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Miami-Caracas L’espansione dell’ onda terroristica
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Caracas 22 nov.04 - F.Lopez tratto da Granma Internacional
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Le indagini sono condotte dai più qualificati investigatori che, come ha annunciato ieri il quotidiano Últimas Noticias, cominciano ad essere sulle tracce degli assassini. Il popolo e non pochi mezzi di stampa del Venezuela e del mondo non hanno esitato a segnalare la possibile connessione tra gli autori materiali dell’attentato e l’opposizione golpista residente a Miami.
Va ricordato che in quella città della Florida, santuario della famigerata mafia terrorista cubano-americana, si sono riuniti militari di Altamira, artefici dello sciopero petrolifero, oligarchi rabbiosi e oppositori che hanno dato l’ordine dal vivo ed in diretta dal Canal 23 di Miami di assassinare Chávez per mezzo di un fucile con mirino telescopico.
Non è un segreto che la Florida, assieme a Costa Rica, Repubblica Dominicana e Colombia, sono i quattro punti scelti dall’opposizione venezuelana per cospirare contro il processo bolivariano. A Miami si trovano le basi principali per l’allenamento militare e terroristico. Lì operano con il consenso del Governo degli Stati Uniti i Comandos F-4, che addestrano i militari golpisti venezuelani. Le foto di uno di loro, il capitano ritirato Luis García, sono state pubblicate nella pagina digitale di un’organizzazione controrivoluzionaria e lo mostrano mentre si addestra nel poligono di Homeastead.
Questo fine settimana in un articolo pubblicato nel giornale El Mundo, il ministro delle Comunicazioni e dell’Informazione venezuelano, Andrés Izarra, ha denunciato e documentato l’addestramento dei gruppi paramilitari a Miami. Nessun funzionario del paese “leader della lotta contro il terrorismo” lo ha smentito. Le prove sono contundenti. Solo tra il 2002 ed il marzo 2004, stando alle statistiche di www.venezuelanalysis.com gli “escuálidos” di Miami (emuli delle "gusanos" cubani) hanno rivolto 27 appelli al rovesciamento e all’assassinio di Chávez attraverso la TV e la radio locali.
Tra coloro che hanno alzato la loro voce condannando l’assassinio politico di Anderson figura il collega Lius Bilbao, con un appello al mondo a tenere conto di ciò che lui considera un dato incontrovertibile: “Coloro che guidano il settore golpista dell’opposizione del Venezuela dal Dipartimento di Stato, con base operativa a Langley e Miami, hanno dato il via al loro piano operativo”.
Questa accusa diretta non è campata in aria. Circolano giornali che raccolgono le sottili parole di George W. Bush lo scorso 2 novembre, quando già si conoscevano i risultati delle elezioni nordamericane: “Abbiamo accumulato capitale politico durante la campagna. Adesso lo spenderemo”. Poche ore dopo il suo agente Otto Reich ha dichiarato alla stampa: “non vorrei essere nei panni di Chávez”.
Queste dichiarazioni, senza dubbio, hanno incoraggiato i settori più estremisti della controrivoluzione venezuelana. Mentre avanzano le indagini sul caso Anderson, è sempre più evidente che le modalità dell’assassinio hanno tutte le caratteristiche dei metodi della guerra segreta progettati e controllati direttamente dalla CIA. Gli autori hanno scelto deliberatamente la vittima. L’hanno inseguita pazientemente per conoscere le sue abitudini. Hanno scelto l’arma del crimine e si sono assicurati di portare a termine l'operazione con la maggiore esattezza possibile.
Già si sa, stando alle dichiarazioni ai mass media del ministro degli Interni e della Giustizia Jesse Chacón, che nell’assassinio di Anderson i terroristi hanno utilizzato 250 grammi di esplosivo C-4, fatto detonare con un meccanismo senza fili. “Sembra – ha detto Chacón - che la bomba sia stata collocata poco prima che Anderson uscisse dalle lezioni e che sia stata fissata con una calamita. Adesso si studiano tutte le telefonate nel settore Los Chaguaramos dove è avvenuto l’attentato e si analizza il messaggio che hanno ricevuto diversi esponenti governativi, simile a quello ricevuto dal telefonino del PM Anderson”.
Si tratta di una storia e di un modo di operare molto conosciuti.
Se lo si analizza da un punto di vista contestuale, l’assassinio di Anderson avviene non per caso alla vigilia del Vertice Ispano-Americano o dell’annunciato viaggio di Chávez in Spagna, Iran e Russia. Non è casuale che avvenga poco dopo il Vertice dei Ministri della Difesa delle Americhe a Quito, dove il ministro venezuelano, generale Jorge Luis García Carneiro, ha esposto la nuova dottrina di difesa sovrana del suo paese. Intanto Donald Rumsfeld, il suo omologo statunitense, tornava a casa senza successo per il suo piano d' intervenire, sotto il pretesto della “guerra al terrorismo”, nelle Forze Armate nazionali della regione.
Stando alla filosofia terroristica dell’opposizione, era il momento di dare una zampata al processo bolivariano affinché suo leader, il presidente Chávez, non uscisse vittorioso a percorrere il mondo, dopo le grandi vittorie popolari nel referendum revocatorio e nelle recenti elezioni regionali.
Nello stesso tempo toglievano di mezzo un PM che già era temuto dall’oligarchia perché non era corrotto, non aveva paura e aveva messo alle strette tutti i banditi e gli assassini formatisi negli anni spudorati della IV Repubblica.
Ha avuto ragione il
politologo e giornalista Heinz Dieterich quando ha scritto che “assassinare
Danilo è stato, dal punto di vista della sovversione, un’operazione di alta resa
propagandistica e di guerra psicologica con un rischio minimo”. Ma va aggiunto
che il popolo venezuelano ed i suoi leader hanno intravisto in questo incidente
l’inizio di una nuova fase, di un nuovo modo di far fronte ai golpisti. E lo
hanno fatto con serenità, con profonda tristezza ma con la sicurezza che non
saranno i sabotaggi, gli assassini né gli atti terroristici a strappare loro di
mano le vittorie e ad uccidere i loro sogni.
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