La diplomazia USA nella GNC contro il Venezuela (II parte)

Katherinne Diaz Perez http://www.cubadefensa.cu

guerra sucia venezuelaIn un precedente articolo, avevamo detto che la diplomazia USA, vale a dire, il Dipartimento di Stato, partecipa agli sforzi indiretti della Guerra Non Convenzionale (GNC). Inoltre, abbiamo dimostrato come è stato il suo lavoro in Venezuela, dall’inizio dell’anno, almeno nella sfera pubblica, poiché non possiamo escludere altre missioni poco note.

Fino ad aprile questo organo esecutivo aveva emesso quattro dichiarazioni ufficiali. Quindi siamo rimasti con due domande fondamentali: perché il Dipartimento di Stato, a maggio, si dispone ad affrontare lo scenario in cinque occasioni, mentre in quattro mesi l’ha fatto sporadicamente? cosa è cambiato?

Come avvenuto per i precedenti, i cinque commenti di maggio originarono da domande di giornalisti invitati ai sommari delle notizie del Dipartimento.

La prima volta è stato il giorno 4. La questione è stata il rifiuto del visto, da parte USA, ad alcuni venezuelani. Il portavoce non ha negato il fatto, solo ha detto che “siamo a conoscenza” delle segnalazioni, al riguardo, del governo bolivariano. Ha detto che non potevano discutere del dossier dei visti, dal momento che “sono riservati”. Tuttavia, per dimostrare quanto, sono solitamente, “generosi” disse che il governo agevola “le richieste di autorità governative straniere per viaggiare negli USA”. Data tale risposta, un giornalista ha insistito sulla questione, ma il funzionario non ha detto altro. (1)

Il 17 maggio, il Venezuela è tornato a reinserirsi nell’agenda di domande e risposte. Allora, un giornalista chiese riguardo la “la crisi politica che si fa più profonda” nel paese e i commenti del presidente Nicolas Maduro circa le incursioni di un aereo militare.

Il portavoce USA, John Kirby, usando dei suoi modi diplomatici, ha detto che la prima domanda la avrebbe lasciata ai “militari”. Un “non ho alcuna informazione su questo” ha chiarito la sua riluttanza a commentare il tema. Pertanto, ha deciso di parlare della “crisi”, una situazione che, evidentemente era/è inclusa nel suo copione espressivo.

“Continuiamo, insieme alla comunità internazionale, ad esprimere la nostra preoccupazione per le difficili condizioni che il popolo venezuelano sta vivendo, tra cui, il peggioramento della penuria di alimenti, medicine, elettricità e beni di consumo di base. Crediamo che la soluzione a queste sfide stanno -richiedono- l’inclusione di tutti i soggetti interessati, e ora, crediamo sia giunto il momento che i leader ascoltino le diverse voci del Venezuela e lavorino insieme, in pace, per trovare soluzioni […] Continuiamo chiedendo che si rispetti la volontà del popolo, lo stato di diritto, la separazione dei poteri all’interno del governo e il processo democratico”. (2)

Come avete letto, il suo discorso ricalcò la presunta visione internazionale di quanto sta accadendo in Venezuela, si impegnò col “popolo” -sempre gli USA a favore dei popoli del mondo- ha esortato al dialogo, alla pace, e ha chiesto i tipici valori universali che, ripetutamente, strombazza l’allocuzione governativa.

Il giorno dopo è venuta un’altra domanda sul territorio bolivariana. Kirby, ancora, utilizzò le stesse orazioni, le stesse idee: “La nostra profonda preoccupazione per le difficili condizioni che il popolo […]”. Solo ha aggiunto: “le segnalazioni di uso eccessivo della forza e della violenza contro i manifestanti, ovviamente, è preoccupante per noi e di grande inquietudine. Sì, abbiamo visto questi rapporti e non crediamo che questa sia la risposta adeguata alla protesta pacifica alle reali difficoltà che incontra il popolo del Venezuela”. (3)

almagro america latina OSADavanti all’insistenza del giornalista di cosa considerava come “uso eccessivo della forza”, il portavoce ha risposto che non voleva “entrare in una discussione tattica”. Gli è stato chiesto della lettera aperta del segretario generale dell’Organizzazione degli Stati Americani (OSA) e ha dichiarato che “non abbiamo visto questa relazione”. (4)

Indubbiamente, la diplomazia deve sembrare che sempre sia fuori dai problemi della GNC è così: dall’esterno, al timone degli eventi. L’OSA, in questo caso, un’organizzazione regionale, senza confini statali, è stata scelta per diventare l’attore politico delle richieste contro il governo bolivariano.

