L'intensificazione
del blocco ha provocato l'ira della comunità scientifica statunitense
JIM
CASON E DAVID BROOKS
Washington
e Nuova York, 8 maggio
Il
governo di George W. Bush intensifica la sua aggressione retorica contro Cuba
nell'attuale congiuntura, trascinando il Messico
in questa avventura, in parte perché la sua occupazione dell'Iraq sta
fallendo, perché la situazione generale in Medio Oriente sta esplodendo e,
pertanto, serve un nuovo bersaglio. Questo è ciò che pensa Noam Chomsky in
un breve commento per La Jornada.
"Cuba
è facile da attaccare, perfetto per il coraggioso stile texano",
commenta Chomsky. "È come trovare qualcuno troppo debole (nell'ambito
internazionale) per poter rispondere, con un governo che non avrà un ampio
appoggio, e così Washington è fiducioso, è sicuro e le sbatte in faccia una
retorica reaganiana". Aggiunge che sfortunatamente stanno trascinando il
Messico in tutto questo". Al governo statunitense "serve distruggere
qualcuno".
Per il consumo interno degli
Stati Uniti, questo tipo di attacco verbale contro Cuba è sempre molto
facile. "Questa classe di politica funziona nel paese (con il popolo) più
spaventato del mondo". Inoltre i governanti statunitensi sono quasi
"impazziti" adesso ed il tema di Cuba è facile da manipolare. Per
esempio non solo Bush ma anche il suo concorrente alla Casa Bianca, John Kerry,
è a favore della retorica anticastrista e del blocco.
E forse, il blocco non è
solo contro Cuba, dice Chomsky, ma contro dei settori statunitensi. Infatti
gli sforzi per impedire che statunitensi visitino o abbiano scambi con Cuba fa
parte della strategia quotidiana di questo governo. "È qualcosa di
vergognoso che questa gente (quando va a Cuba) veda che l'assistenza sanitaria
in Cuba è migliore che qua", ha sottolineato.
Però questa intensificazione
del controllo sugli scambio con Cuba genera anche qui problemi per il governo
statunitense. "Sono stati portati a tali estremi che hanno provocato
l'ira di tutta la comunità scientifica statunitense. Il Dipartimento del
Tesoro ha diffuso un editto ordinando che le pubblicazioni
scientifiche non possono presentare articoli inviati da cubani. Però ha
dovuto annullare quest'ordine dopo la massiccia protesta degli scienziati,
anche se ha mantenuto in vigore una proibizione repentina di viaggi di
scienziati statunitensi per conferenze internazionali su biologia e salute in
Cuba".
Chomsky, in interviste con La
Jornada ed altri media, ha sempre ricordato che la politica degli Stati Uniti
verso Cuba è stato marcata da una serie di attentati
"terroristi" fin dall'inizio della rivoluzione. Di fatto, le
azioni di questo tipo contro Cuba sono state quasi sempre realizzate a partire
dal territorio statunitense, paese dove si continua ad ospitare noti
terroristi come Orlando Bosch (sotto la protezione di Jeb Bush, governatore di
Florida), l'haitiano Emmanuel Constant, dei componenti della contras
nicaraguense e altri ancora. Ossia, la nuova presunta dottrina di Bush che
qualsiasi Stato che ospiti questo tipo di criminali è uno Stato terrorista,
qui non si applica.
"Queste dottrine sono
unilaterali. Non hanno l'intenzione di essere linee per leggi internazionali o
norme per gli affari internazionali. Sono dottrine che concedono agli Stati
Uniti il diritto di impiegare la forza e la violenza e di ospitare terroristi,
però non sono valide per nessun altro", ha spiegato Chomsky in una
recente intervista in The Progressive.
In interviste precedenti,
Chomsky ha sottolineato che il governo statunitense fa sforzi sofisticati per
definire il "nemico" per consumo della popolazione di questo paese,
per mezzo di campagne sui media e perfino con l'invenzione di false
informazioni per ottenere il consenso per giustificare guerre e aggressioni
contro "i cattivi", così come ha fatto con l'Iraq e fa da molto con
Cuba.
Di nuovo, afferma Chomsky a
La Jornada, Cuba è presentata come "questo paese orrendo, il peggiore
del mondo", ossia, con "il sadismo usuale" con cui opera
Washington contro questo popolo.
È per tutto questo, afferma,
che in questa congiuntura, Cuba è un bersaglio "facile" per la
retorica aggressiva di Washington che è chiaro, come in Iraq, si decora
sempre con gli aggettivi della "libertà" e della
"democrazia" e del bene della civilizzazione come obiettivi.
