Discorso Raul Castro (65esimo assalto Moncada)

Discorso pronunciato dal Generale d’Esercito Raúl Castro Ruz, Primo Segretario del Comitato Centrale del Partito Comunista di Cuba, nella manifestazione centrale per il 65º Anniversario dell’assalto alle  caserme Moncada e Carlos M. de Céspedes, nella Città Scuola 26 di Luglio, a Santiago di Cuba, il 26 di luglio del 2018. «Anno 60º della Rivoluzione».

Santiaghere e santiagheri,

Compatrioti:

Come avevo anticipato nel dicembre dell’anno scorso, oggi pronuncerò  le parole centrali  della manifestazione nazionale per il  65º  anniversario dell’attacco  alle   caserme  Moncada e Carlos Manuel de Céspedes.

Nessuno tra noi che abbiamo avuto il privilegio di partecipare a quelle azioni, con il comando di Fidel, potevamo sognare d’essere vivi in un giorno come oggi, con un paese libero, indipendente e sovrano, una Rivoluzione socialista al potere e un popolo unito pronto a difendere l’opera realizzata, frutto del sacrificio e del sangue di varie generazioni di cubani.

Non solo per la sua storia celebriamo questo 65º anniversario a Santiago di Cuba, ma anche per riconoscere il lavoro che la provincia realizza a beneficio  della popolazione.

Con la direzione del compagno Lázaro Expósito Canto, primo segretario del Comitato Provinciale del Partito (Applausi), con uno stretto vincolo con il governo  guidato dalla vicepresidente del Consiglio di Stato Beatriz Johnson Urrutia (Applausi), è stato svolto un lavoro integrale in vari fronti dell’economia che hanno permesso d’incrementare l’offerta di beni e servizi per la popolazione con qualità e prezzi accessibili.

Si avanza in modo sostenuto nel programma della casa con l’utilizzo di differenti tecnologie e iniziative per l’uso di materiali locali della costruzione, proseguono con un buon ritmo gli investimenti prioritari d’importanza nazionale, come il terminal del porto, multi proposito, e la base dei magazzini di San Luis.

Si lavora inoltre alla creazione di condizioni per incrementare le esportazioni di frutta, rum, aragoste e prodotti dell’acquicoltura.

Si riordina l’attività commerciale partendo da progetti di sviluppo locale che assegnano una maggiore autonomia ai municipi nella gestione e maggior soddisfazione alle domande della popolazione, utilizzando le risorse proprie.   Questo si traduce in apporti superiori al bilancio e garantisce il sostenimento di quanto realizzato e la continuità degli investimenti nello sviluppo.

È palpabile l’entusiasmo dei santiagheri in tutta la provincia, ma senza dubbio resta molto da fare nella sfera della produzione e dei servizi per generare con efficienza la ricchezza e proseguire elevando  la qualità di vita del popolo e rendere realtà l’obiettivo che  Santiago di Cuba sia una città sempre più bella, ordinata, igienica e disciplinata, degna di custodire i resti immortali di molti dei migliori figli della nazione cubana, tra i quali spiccano l’Eroe Nazionale, il Padre e la Madre della Patria e il leader storico della Rivoluzione Cubana.

Nei prossimi mesi commemoreremo importanti avvenimenti storici, tra i quali il   150º anniversario dell’inizio delle lotte per l’indipendenza della Patria, il 10 ottobre del 1868, e il 60º anniversario del trionfo della Rivoluzione, il Primo  gennaio del  1959, quando i  mambì sì che entrarono vittoriosi a Santiago per restare definitivamente a lato del loro popolo

Solo quattro giorni fa l’Assemblea Nazionale ha approvato il Progetto di Costituzione  della Repubblica che sarà oggetto di una vasta consultazione popolare nei prossimi mesi; con  le opinioni e le proposte emanate da questo processo democratico sarà analizzato nuovamente nel Parlamento, per elaborare il testo definitivo che si sottoporrà a un referendum con voto diretto e segreto di ogni cittadino per la sua approvazione e successiva proclamazione.

La Costituzione della Repubblica è la legge fondamentale sulla quale si sostiene lo Stato e quindi è il documento giuridico e politico più importante in questo paese, dato che definisce le fondamenta della nazione, la struttura e i poteri, la loro portata, e garantisce i diritti e i doveri dei cittadini.

L’attuale Costituzione, approvata 42 anni fa in uno scenario nazionale e internazionale molto diverso dall’attuale, necessita una riforma con il proposito d’includere le trasformazioni socio economiche implementate in corrispondenza con gli accordi adottati nel Sesto e nel Settimo Congresso del Partito Comunista di Cuba.

Inizierà un trascendentale esercizio politico e democratico, il cui esito dipenderà prima di tutto dalla partecipazione attiva e impegnata dei cubani, con la guida del Partito Comunista e il concorso dell’Unione dei Giovani Comunisti e le organizzazioni di massa, nel quale si dovrà ottenere che ogni cittadino comprenda la necessità e la portata dei cambi che dobbiamo introdurre nella Costituzione, in modo che si garantisca il carattere irrevocabile del socialismo e la continuità della Rivoluzione.

Non ignoriamo le complessità che caratterizzano l’attuale scenario nel piano interno ed esterno.

In quanto all’economia, come ha detto il presidente  Miguel Díaz-Canel  intervenendo nella chiusura del recente periodo di sessioni dell’Assemblea Nazionale, si mantiene una situazione tesa  nelle finanze esterne come conseguenza dei danni  alle entrate previste con l’esportazione dello zucchero e con  il turismo, provocati da una lunga siccità, dalla devastazione dell’uragano Irma, da violente piogge fuori stagione prima e poi dalla tormenta subtropicale Alberto.

