Indispensabili dettagli sui droni

che hanno tentato di assassinare Maduro

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Durante questa domenica, il ministro degli Interni e Giustizia del Venezuela, Nestor Reverol, ha presentato una breve relazione sui risultati conseguiti nelle indagini sul tentato assassinio del presidente Nicolas Maduro che ha avuto luogo lo scorso sabato pomeriggio.

Durante la sua presentazione, Reverol ha segnalato che in questo attacco si sono utilizzati due droni, modello DJI M600, che andavano direttamente contro la figura del Presidente venezuelano e delle altre autorità civili e militari che lo accompagnavano durante la cerimonia di anniversario della Guardia Nazionale Bolivariana, presso l’Avenida Bolivar della capitale venezuelana.

Secondo il ministro, ogni drone ad eliche conteneva 1 chilogrammo di esplosivo, denominato C4, con un potere di affettazione in un raggio di circa 50 metri.

Ha informato che uno dei dispositivi ha sorvolato la tribuna presidenziale “al fine di attivare a distanza la sostanza esplosiva nella tribuna”, ma ha affermato che grazie alle tecniche speciali della Guardia d’Onore presidenziale” e l’installazione di apparecchi inibitori di segnali, è stato possibile disorientare “entrambe le unità, ciò che ha portato come conseguenza che gli esplosivi si attivassero “fuori del perimetro pianificato” dagli attori del fatto.

L’attacco è parte dello stesso filo di altre operazioni fallite come come il “Colpo Blu“, l’ “Operazione Gerico” e l’ “Operazione Costituzione” che, in precedenza, avevano il denominatore di utilizzare elementi militari e paramilitari per cercare di commettere assassinio e distruggere le principali linee di comando del potere politico in Venezuela, sia al fine specifico di assalto al potere nazionale o promuovere un quadro di destabilizzazione.

L’organizzazione terroristica “Soldati di Flanella” ha rivendicato l’attacco al presidente Maduro. Questa cellula sarebbe composta da reduci della disarticolata banda paramilitare diretta dall’ex comando del Corpo di Investigazione Scientifica, Penale e Criminalistica (CICPC), Oscar Perez, abbattuto dalle autorità venezuelane.

Alla luce dei primi elementi che l’indagine mette in risalto, su questa fallita operazione, è evidente l’aumento della prontezza operativa e del livello di sofisticazione di questi fattori terroristici.

Reverol ha aggiunto dati sui modelli utilizzati. Il “Drone DJI M600” è un artefatto “progettato per lavori industriali in grado di sopportare pesanti carichi e pesi, come una cinepresa o un kit complesso di registrazione”.

Nell’aprile 2017 la catena Fox News ha realizzato un rapporto sull’uso di droni commerciali, come il DJI M600, da parte dello Stato Islamico nelle sue operazioni in Iraq e Siria. Questi dispositivi sono ora un componente essenziale nel modello di guerra asimmetrica in vari teatri operativi, grazie al suo basso costo, facilità d’uso, elevata manovrabilità, capacità furtive ed il facile trasferimento ed occultamento di tali unità.

Il modello di guerra tele-diretta, che suppone il superamento del modello di attacco “corpo a corpo” contro obiettivi specifici, si vede incrementato dalla proliferazione di questo tipo di tecnologie. Ora elementi venezuelani, presumibilmente sponsorizzati dalla Colombia e da Miami, -come segnalano le autorità venezuelane- hanno intrapreso questo attacco terroristico affiliandosi a queste modalità che sono già condivise da altre organizzazioni terroristiche e criminali del mondo.

Lo stesso Stato Islamico ed altre organizzazioni terroriste salafite nella guerra in Siria hanno lavorato alla progettazione di questi dispositivi, poiché queste tecnologie fornite dai produttori commerciali contengono metadati che registrano l’origine degli artefatti. Per eludere la localizzazione dei loro fornitori e le linee di rifornimento, la fabbricazione artigianale è un’alternativa per queste organizzazioni armate.

Secondo il New York Times, gli attacchi con droni da parte di forze irregolari sono sempre più mortiferi ed il loro impiego impone un nuovo quadro di vulnerabilità ai fattori militari, che ora richiedono l’uso di nuove tecnologie per sopprimere queste minacce.

Verso la metà dello scorso luglio è stata pubblicata la notizia dell’efficace attacco con droni fabbricati dalle forze Huti dello Yemen contro obiettivi dell’industria petrolifera saudita Aramco. In quell’occasione, questi dispositivi a lungo raggio sono riusciti a superare i sistemi antiaerei sauditi mediante il volo radente.