(tradotto
dal Comitato Chiapas di Torino)
Nel suo nuovo
libro, "Hegemony or survival, America's quest for global dominance",
Noam Chomsky analizza a fondo la violenza ed il terrorismo di stato. Lo
scrittore americano afferma che quello dei piccoli gruppi senza patria contro
le nazioni grandi e forti non è " terrorismo". Dice, invece, che la
storia è, in una certa misura, storia di terrorismo di stato e che di questo
terrorismo gli Usa hanno fatto, da lungo tempo, una pratica. Uno degli
obiettivi preferiti è Cuba, vittima di un'incessante campagna di terrorismo
di stato che dura da quasi mezzo secolo. E' stato proprio durante la crisi
cubana dei missili che il mondo ha vissuto "il momento più critico della
storia". Ma per Cuba quel momento è iniziato molto prima, quando le
forze guerrigliere di Fidel Castro sconfissero la dittatura di Fulgencio
Batista. E continua ancora oggi. Il governo Bush, nella sua affannosa
"guerra contro il terrorismo", tiene Cuba nel mirino, la considera
un nuovo membro dell'"asse del male". In tal senso questo brano del
nuovo libro di Chomsky, già apparso su TomDispatch.com, ci sembra
particolarmente interessante.
La
dittatura di Batista fu sconfitta dalle forze ribelli di Castro nel gennaio
del 1959. Poco dopo, a marzo, il Consiglio Nazionale della Sicurezza Usa (NSC)
tentava ogni mezzo per rovesciare il regime. A maggio la Cia iniziò ad armare
i guerriglieri all'interno di Cuba. Nell'inverno del 1959-1960, il numero
degli attentati organizzati dalla Cia e degli attacchi incendiari degli
esiliati cubani (che risiedevano negli Usa) aumentò considerevolmente. Le
intenzioni degli Usa e dei loro soci erano chiare.
Ma Cuba non scelse la
strada della vendetta e della dissuasione ricorrendo ad azioni violente
all'interno degli Usa. Al contrario, decise di appellarsi al diritto
internazionale. Nel luglio del 1960 ricorse all'ONU. Inviò al Consiglio di
Sicurezza una documentazione su circa una ventina di bombardamenti, con tanto
di nome dei piloti, con i numeri di matricola degli aerei, con il numero delle
bombe inesplose ed una serie di altri dati, compresi i danni e la perdita di
vite umane, e chiese una soluzione diplomatica del conflitto. L'ambasciatore
statunitense Henry Cabot rispose assicurando che gli "Usa non hanno
progetti bellici contro Cuba". Quattro mesi prima, nel marzo del 1960, il
governo statunitense aveva segretamente deciso di far cadere il governo di
Castro ed i preparativi per invadere la Baia dei Porci erano già ad uno
stadio avanzato.
Washington temeva che i cubani fossero in grado di difendersi. Allen Dulles,
direttore della CIA, chiese all'Inghilterra di non fornire armi a Cuba. Il
"motivo vero della richiesta", rivelò l'ambasciatore britannico a
Londra, "era quello di costringere i cubani a chiedere armi alla Russia
ed al blocco sovietico", cosa che "avrebbe comportato conseguenze
molto gravi", secondo Dulles, ed avrebbe permesso a Washington di
presentare Cuba come un rischio per la sicurezza dell'emisfero, ripetendo un
copione che aveva già funzionato con il Guatemala. Dulles si riferiva al
successo degli Usa nella distruzione della prima esperienza democratica
guatemalteca: un tentativo di pace e di progresso molto temuto da Washington
perché, secondo i servizi di intelligence, l'enorme consenso popolare e le
misure sociali ed economiche a favore della grande maggioranza della
popolazione rischiavano di diventare un "esempio" pericoloso. Quando
gli Usa avevano attaccato e soppresso ogni fonte di approvvigionamento, il
Guatemala aveva richiesto armi al blocco sovietico. Da allora la minaccia
sovietica veniva invocata quotidianamente. Il risultato fu mezzo secolo di
terrore, peggiore persino della precedente tirannia guatemalteca appoggiata
dagli Usa.
Gli intrighi dei giovanotti di Washington contro Cuba furono pari a quelli di
Dulles, il direttore della CIA. Arthur Schlesinger, dopo aver messo in guardia
il presidente Kennedy sulle "inevitabili ripercussioni politiche e
diplomatiche" che avrebbe provocato un'invasione di Cuba con un esercito
mercenario, suggerì un'altra strada, quella di dare la responsabilità a
Castro di una qualche operazione che sarebbe potuta servire da pretesto
all'invasione: "Si potrebbe concepire un'operazione fantasma, per esempio
ad Haiti, che potrebbe indurre Castro ad inviare le sue truppe su una spiaggia
haitiana; noi lo interpreteremmo come il tentativo di abbattere il regime
haitiano… allora la questione etica non si porrebbe più e finirebbe anche
la campagna antistatunitense". Va ricordato che il regime del sanguinario
dittatore Papa Doc Duvalier aveva l'appoggio degli Usa (seppur con qualche
riserva) e qualsiasi aiuto agli haitiani che si battevano per destituirlo
veniva considerato un crimine.
