Gabriel Molina Franchossi http://www.granma.cu
Che Guevara caratterizzò Fidel, nell’appassionante lettera d’addio che infiammò tutti, come lo statista indomito della Crisi di Ottobre nel 1962. Quello spirito ribelle si erse, di nuovo, nel 1963, in modo non meno drammatico durante la prima visita che Fidel fece in Unione Sovietica, dove il popolo moscovita lo ricevette nelle strade con traboccante entusiasmo.
Il leader cubano era arrivato il 29 aprile 1963 a Murmansk, città portuale nell’ancora congelato estremo nord dell’immensa URSS, nonostante l’incipiente primavera. Il ricevimento ufficiale e popolare con Nikita Krusciov e Leonid Brezhnev sarebbe stato il 30 aprile, nella capitale. Era il suo primo viaggio in URSS e fu ricevuto da Anastas Mikoyan, vice primo ministro, che pochi mesi prima, durante la Crisi dei Missili, aveva cercato di calmare il Comandante in Capo della Rivoluzione Cubana.
Sull’isola caraibica, il veterano dirigente sovietico cercava di catturare l’attenzione del ribelle Comandante, ma il rombo di un jet, che volava a bassa quota, interruppe l’insolito monologo. Nel teso clima internazionale che l’annuncio del ritiro dei missili non era riuscito a placare, l’intera isola era controllata dagli aerei da guerra USA, a volo radente.
Fidel si alzò energicamente ed esclamò: “L’unica cosa che manca è che scendano a prendere il caffè. Non possiamo continuare a permetterlo. Li avvertirò che li abbatteremo se continuano queste provocazioni!” I voli a bassa quota furono sospesi.
Non aveva fatto mistero, in alcun momento, della sua rabbia da quando Krusciov annunciò, senza consultazione, il 28 ottobre, che avrebbe ritirato i missili installati a Cuba, oltre ad aver offerto la possibilità di inviare ispettori dell’ONU per controllare il detto ritiro.
Ma tale pretesa si scontrò con lo spirito indomabile del Barbudo, che disse che per ispezionare il paese avrebbero dovuto venire in posti di combattimento e lanciò una piattaforma di cinque punti per ottenere la vera pace: 1) Cessazione del blocco economico e pressione commerciale ed economica. 2) Cessazione delle attività sovversive, invasioni mercenarie, infiltrazione di spie e sabotatori. 3) Cessazione degli attacchi pirati dagli USA. 4) Cessazione delle violazioni dello spazio aereo e navale e 5) Ritiro della Base Navale di Guantanamo e sua restituzione a Cuba.
FIDEL FECE TREMARE IL CREMLINO
Subito dopo l’impressionante dimostrazione di affetto del popolo per le strade, Nikita Krusciov si alzò, quel 30 aprile 1963 nel maestoso Cremlino, per fare un brindisi. Fidel Castro non si fece aspettare. Guardò attentamente intorno e scosse l’ambiente dicendo: “Non posso non esprimere il mio disaccordo con il modo in cui furono tolti i missili sovietici da Cuba. Non ci si consultò e furono presi accordi alle nostre spalle, dopo essere stata, la nostra terra, il potenziale scenario di una guerra nucleare”.
Nikita lo interruppe agitato, “Lo abbiamo fatto per evitare un attacco contro Cuba e si riuscì a mantenere la pace!”.
Ma “ciò che si ottenne fu una pace precaria, poiché non c’è un impegno reale. Se ci avessero consultato si sarebbe ottenuto molto di più. Avremmo ottenuto una vera pace ed altri obiettivi”, gli rispose, con fermezza, Fidel.
Sembrava che la prima visita del leader cubano, in URSS, sarebbe finita in un fallimento. Nessuno osava dire una parola …
GLI USA PREPARAVANO UN’ INVASIONE A CUBA
Da fonti sovietiche e USA si sa che, nel 1962, gli USA avevano 377 missili strategici e ne costruivano altri 1000. Quelli di stanza in Turchia ed in Italia, davano una superiorità, agli USA, poiché da lì potevano raggiungere in 15 minuti l’URSS mentre i 44 missili intercontinentali sovietici avrebbero preso 25 minuti per raggiungere gli USA. L’URSS aveva inoltre solo 373 missili di medio raggio e 17 di gittata intermedia.