A tutto questo si è sommato l’indurimento de blocco nordamericano con i suoi effetti extraterritoriali che hanno avuto un impatto sul commercio e le transazioni finanziarie. Nonostante questi fattori avversi, come abbiamo già informato, si è ottenuta una discreta crescita dell’economia nel primo semestre e questo è un risultato promettente; senza dubbio è necessario assicurare le esportazioni e ridurre tutte le spese non imprescindibili. per destinare i fondi disponibili alle produzioni e ai servizi che generano entrate in divisa.
Si deve sempre tener presente che la più rapida e facile fonte di risorse è il risparmio e quindi dobbiamo far sì che smetta d’essere solo una mera consegna per diventare una norma di condotta dei quadri e dei lavoratori a tutti i livelli.

Passando alla situazione che si sta formando nel nostro continente, devo segnalare che all’inizio di questo secolo, come parte della resistenza e della lotta dei popoli contro i nefasti effetti dei modelli neoliberisti, erano giunte al potere diverse forze progressiste e di sinistra che avevano fomentato l’unità e l’integrazione latinoamericana e dei Caraibi.

In  eque contesto si sbaragliò il progetto imperialista Area di Libero Commercio delle Americhe, noto come ALCA, e si creò l’Alleanza Bolivariana per i Popoli  di Nuestra América (ALBA).

In 15 anni sono usciti dalla povertà 60 milioni di persone e più di 3 milioni dall’analfabetismo, sradicato in Venezuela, Bolivia e Nicaragua. Si sono laureati circa  20.000 medici latinoamericani e caraibici nella Scuola Latinoamericana di Medicina. Hanno recuperato la vista 2 milioni  992838 pazienti stranieri con l’Operazione Miracolo oltre a un milione di cubani. Con il generoso contributo venezuelano nacque Petrocaribe.

I nuovi governi progressisti avevano rotto decenni di sovranità limitata e di subordinazione al potere imperiale ed avevano creato le condizioni propizie per avanzare nell’integrazione regionale, con la costituzione di organizzazioni senza l’egida degli Stati Uniti, come la Comunità degli Stati Latinoamericani e Caraibici (Celac) e l’Unione delle Nazioni del Sud (Unasur), a cui hanno aderito governi di tendenza politica differente, con il principio della “unità nella diversità” e si riattivò il Mercosur.

Lo sviluppo  della Comunità dei Caraibi (Caricom), la partecipazione di tutti i suoi Stati, membri della Celac e dell’Associazione degli Stati dei Caraibi (AEC), così come alcuni nell’ALBA, avevano contribuito alla crescita di questa unità regionale.

I capi di Stato e di governo dell’America Latina e dei Caraibi avevano firmato a L’Avana nel gennaio del 2014, il Proclama dell’America Latina e dei Caraibi come Zona di Pace, che li aveva impegnati a rispettare pienamente il diritto inalienabile di ogni Stato d’eleggere il suo sistema politico, economico, sociale e culturale;, non intervenire nei temi interni di qualsiasi Stato e osservare i principi di sovranità nazionale, uguaglianza di diritti e libera determinazione dei popoli, così come la soluzione pacifica di differenze, e nello stesso tempo prescriveva la minaccia e l’uso della forza.

Questa congiuntura non era gradita ai circoli del potere di  Washington che hanno messo in pratica i metodi di guerra non convenzionale per impedire la continuità e ostacolare il ritorno di governi progressisti, orchestrando colpi di Stato, prima uno militare, per far cadere il presidente Zelaya in Honduras, e poi parlamentare-giudiziari contro Lugo in Paraguay e Dilma Rousseff in Brasile. Hanno spiegato il controllo del monopolio dei mezzi della stampa, con l’interesse di promuovere processi giudiziari manipolati e politicamente motivati, così come campagne di tergiversazione per togliere prestigio a figure e organizzazioni di sinistra.

La destra è riuscita a recuperare in alcuni paesi il potere politico mediante vittorie elettorali, alcune fraudolente e altre con la copertura di manipolazioni politiche e tecnologiche, falsificazioni di dati economici e campagne d’intimidazione con l’appoggio dei media di comunicazione egemonici.

Come si poteva immaginare non hanno esitato a smontare la politica sociale d’ampio beneficio popolare, usando il potere giudiziario con il pretesto dello scontro alla corruzione, per la criminalizzazione delle forze di sinistra e la reclusione di leader progressisti.

Il governo degli Stati Uniti ha dichiarato pochi mesi fa e senza il minimo pudore la totale vigenza della Dottrina  Monroe, che si riassume nella frase «L’America per gli americani» —naturalmente, quelli del nord —,  che riserva alle nazioni latinoamericane e caraibiche uno status di dipendenza e sottomissione agli interessi imperiali. Lo dimostrano le sue azioni aggressive e d’interventismo, lo spiegamento delle forze militari e la riserva instancabile di nuove basi nella regione.

Uno dei propositi di Washington è annullare i passi avanti conquistati nell’integrazione e l’esercizio della sovranità sulle risorse naturali, per imporre la sua agenda razzista, super macista, contro i popoli, con un’offensiva neoliberista indirizzata a distruggere un decennio di sviluppo e ad ampliare le differenze in questa regione che presenta la maggior disuguaglianza del pianeta.

Gli Stati Uniti con la  complicità di alcuni governi, hanno tentato  di rinvigorire la OSA trasformandola nello scenario dell’aggressione al Venezuela.