Il piano di Eisenhower del marzo del 1960 prevedeva la caduta di Castro e
l'istituzione di un regime "più fedele agli autentici interessi del
popolo cubano e più conveniente per gli Usa" e comprendeva l'appoggio ad
una "operazione militare nell'isola" ed alla "costituzione di
una valida forza paramilitare fuori da Cuba". Fonti dell'intelligence
dissero che il consenso popolare a Castro era molto alto. Tuttavia erano gli
Usa a decidere quali fossero gli "autentici interessi del popolo
cubano". Il cambio di regime doveva farsi "in modo che l'intervento
statunitense venisse occultato" per non provocare reazioni in America
latina e problemi interni all'amministrazione Usa.
Operazione Mangusta
L'invasione della Baia dei Porci avvenne un anno più tardi, nell'aprile del
1961, quando Kennedy era già al potere. Più tardi Robert McNamara, di fronte
al Comitato Church, al Senato, disse che alla Casa Bianca regnava un clima di
"isteria".
Durante la prima riunione del gabinetto, dopo il
fallimento dell'invasione, l'atmosfera era "feroce", confessò in
privato Chester Bowles: "Si voleva, quasi freneticamente, un piano di
azione". Due giorni più tardi, nella sessione del NSC, Bowles percepì
un'atmosfera "ugualmente tesa" e restò impressionato
"dall'incredibile mancanza di integrità morale". Un atteggiamento
confermato dai discorsi di Kennedy: "Le società conformiste,
autoindulgenti e deboli saranno travolte dalle disfatte della storia. Solo
quelle forti… prevarranno", disse al paese, con una sottolineatura
finale che sarebbe poi stata imitata con successo da Reagan durante le sue
campagne di terrore. Kennedy era cosciente del fatto che gli alleati "ci
considerano un po' ossessionati" da Cuba. Un'ossessione che persiste
ancora oggi.
Kennedy decise uno spaventoso embargo, tremendo per un piccolo paese che
sessant'anni dopo essersi "liberato" dalla Spagna era stato una
"semplice colonia" statunitense. Ordinò anche un'intensificazione
della campagna terrorista: "Alla fine del 1961 chiese a suo fratello,
Robert Kennedy, di dirigere i servizi di intelligence che avevano organizzato
l'Operazione Mangusta, di mettere in atto una campagna di operazioni
paramilitari, di ostilità economica e di sabotaggio perché gli 'orrori del
mondo ' ricadessero su Fidel Castro in modo che la sua immagine ne uscisse
distrutta".
La campagna terroristica non era "uno scherzo", dice Jorge Domìnguez
analizzando una serie di documenti sulle operazioni condotte durante il
mandato di Kennedy; documenti "notevolmente bonificati", che
costituiscono "solo la punta dell'iceberg", secondo Piero Gleijeses.
L'Operazione Mangusta, dice Mark White, fu il programma sul quale i fratelli
Kennedy "basarono le loro illusioni", "la centralità della
politica statunitense verso Cuba dalla fine del 1961 all'inizio della crisi
dei missili nel 1962". Robert Kennedy disse alla CIAa che la questione
cubava aveva "per il governo degli Stati Uniti la massima priorità; il
resto è secondario. Non lesineremo né tempo, né sforzi, né risorse
umane" pur di destituire il regime di Castro. Il capo dell'Operazione
Mangusta, Edward Lansdale, nell'ottobre del 1962 elaborò un piano che sarebbe
dovuto culminare con una "sollevazione di massa e con l'abbattimento del
regime comunista". La "risoluzione finale" del piano
comprendeva "una vittoria piena che avrebbe determinato l'intervento
decisivo dell'esercito statunitense una volta che il terrorismo e la
sovversione avessero preso il sopravvento". Veniva inoltre detto che
l'intervento militare degli Usa avrebbe avuto luogo nell'ottobre del 1962,
proprio quando irruppe la crisi dei missili.
