Iroel Sánchez https://lapupilainsomne.wordpress.com
Secondo il programma della sua visita a Cuba, ad eccezione della dichiarazione congiunta che farà dopo aver concluso il suo incontro con il Presidente Raul Castro, Obama non avrà interazione con la stampa cubana, il discorso che darà al Gran Teatro de La Habana e sarà diffuso all’intero paese non potrà essere seguito da domande o commenti del pubblico, ma quale spontaneo, interattivo, aperto e semplice è il Presidente che dice “que bolà” e “no es facil”, e s’interessa degli almendrones (vecchio tipo di auto USA), mentre alterna lo sguardo al copione doppiamente posto sul tavolo ed il teleprompter, e si prepara a sbarcare a l’Avana con aerei dell’Air force e una flotta di veicoli blindati.
La finzione supera la realtà, è noto, e tanto si sa che è diventato un luogo comune affermarlo. Ma questo è esattamente ciò che Obama ha fatto al registrare un video di tre minuti con il comico più famoso della televisione cubana: tendere una cortina di fumo di finzione sulla realtà del suo comportamento imperiale nei confronti di Cuba, mentre mantiene vigenti tutti gli strumenti che non rendono facile la vita dei cubani.
La televisione nazionale, sorpresa tra la sicura accusa di censura e la complicità con l’imperatore, optò per la seconda, e priva di abitudine -e di volontà?- per uno smontaggio dell’operazione si limitò ad amplificare acriticamente, per tutto il paese, l’operazione simbolica, confermando la sua incapacità di affrontare, in modo creativo, la guerra culturale che, da tempo, sta perdendo ed il soft power di cui il nostro visitatore ha fatto dottrina.
Ma il popolo cubano e la sua Rivoluzione, che sono giunti vittoriosi, sino a qui, sulla base del talento, intelligenza e creazione originalissima di simboli, non possono conformarsi a ciò. Se qualcosa di buono ha portato questa congiuntura è la moltiplicazione della presenza di intellettuali rivoluzionari in spazi della stampa cubana per analizzare le relazioni con gli USA ed il contributo che hanno svolto arricchendo le nostre argomentazioni. Ragione di più perché l’imprescindibile cortesia con il nostro illustre ospite, che per esempio, ci impone di pubblicare una versione agiografica della sua biografia, non ci renda muti complici delle sue sporche e prevedibili manovre durante questa visita che hanno solo appena iniziato.
Frente al soft power, ni censura ni complicidad: análisis
Por Iroel Sánchez
Según el programa de su visita a Cuba, con excepción de la declaración conjunta que hará tras concluir su reunión con el Presidente Raúl Castro, Obama no tendrá interacción con la prensa cubana, el discurso que dará en el Gran Teatro de La Habana y será difundido a todo el país no podrá ser seguido de preguntas o comentarios de los asistentes pero qué espontáneo, interactivo, abierto y sencillo es el Presidente que dice “qué bolá” y “no es fácil”, y se interesa por los almendrones mientras alterna la mirada al guión doblemente ubicado en la mesa y el teleprompter, y se apresta a desembarcar en La Habana con aviones de la Air Force y una flotilla de blindados.
La ficción supera a la realidad, se sabe, y de tanto saberse se ha vuelto un lugar común afirmarlo. Pero eso es precisamente lo que hizo Obama al grabar tres minutos de video con el cómico más popular de la televisión cubana: tender una cortina de humo ficcional sobre la realidad de su comportamiento imperial hacia Cuba, mientras mantiene vigentes todas las herramientas que no hacen nada fácil la vida de los cubanos.
La televisión nacional, sorprendida entre la segura acusación de censora y la complicidad con el emperador, optó por lo segundo, y carente de hábito ¿y de voluntad? para un desmontaje de la operación se limitó a amplificar acríticamente para todo el país la operación simbólica, con lo que confirma su incapacidad para enfrentar creativamente la guerra cultural que hace tiempo viene perdiendo y el soft power del que nuestro visitante ha hecho doctrina.
Pero el pueblo cubano y su Revolución, que han llegado victoriosos hasta aquí a base de talento, inteligencia y creación originalísima de símbolos, no se pueden conformar con eso. Si algo bueno ha traído esta coyuntura es la multiplicación de la presencia de intelectuales revolucionarios en espacios de la prensa cubana para analizar las relaciones con EEUU y el aporte que han hecho enriqueciendo nuestros argumentos. Razón de más para que la imprescindible cortesía con nuestro ilustre huésped, que por ejemplo, nos obliga a publicar una versión hagiográfica de su biografía, no nos haga mudos cómplices de sus sucias y previsibles maniobras durante esta visita que sólo acaban de comenzar.