La prosecuzione, “attacchi ai diplomatici statunitensi a Cuba”

Arthur González https://heraldocubano.wordpress.com

Se non fosse per la doppia intenzione che si nasconde dietro le ripetute notizie di presunti attacchi a diplomatici USA a Cuba, non varrebbe la pena perdere tempo nel leggerle e, meno ancora, nel rispondere, ma, evidentemente, la campagna continua e s’incrementa con le figure, al più alto livello, della politica dell’amministrazione di Donald Trump.

Durante un’intervista concessa dal vice presidente USA, Mike Pence, al canale Telemundo 51, di Miami, lo scorso 23/08/17, ha detto che “l’amministrazione continua ad esaminare, molto seriamente, le lesioni fisiche sofferte da diplomatici USA a L’Avana, a causa di un possibile attacco acustico”.

Per stare a Miami, capitale della mafia terroristica anti-cubana e per calmare gli animi di coloro che aspettano l’indurimento della politica verso Cuba, Pence ha detto loro che “al momento si stanno finalizzando i dettagli per l’attuazione dei cambiamenti nella politica verso l’isola”.

Queste minacce si sommano alla recente notizia divulgata dalla stampa yankee, in cui un presunto “medico” statunitense, che ha dichiarato di aver valutato i diplomatici, USA e canadesi, ha diagnosticato “gravi malattie come lesione cerebrale traumatica, con un probabile danno al sistema nervoso centrale”, tutto un romanzo di terrore e mistero in stile Hollywood.

Nelle notizie pubblicate sul presunto attacco, si afferma che il Federal Bureau of Investigation (FBI) ed il governo cubano stanno indagando gli “incidenti” di L’Avana, che secondo il Dipartimento di Stato hanno avuto luogo alla fine del 2016.

L’informazione non chiarisce chi è il medico, la sua specialità e l’istituzione dove lavora, ciò che fa dubitare sulla veridicità della detta notizia e la mette a livello di rumor che desidera creare il Dipartimento di Stato, senza che ancora si sappia ciò che persegue.

Gli USA non hanno accusato, al momento, il governo cubano; tuttavia, lo scorso maggio ha deciso espellere due diplomatici dall’ambasciata cubana a Washington, sotto il ricercato pretesto che l’Avana “non ha soddisfatto” adeguatamente l’obbligo di proteggere il personale diplomatico.

Non esiste un paese al mondo in cui i diplomatici USA o coloro che viaggiano a Cuba sotto le 12 licenze approvate possano camminare soli per le strade, in qualsiasi momento del giorno e della notte, i loro figli giocare liberi nei parchi e nelle piazze senza alcun pericolo, come non osano farlo nel loro paese a causa dell’alto livello di violenza e criminalità.

La notizia è da più di una settimana nei titoli della stampa ufficiale, qualcosa di anomalo, quando in America Latina ci sono costanti assassinii, scomparsi come il giovane argentino Santiago Maldonado e scioperi di insegnanti, senza che i media diano loro la minima importanza.

Heather Nauert, portavoce del Dipartimento di Stato, durante la sua abituale conferenza stampa, ha rifiutato di confermare la situazione medica di alcun membro del personale USA a Cuba, ma è tornato alla retorica che “ciò che è accaduto a L’Avana è di grande preoccupazione per il governo USA”.

Ma quello a cui non fa riferimento il Dipartimento di Stato, né la stampa ufficiale, sono i fatti che si sono verificati, nel loro territorio e in altri paesi alleati, con il personale diplomatico cubano, in cui alcuni hanno addirittura perso la vita, per assassini residenti negli USA.

L’11 settembre 1980, Félix García Rodríguez, diplomatico della missione cubana alle Nazioni Unite, a New York, fu assassinato da terroristi cubani lì residenti mentre guidava la sua auto, nel quartiere Queens di New York. Il governo USA non adempì, adeguatamente, l’obbligo di proteggere il personale diplomatico.