Nel febbraio del 1962 la Giunta dello Stato Maggiore decise un piano ancora più
drastico di quello di Schlesinger: sarebbe state utilizzate "tecniche di
occultamento e di favoreggiamento… per abbindolare, illudere, raggirare e
soprattutto provocare Castro, o un suo subordinato impulsivo, perché
commettesse un atto apertamente ostile contro gli Usa; questo sarebbe servito
da giustificazione non solo per le rappresaglie statunitensi, ma per eliminare
Castro con rapidità, violenza e determinazione". A marzo, secondo quanto
previsto dal Progetto Cuba del Dipartimento di Difesa, la Giunta dello Stato
Maggiore inviò un memorandum al segretario della Difesa, Robert McNamara,
dove venivano indicati i "pretesti che potevano essere usati per
giustificare un intervento militare statunitense a Cuba". Il piano
sarebbe stato attuato "se risulta impossibile arrivare ad una rivolta
civile durante i prossimi nove o dieci mesi", ma prima che Cuba
stabilisse rapporti con la Russia che potessero "coinvolgere direttamente
l'Unione Sovietica".
Un prudente uso del terrore per evitare rischi ai responsabili
Il piano di marzo era costruire "avvenimenti senza una relazione
apparente tra loro per occultare l'obiettivo principale e costruire, su vasta
scala, negli altri paesi e negli stessi Usa, un'immagine di Cuba pericolosa ed
irresponsabile che metteva gli Stati Uniti nella condizione di sopportare
affronti ingiustificabili (ed allargando) quest'immagine a livello
internazionale come una minaccia per la pace del mondo". Tra le misure
proposte c'era quella di far esplodere una nave statunitense a Guantanamo per
creare "un incidente tipo quello del Maine", di pubblicare poi le
liste dei morti sui giornali per "far esplodere un'ondata di indignazione
nazionale", di fare in modo che le ricerche rendessero "evidente che
la nave era stata attaccata", di mettere in atto una "campagna di
terrore cubano-comunista (in Florida) ed anche a Washington", di
utilizzare bombe incendiarie del blocco sovietico per bruciare i campi di
canna dei paesi vicini, di abbattere un aeroplano di controllo remoto
facendolo passare per un aereo civile pieno di studenti in vacanza ed altri
espedienti ugualmente ingegnosi che non si realizzarono ma che denotano il
clima "feroce" e "frenetico".
Il 23 agosto il presidente emise il Rapporto sulla Sicurezza Nazionale 181,
"un incitamento per far scoppiare una ribellione civile che avrebbe
permesso l'intervento militare statunitense" impiegando "importanti
programmi, manovre e trasporto di truppe e di armi dell'esercito degli
Usa", piuttosto conosciuti da Cuba e Russia. In agosto si intensificarono
gli attacchi terroristici. Da una lancia partirono colpi contro un albergo
della costa cubana "dove si sapeva che si riunivano tecnici militari
sovietici, e molti russi e cubani rimasero uccisi"; poi ci furono
attacchi contro carichi inglesi e cubani; furono contaminate le rimesse di
zucchero ed altre atrocità e sabotaggi simili, quasi tutti realizzati da
gruppi di esiliati cubani che in Florida godevano della massima libertà di
azione. Alcune settimane dopo arrivò "il momento più critico della
storia".
"Stampa malevola in paesi amici "
Le operazioni terroristiche proseguirono anche durante i momenti più gravi
della crisi dei missili. Formalmente dovevano terminare il 30 ottobre, alcuni
giorni dopo l'accordo tra Kruschev e Kennedy. Nei fatti continuarono.
L'8
novembre "un commando segreto di sabotaggio, formato da cubani ma inviato
dagli Usa, fece saltare in aria uno stabilimento industriale cubano",
uccidendo, secondo il governo cubano, quaranta lavoratori. Raymond Garthoff
afferma che "per i sovietici l'attacco significava che si stava facendo
marcia indietro sulla questione per loro più importante: la promessa degli
Usa di non attaccare Cuba". Quelle azioni, conclude, denotavano una volta
ancora che "il rischio ed il pericolo potevano ulteriormente acuirsi da
entrambe le parti, senza escludere una catastrofe".
Dopo la crisi, Kennedy riprese la campagna di terrorismo. Dieci giorni prima
che fosse assassinato, approvò un programma della CIA di "operazioni di
distruzione" messe in atto da forze alleate degli Usa contro
"un'importante raffineria di petrolio, centri di immagazzinaggio, un
grosso impianto elettrico, raffinerie di zucchero, ponti ferroviari, strutture
portuali, un sottomarino, scali merci e navi". Il giorno dell'assassinio
di Kennedy fu proposto un piano per ammazzare Castro. Il piano fu sospeso nel
1965, ma uno dei primi ordini di Nixon alla CIA, quando andò al potere, nel
1969, fu di intensificare le azioni clandestine contro Cuba.
