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Secondo gli avvocati Valeska Teixeira Zanin Martins e Cristiano Zanin Martis non c’è materialità nelle accuse contro Lula perché mancano di logica e coerenza. Inoltre, hanno sottolineato che in assenza di prove che incriminano l’ex presidente, si trovano ad affrontare un fenomeno noto come legge, basato sull’abuso delle leggi della procedura legale per scopi politici.
Hanno anche indicato che tra i vizi c’è l’uso dei media da parte del giudice Moro e della Procura per far filtrare informazioni non verificate ed accuse infondate non sostenute da nessuna prova.
I difensori dell’ex presidente hanno denunciato che Moro non riesce a indicare quale sarebbe l’atto di ufficio, la corruzione passiva, praticata da Lula a favore della società di costruzioni OAS. Secondo la sentenza, sarebbero “atti indeterminati”.
L’inchiesta non è mai riuscita a dimostrare che l’ex presidente aveva un solo conto bancario o una proprietà indebita. I giudici hanno ignorato le dichiarazioni di 73 testimoni che hanno contraddetto le accuse dell’ex direttore della società di costruzioni OAS e i vari ricorsi presentati dalla difesa dell’ex presidente.
I magistrati non hanno preso in considerazione l’attento studio della sentenza da parte di oltre cento avvocati e studiosi che smantellano tutte le premesse della sentenza del giudice Moro. Secondo il magistrato, Lula avrebbe beneficiato di un piano criminale della società di costruzioni OAS con Petrobras ricevendo parte della tangente pagata dalla compagnia di costruzioni al Partito dei Lavoratori (PT).
Il denaro presumibilmente versato dalla società a Lula sarebbe il risultato di una percentuale per l’attività chiusa attraverso un consorzio (Conest/Rnest) che ha lavorato nella raffineria Abreu e Lima, e nella raffineria Presidente Getúlio Vargas.
OAS era un partner di Odebrecht in quel consorzio. Lula, dice Moro, avrebbe beneficiato di 3,7 milioni di reais (1.117.215,00 dollari) su un totale di 26.450.820,00 dollari di tangenti destinate al Partito dei Lavoratori dall’OAS.
Moro ha condannato Lula a luglio 2017 a nove anni di carcere per corruzione passiva e riciclaggio di denaro. Nel gennaio di quest’anno, il Tribunale Federale Regionale della IV Regione (TRF-4), a Porto Alegre, ha ratificato la sentenza e aumentato la pena a 12 anni e un mese di prigione.
Il giudizio risponde a interessi politici
Nel settembre del 2017, Lula denuncia il piano bollato come “caccia alle streghe” che il sistema giudiziario brasiliano aveva avviato. Il giudice Sergio Moro è accusato di svolgere questo compito e condurre una persecuzione giudiziaria contro il leader del PT, che appare primo nei sondaggi in vista delle elezioni presidenziali di ottobre.
Per il professore di Diritto Penale dell’Università Federale di Paraná (UFPR secondo il suo acronimo in portoghese), Jacson Zilio, il processo e la sentenza del giudice federale Sergio Moro presentano serie questioni legali, che comportano problemi importanti.
“Uno dei problemi seri delle deficienze giuridiche in questo processo è l’uso della legge penale per scopi politici, ciò che è in gioco è proprio la distruzione dello Stato democratico di diritto, dal momento che i procedimenti penali si configurano come processi di eccezione”, ha affermato.
Le dichiarazioni di Zilio sono state sostenute dall’insegnante dell’UFPR, Juarez Cirino, che ha sottolineato come le decisioni legali nell’ambito dell’operazione Lava Jato abbiano motivazioni politiche.
“L’esperienza politica dell’opposizione a Lula nelle ultime elezioni è stata la sconfitta elettorale e anche per le prossime elezioni si prospettava la sconfitta, poi hanno scoperto un nuovo metodo di lotta politica, spostando la campagna elettorale dalle strade alla giustizia Federale”, ha aggiunto Cirino.
In dichiarazioni al New York Times, l’avvocato italiano Luigi Ferrajoli ha avvertito che il processo contro Lula è stato caratterizzato dalla sua “impressionante mancanza di imparzialità” e ha indicato che, durante il processo, i pubblici ministeri e i giudici hanno agito parzialmente, senza aderenza alla legalità e in violazione delle garanzie del presidente brasiliano.
Elezioni senza Lula
Come hanno sottolineato gli avvocati, il processo di Lula è dovuto a interessi politici che mirano a impedire la presentazione dell’ex presidente alle imminenti elezioni di ottobre.
I settori contrari a Lula hanno usato la giustizia per rimuoverlo dal potere, trasferendo ai tribunali una decisione che in una democrazia dovrebbe corrispondere ai cittadini. Il processo non solo mira a disabilitare elettivamente l’ex presidente, ma anche a minare la sua immagine e la sua reputazione.
Il ruolo dei media è stato fondamentale nell’agenda contro il leader brasiliano – come denunciato dai suoi difensori – hanno pubblicato notizie false e imprecise per creare una corrente di pensiero errata sull’ex presidente.
Fin dal primo momento, il processo contro Lula è stato combattuto nei media dove giudici e pubblici ministeri si sono dedicati ad esprimere opinioni politiche e persino a commentare i processi che erano sotto la loro giurisdizione, mostrando parzialità.
(Traduzione de l’AntiDiplomatico)