L’installazione di 42 missili a medio ed intermedio raggio a Cuba avrebbe notevolmente livellato la differenza e avrebbe fornito mezzi difensivi contro un’imminente invasione diretta USA, ciò che sapevano, sovietici e cubani, si preparava in gran fretta.
Fidel dichiarò che percepì nella proposta, fatta da Krusciov, d’installare missili nucleari a Cuba, un’azione che avrebbe consolidato la capacità difensiva di tutto il blocco socialista, inclusa Cuba e che fu la ragione principale per accettarla, anche se non si ignoravano i rischi. Fidel impose di far conoscere pubblicamente l’accordo, basandosi sul diritto alla difesa con qualsiasi mezzo militare, come espresse apertamente in una dichiarazione. La perspicacia del popolo chiamò quel “qualunque mezzo” gli eccetera, in una velata allusione ai missili.
Krusciov insistette con il comandante Raúl Castro -che andò nuovamente in l’URSS per firmare l’accordo- di rinviare il renderlo pubblico e, nel frattempo, negarlo. In quei giorni di luglio 1962 si svolgeva a Mosca un Congresso Internazionale del Consiglio Mondiale della Pace.
Nell’ottobre 1963 Kennedy e Krusciov si accordarono affinché non succedesse uno scontro, ma con la condizione che fossero ritirati i missili sotto ispezione internazionale. Fidel rifiutò l’ispezione.
Nella notte del 23 ottobre, il presidente USA aveva decretato un blocco navale dicendo che tali missili con ogive nucleari, erano armi offensive e mise tutte le forze armate in massima allerta per la prima volta nella storia. Il mondo non era mai stato così vicino ad una guerra nucleare. I cubani dicevano per scherzo: d’improvviso scomparirai dalla mia vista.
Il 26 Krusciov propose, in privato, ritirare i missili contro una promessa USA di non invadere Cuba. Ma Kennedy insisteva sull’ispezione. In una mossa a sorpresa, l’artiglieria antimissile sovietica abbatté, allora, un aereo U2 che volava sopra Banes, nell’ oriente di cuba. L’atmosfera si tese ancor più e provocò una lettera del Presidente Kennedy, suscettibili di varie letture: era minacciosa e a volte tollerante cercando di rivelare che l’atto poteva non essere stato ordinato da Krusciov, che già negoziava con lui. Il fatto poteva essere sfuggito al suo controllo.
Il 28 Krusciov accettò i termini di Kennedy e solo dopo informò Fidel, che non sapeva dei colloqui segreti. Il Comandante in Capo dichiarò che la notizia aveva prodotto, a Cuba, “una grande indignazione perché ci vediamo convertiti in una sorta di oggetto di scambio … abbiamo sentito alla radio che il giorno 28 si era prodotto un accordo’. La reazione del popolo non fu di sollievo. Fu di profondo disagio.
MIKOYAN NON RIUSCI’ A CALMARE FIDEL
U Thant, Segretario Generale dell’ONU si recò a Cuba e davanti al rifiuto di Fidel di accettare l’ispezione dichiarò che il leader cubano aveva il diritto di rifiutarsi e che le Nazioni Unite non potevano obbligarlo. Data la situazione, Krusciov inviò, il 2 novembre, Mikoyan a Cuba, che per diversi giorni cercò di convincere il premier cubano. Ma fu impossibile.
Infine, dopo due settimane a Cuba, Mikoyan propose che l’ispezione fosse effettuata sulle navi. Fidel rispose che questo sarebbe stato un problema dell’URSS. E ci fu ispezione sulle navi, non sull’isola, che emerse più forte e più rispettata da quella crisi. La dottrina militare cubana passò ad essere quella della resistenza nazionale se il territorio fosse stato occupato.
Il tempo ha dimostrato la validità delle sue convinzioni.
Tre anni dopo il ritiro dei missili, la lettera d’addio di Che Guevara ricordava quei fatti dicendo: “al tuo fianco ho sentito l’orgoglio di appartenere al nostro popolo nei giorni luminosi e tristi della crisi dei Caraibi. Poche volte uno statista ha brillato di una luce più alta…”.