Il cinismo di questi intriganti è di un certo interesse.
Nell'esaminare i
documenti recentemente divulgati, relativi al periodo del terrorismo sotto
Kennedy, Dominguez osserva che "solo un funzionario, in quasi un migliaio
di pagine di documentazione, mostra qualcosa di simile ad una lieve obiezione
morale sul terrorismo sovvenzionato dagli Usa". Si tratta di un
funzionario del NSC il quale obietta che la Russia potrebbe reagire male e che
gli attacchi "indiscriminati contro innocenti… potrebbero dar fiato
alla stampa malevola nei paesi amici". E' una posizione presente anche
nelle discussioni private. Per Robert Kennedy un'invasione frontale
provocherebbe "la morte di una quantità spaventosa di gente e noi
saremmo condannati da tutto il mondo".
Durante il mandato di Nixon gli attacchi continuarono. A metà degli anni
settanta si arrivò ad un punto critico: furono attaccati pescherecci,
ambasciate, agenzie cubane all'estero. Fu bombardato un aereo dell'Aviazione
Cubana in cui rimasero uccisi settantatre passeggeri. Queste ed altre
operazioni terroristiche furono condotte dal territorio statunitense; poi,
naturalmente, l'FBI li definì atti criminali.
Le cose continuarono ad andare avanti così. Sui giornali veniva pubblicato
che Castro aveva "accampamenti di armi, malgrado il patto di non
aggressione del 1962 firmato con Washington". Avvisi di quel che sarebbe
accaduto; e c'erano stati anche avvisi precedenti, ben documentati, con
dettagli che li rendevano più che credibili.
Nel tredicesimo anniversario della crisi dei missili, Cuba denunciò che un
albergo turistico spagnolo-cubano era stato mitragliato. Un gruppo di Miami ne
rivendicò la responsabilità. I colpevoli delle esplosioni del 1977 a Cuba
furono cercati fino a Miami. Si trattava di criminali salvadoregni che agivano
sotto il comando di Luis Posada Carriles ed erano finanziati da Miami.
Posada,
uno dei più infami terroristi internazionali, era riuscito a fuggire da un
carcere venezuelano dov'era tenuto prigioniero per l'esplosione dell'aereo
della Cubana, grazie all'aiuto di J.M.Canosa, un impresario di Miami che
dirigeva la Fondazione Nazionale Cubano-Americana (CANF, nella sigla inglese),
un gruppo non gravato da tasse. Posada viaggiò dal Venezuela al Salvador e si
fermò nella base militare di Llopango per organizzare attacchi terroristici
contro il Nicaragua sotto la direzione di Oliver North.
Posada ha raccontato dettagliatamente le sue attività terroristiche ed i
finanziamenti provenienti dagli esiliati e dalla CANF di Miami, sicuro che l'FBI
non avrebbe investigato. Era un veterano della Baia dei Porci e tutte le
manovre che aveva messo in atto negli anni sessanta erano state concordate con
la Cia. Quando più tardi, sempre con l'aiuto della CIA, entrò nelle fila
dell'intelligence venezuelana, si unì ad Orlando Bosch, anche lui
appartenente alla CIA colpevole dell'esplosione di un cargo diretto a Cuba.
Insieme andarono in Venezuela per preparare altri attacchi contro l'isola. Un
ex impiegato della CIA identifica Posada e Bosch come gli unici sospettati
dell'attentato alla Cubana, considerato da Bosch "un legittimo atto di
guerra". Bosch, l'istigatore dell'attacco, è stato, secondo l'FBI,
responsabile di altri trenta atti terroristici. Gli è stato concesso il
perdono presidenziale nel 1989, all'inizio del mandato di Bush 1°, su
pressione di Jeb Bush e di altri dirigenti cubano-statunitensi del sud della
Florida, malgrado il Dipartimento di Giustizia considerasse "un errore
concedere asilo a Bosch, (perché) gli Usa non avrebbero più la credibilità
necessaria per chiedere ad altri paesi di negare aiuti ed asilo ai
terroristi".
Ostilità economica
Washington ha sempre rifiutato le proposte cubane di cooperazione e di
informazioni reciproche al fine di prevenire gli attacchi terroristici. Solo
in alcuni casi hanno sortito un qualche effetto.
"Nel 1998 ufficiali
dell'FBI si incontrarono a Cuba con loro omonimi cubani, i quali consegnarono
(all'FBI) i dati di ciò che consideravano essere una rete di terroristi con
base a Miami: le informazioni erano state in parte raccolte da cubani che si
erano infiltrati in gruppi di esiliati". Tre mesi più tardi, l'Fbi
arrestò i cubani che avevano fatto entrare il gruppo terrorista negli Usa. La
sentenza per cinque di loro fu di lunghi anni di prigione.