Quando, grazie all’atteggiamento degno di un numeroso gruppo di nazioni, non sono riusciti nei loro propositi, hanno formato gruppi ufficiosi di paesi per ottenere misure coercitive unilaterali e altre azioni d’interventismo e corrodere l’unità regionale, frenare la Celac e paralizzare Unasur.

Questi fatti dimostrano di nuovo che il cammino è non dimenticare mai l’unità dei rivoluzionari e mantenere sempre la lotta, tenendo presente che gli avversari non tralasciano mai l’impegno del ritorno dei modelli di esclusione e sfruttamento, e che quando i presunti valori e le regole della sacrosanta democrazia rappresentativa non servono loro per giungere al potere, non esitano ad utilizzare i colpi di Stato, la violenza e anche la guerra.

Il XXIV Incontro del Forum di Sao Paulo recentemente concluso a L’Avana, con la partecipazione di rappresentazioni di tutti i continenti è stato uno spazio imprescindibile di unità politica di fronte alla necessità di ricondurre le lotte delle forze politiche di sinistra e dei movimenti sociali.

La sua Dichiarazione Finale «Nuestra América è in lotta» è un vero  programma unitario d’azione di fronte ai pericoli per la pace, le minacce e le opportunità per le forze politiche della sinistra e dei movimenti popolari e sociali nella regione.

Approfitto dell’occasione per reiterare la nostra solidarietà con la Rivoluzione  bolivariana e chavista, guidata dal presidente Nicolás Maduro Moros.

Al Nicaragua, al Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale e al presidente Daniel Ortega a cui esprimiamo l’invariabile solidarietà del nostro popolo, Partito e governo.

Reclamiamo la libertà del compagno Lula da Silva e il suo diritto d’essere  candidato presidenziale del Partito dei Lavoratori, come esigono  costantemente migliaia di brasiliani e numerose organizzazioni del mondo.

Se domani si effettuassero le elezioni in Brasile, no c’è dubbio che Lula le vincerebbe alla prima tornata. Per questo è detenuto.

Felicitiamo il fraterno popolo messicano e il presidente eletto Andrés Manuel López Obrador per questo risultato storico.

A continuazione mi riferirò alle relazioni con gli Stati Uniti, paese con il quale si mantengono vincoli diplomatici formali, che contano con canali ufficiali di comunicazione, vari accordi bilaterali e una cooperazione mutuamente benefica in un gruppo limitato di aree.

Pochi giorni dopo l’annuncio del ristabilimento delle relazioni diplomatiche tra i due paesi, il 17 dicembre del 2014, avevamo segnalato dal nostro Parlamento che tra i governi di Cuba e degli USA esistevano profonde differenze in quanto all’ esercizio della sovranità nazionale, i concetti di democrazia, il modello politico e le relazioni internazionali. Ciò nonostante avevamo reiterato la disposizione al dialogo rispettoso e reciproco sulle discrepanze, avvertendo che non si doveva però  pretendere che Cuba rinunciasse alle idee per le quali aveva lattato più di un secolo, per poter migliorare le relazioni con gli Stati Uniti.

Dall’agosto dell’anno scorso, con il pretesto di problemi di salute ai loro diplomatici, che alcuni chiamano attacchi sonici, ossia rumori che danneggiano i diplomatici – adesso accusano anche la Cina per lo stesso motivo –  la cui origine non è stata spiegata nè provata da nessuno, anche se periodicamente li ripetono, sono stati degradati i vincoli bilaterali e sono stati espulsi ingiustamente 17 funzionari dalla nostra ambasciata a Washington.

È stata ritirata la maggioranza del personale della sede diplomatica a L’Avana con la conseguente paralisi di buona parte delle documentazioni dei visti, ostacolando i viaggi negli Stati Uniti dei cittadini cubani.

Ugualmente  è stata indurita l’applicazione  extraterritoriale del blocco  nordamericano, in particolare la persecuzione delle nostre transazioni  finanziarie.

L’occasione è  propizia per ricordare il contenuto di un Memorandum di un vice segretario assistente di Stato per i Temi  Interamericani — quello che è qui un vice ministro delle relazioni estere che segue le questioni della regione latino americana – di nome Lester Mallory, del 6  aprile del 1960, 58 anni fa, ma è un fatto che i cubani non dobbiamo mai dimenticare e per questo voglio ricordare testualmente alcuni paragrafi o frasi: «La maggioranza dei cubani appoggia  Castro (…) Non esiste un’opposizione politica effettiva (…) L’unico modo effettivo per far perdere l’appoggio interno ( al governo è provocare la delusione e la sfiducia mediante l’insoddisfazione economica e la penuria (…).

Si devono mettere in pratica rapidamente tutti i mezzi possibili per debilitare la vita economica (…) negando a Cuba denaro e rifornimenti con il fine di ridurre i salari nominali e reali, con l’obiettivo di provocare fame, disperazione e il crollo del governo». Erano di più le raccomandazioni che faceva al suo governo centrale.

Io non ho mai letto nulla di più cinico di queste parole. Questo fu il 6 aprile del 1960, ossia un anno e nove giorni prima del bombardamento del 15 aprile del 1961, preludio dell’invasione di Playa Girón.

Così iniziò nel 1959 lo stesso  anno del trionfo, il lungo camino delle aggressioni al nostro paese, che oggi continuano rinnovate.

Nello stesso tempo le dichiarazioni pubbliche dei principali funzionari del Governo degli Stati Uniti in questo momento, rispetto a Cuba, si caratterizzano per la mancanza di rispetto, l’aggressività, l’ingerenza e la volgare manipolazione della verità storica. Decine di milioni di dollari sono destinati ogni anno, approvati nei loro bilanci, per promuovere la sovversione  nell’impegno di provocare cambi politici contrari all’ordine costituzionale  del nostro paese.