L’organizzazione terrorista Omega 7, con uffici pubblici a Miami, fu la responsabile dell’omicidio. Il piano iniziale era quello di assassinare quattro funzionari cubani della missione diplomatica. Coinvolti in questo atto criminale furono Eduardo Arocena, Pedro Remón, Eduardo Losada e Andrés García. Eccetto Arocena, tutti vivono liberi negli USA.

Il 23 luglio 1976, in Messico, fu assassinato il tecnico cubano della pesca Artaignan Díaz, uno degli autori, Gaspar Jimenez Escobedo, riuscì a fuggire negli USA. Il 17 novembre 2000, partecipò al piano di assassinio del presidente Fidel Castro a Panama City. Oggi è ancora libero a Miami e gli ufficiali dell’FBI non lo molestano, nonostante sia un noto terrorista.

La lista dei fatti avvenuti contro l’ambasciata cubana di New York è ampia e varia, inclusi bombe poste sotto l’auto ufficiale del capo della missione ed, apparentemente, le autorità yankee sono inefficienti a rilevare, per tempo, questi atti di terrorismo né si preoccupano di giudicare i loro autori.

Nulla di ciò è accaduto contro l’ambasciata yankee a l’Avana, né i suoi diplomatici sono assediati o aggrediti, nonostante partecipare, apertamente, a riunioni cospirative con la controrivoluzione interna, sia nella capitale che in altre province.

Né il Dipartimento di Stato né l’FBI sembrano preoccupati che terroristi di origine cubana passeggino per le strade USA, come Luis Posada Carriles, autore dell’esplosione di un aereo civile cubano, nel 1976, dove sono morte 73 innocenti; pertanto non hanno nulla da indagare a Cuba, meglio che impieghino le loro risorse e tempo nel catturare coloro che assassinano e feriscono innocenti, anche all’interno del territorio USA, collocando artefatti esplosivi in uffici governativi e privati.

Cuba non ha di che preoccuparsi, là gli yankee che proteggono i terroristi di lunga data, coloro che sono stati capaci di uccidere, senza scrupoli, il presidente Kennedy.

La Casa Bianca dovrebbe tener presente José Martí quando ha detto: “L’unico vero è ciò che la ragione dimostra”.

La seguidilla, “ataques a diplomáticos yanquis en Cuba”

Por Arthur González.

Si no fuese por la doble intención que se esconde tras las reiteradas noticias de los supuestos ataques a diplomáticos yanquis en Cuba, no valdría la pena perder el tiempo en leerlas y menos en responder, pero evidentemente la campaña sigue y se incrementa por las figuras más altas de la política de la administración de Donald Trump.

Durante una entrevista concedida por el vicepresidente de los Estados Unidos, Mike Pence, al canal Telemundo 51 de Miami el pasado 23.08.2017, aseguró que “la administración continúa examinando con mucha seriedad las lesiones físicas sufridas por diplomáticos estadounidenses en La Habana, a causa de un posible ataque acústico”.

Por estar en Miami, capital de la mafia terrorista anticubana y para calmar los ánimos de aquellos que esperan el endurecimiento de la política hacia Cuba, Pence les expresó que “en este momento se están ultimando los detalles para la implementación de los cambios en la política hacia la isla”.

Esas amenazas se suman a la reciente noticia divulgada por la prensa oficialista yanqui, en la cual un supuesto “médico” estadounidense que dijo haber evaluado a los diplomáticos de Estados Unidos y de Canadá, les diagnosticó “enfermedades tan graves como lesión cerebral traumática, con un probable daño al sistema nervioso central”, todo un novelón de terror y misterio al estilo de Hollywood.

En las noticias publicadas sobre el supuesto ataque, se afirma que el Buró Federal de Investigaciones (FBI) y el Gobierno cubano están investigando los “incidentes” en La Habana, que según el Departamento de Estado tuvieron lugar a finales de 2016.

La información no aclara quien es el médico, su especialidad y la institución donde trabaja, lo que hace dudar de la veracidad de dicha noticia y la pone a nivel del rumor que desea crear el Departamento de Estado, sin que aún se conozca lo que persigue.