Il crollo dell'Unione Sovietica tolse ogni credibilità al pretesto della
sicurezza nazionale. Ciononostante esso perdurò sino al 1998, quando i
servizi statunitensi di intelligence dichiararono che Cuba non costituiva più
una minaccia per la sicurezza del paese. Tuttavia l'amministrazione Clinton
insistette perché la capacità militare di Cuba fosse ridotta sino a
diventare "insignificante". I servizi di intelligence però si
rifiutarono di considerare un pericolo l'allora ambasciatore messicano che si
era opposto al tentativo di JFK di organizzare un'azione contro Cuba
affermando che "se dichiariamo pubblicamente che Cuba costituisce una
minaccia per la nostra sicurezza, quaranta milioni di messicani muoiono dalle
risate".
Tuttavia i missili a Cuba costituivano un rischio. In alcuni colloqui privati
i fratelli Kennedy espressero una forte preoccupazione perché avrebbero
potuto essere d'ostacolo all'invasione Usa del Venezuela. Disse JFK che quella
della "Baia dei Porci è stata una buona idea".
Il governo di Bush 1°, non avendo più il pretesto della sicurezza e su
pressione di Clinton, che durante la campagna presidenziale del 1992 aveva
scavalcato Bush a destra, decise un blocco ancora più duro. L'ostilità
economica aumentò ulteriormente nel 1996, causando la reazione persino dei più
fedeli alleati degli Usa. Il blocco ebbe anche pesanti critiche interne perché,
si diceva, colpisce le esportazioni e gli investimenti statunitensi, uniche
vittime del blocco, mentre non colpisce i cubani. Ma le analisi degli
specialisti statunitensi dicono il contrario. In uno studio dettagliato
dell'American Association for World Health (AAWH) viene detto che il blocco ha
pesanti conseguenze per la salute dei cubani e che solo grazie al loro ottimo
sistema sanitario si è evitata una "catastrofe umanitaria". Ma
questo negli Usa non viene detto.
Il blocco riguardava anche alimenti e farmaci. Nel 1999 l'amministrazione
Clinton tolse queste sanzioni a tutti i paesi che facevano parte della lista
delle "nazioni terroriste" tranne a Cuba, evidentemente degna di una
esemplare punizione. Ma Cuba non è unica, nel suo caso. Nell'agosto del 1980
un uragano devastò le Antille. Il presidente Carter rifiutò di offrire aiuto
a meno che non fosse esclusa l'isola di Grenada, per punirla di alcune
iniziative non ben specificate del governo riformista di Maurice Bishop. Gli
altri paesi si ribellarono all'esclusione di Grenada, non comprendendo quale
minaccia rappresentasse il maggior produttore mondiale di noce moscata. Carter
bloccò ogni aiuto. Nel 1988 il Nicaragua fu investito da un tremendo uragano
che affamò la popolazione e provocò gravissimi danni ecologici. A
Washington, i governanti di turno capirono che la campagna terroristica poteva
beneficiare di quel disastro se avessero negato gli aiuti anche ai paesi della
costa atlantica legati agli Usa e contrari ai sandinisti. E lo stesso fecero,
nel settembre del 1992, quando una mareggiata distrusse piccoli villaggi di
pescatori nicaraguensi provocando centinaia di morti e di dispersi. In
quell'occasione l'aiuto fu dato, ma, ben nascosto nei dettagli, c'era scritto
che la splendida donazione di venticinquemila dollari sarebbe stata dedotta
dai fondi di assistenza precedentemente stabiliti. In questo modo il Congresso
ebbe la garanzia che quel miserabile aiuto non avrebbe messo in discussione la
sospensione di più di cento milioni di dollari di aiuti al governo
nicaraguese appoggiato dagli Usa, perché quel governo non aveva dimostrato un
livello soddisfacente di sottomissione.
Il blocco Usa contro Cuba è stato energicamente condannato dalla maggioranza
dei più importanti forum internazionali ed è stato dichiarato illegale
persino dalla Commissione Giuridica della pavida OEA, l'Organizzazione degli
Stati Americani. L'Unione Europea insistette perché l'Organizzazione Mondiale
del Commercio impugnasse il blocco. La risposta del governo di Clinton fu che
"l'Europa ha sfidato tre decenni di politica Usa nei confronti di Cuba,
fin dagli anni del governo Kennedy, quando si cercò di forzare un cambio di
regime all'Avana". Quello stesso governo dichiarò che l'OMC non aveva
alcun diritto di ingerenza sui problemi riguardanti la sicurezza nazionale, né
poteva obbligare gli Usa a cambiare le loro leggi. Washington decise inoltre
di non partecipare più alle riunioni ed il problema rimase irrisolto.