Nel mese di giugno scorso, un funzionario diplomatico nordamericano, intervenendo in una riunione dell’Organizzazione degli Stati Americani, la discreditata OSA, ha detto: «I paesi dell’America devono accettare che Cuba è la madre di tutti i mali, in termini d’indebolimento della democrazia nel continente e dei diritti umani». Pochi giorni fa questo personaggio ha ripetuto la stessa messa a fuoco d’aggressività verso il nostro paese.

Questo atteggiamento ci ricorda anche la fallita “Commissione per Assistere una Cuba Libera”, creata dall’allora presidente  George W. Bush che, eccitato dal’apparente vittoria nella seconda guerra con l’Iraq, designò  un responsabile nordamericano che avrebbe dovuto amministrare Cuba, dopo la sua occupazione, così com’era la pratica dei bei tempi delle cannoniere yankee in America Latina.

Non è  per niente casuale che nel progetto della nostra Costituzione si riaffermi che la difesa della Patria socialista è il più grande onore e dovere supremo di ogni cubano e  s’incorpori che la dottrina della guerra di tutto il popolo si sostenta con il concetto strategico della difesa della nazione.

Noi cubani siamo un popolo pacifico e amichevole, non ammazziamo nessuno; molte volte abbiamo detto che per noi evitare una guerra equivale a vincerla, ma per  questo fine si devono spremere fiumi di sudore preparandosi per combattere sino alla vittoria se qualcuno tenterà d’appropriarsi di Cuba.

Nuovamente si è formato uno scenario avverso e un’altra volta risorge l’euforia nei nostri nemici con la loro fretta di rendere realtà i sogni di distruggere l’esempio di Cuba.

Non sarà la prima volta e nemmeno l’ultima che la Rivoluzione cubana dovrà affrontare sfide e minacce. Abbiamo corso tutti i rischi e resistito invitti per 60 anni.

Per noi come per Venezuela e Nicaragua, è ben chiaro che si stringe il cerchio e il nostro popolo deve stare all’erta e preparato per rispondere ad ogni sfida con unità, fermezza, ottimismo e l’assoluta fede nella vittoria.

Dallo stesso  26 di Luglio del 1953, i rivoluzionari cubani ci siamo forgiati in un battagliare continuato e siamo arrivati sino a qui sottoposti a rovesci e vincendo aggressioni di ogni tipo.

Come non ricordare quei giovani che in un giorno come oggi furono selvaggiamente torturati e assassinato dopo il fallimento dell’azione di prendere il cielo per assalto, per non lasciare morire l’Apostolo nell’anno del suo centenario.

In questo stesso luogo, 45 anni fa Fidel disse: «La Moncada ci ha insegnato a trasformare i rovesci in vittorie. Non fu la sola prova amara di un’avversità, ma già niente più riuscì a contenere la lotta vittoriosa del nostro popolo. Le trincee di idee sono state più poderose di quelle di pietra. La Moncada ci ha mostrato il  valore di una dottrina, la forza delle idee e ci ha lasciato la lezione permanente della perseveranza e dell’impegno nei giusti propositi».

Il Comandante in Capo aveva aggiunto: «I nostri morti eroici non sono morti invano. Loro hanno segnalato il dovere di andare avanti, loro hanno acceso nelle anime un respiro inestinguibile, loro ci hanno accompagnato nelle carceri e nell’esilio, loro hanno combattuto assieme a noi nella guerra. Li vedremo rinascere nelle nuove generazioni…».

Nello stesso 1950, pochi mesi dopo il trionfo della Rivoluzione del Primo Gennaio, dovemmo affrontare le bande armate organizzate e finanziate dalla CIA, i sabotaggi, centinaia di piani di attentati contro i dirigenti e soprattutto contro il Capo della Rivoluzione; il blocco economico, commerciale e finanziario, le campagne mediatiche, l’invasione di Playa Girón, la Crisi d’Ottobre o dei missili, l’introduzione di plaghe e malattie, le molteplici azioni di terrorismo organizzate e finanziate dal governo degli Stati Uniti con un saldo di migliaia di vittime e di figli della Patria mutilati o resi invalidi.

Nel decennio degli anni ’90 del secolo scorso, dopo il crollo dell’Unione Sovietica e del Campo socialista, di fronte alle aggressioni implacabili e le opportunità dell’imperialismo entusiasmato dal desiderio del collasso della Rivoluzione, noi cubani, nel mezzo di enormi carenze materiali, abbiamo messo a prova la nostra infinita capacità di resistenza e la volontà di difendere la sovranità, l’indipendenza e il Socialismo.

Quello fu possibile grazie all’ineguagliabile popolo su cui contiamo e all’unità forgiata da Fidel fin dai primi anni di lotta.

Oggi, a 65 anni dalla Moncada, con l’indipendenza già conquistata e la presenza permanente di Fidel tra di noi, possiamo affermare che per quanto difficili possano essere le circostanze, per quando grandi siano le sfide, il nostro popolo difenderà per sempre la sua Rivoluzione socialista.

La storia ha dimostrato che sì si è potuto, sì si può e sempre si potrà!

Sono già passati 65 anni dalla Moncada e la gran maggioranza della popolazione è nata dopo quegli avvenimenti di cui stiamo parlando. Come si sa, la Rivoluzione trionfò in quell’anno cinque mesi e cinque giorni dopo la Moncada, per cui mancano cinque mesi e cinque giorni per celebrare il 60º anniversario del trionfo della nostra Rivoluzione, e per celebrare o commemorare questa data così importante. Quel giorno ritorneremo e c’incontreremo di nuovo qui a Santiago.

