Intervista a Raùl Capote Fernàndez

Sabato 18 maggio si è tenuto un incontro organizzato dal Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli” di Sesto San Giovanni (MI) e dal Circolo di Sesto S.G.-Cinisello B.mo dell’Associazione di Amicizia Italia Cuba.

Invitato di eccezione lo scrittore cubano, giornalista del Granma Internacional, professore di storia, Raùl Capote Fernandèz, noto anche per essere stato l’agente “Daniel” della Sicurezza cubana che smascherò pubblicamente, dopo essersi  infiltrato nella CIA, i metodi della Agenzia stessa per creare la dissidenza negli ambienti universitari e intellettuali a Cuba, descritti nel suo libro “Un altro agente all’Avana”. Nel corso della serata – a cui hanno partecipato più di 80 persone – Raùl Capote ha anche presentato il suo ultimo libro in italiano: “La guerra che ci fanno”, della Red Star Press di Roma.

L’abbiamo intervistato per i lettori di Nuova Unità.

Potresti parlarci del ruolo della CIA, ora, in Venezuela? La CIA ha un ruolo nella posizione degli studenti e di strati della piccola borghesia?

Si: sia a Cuba che in Venezuela la CIA preparò dei piani , dopo i processi che misero fine alle dittature militari, piani che riguardavano le università perché, tradizionalmente, le università latinoamericane sono sempre state la culla della sinistra e della rivoluzione e loro hanno creato un progetto per formare “leaders” in tutta l’America Latina. Da lì escono i principali i leaders della destra latino americana: quasi tutti sono stati formati nei programmi di interscambio accademico. Il Venezuela non è un’eccezione, lì avevano cominciato a organizzarli prima ancora che Chàvez assumesse la presidenza. Naturalmente quando Chàvez assume la presidenza il progetto si intensifica. E dagli anni 2002/2003 cominciano anche  a inviare questi ‘leaders’ a prepararsi a studiare con i loro professori le tecniche del ‘golpe morbido’. Il lavoro della CIA è stato quindi intenso, allo scopo di creare una quinta colonna contro il governo di Chàvez,  e di Maduro poi.

Il Venezuela è, da poco, sotto il fuoco diretto dell’imperialismo, con  manovre militari e soprattutto l’embargo. Cuba soffre 70 anni di embargo e continua a resistere. Come mai la gente resiste a tutte le mancanze di cose essenziali, cosa c’è dietro? La coscienza?

La formazione della coscienza. Credo che possiamo parlare di similitudine. Sia la rivoluzione bolivariana che quella di Cuba sono rivoluzioni autentiche. Ciò che dà una grandissima forza a questi  processi è l’autenticità. Sono processi che nascono dalla base, che nascono dalla cultura e dalla storia stessa di questi paesi e questo conferisce loro molta forza. E’ stato dimostrato che tutti questi progetti della CIA e del governo nordamericano che hanno avuto successo in altre parti del mondo non possono dare risultati in paesi come Cuba e Venezuela perché qui si tratta di rivoluzioni autentiche, perché tu puoi vincere contro  un governo ma non puoi mai vincere contro un popolo. Quando un governo ha  l’appoggio maggioritario del popolo nessuna di queste manovre ha successo; io direi che ottengono l’effetto contrario, come è successo in Venezuela con l’attacco al sistema elettrico, che ha lasciato il paese senza corrente, senza acqua, con l’intenzione di paralizzarlo e mettere in difficoltà il governo rivoluzionario: l’attacco  ha avuto l’effetto che molte delle persone che erano confuse hanno capito chi era il vero nemico del loro paese.

E dato che sono rivoluzioni autentiche, che nascono dalla cultura e dalla storia di un paese, questo nazionalismo, questo senso della sovranità e dell’indipendenza legittima il processo rivoluzionario, fa sì che  il processo rivoluzionario cresca, aumenti, che abbia sempre maggiore appoggio e questo succede in molti luoghi del mondo, non solo in Venezuela ma quasi sempre in tutta l’America Latina.

E Cuba come affronterà  le nuove sanzioni, il Titolo III della legge Helms-Burton, tenendo conto che ora il Venezuela ha problemi nell’aiutare Cuba?

