte le centinaia di
migliaia di donne povere che ogni anno perdono la vita durante il parto;
uniamoci per salvare dalla morte i dodici milioni di bambini che muoiono
nel Terzo Mondo, per cause che si possono prevenire, prima di aver
compiuto i cinque anni; uniamoci per portare medicine contro l’AIDS ai
25 milioni di africani che oggi aspettano la morte senza speranza;
uniamoci per investire nello sviluppo almeno una parte dei miliardi di
dollari spesi finora per bombardare un paese dove non resta praticamente
niente in piedi.
Cuba chiede a questa
Assemblea Generale, al Consiglio di Sicurezza e all’Organizzazione delle
Nazioni Unite nel loro
insieme che affrontino nuovamente, tra le sue massime priorità, il
dibattito su questi problemi, da cui dipende la vita e la morte di 4,5
miliardi di abitanti del Terzo Mondo, i cui diritti e speranze sono anche
rimaste sepolte sotto le Torri Gemelle.
Signor
Presidente,
Cuba ribadisce la sua
categorica condanna all’azione terroristica dello scorso 11 settembre.
Cuba ribadisce la sua condanna contro il terrorismo in tutte le sue
forme e manifestazioni. Cuba ribadisce che non permetterà mai che il suo territorio
venga utilizzato in azioni terroristiche contro il popolo degli Stati
Uniti o contro qualunque altro paese.
Cuba ha la morale per
fare questo, perché durante più di quarant’anni ha sofferto le azioni
terroristiche; perché a Cuba vivono i familiari di quasi 3500 cubani
morti a causa di aggressioni e di atti terroristici; perché stanno ancora
reclamando giustizia più di 2 mila cubani resi invalidi a causa di
aggressioni e atti terroristici. Per
lottare contro il terrorismo, figli suoi sono stati vittime di crudeli
persecuzioni, trattamento spietato, e di ingiusti e calunniosi processi.
Il popolo degli Stati
Uniti è vittima non soltanto del terrorismo e del panico, ma anche della
mancanza d’informazione veritiera, della manipolazione e della
discutibile limitazione delle sue libertà.
Cuba non fomenta l’odio verso il popolo nordamericano, con cui
condivide l’aspirazione di sostenere un giorno rapporti basati sul
rispetto e sulla collaborazione, e al quale non attribuisce la
responsabilità delle nostre sofferenze causate dal terrorismo,
dall’aggressione e dall’ingiusta guerra economica che abbiamo dovuto
affrontare e resistere praticamente durante tutta la nostra vita.
Signor
Presidente,
Se queste parole a nome
di un piccolo popolo generoso e coraggioso, offendono qualcuno dei
presenti, prego lui di scusarmi.
Parliamo con franchezza. Le
parole esistono per difendere la verità, non per nasconderla.
Ci ribelliamo contro l’ingiustizia e l’oppressione. Abbiamo morale, difendiamo le nostre idee al prezzo delle
nostre vite. Si può
conquistare il nostro appoggio per qualunque giusta causa, però non ci
possono piegare con la forza, né imporre formule assurde e avventure
vergognose.
Molti anni fa abbiamo
proclamato che per noi cubani il dilemma storico è: ”Patria o
Morte!”. Ecco
qui la nostra fiducia e la nostra sicurezza che siamo e
continueremo ad essere un popolo degno, sovrano e giusto.
Grazie mille.
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