Gli aerei senza equipaggio yemeniti avevano già precedentemente attaccato, in diverse occasioni, le compagnie petrolifere saudite, ad esempio nella regione di Jizan nel sud-ovest dell’Arabia Saudita, riporta il canale di notizie iraniano HispanTV.

In Messico, i cartelli della droga hanno usato droni, tipo mini-elicotteri di origine commerciale, per trasformarli in lancia bomba del tipo “patata” a distanza.

L’uso di droni, da parte di queste organizzazioni criminali, era stato precedentemente registrato per il trasferimento di droga ed armi, nonché per scopi di sorveglianza ed ubicazioni dei loro obiettivi. Tra il 2012 e il 2014, le autorità USA hanno registrato circa 150 incursioni di questi dispositivi al loro confine con il Messico.

Nella rivista Small War, una nota di Robert Bunker e John Sullivan, specialisti in sicurezza ed armi, ha segnalato l’importanza del fatto “inevitabile”, dell’aumento dell’uso di droni per scopi criminali e terroristici. Secondo gli autori, i droni “sempre più giocano un ruolo in quello che può essere considerato tattiche, tecniche e procedure terroriste”, dato l’ “imprevedibile” ed in molti casi “non rilevabilità” di questi dispositivi.

Secondo Bunker e Sullivan, “un veicolo aereo senza equipaggio armato di esplosivo e fatto detonare a distanza permette un attacco di precisione contro un obiettivo intenzionale, e questo cambia completamente la prospettiva sui modelli convenzionali di attacchi”.

L’uso di questi artefatti come dispositivi operativi e funzionali per tentare di assassinare il Presidente Nicolas Maduro, è il primo evento conosciuto nella storia in cui sia noto l’uso di queste tecnologie commerciali, ma furtive, contro la vita di un Capo di Stato.

Il potenziale danno e la vicinanza delle detonazioni contro la figura del Presidente venezuelano impone inoltre il precedente che questa situazione può essere catalogata e registrata come un evento di reale rischio.

Nella sua presentazione, di questa domenica, il ministro degli Interni, Giustizia e Pace del Venezuela, Nestor Reverol, ha segnalato che uno di questi artefatti è esploso in aria di fronte al palco presidenziale e l’altro è precipitato sino ad un edificio adiacente alla cerimonia ufficiale per poi detonare.


Detalles indispensables sobre los drones que intentaron asesinar a Nicolás Maduro

Durante este domingo, el ministro de Interior y Justicia de Venezuela, Néstor Reverol, presentó un breve balance sobre los alcances en la investigación del intento de magnicidio del presidente Nicolás Maduro que tuviera lugar el pasado sábado en horas de la tarde.

Durante su presentación, Reverol señaló que en este ataque se utilizaron 2 drones modelo DJI M600, que iban directamente contra la figura del Presidente venezolano y demás autoridades civiles y militares que le acompañaban durante el acto de aniversario de la Guardia Nacional Bolivariana, acto realizado en la avenida Bolívar de la capital venezolana.

De acuerdo al ministro, cada dron de helices contenía 1 kilógramo del explosivo denominado C4 con un poder de afectación a un radio de aproximadamente 50 metros.

Hizo saber que una de las dispositivos sobrevoló la tribuna presidencial “con el fin de activar a distancia la sustancia explosiva en la tribuna”, pero afirmó que gracias a las técnicas especiales de la Guardia de Honor presidencial” y la instalación de equipos inhibidores de señales, se logró desorientar “a ambas unidades, lo que trajo como consecuencia que los explosivos se activaran “fuera del perímetro planificado” por los actores del hecho.

El atentado forma parte del mismo hilo de otras operaciones frustradas como el “Golpe Azul”, la “Operación Jericó” y la “Operación Constitución”, que anteriormente han tenido el denominador de uso de elementos militares y paramilitares para intentar cometer magnicidio y destruir las principales líneas de mando del poder político en Venezuela, bien sea por el propósito específico de asalto al poder nacional o propiciar un cuadro de desestabilización.

La organización terrorista “Soldados de franelas” se adjudicó el ataque al presidente Maduro. Esta célula estaría compuesta por reductos de la desarticulada banda paramilitarizada dirigida por el ex comando del Cuerpo de Investigaciones Científicas, Penales y Criminalísticas (CICPC), Óscar Pérez, abatido por las autoridades venezolanas.