Cuba ha molta esperienza in questo campo. Tutti dicevano che Cuba sarebbe caduta quando cadde l’Unione Sovietica e le relazioni con i sovietici erano molto più intense, più profonde, di quelle che abbiamo con il Venezuela. Quando ci fu la caduta del  socialismo in Europa dell’est, la sparizione del campo socialista e dell’Unione Sovietica, il colpo fu fenomenale. Ora non è la stessa cosa, Cuba ha adesso una diversificazione economica molto grande, non dipende dal Venezuela, contrariamente a quello che dice la propaganda. Con il Venezuela abbiamo una relazione profondamente umana, compreso un nuovo modo di pensare alle relazioni tra paesi, siamo paesi fratelli, che si aiutano uno con l’altro anche nel commercio, ma Cuba ha legami con molti altri paesi e questo Titolo III, che fa parte di  una legge terribile – perché io non separo mai il Titolo III dall’intera legge Helms-Burton; la legge Helm-Burton è una barbarie perché un governo straniero legifera su un altro paese, ma non solo su un altro paese ma sul mondo, è un governo straniero che sta dicendo con una legge come deve cambiare  il sistema politico di un paese e che sta dicendo, passo per passo, come lo farà e noi cubani naturalmente non lo possiamo accettare perché danneggia il progetto socialista, la nazione e anche il paese stesso in quanto tale.  E noi abbiamo affrontato in più di 60 anni questo tipo di problema che ci crea difficoltà, si , ci crea difficoltà serie perché mette in pericolo gli investimenti a Cuba, ma io credo anche che ci sia un doppio aspetto in questo processo perché esso sta danneggiando molto anche gli Stati Uniti perché molti dei loro alleati  fedeli sono anch’essi colpiti da questa legge. Cuba ha buonissime relazioni con il Canada, con l’Inghilterra e con l’Unione Europea e io non credo che l’Unione Europea accetterà che gli Stati Uniti facciano fallire i suoi affari. Per i capitalisti la cosa importante è il mondo del denaro, degli affari, e c’è una risposta forte da parte degli alleati degli Stati Uniti contro questa legge, che è davvero inapplicabile. L’effetto reale di questo Titolo III è diretto a impedire che si realizzino nuovi investimenti a Cuba.

Vediamo ad esempio il problema delle navi che attraccano a Cuba. Negli Stati Uniti stessi, nessuna società nordamericana che ha affari a Cuba ha smesso di utilizzarle, perché gli agricoltori dell’est, dell’ovest e del sud degli Stati Uniti oggi dipendono molto dal commercio con Cuba, Cuba è il forse paese che compra più prodotti agricoli da questi produttori e i politici di quelle zone devono necessariamente rispondere ai loro elettori e i loro elettori stanno chiedendo loro con forza di non interrompere le relazioni con Cuba perché altrimenti ci sarebbe una grave crisi in questo settore importante dell’economia nordamericana. Ci sono società legate al turismo, società di navigazione che guadagnano molto a Cuba da anni, che dicono che si tratta di misure assolutamente folli e io credo che ci siano cose che sono persino illogiche perché ora come fare con persone, padroni di proprietà che sono state nazionalizzate da Cuba, che effetto reale gli si può riconoscere se durante le nazionalizzazioni Cuba pagò tutti i proprietari del mondo intero, perché non c’erano solo nordamericani ma inglesi, italiani, francesi, e Cuba pagò un indennizzo per le loro imprese. I nordamericani non ebbero gli indennizzi perché il loro governo proibì loro di riceverli. Quindi, ora, che cosa pretendono? Cosa vogliono i cubani  che se ne sono andati in seguito, che ora sono cittadini nordamericani, di recuperare una società, un terreno che gli è stato nazionalizzato in un determinato momento in base alla legge cubana e non di altri paesi, e anche in base a leggi internazionali che regolano queste cose, se Cuba ha agito anche in base alle leggi internazionali e ha agito in modo perfettamente legale … cosa reclamano adesso? Sulla base poi di processi che sono palesemente viziati contro Cuba!

Nessuna società americana ha accettato questi processi, e neppure gli agricoltori che ci vendono i loro prodotti. Una cosa come questa non si può fermare, non conviene ad alcun porto degli Stati Uniti non avere uno scalo nel porto di Mariel, perché Mariel è un nodo straordinario per le rotte verso tutto il mondo: è una follia per un impresario americano non poter farne uso. E’ davvero suicida e inapplicabile.

In questi giorni ci sono i portuali, a Genova, che rifiutano di scaricare una nave che porta armi per l’Arabia Saudita. In Italia questo è già successo anni fa:  per il Vietnam e durante la 1° Guerra del Golfo. Per voi è importante la solidarietà internazionale?

E’ vitale. Io credo che quello che può fermare questo capitalismo che si vuole imporre, con nomi differenti, chiamatelo come volete, questo capitalismo selvaggio che agisce nel mondo intero, quello che può impedire che esso trionfi è la solidarietà. Alla fine, anche se noi difendiamo i nostri paesi e lottiamo, i lavoratori del mondo intero sono una sola classe. Ci deve essere una solidarietà di classe, perché questa è la chiave della vittoria. Il capitalismo ha terrore di questo processo di solidarietà. Quello che sta succedendo in Grecia, alla Grecia e nel mondo con questo risorgere della destra …. parliamo di fascismo e la gente dice “no, no è fascismo” e lo vedono come un processo ideologico indipendente dal capitalismo, e noi invece dobbiamo invece dire, e non sono certo io il primo a farlo, che il fascismo è una fase del capitalismo, il fascismo è lo strumento a cui ricorre il capitalismo quando non ha più modo di dare soluzioni e di controllare la realtà. Ed è stato dimostrato che l’unico modo per batterlo è la solidarietà. E mai come oggi vale la famosa frase “Proletari di tutto il mondo unitevi”. Così l’unità è vitale per fermare la controffensiva della destra.