Molte grazie!

Guardate che bella aurora, con le montagne della Sierra Maestra che ci osservano, un’alba che continua qui al fronte, segue verso nordest sino alla Gran Pietra e termina ai limiti della provincia di Guantánamo. E come dichiarano i geografi, Santiago di Cuba è una città totalmente montagnosa, circondata dalla Sierra Maestra, e questo è un orgoglio del quale non parliamo mai.

Arrivederci!


Discurso pronunciado por el General de Ejército Raúl Castro Ruz, Primer Secretario del Comité Central del Partido Comunista de Cuba, en el acto central por el Aniversario 65 del asalto a los cuarteles Moncada y Carlos M. de Céspedes, en la Ciudad Escolar 26 de Julio, Santiago de Cuba, el 26 de julio del 2018. «Año 60 de la Revolución».

Santiagueras y santiagueros;

Compatriotas:

Como les anticipé en diciembre del pasado año, hoy pronunciaré las palabras centrales del acto nacional por el aniversario 65 del ataque a los cuarteles Moncada y Carlos Manuel de Céspedes.

Ninguno de los que tuvimos el privilegio de participar en estas acciones, bajo el mando de Fidel, podíamos entonces soñar que estaríamos vivos un día como hoy, con un país libre, independiente y soberano, una Revolución socialista en el poder y un pueblo unido presto a defender la obra realizada, fruto del sacrificio y la sangre de varias generaciones de cubanos.

No solo por su historia celebramos este aniversario 65 en Santiago de Cuba, sino también para reconocer el trabajo que desarrolla la provincia en beneficio del pueblo.

Bajo la dirección del compañero Lázaro Expósito Canto, primer secretario del Comité Provincial del Partido (Aplausos), en estrecho vínculo con el gobierno que encabeza la vicepresidenta del Consejo de Estado Beatriz Johnson Urrutia (Aplausos), se ha desplegado un trabajo integral en varios frentes de la economía, que han permitido incrementar la oferta de bienes y servicios a la población con calidad y precios asequibles.

Se avanza sostenidamente en el programa de la vivienda con el empleo de diferentes tecnologías e iniciativas en el uso de materiales locales de la construcción, prosiguen a buen ritmo inversiones priorizadas de importancia nacional como la terminal portuaria multipropósito y la base de almacenes de San Luis.

Se trabaja además en la creación de condiciones para incrementar las exportaciones de frutas, ron, langosta y productos de la acuicultura.

Se reordena la actividad comercial a partir de proyectos de desarrollo local, que otorgan una mayor autonomía a los municipios en la gestión y satisfacción de las demandas de la población aprovechando los recursos propios, lo que se traduce en superiores aportes al presupuesto y garantiza sostener lo alcanzado y seguir invirtiendo en el desarrollo.

Es palpable el entusiasmo de los santiagueros y de toda la provincia; sin embargo, resta mucho por hacer en la esfera productiva y de los servicios, para generar con eficiencia la riqueza y proseguir elevando la calidad de vida del pueblo y hacer realidad el propósito de que Santiago de Cuba sea una ciudad cada día más bella, higiénica, ordenada y disciplinada, digna de custodiar los restos inmortales de muchos de los mejores hijos de la nación cubana, entre quienes sobresalen el Héroe Nacional, el Padre y la Madre de la patria y el líder histórico de la Revolución Cubana (Aplausos).

En los próximos meses conmemoraremos importantes acontecimientos históricos, entre ellos, el 150 aniversario del inicio de las luchas por la independencia de la patria el 10 de Octubre de 1868, y el 60 aniversario del triunfo de la Revolución, el Primero de Enero de 1959, ocasión en que los mambises sí entraron victoriosos a Santiago para quedarse definitivamente al lado de su pueblo.

Hace apenas cuatro días la Asamblea Nacional aprobó el Proyecto de Constitución de la República, el cual será objeto de una amplia consulta popular en los próximos meses y, con las opiniones y propuestas emanadas de ese proceso democrático, nuevamente será analizado en el Parlamento para elaborar el texto definitivo que se someterá a referendo, mediante el voto directo y secreto de cada ciudadano, para su aprobación y posterior proclamación.

La Constitución de la República es la ley fundamental sobre la cual se asienta el Estado y, por tanto, es el documento jurídico y político más importante de cualquier país, ya que define los fundamentos de la nación, la estructura de los poderes y su alcance, así como garantiza los derechos y deberes de los ciudadanos.

La actual Constitución, aprobada hace 42 años en un escenario nacional e internacional muy diferente al actual, requiere ser reformada, con el propósito de incluir las transformaciones socioeconómicas implementadas en correspondencia con los acuerdos adoptados en el Sexto y Séptimo congresos del Partido Comunista de Cuba.

Se iniciará un trascendental ejercicio político y democrático cuyo éxito dependerá, en primer lugar, de la participación activa y comprometida de los cubanos, bajo la conducción del Partido Comunista y el concurso de la Unión de Jóvenes Comunistas y las organizaciones de masas, en el cual debe lograrse que cada ciudadano comprenda la necesidad y el alcance de los cambios que debemos introducir en la Constitución, de modo que se garantice el carácter irrevocable del socialismo y la continuidad de la Revolución.

No ignoramos las complejidades que caracterizan el actual escenario en los planos interno y externo.