Perciò passò come irrilevante il 19 maggio con il tema dei visti e venne il 31, l’ultimo giorno del mese, in cui John Kirby ha espresso che gli USA aderivano all’appello formulato dall’OSA per un dialogo in Venezuela al fine di trovare soluzioni. Da li la posizione ufficiale USA era quella che seguivano gli eventi e osservano dall’esterno le riunioni nella Repubblica Dominicana e con l’ex primo ministro di Spagna. (5)

Quindi il comportamento della diplomazia USA rispetto al Venezuela, dall’inizio di quest’anno, è stato discreto ed in opportuno eccesso. Con un discorso, con stretti margini di ciò che si può e deve dire, gli USA hanno chiarito che seguono gli eventi. E, al contrario di quello che sembra, il Venezuela è una priorità per la Casa Bianca.

I pubblici lavori del Dipartimento di Stato non consentono sapere esattamente a che punto siamo dell’ingiusta GNC contro lo Stato bolivariano. Tuttavia, riteniamo che richiedano tempo per la creazione di condizioni di fattibilità e convenienza, e ora hanno trovato un pretesto: la “crisi politica” ed il sostegno ed il coinvolgimento dell’OSA.

Lo scaglionamento ad altri livelli della strategia dipenderà dall’efficacia e, naturalmente, da altre condizioni; che avranno a che fare con la controffensiva del governo di Nicolas Maduro davanti a tale sporche manovre e la solidarietà di Cuba e dei popoli del mondo che lottano per un sistemo al sistema egemonico.

Nel frattempo, i riepiloghi giornalieri di notizie fanno vedere una sorta di teatro in cui giornalisti e portavoce entrano in un gioco di ruoli, già pre concepito. Noi non crediamo che il Venezuela non sia importante e solo d’interesse informativo dei media.

Riferimento

1 Vedere Daily Press Briefing, Mark C. Toner, Washington, DC, 4 maggio 2016, disponibile http://www.state.gov/r/pa/prs/dpb/2016/05/256873.htm

2 View Daily Press Briefing, John Kirby, Washington, DC, 17 Maggio 2016, disponibile http://www.state.gov/r/pa/prs/dpb/2016/05/257315.htm

3 Cfr Daily Press Briefing, John Kirby, Washington, DC, 18 maggio 2016, disponibile http://www.state.gov/r/pa/prs/dpb/2016/05/257328.htm

4 Idem.

5 Vedere Daily Press Briefing, John Kirby, Washington, DC, 31 maggio 2016, disponibile http://www.state.gov/r/pa/prs/dpb/2016/05/257836.htm

La diplomacia estadounidense en la Guerra No Convencional contra Venezuela (Parte II y final)

Por: Katherinne Díaz Pérez

En un artículo anterior, habíamos dicho que la diplomacia estadounidense, es decir, el Departamento de Estado, participa en los esfuerzos indirectos de la Guerra No Convencional. También, mostramos cómo ha sido su labor en relación con Venezuela desde comienzos del año, al menos en la esfera pública, pues no podemos descartar otras misiones un tanto desconocidas.

Hasta abril esta entidad ejecutiva había emitido cuatro declaraciones oficiales. De ahí que nos hayamos quedado con dos preguntas fundamentales: ¿Por qué el Departamento de Estado en mayo se dispone a abordar el escenario en cinco ocasiones, mientras que en cuatros meses lo hizo esporádicamente?, ¿Qué cambió?

Como sucedió con los anteriores, los cinco comentarios de mayo se originaron de preguntas de periodistas invitados a los resúmenes noticiosos del Departamento.

La primera vez fue el día 4. El asunto resultó ser el negado de visas por parte de EE.UU. a algunos venezolanos. El vocero no negó el hecho, solo afirmó que “estamos conscientes” de los informes al respecto del Gobierno bolivariano. Expresó que no podían hablar de los registros de visados, ya que “son confidenciales”. No obstante, para demostrar cuán “generosos” suelen ser aseveró que el Gobierno facilita “las solicitudes de autoridades gubernamentales extranjeros para viajar a EE.UU.”. Ante tal respuesta, un periodista insistió en el tema, pero el funcionario no dijo más.1

El 17 de mayo, Venezuela se volvió a insertar en la agenda de preguntas y respuestas. En ese entonces, un reportero inquirió sobre la “crisis política que se profundiza” en el país y sobre los comentarios del presidente Nicolás Maduro respecto a las incursiones de un avión militar.

El vocero estadounidense John Kirby, haciendo uso de sus modales diplomáticos, refirió que la primera interrogante se la dejaría a los “militares”. Un “no tengo ninguna información sobre eso” dejó claro su indisposición para comentar el tema. Por ende, decidió hablar de la “crisis”, una situación que evidentemente sí estaba/está incluida dentro de su guión expresivo.