Secondo te, e solo secondo te, come si evolverà la situazione in Venezuela? Cercheranno una soluzione militare o continueranno a fare danni su danni e a cercare di strangolare lentamente il paese?

Cercheranno di strangolare lentamente il paese. Anche se questo governo nordamericano si caratterizza per il livello di caos, intenzionale, perchè un paese che ha un alto livello di ordine e controllo non può avere un tale livello di caos. E’ in caos intenzionale. In questo momento il caos nel governo è incredibile, con un gruppo di consiglieri che sono i peggiori. Donald Trump è consigliato dal peggio della destra nordamericana. Non solo i peggiori in quanto reazionari ma in quanto sono inefficaci e sono molto pericolosi . Ma un’azione militare in Venezuela sarebbe terribile per gli Stati Uniti. Primo, per la vicinanza geografica e, secondo, perché incendierebbe il continente. L’America Latina non è più quella degli anni ’60, l’America Latina di oggi è un’America Latina che è passata attraverso processi progressisti, c’è un’organizzazione e un livello di coscienza molto più alto di allora. Neppure alla destra piacerebbe. Oggi essa osa persino  sfidare gli ordini di Washington, e si tratta delle posizioni e delle persone più vicine di Washington. E di questo devono tenere conto e cercheranno di far girare all’indietro l’orologio. Gli Stati Uniti oggi hanno un grave problema con il tempo e questi reazionari hanno bisogno di una vittoria in politica estera. Gli va tutto male: in Corea, in Siria, e le cose gli si complicano. E’ tutto fuori controllo: tutti i fenomeni, tutto il caos che hanno creato sfuggono al controllo. E non sanno come trovare una soluzione prima delle elezioni. Lo scenario è quindi completamente diverso da altre volte perché negli Stati Uniti si sta formando, adesso, un movimento di giovani che stanno cercando risposte. E ci sono giovani negli Stati Uniti che si stanno chiedendo qual è la risposta al sistema e il socialismo sta prendendo nuovamente forza, causando grandi preoccupazioni.

Gli Stati Uniti hanno un problema economico molto grave, il debito estero degli USA è sempre più grande , la bolla finanziaria speculativa continua a crescere, molto più grande del 2008 e loro sanno cosa sta succedendo, stanno perdendo i mercati a favore di  Cina e  Russia, è una situazione molto grave e li rende più pericolosi e sono più pericolosi che mai, possono comportarsi contro ogni logica, anche se umanamente crediamo che sia impossibile, ma non credo che osino organizzare un’azione militare in America Latina.

Ultima domanda:  chi frequenta il nostro Centro, in maggioranza, sono operai che hanno vissuto sulla propria pelle la brutalità del capitalismo anche quando non era “selvaggio” e siamo comunque qui, lottando e cercando di fare solidarietà e di far capire alla gente che la battaglia di uno è la battaglia di tutti, che il nostro nemico è anche il loro. Cosa pensi della solidarietà degli operai italiani?

Che si è perso moltissimo. L’Italia è stata vittima della guerra culturale più intensa fatta in Europa. In altri tempi l’Italia fu considerata il prossimo paese che avrebbe fatto una rivoluzione socialista e questo avrebbe cambiato la situazione del mondo. Questo il nemico lo sapeva benissimo e mise in atto tutto il possibile per fermare la classe operaia. Ora la classe operaia italiana è divisa, è divisa perché c’è un interesse perché sia divisa. Ma quest’ombra, la ragione per cui è divisa, non è una questione di principi ma di forma. E io credo che sia un fatto momentaneo. E dato che siamo comunisti, crediamo che sia un fatto momentaneo, un processo che si è sviluppato ed è importante anche che sia successo, perché così impariamo. Abbiamo tutti imparato molte cose dal passato e arriverà il momento in cui la gente cercherà l’unità. Lo pensano in molti luoghi. Io ho la possibilità di parlare, venendo dall’estero,  con molti gruppi di comunisti di una tendenza, di socialisti di un’altra, e mi accorgo come tutti facciano la stessa domanda: “la classe è una e i comunisti sono tanti”. Quindi succederà. Ma se la gente non lo crede non succederà. La preoccupazione di tutta la sinistra italiana è l’unità. Se non fosse così, ci sarebbe da preoccuparsi.

intervista e traduzione di Daniela Trollio CIP “G.Tagarelli”

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