In effetti, il leader guerrigliero del popolo cubano già da allora formava parte dei grandi statisti della storia.
Pocas veces brilló más alto un estadista
Gabriel Molina Franchossi
Che Guevara caracterizó a Fidel en la apasionante carta de despedida que inflamó a todos, como el estadista indómito de la Crisis de Octubre en 1962. Ese espíritu insumiso se irguió otra vez en 1963, de modo no menos dramático, durante la primera visita que hizo Fidel a la Unión Soviética, donde el pueblo moscovita lo recibió en las calles con desbordado entusiasmo.
El líder cubano había llegado el 29 de abril de 1963 a Murmansk, ciudad portuaria en el aún congelado extremo norte de la inmensa URSS, a pesar de la incipiente primavera. La recepción oficial y popular con Nikita Jruschov y Leonid Brehznev sería el 30 de abril, en la capital. Era su primer viaje a la URSS y fue recibido por Anastas Mikoyan, viceprimer ministro, quien unos meses antes, durante la Crisis de los Misiles, había tratado de calmar al Comandante en Jefe de la Revolución Cubana.
En la Isla caribeña, el veterano dirigente soviético trataba de captar la atención del rebelde Comandante, pero el estruendo de unos jets volando bajo interrumpió el insólito monólogo. En el tenso ambiente internacional que el anuncio de la retirada de los misiles no había logrado aplacar, la Isla entera era cuadriculada por los aviones de combate de EE.UU., en vuelo rasante.
Fidel se levantó enérgicamente y exclamó: «¡Lo único que falta es que se bajen a tomar café. No podemos seguir permitiéndolo. Voy advertirles que los derribaremos si continúan esas provocaciones!» Los vuelos rasantes fueron suspendidos.
No había ocultado en ningún momento su enojo desde que Jruschov anunció inconsultamente el 28 de octubre que retiraría los misiles instalados en Cuba, además de haber ofrecido la posibilidad de enviar inspectores de la ONU para comprobarlo.
Pero tal pretensión se encontró con el espíritu indomable del Barbudo, quien dijo que para inspeccionar el país tendrían que venir en zafarrancho de combate y lanzó una plataforma de cinco puntos para lograr una paz verdadera: 1) Cese del bloqueo económico y la presión comercial y económica. 2) Cese de las actividades subversivas, invasiones de mercenarios, infiltración de espías y saboteadores. 3) Cese de ataques piratas desde Estados Unidos. 4) Cese de violaciones del espacio aéreo y naval y 5) Retirada de la Base Naval de Guantánamo y su devolución a Cuba.
FIDEL HIZO ESTREMECER AL KREMLIN
Inmediatamente después de la impresionante demostración de cariño del pueblo en las calles, Nikita Jruschov se levantó aquel 30 de abril de 1963 en el majestuoso Kremlin para hacer un brindis. Fidel Castro no se hizo esperar. Miró atentamente a su alrededor y estremeció el ambiente diciendo: «No puedo dejar de expresar mi desacuerdo con la forma en que fueron sacados los cohetes soviéticos de Cuba. No se nos consultó y se tomaron acuerdos a espaldas nuestras, después de haber sido nuestra tierra el potencial escenario de una guerra nuclear».
Nikita le interrumpió agitado: «¡Lo hicimos para evitar un ataque contra Cuba y se logró mantener la paz!».
Pero, «lo que se logró fue una paz precaria, pues no existe un verdadero compromiso. Si nos hubieran consultado se habría logrado mucho más. Habríamos obtenido una paz verdadera y otros objetivos», le ripostó Fidel con firmeza.
Parecía que la primera visita del líder cubano a la URSS, iba a terminar en fracaso. Nadie osaba decir una palabra…
EE.UU. PREPARABA UNA INVASIÓN A CUBA
De fuentes soviéticas y norteamericanas se sabe que en 1962 Estados Unidos contaba con 377 cohetes estratégicos y construía otros 1 000. Los emplazados en Turquía e Italia, daban una superioridad a EE.UU., pues de allí podían alcanzar en 15 minutos a la URSS, mientras los 44 cohetes intercontinentales soviéticos demorarían 25 en llegar a EE.UU. La URSS solo contaba además con 373 de alcance medio y 17 de alcance intermedio.