En cuanto a la economía, como expresara el presidente Miguel Díaz-Canel al intervenir en la clausura del reciente período de sesiones de la Asamblea Nacional, se mantiene una tensa situación en las finanzas externas, como consecuencia de las afectaciones a los ingresos previstos por exportación de azúcar y en el turismo, provocadas por una prolongada sequía, el devastador huracán Irma y eventos de intensas lluvias fuera de época, primero, y luego la tormenta subtropical Alberto.

A ello se sumó el reforzamiento del bloqueo norteamericano y sus efectos extraterritoriales que impactaron el comercio y las transacciones financieras.

A pesar de estos factores adversos, como ya se informó, se obtuvo un discreto crecimiento de la economía en el primer semestre, lo cual constituye un resultado alentador; sin embargo, se hace necesario asegurar las exportaciones y reducir todo gasto no imprescindible para destinar los fondos disponibles a las producciones y servicios que generen ingresos en divisas.

Tener siempre presente que la más rápida y fácil fuente de recursos es el ahorro y por tanto debemos lograr que deje de ser una mera consigna para convertirse en una norma de conducta de los cuadros y trabajadores en todos los niveles.

Pasando a la situación que se viene conformando en nuestro continente, debo señalar que a inicios de este siglo, como parte de la resistencia y la lucha de los pueblos contra los nefastos efectos de los modelos neoliberales, llegaron al poder diversas fuerzas progresistas y de izquierda que impulsaron la unidad y la integración latinoamericana y caribeña. En ese contexto se derrotó el proyecto imperialista Área de Libre Comercio de las Américas, conocido como ALCA, y surgió la Alianza Bolivariana para los pueblos de Nuestra América (ALBA).

En 15 años salieron de la pobreza 60 millones de personas y más de 3 millones del analfabetismo, que se erradicó en Venezuela, Bolivia y Nicaragua. Se graduaron más de 20 000 médicos latinoamericanos y caribeños en la Escuela Latinoamericana de Medicina. Se devolvió la visión a dos millones 992 838 pacientes extranjeros mediante la operación Milagro, además de más de un millón cubanos. Con la generosa contribución venezolana nació Petrocaribe.

Los nuevos gobiernos progresistas rompieron décadas de soberanía limitada y de subordinación al poder imperial y crearon las condiciones propicias para avanzar en la integración regional, al constituirse organizaciones sin la égida de los Estados Unidos, como la Comunidad de Estados Latinoamericanos y Caribeños (Celac) y la Unión de Naciones del Sur (Unasur), a donde acudieron gobiernos de tendencias políticas diferentes bajo el principio de la «unidad en la diversidad», y se reactivó el Mercosur.

La exitosa trayectoria de la Comunidad del Caribe (Caricom), la participación de todos sus Estados miembros en la Celac y en la Asociación de Estados del Caribe (AEC), así como la membresía de algunos en el ALBA contribuyeron al avance de esta unidad regional.

Los jefes de Estado y de Gobierno de América Latina y el Caribe firmaron en La Habana, en enero de 2014, la Proclama de América Latina y el Caribe como Zona de Paz, que los comprometió a respetar plenamente el derecho inalienable de todo Estado a elegir su sistema político, económico, social y cultural, a no intervenir en los asuntos internos de cualquier Estado y observar los principios de soberanía nacional, igualdad de derechos y la libre determinación de los pueblos, así como la solución pacífica de diferencias, al tiempo que proscribió la amenaza y el uso de la fuerza.

Esta coyuntura no resultaba del agrado de los círculos del poder en Washington que pusieron en práctica los métodos de guerra no convencional para impedir la continuidad u obstaculizar el regreso de gobiernos progresistas, orquestaron golpes de Estado, primero uno militar para derrocar al presidente Zelaya en Honduras, y luego parlamentario-judiciales contra Lugo en Paraguay y Dilma Rousseff en Brasil. Desplegaron el control monopólico de los medios de prensa en interés de promover procesos judiciales amañados y políticamente motivados, así como campañas de tergiversación y desprestigio contra figuras y organizaciones de izquierda.

La derecha también consiguió recuperar en algunos países el poder político mediante triunfos electorales, algunos de ellos fraudulentos y otros al amparo de la manipulación política y tecnológica, falsificación de datos económicos y campañas de intimidación con el apoyo de los medios de comunicación hegemónicos.

Como era de esperar, no vaciló en desmontar las políticas sociales de amplio beneficio popular, utilizar el poder judicial con el pretexto del enfrentamiento a la corrupción para la criminalización de las fuerzas de izquierda y el encarcelamiento de líderes progresistas.

El gobierno de los Estados Unidos declaró hace pocos meses y sin el menor recato, la total vigencia de la Doctrina Monroe, que se resume en la frase «América para los americanos» —naturalmente, los del Norte—, la cual reserva a las naciones latinoamericanas y caribeñas un estatus de dependencia y sumisión a los intereses imperiales. Así lo demuestran sus acciones agresivas e intervencionistas, el despliegue de fuerzas militares y la búsqueda incesante de nuevas bases en la región.

Uno de sus propósitos es revertir los avances conquistados en la integración y el ejercicio de la soberanía sobre los recursos naturales para imponer su agenda racista, supremacista y en contra de los pueblos, mediante una ofensiva neoliberal dirigida a destruir una década de desarrollo y ahondar las diferencias en esta, la región de mayor desigualdad del planeta.

Por otra parte, los Estados Unidos, con la complicidad de algunos gobiernos, han intentado revigorizar la OEA, convirtiéndola en el escenario de la arremetida contra Venezuela. Cuando por la actitud digna de un numeroso grupo de naciones no alcanzaron sus propósitos,  conformaron agrupaciones oficiosas de países, para concertar medidas coercitivas unilaterales y otras acciones intervencionistas, socavar la unidad regional, frenar la Celac y paralizar Unasur.