Estados Unidos no ha culpado hasta la fecha al Gobierno cubano; sin embargo, el pasado mes de mayo decidió expulsar a dos diplomáticos de la embajada de Cuba en Washington, bajo el rebuscado pretexto de que La Habana “no cumplió” adecuadamente la obligación de proteger al personal diplomático.

No hay país en el mundo donde los diplomáticos de Estados Unidos, ni aquellos que viajan a Cuba bajo las 12 licencias aprobadas, puedan pasear solos por las calles a cualquier hora del día y la noche, sus hijos jugar libres en parques y plazas sin peligro alguno, como no se atreven a hacerlo es su país debido al alto nivel de violencia y criminalidad.

La notica lleva más de una semana en titulares de la prensa oficialista, algo anormal, cuando en América Latina se suceden asesinatos constantes, desaparecidos como el del joven argentino Santiago Maldonado y huelgas de maestros, sin que sus medios le den la más mínima importancia.

Heather Nauert, portavoz del Departamento de Estado, durante su habitual rueda de prensa, se negó a confirmar la situación médica de ningún miembro del personal estadounidense en Cuba, aunque volvió con la retórica de que “lo sucedido en La Habana es de gran preocupación para el gobierno de Estados Unidos”.

Pero a lo que no hace referencia el Departamento de Estado ni la prensa oficialista, es a los hechos que han acontecido en su territorio y en otros países aliados, con el personal diplomático cubano, donde incluso algunos han perdido la vida, por asesinos residentes en los Estados Unidos.

El 11 de septiembre de 1980 Félix García Rodríguez, diplomático de la misión cubana ante las Naciones Unidas en New York, fue asesinado por terroristas cubanos residentes allá, mientras conducía su auto por el barrio de Queens en New York. El Gobierno estadounidense, no cumplió adecuadamente la obligación de proteger al personal diplomático.

La organización terrorista Omega 7, con oficinas públicas en Miami, fue la responsable del asesinato. El plan inicial era asesinar a cuatro funcionarios cubanos de la misión diplomática. Implicados en ese criminal acto estaban Eduardo Arocena, Pedro Remón, Eduardo Losada y Andrés García. Excepto Arocena, todos viven libres en Estados Unidos.

El 23 de julio de 1976 fue asesinado en México el técnico cubano de la pesca Artaigñan Díaz, uno de los autores Gaspar Jiménez Escobedo logró fugarse a Estados Unidos. El 17 de noviembre del 2000 participó en el plan de asesinato al presidente Fidel Castro en Ciudad Panamá. Hoy continua libre en Miami y los oficiales del FBI no lo molestan, a pesar de ser un connotado terrorista.

La lista de hechos ocurridos contra la embajada cubana en New York es amplia y variada, entre ellas bombas colocadas bajo el auto oficial del jefe de la misión y al parecer las autoridades yanquis son ineficientes para detectar a tiempo esos actos de terrorismo, ni se preocupan por juzgar a sus autores.

Nada de eso ha sucedido contra la embajada yanqui en La Habana, ni sus diplomáticos son asediados o agredidos, a pesar de participar abiertamente en reuniones conspirativas con la contrarrevolución interna, tanto en la capital como en otras provincias.

Al Departamento de Estado ni al FBI, no parece preocuparles que terroristas de origen cubano se paseen por las calles de Estados Unidos, como lo hace Luis Posada Carriles, autor de la voladura de un avión civil cubano en 1976, donde murieron 73 inocentes, por tanto no tienen nada que investigar en Cuba, mejor que empleen sus recursos y tiempo en capturar a quienes asesinan y hieren a inocentes, incluso dentro del propio territorio de Estados Unidos, colocando artefactos explosivos en oficinas gubernamentales y privadas.

Cuba no tiene de que preocuparse, allá los yanquis que protegen a terroristas de larga data, esos que fueron capaces de matar sin escrúpulos al presidente J.F. Kennedy.

La Casa Blanca debería tener presente a José Martí cuando señaló:“Lo único verdadero es lo que la razón demuestra”.

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