La instalación de 42 cohetes de alcance medio e intermedio en Cuba, nivelaría considerablemente la diferencia y brindaría medios defensivos contra una inminente invasión directa de EE.UU., lo que conocían soviéticos y cubanos que se preparaba con gran premura.
Fidel declaró que percibió en la propuesta hecha por Jruschov de instalar cohetes nucleares en Cuba, una acción que consolidaría la capacidad defensiva de todo el campo socialista, incluida Cuba y que fue el principal motivo para aceptarla, aunque no se ignoraban los riesgos. Fidel planteó dar a conocer públicamente el acuerdo, basándose en el derecho a la defensa con cualquier medio militar, como expresó abiertamente en una declaración. velada en alusión a los misiles. La perspicacia del pueblo llamó a ese «cualquier medio» las etcéteras, en una velada en alusión a los misiles.
Jruschov insistió con el comandante Raúl Castro —quien viajó a la URSS nuevamente para firmar el acuerdo—, en postergar el hacerlo público y negarlo mientras tanto. En esos días de julio de 1962, se efectuaba en Moscú un Congreso Internacional del Consejo Mundial de la Paz.
En octubre de 1963, Kennedy y Jruschov se pusieron de acuerdo para que no sucediera una confrontación, pero con la condición de que fueran retirados los misiles bajo inspección internacional. Fidel rechazó la inspección.
En la noche del 23 de octubre el presidente norteamericano había decretado un bloqueo naval expresando que dichos misiles, con ojivas nucleares, eran armas ofensivas y puso a todas las fuerzas armadas en máxima alerta por primera vez en la historia. El mundo no estuvo nunca tan cerca de una guerra nuclear. Los cubanos decían en broma: de repente desaparecerás de mi vista.
El día 26 Jruschov propuso en privado retirar los cohetes contra una promesa norteamericana de no invadir a Cuba. Pero Kennedy insistía en la inspección. En una sorpresiva acción, la artillería anticoheteril soviética derribó entonces un avión U2 que volaba sobre Banes, en el oriente de la Isla. El ambiente se tensó más y provocó una carta del presidente Kennedy, susceptible de varias lecturas: era amenazadora y a la vez tolerante, tratando de dejar ver que el acto podría no haber sido ordenado por Jruschov, quien ya negociaba con él. El hecho podría haber escapado a su control.
El 28 Jruschov aceptó los términos de Kennedy y solo después informó a Fidel, quien no conocía de las conversaciones secretas. El Comandante en Jefe declaró que la noticia había producido en Cuba «una gran indignación porque nos veíamos convertidos en una especie de objeto de cambio…nos enteramos por radio que el día 28 se ha producido un acuerdo». La reacción del pueblo no fue de alivio. Fue de profundo malestar.
MIKOYAN NO LOGRÓ CALMAR A FIDEL
U Thant, secretario general de la ONU viajó a Cuba y ante la negativa de Fidel a aceptar la inspección, declaró que el dirigente cubano estaba en su derecho al negarse y que Naciones Unidas no podía obligarlo. Ante la situación, Jruschov envió el 2 de noviembre a Mikoyan a la Isla, quien durante varios días trató de convencer al premier cubano. Pero fue imposible.
Finalmente, tras dos semanas en Cuba, Mikoyan propuso que la inspección se realizase en los barcos. Fidel le respondió que ese sería un problema de la URSS. Y hubo inspección en los barcos, no en la Isla, la cual emergió más fuerte y más respetada de aquella crisis. La doctrina militar cubana pasó a ser la de la resistencia nacional si el territorio era ocupado.
El tiempo ha demostrado la vigencia de sus convicciones.
Tres años después de la retirada de los cohetes, la carta de despedida del Che Guevara recordaba esos hechos diciendo: «sentí a tu lado el orgullo de pertenecer a nuestro pueblo en los días luminosos y tristes de la Crisis del Caribe. Pocas veces brilló más alto un estadista…».
En efecto, el líder guerrillero del pueblo cubano ya desde entonces formaba parte de los grandes estadistas de la historia.