“Seguimos estando junto a la comunidad internacional para expresar nuestra preocupación por las difíciles condiciones que el pueblo venezolano está experimentando, incluyendo, el empeoramiento de la escasez de alimentos, medicinas, electricidad y bienes de consumo básico. Creemos que la solución a estos desafíos están -van a requerir- la inclusión de todas las partes interesadas, y ahora, creemos que es el momento para que los líderes escuchen diversas voces de Venezuela y trabajen juntos en paz para encontrar soluciones […] Seguimos pidiendo que se respete la voluntad del pueblo, el estado de derecho, la separación de poderes dentro del gobierno, y el proceso democrático allí”.2

Como leyeron, su discurso se apegó a la supuesta visión internacional de lo que sucede en Venezuela, se comprometió con el “pueblo” –siempre EE.UU. a favor de los pueblos del mundo-, exhortó al diálogo, a la paz, y demandó los típicos valores universales que una y otra vez pregona la alocución gubernamental.

Al otro día, vino otra pregunta sobre el territorio bolivariano. Kirby de nuevo empleó las mismas oraciones, las mismas ideas: “Nuestra profunda preocupación por las difíciles condiciones que el pueblo […]”. Solo añadió: “los informes de uso excesivo de la fuerza y la violencia contra los manifestantes, obviamente, es preocupante para nosotros y de gran inquietud. Sí, hemos visto estos informes y no creemos que esa sea la respuesta adecuada a la protesta pacífica de las dificultades reales que enfrenta el pueblo de Venezuela”.3

Ante la insistencia del reportero de qué consideraba como “uso excesivo de la fuerza”, el vocero respondió que no quería “entrar en una discusión táctica”. Se le preguntó por la carta abierta del secretario general de la Organización de Estados Americanos (OEA) y afirmó que “no hemos visto ese informe”.4

Indudablemente, la diplomacia debe parecer que siempre está al margen de los problemas y la Guerra No Convencional es así: desde afuera timoneando los sucesos. La OEA, en este caso, una organización regional sin fronteras estatales fue la elegida para convertirse en el actor político de las demandas contra el Gobierno bolivariano.

Por eso, pasó intrascendente el 19 de mayo con el tema de los visados y vino el 31, el último día del mes, cuando John Kirby expresó que EE.UU. se unía al llamado realizado por la OEA para el diálogo en Venezuela con el fin de encontrar soluciones. De ahí que la posición oficial de EE.UU. era la de que siguen los acontecimientos y observan desde afuera las reuniones en República Dominicana y con el primer Ministro de España.5

De modo que el comportamiento de la diplomacia estadounidense respecto a Venezuela, desde comienzos de año, ha sido discreto y en exceso oportuno. Con un discurso con márgenes estrictos de lo que se puede y debe decir, EE.UU. ha dejado claro que siguen los acontecimientos. Y por el contrario a lo que parece, Venezuela sí es una prioridad para la Casa Blanca.

Las labores públicas del Departamento de Estado no permiten saber con exactitud en qué momento estamos de la injusta Guerra No Convencional contra el Estado bolivariano. No obstante, consideramos que llevan tiempo creando las condiciones de factibilidad y conveniencia y, ahora fue que encontraron un pretexto: La “crisis política” y el apoyo e involucramiento de la OEA.

El escalonamiento a otros niveles de la estrategia dependerá de la efectividad y, por supuesto, de otras condiciones; las cuales tendrán que lidiar con la contraofensiva del Gobierno de Nicolás Maduro ante tales sucias maniobras y la solidaridad de Cuba y los pueblos del mundo que luchan por un sistema alternativo al hegemónico.

Mientras tanto, los resúmenes diarios noticiosos hacen ver una especie de teatro donde periodistas y voceros entran en un juego de roles, ya preconcebido. No nos creemos que Venezuela no sea importante y solo de interés noticioso de los medios de comunicación.

Referencia

1 Ver Daily Press Briefing, Mark C. Toner, Washington, DC, 4 de mayo de 2016, disponible en http://www.state.gov/r/pa/prs/dpb/2016/05/256873.htm

2 Ver Daily Press Briefing, John Kirby, Washington, DC, 17 de mayo de 2016, disponible en http://www.state.gov/r/pa/prs/dpb/2016/05/257315.htm

3 Ver Daily Press Briefing, John Kirby, Washington, DC, 18 de mayo de 2016, disponible en http://www.state.gov/r/pa/prs/dpb/2016/05/257328.htm

4 Idem.

5 Ver Daily Press Briefing, John Kirby, Washington, DC, 31 de mayo de 2016, disponible en http://www.state.gov/r/pa/prs/dpb/2016/05/257836.htm

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