Un'autentica sfida
I motivi degli attacchi terroristici e dell'illegale blocco economico a Cuba
sono propri della storia degli Usa. Non c'è quindi da sorprendersi. Basta
pensare al Guatemala di alcuni anni prima.
Dal punto di vista temporale, il timore di un attacco russo non rappresentava
un fattore decisivo. I piani per forzare un cambio di regime erano stati
formulati e impostati molti anni prima che si creasse un rapporto con la
Russia, tanto che, quando questa si ritirò, le sanzioni divennero ancora più
pesanti. Ovviamente la minaccia russa ci fu, ma fu la conseguenza e non il
motivo del terrorismo e dell'aggressione economica Usa.
Nel luglio del 1961 Cuba annunciò che "l'ampia influenza del castrismo
non è in funzione del potere cubano… lo spirito di Castro si estende
nell'America latina perché le condizioni sociali ed economiche portano quei
popoli a lottare contro l'autorità dominante e provocano ribellioni in
funzione di un cambio radicale", per il quale la Cuba di Castro
rappresenta un riferimento. Precedentemente Arthur Schlesinger aveva
consegnato il rapporto della Missione Latinoamericana al presidente eletto
Kennedy. Nel rapporto veniva sottolineato il consenso dei latinoamericani
"all'idea di Castro che ogni paese risolva i propri problemi
autonomamente". Il rapporto parlava inoltre di un legame con il Cremino:
l'Unione Sovietica "sta dietro le quinte fornendo prestiti notevoli per
le infrastrutture e presentandosi come un modello per la
modernizzazione". Il pericolo dell'"idea di Castro" era
particolarmente grave, secondo Schlesinger: "La distribuzione di terre e
di altri beni del patrimonio nazionale non favorisce le classi agiate, ma i
poveri e gli emarginati, e questi, mossi dall'esempio della rivoluzione
cubana, pretendono di condurre una vita degna". Kennedy temeva che
l'appoggio della Russia desse la possibilità a Cuba di presentarsi come un
"modello" di sviluppo, consegnando alla lunga ai sovietici un
vantaggio in tutta l'America latina.
All'inizio del 1964, queste
preoccupazioni investirono anche il Consiglio di Pianificazione Politica del
Dipartimento di Stato: "Il principale pericolo rappresentato da Castro è…
nell'impatto che la semplice esistenza del suo regime ha avuto sui movimenti
di sinistra dei paesi latinoamericani… La realtà è che Castro rappresenta
una sfida agli Usa, una contraddizione per la nostra politica
nell'emisfero". Scrive Thomas Patterson: "Cuba, sia nella realtà
che simbolicamente, ha sfidato l'egemonia statunitense in America
latina". Il terrorismo internazionale e l'ostilità economica per forzare
un cambio di regime si giustificano non per quel che Cuba fa, ma per il
"solo fatto di esistere, un'autentica sfida" al legittimo padrone
dell'emisfero. Una sfida che, una volta esauriti tutti i possibili pretesti,
potrebbe giustificare azioni anche più violente, come in Serbia o come in
Iraq.
L'indignazione per le sfide fa parte della storia degli Usa. Duecento anni fa,
Thomas Jefferson protestò duramente con la Francia per il suo
"atteggiamento di sfida", perché continuava a tenersi New Orleans
ignorando i suoi desideri. Jefferson, malgrado gli Usa avessero riconosciuto
alla Francia un ruolo cruciale durante l'emancipazione delle colonie del
dominio britannico, disse: "Il comportamento della Francia (è)
perennemente in frizione con il nostro; noi siamo più amanti dei nobili
ideali che della pace e dell'ansia di crescita. La sfida della Francia ci
obbliga ad armarci e ad unire le nostre forze a quelle della nazione
britannica". Grazie alla lotta di liberazione di Haiti, isolata e
largamente avversata, la sfidante Francia capitolò. Ma le direttive di allora
restano e distinguono tra amici e nemici.
Titolo originale:
Cuba in the cross-hairs, a near half century of terror
Perché
l'ossessione di Cuba
Negli
anni '80, gli Usa intensificarono la loro guerra economica contro l'Avana e
misero al bando i prodotti industriali contenenti anche la più piccola quantità
di nichel cubano, una delle maggiori esportazioni del paese.