Estos hechos vuelven a demostrar que el camino es no descuidar jamás la unidad de los revolucionarios y mantener siempre la lucha, teniendo presente que los adversarios nunca cejan en el empeño de la restauración de los modelos de exclusión y explotación, y que cuando los supuestos valores y reglas de la sacrosanta democracia representativa no les sirven para llegar al poder, no vacilan en acudir a los golpes de Estado, a la violencia o, incluso, a la guerra.

El recién concluido XXIV Encuentro del Foro de Sao Paulo en La Habana, con la asistencia de representantes de todos los continentes, constituyó un imprescindible espacio de concertación política ante la necesidad de reconducir las luchas de las fuerzas políticas de izquierda y los movimientos sociales. Su Declaración Final

«Nuestra América en pie de lucha» es un verdadero programa unitario de acción frente a los peligros para la paz y las amenazas y oportunidades para las fuerzas políticas de la izquierda y los movimientos populares y sociales en la región.

Aprovecho la ocasión para reiterar nuestra solidaridad con la Revolución bolivariana y chavista, encabezada por el presidente Nicolás Maduro Moros.

A Nicaragua, al Frente Sandinista de Liberación Nacional y al presidente Daniel Ortega les expresamos la invariable solidaridad de nuestro pueblo, Partido y Gobierno.

Reclamamos la libertad del compañero Lula da Silva y su derecho a ser el candidato presidencial del Partido de los Trabajadores (Aplausos), como exigen constantemente miles de brasileños y numerosas organizaciones del mundo.

Si mañana se celebraran elecciones en Brasil, no hay duda de que Lula ganaría las elecciones en la primera vuelta (Aplausos). Por eso está preso.

Felicitamos al entrañable pueblo mexicano y al presidente electo Andrés Manuel López Obrador por este resultado histórico.

A continuación me referiré a las relaciones con los Estados Unidos, país con el cual se mantienen vínculos diplomáticos formales, que cuentan con canales oficiales de comunicación, varios acuerdos bilaterales y una cooperación mutuamente beneficiosa dentro de un grupo limitado de áreas.

A pocos días de haberse anunciado el restablecimiento de las relaciones diplomáticas entre ambos países, el 17 de diciembre de 2014, señalamos desde nuestro Parlamento, unos días después, que entre los gobiernos de Cuba y de los Estados Unidos existían profundas diferencias en cuanto al ejercicio de la soberanía nacional y las concepciones de democracia, el modelo político y las relaciones internacionales. No obstante, reiteramos la disposición al diálogo respetuoso y recíproco sobre las discrepancias y advertimos que no debía pretenderse que Cuba renunciara a las ideas por las que había luchado por más de un siglo, en aras de mejorar las relaciones con los Estados Unidos.

Desde agosto del pasado año, con el pretexto de afecciones a la salud de sus diplomáticos, en lo que algunos denominan ataques sónicos, o sea, ruidos que afectan a los diplomáticos —ahora también acusan a China de lo mismo—, cuyo origen nadie ha podido explicar ni probar, aunque periódicamente lo repiten, se han degradado los vínculos bilaterales y fueron expulsados injustamente 17 funcionarios de nuestra embajada en Washington y retirada la mayoría del personal de la sede diplomática en La Habana, con la consiguiente paralización de buena parte de los trámites de visas, en detrimento de los viajes a Estados Unidos de los ciudadanos cubanos.

Igualmente se ha recrudecido la aplicación extraterritorial del bloqueo norteamericano, en particular la persecución de nuestras transacciones financieras.

La ocasión es propicia para recordar el contenido de un Memorando de un subsecretario asistente de Estado para Asuntos Interamericanos —lo que viene siendo aquí un viceministro de relaciones exteriores para atender las cuestiones de la región latinoamericana—, llamado Lester Mallory, de fecha 6 de abril de 1960, hace ya más de 58 años, pero es un hecho que los cubanos nunca debemos olvidar, y por eso quiero recordar y citar textualmente algunos párrafos o frases:

«La mayoría de los cubanos apoyan a Castro (…) No existe una oposición política efectiva (…) El único modo efectivo para hacerle perder el apoyo interno (al gobierno) es provocar el desengaño y el desaliento mediante la insatisfacción económica y la penuria (…). Hay que poner en práctica rápidamente todos los medios posibles para debilitar la vida económica (…) negándole a Cuba dinero y suministros con el fin de reducir los salarios nominales y reales, con el objetivo de provocar hambre, desesperación y el derrocamiento del gobierno». Eran más las recomendaciones que hacía a su gobierno central.

Yo nunca he leído nada más cínico que estas palabras.  Esto fue, recordándoles, el 6 de abril de 1960, o sea, un año y nueve días antes de los bombardeos del 15 de abril de 1961, preludio de la invasión de Playa Girón.

Así surgió en 1959, el mismo año del triunfo, el largo camino de las agresiones a nuestro país, que hoy continúan renovadas.

Al propio tiempo, los pronunciamientos públicos de los principales funcionarios del gobierno de los Estados Unidos en estos momentos respecto a Cuba se caracterizan por el irrespeto, la agresividad, el injerencismo y la burda manipulación de la verdad histórica. Decenas de millones de dólares son destinados cada año, aprobado en sus presupuestos, a promover la subversión en el empeño de provocar cambios políticos contrarios al orden constitucional de nuestro país.