A la vista de los primeros elementos que arroja la investigación sobre esta operación frustrada, es evidente el aumento del apresto operativo y nivel de sofisticación de estos factores terroristas.

Reverol agregó datos sobre los modelos utilizados. El “Drone DJI M600” es un artefacto “diseñado para trabajos industriales que pueden soportar grandes cargas y peso, como una cámara de cine o un kit complejo de grabación”.

En abril de 2017 la cadena Fox News realizó un informe sobre el uso de drones comerciales, como el DJI M600, por parte del Estado Islámico en sus operaciones en Irak y Siria. Estos dispositivos son ahora un componente esencial en el modelo de guerra asimétrica en varios teatros de operaciones, debido a su bajo costo, fácil manejo, alto nivel de maniobrabilidad, capacidades furtivas y el fácil traslado y ocultamiento de dichas unidades.

El modelo de guerra teledirigida, que supone la superación del modelo de ataque “cuerpo a cuerpo” contra objetivos específicos, se ve incrementado con la proliferación de este tipo de tecnologías. Ahora elementos venezolanos, presuntamente patrocinados desde Colombia y Miami -como señalan las autoridades venezolanas-, han emprendido esta embestida terrorista afiliándose a estas modalidades que ya son compartidas por otras organizaciones terroristas y criminales del mundo.

El mismo Estado Islámico y otras organizaciones terroristas salafistas en la guerra en Siria, han trabajado en el diseño de estos dispositivos, dado que estas tecnologías provistas por fabricantes comerciales contienen metadatos que registran el origen de los artefactos. Para eludir el rastreamiento de sus proveedores y líneas de abastecimiento, la fabricación artesanal es una alternativa para estas organizaciones armadas.

Según el New York Times, los ataques con drones por fuerzas irregulares son cada vez más mortíferos y su despliegue impone un nuevo cuadro de vulnerabilidad a los factores militares, quienes ahora requieren el empleo de nuevas tecnologías para suprimir estas amenazas.

A mediados de julio pasado, fue dada a conocer la noticia del ataque efectivo por drones fabricados por las fuerzas huties de Yemen contra objetivos de la industria petrolera saudita Aramco. En esa oportunidad, estos artefactos de largo alcance lograron superar los sistemas antiaéreos sauditas mediante el vuelo rasante.

Los aviones no tripulados yemeníes habían atacado ya antes en distintas ocasiones a compañías petroleras saudíes, por ejemplo en la región de Jizan, en el suroeste de Arabia Saudí, reseña la cadena iraní de noticias HispanTV.

En México, los carteles de drogas han empleado drones tipo mini-helicóptero de procedencia comercial, para convertirlos en lanza bombas de tipo “papa” a distancia.

El uso de drones por estas organizaciones criminales anteriormente se registró para el traslado de drogas y armas, así como con propósitos de vigilancia y ubicación de sus objetivos. Entre 2012 y 2014 las autoridades estadounidenses registraron unas 150 incursiones de estos artefactos en su frontera con México.

En la revista Small Wars, una nota de Robert Bunker y John Sullivan, especialistas en seguridad y armas, señalaron la importancia del hecho “inevitable”, del aumento del uso de drones para fines criminales y terroristas. Según los autores, los drones “cada vez más juegan un papel en lo que se puede considerar tácticas, técnicas y procedimientos terroristas”, dado el factor “imprevisible” y en muchos casos “indetectable” de estos aparatos.

Según Bunker y Sullivan, “un vehículo aéreo no tripulado armado con artefactos explosivos y detonado de forma remota permite un ataque de precisión contra un objetivo intencional, y esto cambia completamente la perspectiva sobre los patrones convencionales de ataques”.

El uso de estos artefactos como dispositivos operativos y funcionales para intentar asesinar al Presidente Nicolás Maduro, consiste en el primer evento conocido en la historia que da cuenta del uso de estas tecnologías comerciales pero furtivas, contra la vida de un Jefe de Estado.

El potencial daño y la cercanía de las detonaciones contra la figura del Presidente venezolano, impone además el precedente de que esta situación puede catalogarse y registrarse como un evento de riesgo real.

En su presentación de este domingo, el ministro de Interior, Justicia y Paz de Venezuela, Néstor Reverol, señaló que uno de estos artefactos estalló en el aire frente a la tarima presidencial y el otro se precipitó hasta un edificio adyacente al acto oficial para luego detonar.

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