Forse coloro che non sono ancora affetti da una forma di Alzheimer's politico
ricorderanno la direttiva emessa nell'aprile del 1988, dal Dipartimento del
Tesoro americano che vietava l'importazione del caffè nicaraguense lavorato
in paesi terzi se non era stato "sufficientemente trasformato da perdere
la sua identità nicaraguense" - espressioni che , come fece notare un
redattore del Boston Globe, ricordano il linguaggio del Terzo Reich.
Gli Stati Uniti proibirono persino ad una compagnia svedese di prodotti
sanitari di fornire a Cuba una certa apparecchiatura perché una delle
componenti era fabbricata negli Usa.
Inoltre l'assistenza economica dell'ex Unione Sovietica è stata condizionata
da Washington alla sospensione di ogni sostegno a Cuba. L'annuncio fatto da
Gorbaciov sulla cancellazione dei programmi di aiuti all'Avana fu salutato
con titoli a caratteri cubitali: "I sovietici rimuovono l'ostacolo che
si frapponeva all'aiuto economico Usa", "il rapporto
cubano-sovietico: fonte di irritazione per gli Usa da 31 anni",
finalmente la grave offesa fattaci potrà essere cancellata.
All'inizio del 1991, gli Usa ricominciarono le manovre militari nei Caraibi
che comprendevano, con tipica tattica intimidatoria, una invasione simulata
di Cuba. Alla metà di quello stesso anno gli Stati Uniti inasprirono ancor
più l'embargo riducendo tra l'altro l'entità delle rimesse che i cubani
americani possono mandare ai loro parenti in patria.
Nell'aprile del 1992, in vista delle elezioni, il Presidente Bush (senior,
ndr) vietò, inoltre, i porti Usa alle navi che facevano scalo a Cuba.
Nuove leggi proposte dai liberal del Congresso, cinicamente chiamate
"Cuban Democratic Act", estendono l'embargo anche alle sussidiarie
estere di società americane e consentono il sequestro, nel momento in cui
entrano nelle acque territoriali statunitensi, delle navi da carico che hanno
fatto scalo nell'isola caraibica.
La ferocia dell'odio verso l'indipendenza cubana è estrema, e varia di poco
tra le varie sfumature del mondo politico ufficiale americano.
Del resto non vi è mai stato alcun tentativo per nascondere il fatto che la
scomparsa del deterrente sovietico (come la fine di quello inglese un secolo
prima), ed il declino dei rapporti economici del blocco orientale con Cuba,
avrebbe facilitato il raggiungimento da parte di Washington dei suoi
obiettivi di lungo periodo attraverso la guerra economica ed altri mezzi.
La sincerità è all'ordine del giorno: solo l'anti-americano più bieco,
dopotutto, contesterebbe il nostro diritto di agire come vogliamo. Se per
esempio scegliamo di invadere un Paese indifeso per catturare uno dei nostri
agenti che ha disubbidito agli ordini, come Noriega, per poi processarlo per
delitti commessi mentre era al nostro servizio, chi potrebbe dubitare della
maestà del nostro sistema giuridico?
E' vero, in occasione dell'intervento a Panama, l'ONU espresse i suoi dubbi,
ma il nostro veto mise fine a quel capriccio infantile. Persino la Corte suprema
Usa, da allora, ci ha accordato il diritto di rapire sedicenti criminali
all'estero per processarli negli Stati Uniti. Noi siamo immuni persino dalle
remore che ebbe Adolf Hitler quando, nel 1937, restituì un emigrato tedesco,
sequestrato dai banditi di Himmler in Svizzera, in seguito alle proteste di
quel governo che si era appellato ai più elementari principi del diritto
internazionale.
La storia cubana dimostra con grande chiarezza come la guerra fredda sia
stata poco di più che un pretesto per occultare l'usuale rifiuto degli Usa ad
accettare l'indipendenza dei Paesi del Terzo Mondo, qualunque fosse il loro
orientamento ideologico.
Questa politica tradizionale non è mai stata contestata all'interno del
sistema dominante. Anzi, le domande più ovvie sono considerate illegittime,
se non impensabili.
Quindi possiamo prevedere che anche in futuro continueranno i soliti sforzi
per far sì che il "frutto maturo" di Cuba o cada nelle mani dei
suoi veri padroni, o sia colto con forza dall'albero.
*NOAM CHOMSKY (autore di numerosi testi letterari, è costretto alla
pubblicazione dei medesimi al di fuori del territorio statunitense, poiché
considerato filo-comunista. Chomsky, pregevole linguista, è vicino alle
correnti di pensiero socialiste ed anticapitaliste, per questo, come Cuba, è
ritenuto un pericolo dal suo stesso Paese natale).
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