El pasado mes de junio un funcionario diplomático norteamericano, al intervenir en una reunión de la Organización de Estados Americanos, la desprestigiada OEA, expresó: «Los países de las Américas tienen que aceptar que Cuba es la madre de todos los males en términos de debilitamiento de la democracia en el continente y de los derechos humanos». Hace pocos días el citado personaje repitió el mismo enfoque agresivo hacia nuestro país.

Estas posturas nos recuerdan también la fracasada «Comisión para asistir a una Cuba Libre», creada por el entonces presidente George W. Bush que, embriagado con la aparente victoria en la segunda guerra de Iraq, llegó incluso a designar un interventor norteamericano que administraría Cuba luego de ser ocupada, tal y como era práctica en los buenos tiempos de las cañoneras yanquis por América Latina.

No es nada casual que en el proyecto de nuestra Constitución se reafirme que la defensa de la patria socialista es el más grande honor y el deber supremo de cada cubano y se le incorpore que en la doctrina de la guerra de todo el pueblo se sustenta la concepción estratégica de la defensa de la nación.

Los cubanos somos un pueblo pacífico y amistoso; no amenazamos a nadie, muchas veces hemos dicho que para nosotros evitar la guerra equivale a ganarla, pero con ese fin hay que derramar ríos de sudor preparándonos para combatir hasta la victoria si alguien intentara apropiarse de Cuba.

Nuevamente se ha conformado un escenario adverso y otra vez resurge la euforia en nuestros enemigos y el apuro por hacer realidad los sueños de destruir el ejemplo de Cuba. No será la primera vez, ni tampoco la última, que la Revolución cubana deberá enfrentar retos y amenazas. Hemos corrido todos los riesgos y resistido invictos 60 años (Aplausos).

Para nosotros, igual que para Venezuela y Nicaragua, está muy claro que se estrecha el cerco y nuestro pueblo debe estar alerta y preparado para responder a cada desafío con unidad, firmeza, optimismo y fe inquebrantable en la victoria.

Desde el propio 26 de Julio de 1953 los revolucionarios cubanos nos hemos forjado en un incesante batallar y hemos llegado hasta aquí sobreponiéndonos a reveses y venciendo agresiones de todo tipo.

Cómo no recordar a los jóvenes que un día como hoy fueron salvajemente torturados y asesinados tras fracasar la acción de tomar el cielo por asalto para no dejar morir al Apóstol en el año de su centenario.

En este mismo lugar, hace 45 años, Fidel expresó: «El Moncada nos enseñó a convertir los reveses en victoria. No fue la única amarga prueba de la adversidad, pero ya nada pudo contener la lucha victoriosa de nuestro pueblo. Trincheras de ideas fueron más poderosas que trincheras de piedras. Nos mostró el valor de una doctrina, la fuerza de las ideas, y nos dejó la lección permanente de la perseverancia y el tesón en los propósitos justos».

Y añadía el Comandante en Jefe: «Nuestros muertos heroicos no cayeron en vano.  Ellos señalaron el deber de seguir adelante, ellos encendieron en las almas el aliento inextinguible, ellos nos acompañaron en las cárceles y en el destierro, ellos combatieron junto a nosotros en la guerra. Los vemos renacer en las nuevas generaciones…». (Aplausos)

En el propio año 1959, pocos meses después del triunfo del Primero de Enero, hubo que enfrentar bandas armadas organizadas y financiadas por la CIA, sabotajes, cientos de planes de atentados contra los principales dirigentes, especialmente contra el Jefe de la Revolución, el bloqueo económico, comercial y financiero, campañas mediáticas, la invasión por Playa Girón, la crisis de octubre o de los misiles, la introducción de plagas y enfermedades, múltiples acciones terroristas organizadas y financiadas por el gobierno de los Estados Unidos, con un saldo de miles de víctimas mortales y de hijos de la patria mutilados o incapacitados.

En la década de los años noventa del siglo pasado, tras la desaparición de la Unión Soviética y el campo socialista y ante la arremetida implacable y oportunista del imperialismo que se entusiasmó con el anhelado colapso de la Revolución, los cubanos, en medio de enormes carencias materiales, pusimos a prueba nuestra inquebrantable capacidad de resistencia y la voluntad de defender la soberanía, independencia y el Socialismo.

Ello fue posible gracias al inigualable pueblo con que contamos y a la unidad forjada por Fidel desde los primeros años de lucha.

Hoy, a 65 años del Moncada, con la independencia ya conquistada y la presencia permanente de Fidel entre nosotros, podemos afirmar que por difíciles que sean las circunstancias, por grandes que sean los desafíos, nuestro pueblo defenderá por siempre su Revolución Socialista. La historia ha demostrado que ¡sí se pudo, sí se puede y siempre se podrá! (Aplausos)

Ya han transcurrido 65 años del Moncada, una gran mayoría de la población nació después de estos acontecimientos de los que estamos hablando. Como se sabe, la Revolución triunfó cinco años, cinco meses y cinco días después del Moncada, por lo tanto, faltan cinco meses y cinco días para celebrar el aniversario 60 del triunfo de nuestra Revolución (Aplausos), y para celebrar o conmemorar tan importante fecha, ese día nos volveremos a encontrar aquí en Santiago (Aplausos).
 

Muchas gracias.
 

Miren qué hermoso amanecer con las montañas de la Sierra Maestra observándonos, continúa aquí al frente, sigue hacia el noreste hasta la Gran Piedra y concluye en los límites de la provincia de Guantánamo. Y como establecen los geógrafos, Santiago de Cuba es una ciudad totalmente serrana, rodeada por la Sierra Maestra, ese es un orgullo del cual nunca hablamos.
 

¡Hasta la próxima!

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